lunedì 30 settembre 2019

Aggiornamento lampo

Fatta l'ecocardiografia: non ci sono alterazioni gravi, ma una piccola zona del muscolo cardiaco si muove più lentamente di quelle circostanti. Bisognerà approfondire con un esame delle coronarie, da decidere se coronarografia o TAC, comunque con mezzo di contrasto e relativa preparazione anti allergia.

Rimozione punti rinviata a domani per organizzare un trattamento analgesico preventivo: una mezz'oretta prima mi imbottiscono di antidolorifico così evito di piangere e ululare. Forse.


domenica 29 settembre 2019

Tranquilli!

Va meglio.
Oggi niente nausea e già questo rende tutto più sopportabile.
Stamattina ho parlato con una cardiologa: domani dovrebbero farmi un'ecocardiogramma per capire cos'è successo al mio cuore. Speriamo sia sufficiente, altrimenti vinco anche una coronarografia, che è piuttosto invasiva e decisamente più complicata, soprattutto per via del mezzo di contrasto, a cui probabilmente sono allergica.

Domani è prevista anche la rimozione dei punti, un evento che attendo con un misto di impazienza e timore.
Non vedo l'ora di liberarmi del punto malefico e di tutti i suoi cento e passa compari, ma in base alle mie esperienze precedenti, è probabile che la rimozione delle graffe farà male almeno una volta su sette: mi aspetta una dose di dolore notevole.


E ho già dato. Ogni giorno, più volte al giorno, per quasi quattro settimane, a ogni sessione di igiene, a ogni medicazione. Negli ultimi giorni ogni volta avvertivo il personale: non c'è modo di lavorare nella zona del punto malefico senza farmi tanto, tanto male, non è colpa di nessuno, succede anche se usano la massima delicatezza, non importa, poi passa. Però ci restano sempre male quando comincio a piangere.

Nel pomeriggio, quando la mia schiena stava per mettersi a urlare e non sapevo più come girarmi, finalmente è arrivato il materasso antidecubito. Un problema in meno.
La tendinite all'inguine va un po' meglio, muovere la gamba non è più così doloroso.
C'è ancora la zampa fantasma con il suo esercito di formiche fantasma, ci sono ancora le vampate, c'è ancora la fastidiocalza, ci sono ancora l'incertezza e la paura. Ma se ogni giorno riesco a eliminare un problema senza aggiungerne di nuovi, prima o poi si risolve tutto.

sabato 28 settembre 2019

Verso il limite

Mi hanno fatto l'ennesimo elettrocardiogramma verso mezzogiorno e ho la telemetria sempre attiva, ma non so nulla dei risultati né dei programmi futuri.
I cardiologi in servizio nel weekend sono impegnati a tempo pieno con pronto soccorso e consulenze, in reparto non ci sono mai; stamattina ne ho visto uno al volo, ma non sapeva praticamente nulla del mio caso.
Il materasso antidecubito non arriverà prima di domani e la mia schiena sta già protestando da ore.
Ho caldo e le vampate mi massacrano.
La calza antitrombo mi dà fastidio.
Le formiche fantasma non mi danno tregua.
Temo che mi stia tornando la gastrite, tutta la giornata è stata sul filo della nausea, quando non decisamente oltre.

Questa degenza mi sta mettendo davvero a dura prova, è sempre più difficile rialzare la testa dopo ogni mazzata.
Sono stanca, avvilita e dolorante.
Ho paura che possano esserci ancora problemi neurologici e/o cardiaci.
Non voglio stare ancora male.
Voglio tornare a casa e rintanarmi sul divano con Aki e Renato.


Ancora trasloco

Mi hanno trasferito in cardiologia.
Ancora una volta Renato ha dovuto raccattare tutte le mie carabattole e spostarle in un'altra stanza, altro edificio, altro lato della strada.


In neurologia mi avevano fatto l'ecodoppler di collo e testa, l'elettroencefalogramma e un'altra TAC al cervello. Gli esami neurologici non hanno rilevato anomalie né danni cerebrali, per completare l'indagine manca ancora la risonanza magnetica perché non è stato possibile trovare uno slot libero sulla macchina RMN.
Invece dal punto di vista cardiaco c'è qualcosa di strano: dopo l'evento di martedì il tracciato del mio elettrocardiogramma si è modificato e nel mio sangue è comparsa una sostanza che generalmente viene rilasciata quando si verifica un danno cardiaco. Potrei avere avuto (anche) un infarto, insomma.

Il reparto di cardiologia è all'interno del Centro intitolato a Vincenzo Gallucci, il primo chirurgo in Italia a eseguire un trapianto di cuore, proprio in questo ospedale.


Il primo impatto non è stato dei migliori: qui è tutto verde. Ve lo ricordate, vero, che odio il verde?
L'altro aspetto negativo è che ogni trasferimento è come un cambio di ospedale, dimissione e nuovo ricovero, quindi sono di nuovo senza materasso antidecubito, bisogna richiederlo, spero che riescano a farlo arrivare domani. E domani mi arriveranno un'altra volta i pasti "nuovo ingresso": minestrina, suola di scarpe travestita da petto di pollo, carote o patate lesse, mela cotta, stracchino a cena. Bleah.
Mi hanno piazzato un po' di elettrodi sul torace, collegati a un trasmettitore senza fili: in pratica mi hanno dotato di telemetria, come gli astronauti o le macchine di Formula1. Adesso aspettiamo di vedere cosa ne esce.


E vediamo se riesco a prendere sonno, che sono le tre di notte e sto ancora girando i pollici mentre guardo il soffitto.

giovedì 26 settembre 2019

Batosta

È stata una batosta, quella di martedì, da tanti punti di vista.
Non abbiamo ancora capito esattamente cosa sia successo, mi stanno facendo analisi e controlli sia sul cervello che sul cuore, che sembra aver subito un danno di qualche tipo.
Ieri sera ho avuto altri tre episodi di capogiro feroce. Mi sono spaventata.

Dal punto di vista psicologico, questa è forse la prova più dura.
In tutti questi anni ho imparato ad accettare qualche debacle delle parti periferiche del mio corpo, ma cuore e cervello avevano sempre tenuto duro. Se iniziano a cedere loro...
Di fronte a questi problemi mi sento impotente e di conseguenza fragile. Non è un dolore, che posso sopportare oppure contrastare con i farmaci, è qualcosa su cui non ho controllo, che altera le mie percezioni, compromette le mie facoltà, annebbia la mia consapevolezza e permea di incertezza ogni momento.
Potrebbe accadere di nuovo. E mi fa davvero paura.

Per favore, NON TELEFONATE.
Limitate anche i messaggi e accontentatevi di risposte brevi, l'uso del telefono mi affatica.



mercoledì 25 settembre 2019

Che mi venga un colpo!

Ieri mattina ho avuto un'ischemia.
Mentre ero in palestra per la riabilitazione, fortunatamente sul lettino, ho avuto un capogiro feroce. Mi sono risvegliata in stroke unit.


Mi hanno detto che avevo un lato del corpo contratto e l'occhio girato all'indietro; io dopo il capogiro non ricordo niente.
Sembra sia stato un attacco ischemico transitorio, che si è risolto spontaneamente.

Mi hanno spostato in neurologia per ulteriori accertamenti, ieri credo di aver fatto una TAC, oggi dovrebbero essere previsti risonanza ed eco doppler delle carotidi. Il neurologo stamattina è stato ottimista: conta di farmi tornare presto in riabilitazione.

La giornata di ieri è stata piuttosto confusa, ho avuto qualche difficoltà a parlare e scrivere, dovevo cercare con attenzione le lettere sulla tastiera, ma in serata la situazione è migliorata.
Stanotte ho dormito abbastanza a lungo, ma scomoda, perché non è ancora arrivato il materasso antidecubito.

Adesso sono tanto, tanto avvilita.

sabato 21 settembre 2019

Mariti da ospedale

Ieri c'è stata una riorganizzazione del reparto e mi hanno trasferito in un'altra stanza, in attesa del passaggio al piano di sotto, nel reparto di riabilitazione, previsto per lunedì.
Speravo tanto di poter fare la riabilitazione a Portogruaro, ma l'assistente del professore è stata chiara: "Signora, lei ha avuto un intervento della Madonna, vogliamo tenerla d'occhio fino a quando saremo sicuri che non ci siano rischi di infezione."
Rischi che peraltro si sono già concretizzati: il punto malefico ha iniziato a spurgare e ieri siamo partiti con una copertura antibiotica ad ampio spettro, in attesa dell'esame batteriologico. Non entro nei dettagli della medicazione, vi dico solo che una delle OSS, impietosita, si è avvicinata al letto e mi ha tenuto la mano finché hanno finito.
Certo che sarebbe carino se qualche rogna ogni tanto mi fosse risparmiata.

Nuova camera dunque, letto numero 15, vicino alla finestra. Addio alla signora serba, senza troppi rimpianti, e primo contatto con una nuova compagna di stanza, una signora pugliese molto energica e volitiva, ma per nulla invadente o molesta. Ad assisterla c'è il marito, un omino piccolo piccolo e tanto gentile.

Mi avvicino ai sette mesi di degenza nel corso di quest'anno, un periodo lunghissimo e faticoso, che mi ha offerto molte opportunità di osservare da vicino la vita ospedaliera. Non ricordo nemmeno quanti mariti ho visto venire a trovare la moglie.
Uno non l'ho nemmeno mai visto, ma ne ho sentito la voce, a Milano. La moglie aveva reagito male all'anestesia, era confusa e continuava a cercare di alzarsi, togliere flebo e drenaggi, e lui cercava di calmarla, la pregava, le spiegava e quando arriva a al limite della sopportazione, bestemmiava piangendo.
Ricordo bene gli occhi lucidi del marito di Vampiro quando gli ho fatto notare quanto lei fosse migliorata dopo l'ictus. Il marito di Trombone che le teneva la mano. I baci tenerissimi del marito di TopoRisorto, che ogni volta le chiedeva di tornare a casa.
Mariti diversi, storie diverse.
Ma in tutti ho trovato la stessa espressione: un misto di preoccupazione per la salute della compagna di vita e di smarrimento per non averla al proprio fianco come al solito. Fanno tanta tenerezza.
Sì arrabattano con faccende a cui non sono abituati, hanno difficoltà a trovare la biancheria nei cassetti, sono spaventati dal vuoto che sentono accanto. Cercano di rendersi utili in ogni modo, mandano giù il groppo di paura che c'è in gola per tirare fuori un sorriso, e non ti preoccupare, a casa tutto bene, ho bagnato le piante e mangio, sì, e tua sorella è venuta a prendere la roba da stirare, io lo sai che non sono capace.
E dietro a ogni parola, a ogni gesto, a ogni sguardo c'è una preghiera struggente: mi manchi tanto, torna presto.


giovedì 19 settembre 2019

Prospettive (post lamentoso)

Qualche giorno fa parlavo di come malanni di per sé banali possano essere talvolta percepiti come enormi fastidi.
Mi sono beccata un raffreddore. Il raffreddore mi rende sempre lamentosa, sospetto che sia all'origine dell'umore malmostoso di oggi, anche se la lista delle rogne non si esaurisce lì.
Gola irritata dal muco. Tosse che mi ha regalato una notte in bianco. Starnuti che tirano i punti e fanno male. Congestione nasale. Stordimento. Cattivo sapore in bocca. Intestino ballerino. Medicazioni dolorose. Il punto malefico che brucia. Il dolore al legamento dell'inguine.

E l'arto fantasma pieno di feroci formiche fantasma. Sempre, ininterrottamente.
Non me l'aspettavo, non credevo che sarebbe stata una sensazione così continua, così fastidiosa, così dolorosa.
Pensavo che con l'amputazione mi sarei liberata dal peso della gamba, invece il quarto di manzo è sempre lì, lo sento in ogni momento, come e peggio di prima.


Quello che mi spaventa è la prospettiva di dover convivere con questo problema per mesi, per anni, forse per sempre. Pensare che per molto tempo ogni giorno possa essere così è terrificante.
Da due giorni non chiedo antidolorifici perché non posso affrontare a lungo termine questa situazione con gli oppiacei, ne diventerei dipendente.
Provo altre strategie, a volte funzionano, ma solo per poco tempo. Così è faticoso, tanto.
Non mi spaventa affatto tornare a casa senza la gamba. Mi fa paura dovermela portare dietro ancora.

martedì 17 settembre 2019

Qualcosa in serbo


Ho sempre creduto che le cose possano migliorare, che nel futuro ci sia sempre la possibilità di momenti felici.
È per questo che provo a tenermi stretta la vita, non vorrei perdere quello che di buono può arrivare, quello che di buono sicuramente arriverà.
Ci sono sempre esperienze da provare, cose nuove da imparare, persone da conoscere, luoghi da visitare, parole e musica da ascoltare... Per questo affronto con interesse e curiosità ogni novità, cercando ciò che di piacevole può portare.
Poi non è detto che vada sempre tutto bene, le difficoltà sono certe quanto le situazioni positive, forse anche più frequenti. Ma credo che valga ancora la pena di provarci.

Qualche volta le novità non sono positive.
La convivenza con la nuova compagna di stanza, ma soprattutto con la sua famiglia, non è ideale.
Come dicevo nel post precedente, sono estremamente rumorosi e allegramente inconsapevoli delle regole ospedaliere. Anche stasera sono arrivati in cinque, nonostante il numero massimo di visitatori per degente sia due. Stamattina li ho dovuti richiamare perché avevano usato il bagno della camera, che è riservato ai pazienti.
Per fortuna rispettano gli orari di visita, al di fuori dei quali però la signora intrattiene lunghissime conversazioni in videochiamata, con il vivavoce a volume da concerto rock; oggi pomeriggio non c'è stato verso di fare un pisolino.
Ore di discorsi incomprensibili: vivono sicuramente in Italia da tempo, ma sono di origine straniera e tra di loro parlano la lingua natia. Vengono dalla Serbia.



P.S.: oggi giornata abbastanza buona, il disagio maggiore sono le formiche fantasma, particolarmente attive e feroci. Cerco di controllarle con tecniche di visualizzazione che sto mettendo a punto raccogliendo i suggerimenti dei fisioterapisti, qualche lettura in rete e qualche idea mia. Un poco funzionano, di solito riesco almeno a fermare i morsi più feroci, però l'effetto dura solo fintantoché mantengo la concentrazione, appena sposto l'attenzione altrove, le grandi manovre ricominciano. In questo momento la coscia fantasma è poggiata sul materasso e non mi dà noia, mentre la gamba e il piede ci sprofondano dentro e sono pieni di formiche cattive. Spero che mi lascino dormire senza bisogno di antidolorifico.

P.P.S.: ho appena scoperto che la formica fantasma esiste davvero, il suo nome scientifico è Tapinoma melanocephalum.


Lacrime, sudore e sangue


Ieri scrivevo che se fossero andate a posto le tre cose che mi davano più fastidio, la situazione sarebbe stata buona.
Per contro, se quelle tre cose peggiorano, la faccenda può diventare davvero pesante.

Ieri pomeriggio i dolori intestinali sono stati lancinanti. È servito l'effetto combinato di più farmaci, insieme a un fiume di lacrime, per sbloccare finalmente la situazione. Per la verità non so se le lacrime siano servite a qualcosa, ma non potevo fermarle.
Dopo, è stato necessario sostituire una parte della medicazione, ovviamente proprio quella del punto malefico. Altro dolore, altre lacrime.
Vescica e stent non hanno gradito le sollecitazioni: di nuovo sangue nelle urine. Niente di grave, l'urologo mi aveva avvertito che poteva succedere, fintantoché ci sono corpi estranei nell'apparato urinario.
Per tutto il pomeriggio e la serata sono stata in un bagno di sudore: il clima qui è torrido e il climatizzatore funziona male. Attendo con impazienza il calo delle temperature previsto da domani.

Nel tardo pomeriggio mi hanno fatto un'ecografia all'inguine: all'origine del dolore c'è una piccola lesione su un tendine. Sospetto che possa essersi prodotta durante l'intervento, quando con ogni probabilità la gamba è stata tenuta in fuori per lasciare più spazio possibile nella zona di lavoro. Probabilmente passerà da sola, devo solo cercare di non stuzzicarla.

Ieri speravo di poter tentare la prima notte senza copertura analgesica, ma alla sera ero così provata, che non me la sono sentita di rischiare. Probabilmente ho fatto bene, perché ho trascorso una buona notte, a parte il caldo, che mi ha senz'altro aiutato a superare lo stress del bruttissimo pomeriggio.
Fortunatamente la nuova compagna di camera è stata silenziosissima, nessun disturbo per il mio sonno. Non si può dire lo stesso dei suoi familiari che ieri hanno invaso la stanza: troppo numerosi, rumorosi e decisamente maleducati. Un OSS li ha richiamati dopo che avevano piazzato tutte le sedie sul terrazzino e si erano messi a fumare. Non credo sia disprezzo delle regole da parte loro, solo mancanza di consapevolezza: non sanno proprio come ci si comporta in ospedale. Spero che prendano nota dei comportamenti da non adottare.

Intanto è passato un altro giorno. Faticoso, doloroso, ma finito. Un giorno in meno per la rimozione dei punti (no, non so quando inizieranno a toglierli), un giorno in meno per la fine di questa odissea, che è ancora lontana, ma arriverà.

lunedì 16 settembre 2019

Tre cose

Va quasi tutto molto bene.
Il farmaco antidolorifico che ha sostituito la morfina ha fatto egregiamente il suo lavoro, prima ogni dodici ore, poi ogni sedici, infine ogni ventiquattro. Chissà che stasera non riesca addirittura a farne a meno.
Continuo le passeggiate in corridoio con il deambulatore, oggi due giri completi. Ho provato anche a stare in piedi senza appoggio per qualche secondo; le sensazioni che arrivano dal moncone sono ancora piuttosto confuse, mi serviranno un po' di tempo e molta pratica per imparare a gestire l'equilibrio.
Ho chiesto e ottenuto il materasso antidecubito: niente più buca, finalmente!
Non c'è più stato bisogno di trasfusioni.
Il dolore alla schiena quando mi siedo è diminuito.
La convivenza con la signora Rita è stata piacevolissima, peccato che poco fa sia stata trasferita in riabilitazione. Speriamo che il posto rimanga vuoto a lungo.
Mi hanno tolto tutti i drenaggi e ridotto la medicazione ai soli cerotti per coprire i punti, senza più il bendaggio che prudeva sempre.
I medici sono molto contenti e continuano a riempirmi di complimenti per lo spirito con cui reagisco alla situazione.

Restano aperte però tre questioni piuttosto fastidiose.
L'intestino non si regolarizza e mi crea molto disagio. Stiamo lavorando su più fronti, spero in una soluzione rapida perché è davvero un grosso fastidio.
Il gommone ha iniziato a sgonfiarsi un po', ma i punti là sotto sono ancora dolorosi, tirano, ostacolano i movimenti e mi impediscono di stare seduta.
Ho un dolore intenso al legamento inguinale sinistro, che limita molto la mobilità della gamba: stamattina la dottoressa ha richiesto un'ecografia per capire di cosa si tratta.

Chiaro che ci sono tanti altri piccoli fastidi da gestire: la calza antitrombo con cui non riesco a convivere serenamente, le vampate, l'arto fantasma pieno di formiche fantasma, la temperatura troppo calda della stanza, il sonno ancora con tante interruzioni... ma tutto sommato sono abbastanza sopportabili, davvero il minimo che ci si può attendere dopo un intervento così importante.
Se riusciamo a sistemare i tre problemi più importanti, andrò avanti a gonfie vele.



venerdì 13 settembre 2019

Modi di dire

Qualche giorno fa ho iniziato a cercare i modi di dire relativi a gambe e piedi e catalogarli in base alla possibilità di applicarli ancora al mio caso.
Ho chiesto agli amici sul web un contributo a questo mio piccolo ma divertente progetto: ne sono già uscite cose bellissime, continuate ad aiutarmi per arricchire il repertorio!

  • Non posso più fare qualcosa su due piedi, quindi non mi assillate! 
  • Posso ancora tenere il piede in due scarpe o in due staffe
  • Non posso più saltare qualcosa a piè pari 
  • Posso ancora essere una persona in gamba
  • Non posso più stare con i piedi sotto il tavolo
  • Non posso più stare in piedi
  • Posso ancora avere un piede nella fossa, ma sarebbe grave; in compenso non posso più uscire con i piedi in avantistirare le gambe e questo fa ben sperare 
  • Non posso più scappare a gambe levate, ma posso, a pieno titolo, scappare a gamba levata (grazie Romina, questa è la migliore!)
  • Posso ancora essere sul piede di guerra
  • Non posso più avere le gambe che fanno giacomo giacomo
  • Posso ancora alzarmi con il piede sbagliato; speriamo di no, però 
  • Non posso più procedere con i piedi di piombo 
  • Non posso più andare a piedi
  • Non posso più stare con i piedi per terra, quindi ogni follia è giustificata! 
  • Posso ancora prendere qualcosa sotto gamba 
  • Non posso più fare un lavoro con i piedi, ma tanto non lo facevo nemmeno prima 
  • Non posso più avere qualcuno o qualcosa tra i piedi
  • Posso ancora avere una palla al piede 

  • Non posso più puntare i piedi, ma non pensiate che abbia perso anche solo un grammo della mia ostinazione 
  • Posso ancora circolare a piede libero 
  • Non posso più camminare sulle mie sole gambe
  • Non posso più darmi la zappa sui piedi; meno male
  • Posso ancora mettere un piede in fallo, e sarebbero guai
  • Non posso più muovermi in punta di piedi
  • Nessuno può più mettermi i bastoni tra le gambe
  • Non posso più essere lasciata a piedi
  • Non posso più darmela a gambe
  • Non posso più avere qualcuno ai miei piedi: peccato! 
  • Non posso più cadere in piedi
  • Posso ancora tenere in piedi qualcosa
  • Non posso più avere le ali ai piedi


  • Non posso più pestare i piedi per fare i capricci, ma è anche vero che nessuno potrà più pestarmi i piedi
  • Posso ancora mettere piede in un posto 
  • Non può più mancarmi il terreno sotto i piedi 
  • Non posso più mettere le gambe in spalla
  • Posso ancora partire con il piede giusto; anche con quello sbagliato, ma speriamo di no
  • Non posso più levarmi qualcuno dai piedi: preoccupante! 
  • Posso ancora entrare a gamba tesa
  • Non posso più andare gambe all'aria
  • Non può più venirmi il latte alle ginocchia
  • Posso ancora fare il passo più lungo della gamba
  • Non posso più contare sul fatto che chi non ha testa ha gambe, devo arrangiarmi in qualche altro modo
  • Non posso più fare passi da gigante 
  • Posso ancora togliermi qualche sassolino dalla scarpa
  • Se mi invitano a casa di qualcuno, non posso più bussare con i piedi
  • Posso ancora avere il piede pesante
  • Non posso più avere il morale sotto i tacchi: evviva! 
  • Posso ancora fare il primo passo


giovedì 12 settembre 2019

Tentativo fallito

Ieri avevo scritto su Facebook che senza morfina era più difficile.
È stato impossibile.
All'esaurimento della sacca nella pompa per infusione, ieri mattina, avevo concordato con gli anestesisti di provare a sospenderla, utilizzando altri antidolorifici in caso di bisogno. Non avevo mai proseguito l'infusione continua così a lungo dopo un intervento, al massimo sei giorni, e speravo di potermi affrancare da questo strumento, sempre preziosissimo ma non privo di effetti collaterali.

La mattinata è andata bene.
Con i fisioterapisti mi sono alzata e ho fatto la prima passeggiata, appoggiata al deambulatore antibrachiale, che ha un piano imbottito su cui appoggiare i gomiti per una migliore distribuzione del peso.


Come sospettavo, la posizione eretta è più facile e meno dolorosa di quella seduta: i punti non tirano tanto e il dolore sulla schiena è minimo.
Senza troppa fatica ho zompettato più o meno per trenta o quaranta metri su e giù per il corridoio, poi sono rimasta alzata ancora qualche minuto mentre mi giravano il materasso del letto, che dopo più di una settimana praticamente sempre nella stessa posizione aveva ormai una voragine al centro.

Verso metà mattina è stato tolto anche l'ultimo drenaggio e rinnovata la medicazione.
Con il passare delle ore però la situazione si è fatta più difficile, con sensazioni sempre più fastidiose dall'arto fantasma e aumento dei dolori alle ferite, in particolare sulla parte inferiore, dove il taglio chirurgico si biforca.
Nel frattempo è arrivata la nuova coinquilina, una signora anziana garbata e gentile, che condivide la mia passione per tapparelle sollevate e finestre aperte. Si chiama Rita ed è una delle volontarie ospedaliere del reparto, qui la conoscono tutti. Ha messo subito un libro sul comodino e il sapone in bagno: un ottimo inizio. Nel corso della giornata abbiamo condiviso un po' di conversazione piacevole.

A metà pomeriggio ho chiesto una dose di antidolorifico, che è stata abbastanza efficace per i dolori chirurgici, ma poco per l'arto fantasma.
Sto cercando di spiegare al mio cervello che la gamba destra non c'è più, ma è difficile. La sensazione di persistenza dell'arto è ancora molto netta, spesso fastidiosa, talvolta dolorosa. Mi aiuto con le immagini: le fotografie scattate durante le medicazioni sono molto o più efficaci dell'idea astratta di amputazione per comunicare il messaggio, ma ci vorrà tanto tempo per ricostruire una percezione corrispondente alla nuova realtà anatomica.
Mi pare che il chirurgo plastico abbia fatto un ottimo lavoro, ridisponendo muscoli e pelle per creare una zona di appoggio libera da cicatrici. Il risultato estetico è ancora abbastanza impressionante, con tutti quei punti metallici, ma certamente migliorerà con il tempo e credo che alla fine le cicatrici non saranno male.

Ieri sera verso le dieci mi sono messa a dormire, ma a mezzanotte il dolore mi ha svegliata, a morsi intensi e cattivi.
Ho chiamato l'infermiera del turno di notte, che mi ha dato subito un'altra dose di antidolorifico, ma il risultato è stato ancora più limitato di quello del pomeriggio. Ho tentato di rimettermi a dormire con pochissimo successo, mi sono appisolata solo per pochi minuti qua e là, oppressa da sogni sgradevoli e dolore crescente. Tre ore dopo ho chiamato di nuovo. Questa volta mi hanno iniettato la morfina, che ha riportato la situazione a livelli accettabili in un tempo ragionevole. Mentre aspettavo che facesse effetto, piangevo per la fatica, il dolore e soprattutto la frustrazione di dover dipendere ancora così tanto da questo farmaco. Accetto di averne bisogno, ma mi pesa sempre tanto.

Non ho più preso sonno.
Ormai sono passate le sei e mezza, la signora Rita è andata a fare la doccia prima dell'intervento che la attende in tarda mattinata e io sbadiglio e guardo il cielo che schiarisce a est, sperando in una giornata più facile e meno dolorosa.
Magari provo a dormire un po'.

mercoledì 11 settembre 2019

Un bell'aspetto

Mi dite che nelle ultime foto sono bellissima.
Non è vero.
Bellissima è l'anestesista che mi ha rifornito la pompa di morfina lunedì. Davvero un viso perfetto, un'assoluta armonia di lineamenti. Secondo me, i pazienti che si addormentano guardandola, hanno risvegli felici.
Io invece ho un bell'aspetto, che non è la stessa cosa, ma va benissimo ed è molto più di quanto ci si aspetterebbe a così poca distanza da un intervento tanto impegnativo.
Chiarito questo punto, vi svelo i miei segreti.

1. Sul blog ci finiscono solo le foto che vengono meglio, mica quelle in cui sembra che mi sia passato sopra un TIR!
2. Ho una grande capacità di recupero; appena sto un pochino meglio, mi ricarico subito, tiro fuori energia e sorrisi.
3. Le mie labbra hanno sempre avuto un naturale tono rosso scuro, basta che l'emoglobina non scenda proprio sotto le scarpe per farle apparire ben colorate; mi hanno detto che lunedì era addirittura a 12. E no, non uso il rossetto, men che mai rosso, men che mai in ospedale. Il trucco per me è tutt'al più un divertimento occasionale per quando ho tempo e voglia di giocare con i colori, di solito solo intorno agli occhi.
4. L'ambiente è buono. Mi sento ben seguita e assistita, in reparto si sta bene, sono ancora in camera da sola, il personale è sempre attento e sollecito, siamo davvero vicini ai livelli assistenziali di Portogruaro, mancano solo alcune perle di attenzione da grand hotel, come il giro pomeridiano di sistemazione delle lenzuola, il tè per merenda o la doccia in barella, per la quale sarebbe comunque ancora troppo presto.
5. Non ho ancora molto appetito, ma qui si mangia abbastanza bene, decisamente meglio rispetto a tutti i precedenti ospedali; questo aiuta molto l'umore, soprattutto di una buona forchetta come me. L'ultima foto è arrivata poco dopo una pasta cacio e pepe, per dire, che non sarà stata quella della Sora Lella, ma aveva una dignità più che ospedaliera.
6. Ultimo e più importante. Ogni giorno, due volte al giorno, il mio angelo custode viene ad aiutarmi a lavarmi, cambiarmi, lavare i denti, spalmare la crema, liberarmi per qualche minuto dalla trombocalza e massaggiare la gamba... E mi contrabbanda i succhi di frutta e verdura che mi stanno aiutando a reintegrare i livelli di vitamine e minerali. Avete idea di cosa significhi sentirsi freschi, puliti e a posto nonostante le ferite e le medicazioni? Togliersi ogni giorno dalla pelle almeno un po' della sensazione di malattia che in ospedale ti senti comunque addosso? Anche questa volta, come a Milano, come a Jesolo, la zia c'è!


martedì 10 settembre 2019

Egococcole

La notte è trascorsa serenamente, senza dolori né particolari fastidi.
Non dormo molto, la morfina altera sensibilmente il mio ritmo del sonno e sono continuamente disturbata da vertigini e vampate di calore, mi sveglio spessissimo, di solito almeno ogni mezz'ora, e talvolta passano anche due o tre ore prima che mi riaddormenti, però gestisco tranquillamente questi intervalli, sapendo che durante la giornata, se necessario, potrò recuperare con qualche pisolino. Me ne sto lì buona buona ad aspettare, gioco, leggo, penso.
Per fortuna sono ancora sola in camera, quindi non disturbo nessuno.

Subito dopo colazione sono arrivati i fisioterapisti. Mi hanno indicato qualche esercizio per la gamba, tutte cose che avevo già iniziato da un paio di giorni, poi abbiamo provato la posizione seduta.
L'iniziale sensazione di capogiro era più che attesa dopo una settimana di posizione quasi sempre orizzontale. Mi aspettavo anzi che sarebbe stata più intensa e mi avrebbe costretto a distendermi quasi subito, invece ho resistito per alcuni minuti.
Per il resto, non sapevo cosa aspettarmi, per cui non posso dire di essere sorpresa, ma è stato strano.
La sensazione più forte è un dolore molto intenso nel punto di frattura, dove le ossa del bacino sono state staccate dalla spina dorsale e non c'è ancora una struttura muscolare in grado di dare sostegno. È una grossa limitazione perché mi rende indispensabile sorreggermi sempre energicamente con entrambe le braccia, non sono in grado di tenere la schiena dritta senza supporto nemmeno per pochi secondi.
Dolore e fastidio anche in zona Zodiac, ma un po' meno di quanto temevo. Comincerà ben a sgonfiarsi, prima o poi!
La risposta del moncone è indefinita, non ho ancora una chiara percezione di come siano organizzate le cose là sotto. Tanto è stato tolto, di quel che resta molto è stato spostato, ci vorrà tempo per orientarmi. Ho avuto inizialmente una forte sensazione di formicolio dell'arto fantasma, ma si è attenuata quasi subito.
Intanto però ero seduta.


L'appoggio sul moncone è ancora minimo, soprattutto per il dolore alla schiena, vedremo se nei prossimi giorni andrà meglio.
Mi hanno raccomandato di riprovare più volte nel corso della giornata, anche da sola, visto che ho mostrato una buona autonomia e controllo dei movimenti. Soddisfazione.

Ho bisogno delle mie gratificazioni, come tutti, credo.
Non mi lascio influenzare dal giudizio degli altri, non agisco mai con lo scopo di ottenere riconoscimenti, ma mi fa sicuramente piacere quando vengo apprezzata per quel che sono o faccio. Anche se poi i complimenti mi imbarazzano da morire e non so mai come rispondere.

Il personale ha preso a benvolermi.
Prima di servire i pasti, le OSS fanno il giro del reparto per vedere se qualcuno ha bisogno di aiuto per sedersi e mangiare. Forte di mesi e mesi di ospedalizzazione in condizioni di mobilità limitate - vedi sarcofago - in questo sono completamente autonoma.
Quando le OSS sono passate stamattina, la prima mi ha chiesto se avessi bisogno di aiuto. Mentre facevo segno di no, la seconda, sorridendo, ha confermato: "La Camilla è come nemmeno averla!".
Quando ho bisogno di qualcosa, chiedo e sono sempre tutti più che disponibili ad aiutarmi, ma mi fa piacere che il mio impegno per ridurre al minimo le richieste di assistenza sia apprezzato.
Questo riconoscimento mi ha lusingata, una piccola gratificazione per il mio amor proprio.
Insieme a tanti altri, quando OSS e infermieri si complimentano per come affronto la situazione e cerco sempre di reagire positivamente.
Mi vergogno sempre quando lo dicono, ma mi fa tanto piacere.

Ecco, se qualcuno volesse dare un proprio ulteriore contributo in questo senso, c'è un'altra cosa che mi gratifica molto: sapere che ciò che scrivo qui viene letto.
Se vi piace la mia scrittura e volete coccolare un po' il mio ego, condividete e diffondete i contenuti di questo blog tra le vostre conoscenze, sui social, ovunque vogliate.
Grazie!

lunedì 9 settembre 2019

Intera

Lo so che tanti di voi si stanno facendo mille domande preoccupate su come mi sento senza una gamba, su quanto possa essere difficile affrontare una mutilazione così devastante, accettarsi con un aspetto fisico tanto strano e diverso e le nuove, enormi cicatrici che deturpano ancora una volta la mia pelle.
È un lutto da accettare, una nuova immagine di sé da costruire, magari può servire un supporto psicologico, bisogna ritrovare l'equilibrio...


Ohé, smettetela!
Apprezzo sinceramente la vostra preoccupazione, ma è sprecata: pigliate tutto il repertorio di psicologia da bar e riportatelo al bar.
Zero.
Niente.
Nemmeno un po'.
I miei pensieri e le mie preoccupazioni riguardo l'amputazione sono solo ed esclusivamente di tipo pratico.
La cicatrizzazione delle ferite, il rischio di infezione, la vascolarizzazione del moncone, come stare seduta, alzarmi, usare il WC, camminare, fare le scale...
Nient'altro, davvero.

Il problema di perdita di immagine è totalmente estraneo al mio DNA e non ho il benché minimo senso di identificazione con quella o altre parti del mio corpo, a parte il cervello, per cui non mi sento nulla di meno, o di diverso, rispetto a ciò che ero prima.
Anche senza un pezzo sono sempre io, mi riconosco benissimo e mi accetto tanto quanto prima. Ho sempre un seno troppo grande e cadente e le spalle strette, per dire.
Chiaro che avrei preferito poter restare intera, camminare su due gambe è più comodo che su una, ma ho perso qualcosa solo dal punto di vista funzionale.
Emotivamente ed intellettualmente, cioè per tutto quanto mi qualifica come persona, io sono intera.

Ora vedo almeno un paio di teste annuire con l'aria saggia di chi sa: "Eh sì, adesso dici così, poi prenderai consapevolezza e arriverà la batosta!"
Sottotitolo, con aria compiaciuta: "E io sarò lì a dire che te l'avevo detto".
Se siete i proprietari di quelle teste, uscite dal mio blog e dalla mia vita, non vi voglio intorno.
Ognuno reagisce a suo modo alle situazioni difficili e ogni reazione è parimenti legittima. La mia non è giusta né sbagliata, non è ostentazione di diversità, non è nemmeno una scelta: è semplicemente quello che mi viene naturale. Se vi sembra impossibile, non è un problema mio, se mi volete uguale a voi, avete sbagliato indirizzo,se sperate di assistere al mio crollo, andate a fare gli avvoltoi altrove.


La batosta arriverà, sicuramente. Magari sarà la prima volta in cui non riuscirò a raccogliere qualcosa da terra. Sarà un momento, o saranno molti, in cui piangerò per la frustrazione. Ma sarà la frustrazione di non poter fare, mai quella di non essere.

Ognuno sente il suo

Ho passato una brutta notte. Ma bruttabruttabrutta.
Gli eventi avversi si sono sovrapposti, sommati e amplificati: pompa di morfina vuota, formiche cattivissime nella zampa fantasma, stent doloroso, escoriazioni e punti sul canotto che tirano e fanno tanto male.
Nonostante la sollecitudine del personale per fornirmi tutti i supporti analgesici e trattarmi con la massima delicatezza possibile, ho pianto tanto, solo in tarda mattinata la situazione si è alleggerita, dopo il ripristino della morfina e la rimozione di due drenaggi su tre.


Eppure non era niente di grave.
Ci riflettevo proprio ieri, in tempi non sospetti, prima di stare male.
Il disagio derivante da un problema spesso non è proporzionale alla sua gravità. Livello oggettivo di intensità e livello soggettivo di percezione possono coincidere, differire un po' oppure essere lontanissimi.
Ci sono patologie gravissime che non provocano alcun disagio e malanni da nulla che compromettono tantissimo la qualità di vita.
Ad esempio, ieri e oggi non mi sono servite trasfusioni, per fortuna, ma l'anemia rimane un rischio significativo, che però non mi crea fastidi. I punti che tirano sono un'inezia, clinicamente parlando, ma li sento dolorosissimi e molto invalidanti.

In questi giorni tante persone si sentono in imbarazzo, quasi in colpa, nel confrontare i propri problemi ai miei.
Io invece capisco benissimo che il dolore mio-qui-ora sia più importante di quello di qualcun altro, da qualche altra parte, in qualche altro momento. Vale per chiunque, è normale e inevitabile.
Certo è importante inquadrare le cose nella giusta prospettiva, guardarsi attorno e non fare di un sassolino una montagna, ma ognuno sente il proprio ed è giusto così.
Quindi evitate di lamentarvi con me della vostra unghia incarnita, almeno per adesso, ma non sentitevi in colpa se vi fa male.


P.S. finalmente ho visto le foto dei tagli, prese durante la medicazione di oggi: un enorme ricamo a Y di oltre cento graffe metalliche che delimita in basso zone ancora paurosamente gonfie; altro che Zodiac, qua c'è un gommone che in un colpo solo potrebbe svuotare tutti i lager della Libia, non ditelo a Salvini, che altrimenti si agita e gli va di traverso il mojito.
Dal punto di vista chirurgico la ferita è bella, pulita e senza segni di sofferenza.
No, le foto non le pubblico: questo non è un blog dell'orrore.

sabato 7 settembre 2019

Aperitivo

C'è chi fa aperitivo con il Bloody Mary: dilettanti!


Aggiornamenti lessicali

La mutata condizione fisica richiederà qualche aggiornamento nel repertorio linguistico. Di sicuro non posso più stare in piedi, ad esempio, perché di piede ne è rimasto uno solo.
Ieri mi sono trovata di fronte a una di queste situazioni.

L'intervento è stato esteso, i tagli chirurgici interessano una zona molto ampia, dal fianco fino alle parti intime. Comprese. Ci sono punti anche lì e c'è anche un edema importante, che stiamo cercando di ridurre con impacchi di soluzione glucosata. Dà fastidio e fa male.
Nel giro della sera, l'infermiera ha rilevato che l'ultimo punto era rimasto scoperto. La zona è a rischio infettivo particolarmente elevato, quindi è intervenuto il medico di guardia per sistemare la medicazione.
Mi ha rassicurata che l'edema è normale in questi casi e si ridurrà col passare del tempo.
"E ci mancherebbe!" ho risposto. "Non ho mica intenzione di andare in giro per il resto dei miei giorni con uno Zodiac tra le gambe... Tra la gamba... In mezzo... Oh, insomma, là sotto!"



P. S.: ho passato davvero una buona notte, niente dolori né tosse né vampate. Non ho dormito tantissimo, alle cinque e mezza ero sveglia, ma è stato un buon sonno, senza tante interruzioni. E nei prossimi giorni si parte con la fisioterapia.

venerdì 6 settembre 2019

Non è finita


Probabilmente il peggio è passato, me lo auguro almeno, ma non sono ancora fuori pericolo.
Il rischio di infezione per un intervento così importante in una zona di per sé delicata e già più volte martoriata da chirurgia e radioterapia rimane elevato, mi stanno somministrando un sacco di antibiotici e sorvegliano attentamente tutti i parametri.
La ripresa però è buona, superiore alle aspettative dei medici. Evidentemente anche qui non conoscevano la bestia...

Ieri sono state necessarie altre due trasfusioni di sangue, oggi l'emoglobina era ancora bassa, ma per fortuna non tanto da richiedere altre sacche. Anche questo viene tenuto sotto stretto controllo.
Oltre alle perdite di sangue durante e dopo l'intervento - ci sono tre drenaggi attivi - c'è da considerare che l'asportazione di metà delle ossa del bacino ha ridotto considerevolmente i depositi di midollo osseo: la mia fabbrica del sangue lavora a regime ridotto e serve molto più tempo per ricostituire le scorte.
Grazie sempre a tutti i donatori: mi salvate la vita e non è un modo di dire. Non esiste ancora un modo per creare il sangue in laboratorio, le donazioni dei volontari sono l'unica possibilità di sopravvivenza per chi si trova in difficoltà come me.

Ieri sera finalmente la saturazione di ossigeno nel sangue ha raggiunto un livello sufficiente per non richiedere la somministrazione continua e ho potuto togliere i tubicini dal naso, quelli che nella foto sembrano baffetti ma no, non lo sono, ho fatto la ceretta pochi giorni prima del ricovero.
Durante la notte è arrivata la tosse, l'avevo quasi dimenticata tra gli effetti post anestesia, ma lei non ha dimenticato me. Comunque non è stata tanto terribile, da ieri sera ho avuto tre accessi davvero dolorosi, altre volte era andata peggio.
Mattina impegnativa, igiene e medicazione hanno avuto momenti duri in cui ho pianto. Però le ferite sono belle, dal punto di vista chirurgico, e pulite e la nuova medicazione è più morbida e leggera, decisamente meno fastidiosa della precedente.


Oltre alla copertura analgesica di base, un anestetico fino a stamattina e dal pomeriggio la morfina, ogni tanto devo chiedere l'intercessione di San Toradol, che continua a dispensare miracoli con ammirevole costanza.
Solo oggi ha tentennato. Nel pomeriggio, improvvisamente, mi è salito un dolore fortissimo al fianco. Dato che non accennava a calmarsi, ho attivato il pulsante per una dose supplementare di morfina, che mai avrei pensato di usare, ma il beneficio è stato contenuto e di breve durata. Ho chiesto il Toradol, che nelle precedenti occasioni aveva sempre risolto la situazione nel giro di venti minuti al massimo, ma anche quello ha faticato molto a portare il dolore a un livello sopportabile, ci è voluta qualche ora. Adesso finalmente va meglio.
Tutto il personale di reparto qui è molto attento alla gestione del dolore e in generale ai bisogni del paziente, sono sempre pronti ad aiutare. Quando chiedo un antidolorifico, arriva subito, non dopo ore come a Milano. Sono anche sempre attenti alle mie segnalazioni, è rassicurante.

Oggi ho ricominciato a mangiare un po' di cibo solido. Il menù mi pare più invitante rispetto agli altri ospedali che ho frequentato, con maggiori opzioni vegetariane e di pesce: il salmone del pranzo e il formaggio alla piastra della cena erano buoni. Sì, lo so che dovrei mangiare carne per fare sangue, ma finora mi hanno proposto solo petto di pollo, inutile che lo prenda, tanto poi non riesco a mandarlo giù; aspetto che ci siano le polpette o l'hamburger. E tra qualche giorno potremo avviare il contrabbando di bresaola, se serve.

La gamba fantasma è sempre lì, impossibile spostarla, appoggiata di lato con il ginocchio piegato e il piede quasi sempre informicolato.
Per completare il quadro, il mio cervello ha deciso di recuperare informazioni dalla gamba sana, quindi ci ha aggiunto anche il fastidio della calza antitrombo. Vi ricordate che odio le calze, vero?
Qualche volta fa male, più spesso dà solo fastidio. Non mi aspettavo una sensazione di persistenza così intensa, precisa e costante, credevo che sarebbe stata intermittente. Mi auguro che si attenui con il tempo; capisco che per il mio cervello sia difficile accettare l'assenza di qualcosa che è stato lì per cinquant'anni, ma suvvia, un po' di elasticità!

Andiamo avanti un giorno per volta, un'ora per volta, sperando che la situazione continui a migliorare e non arrivino altri problemi o, se proprio devono arrivare,  che si risolvano facilmente.

giovedì 5 settembre 2019

Ci sono

Le prime ore post intervento sono passate, faticose, difficili, a tratti terribilmente dolorose.
Sono uscita dalla terapia intensiva ieri pomeriggio, il trasferimento è stato molto pesante, ma in qualche modo l'ho superato.
Anche stanotte è stata davvero dura, con un dolore che ha resistito ai primi due farmaci e sembrava non finire mai, ma l'alba è arrivata portando un po' di sollievo.


Ho fatto i conti con i soliti conati di vomito post anestesia, con il maledetto stent che mi ha fatto piangere di dolore, con una fasciatura troppo stretta, con le ferite chirurgiche che per ora sono meno dolorose di quanto temessi.
Ho iniziato a conoscere la sindrome dell'arto fantasma, per cui in questo momento ho la nitida percezione della mia gamba destra appoggiata sul letto, con il ginocchio piegato di lato. Sento anche le grinze del lenzuolo, è fantastico quello che il cervello può elaborare.
Ieri freddo da battere i denti, stanotte le vampate massacranti che mi lasciano in un bagno di sudore, erano anni che non mi disturbavano così ferocemente.
Non è finita, ci sarà da penare ancora, ma stamattina va meglio e spero che ogni ora che passa renda le cose un po' più facili.
Avanti piano, con calma e prudenza. E sempre tanta, tanta pazienza.

martedì 3 settembre 2019

Mia c'è

Ciao, gente.
Pochi fronzoli, oggi.
Mia ha superato l'intervento. Quindi ricominciate a respirare, che la pelle blu non è trendy.

È stato lungo, difficilissimo, lentissimo. Ma fatto con tutta l'attenzione che meritava.
L'equipe diretta dal prof. Ruggieri ha fatto un ottimo lavoro. Avranno la mia stima eterna.

Adesso Mia è in terapia intensiva, ancora sedata. Prevedono di svegliarla completamente entro domattina, se i parametri vitali lo permetteranno. Ma resta stabile.

Sono riuscito a vederla per qualche minuto, gli operatori dell'Intensiva sono stati gentilissimi.
Certo, intubata e sedata. Con sensori ovunque e con le coperte che non celano una mancanza di forme con cui dovremmo fare i conti.
Ma Mia c'è.

E adesso, se permettete, posso anch'io riposare.

Alla prossima, gente.
Nato.

Io vado

Vado in sala operatoria.
Tra poco l'anestesia spegnerà i miei pensieri e scivolerò in un nulla senza dolore e senza tempo.
Quando perderò conoscenza, per me sarà già tutto finito, in un modo o nell'altro, perché non avrò nessuna consapevolezza di ciò che succederà. Mi sveglierò a intervento finito e per me sarà passato un attimo. O non mi sveglierò affatto e sarà passata l'eternità.
Per altri, fuori, il tempo scorrerà invece in gocce lente e pesanti di ansia. Non invidio Renato, la zia e tutti gli altri che aspetteranno: a loro, oggi, tocca la parte peggiore.

Raccolgo i miei pensieri felici perché mi accompagnino nel sonno, così li ritroverò al risveglio.
Raccolgo il coraggio di provare ancora a tenermi stretta questa vita sempre più sottile.
Raccolgo la speranza che vada tutto liscio, la speranza di tornare viva e di tornare a vivere.
E siccome sono io, raccolgo ancora un sorriso e ve lo lascio qui.


lunedì 2 settembre 2019

Comunicazioni di servizio

Ci siamo quasi, tra dodici ore sarò in sala operatoria.
La preparazione è più o meno completa, ho dovuto sospendere l'ultima flebo idratante/nutriente/elettrolitica perché anche la seconda agocannula stasera ha dato forfait e dopo l'esperienza di ieri, nessun infermiere vuole imbarcarsi nell'impresa titanica di trovare un'altra vena.

Come le altre volte, lascerò il blog a Renato per gli aggiornamenti.
NON STRESSATELO!
Non telefonategli, non chiedetegli di "farvi sapere", non tempestatelo di messaggi.
Vi aggiornerà appena possibile attraverso il blog, accontentatevi delle informazioni che troverete qui.
Domani, e forse anche i giorni immediatamente successivi, saranno durissimi per lui. Cercate di capire che potrebbe non avere voglia di ripetere cento volte le stesse cose o di spiegare i dettagli della situazione.

Ricordate che dopo ogni intervento mi servono diversi giorni per recuperare pienamente l'uso della voce. Bruciore in gola per l'intubazione e tosse post anestesia mi rendono difficile parlare per un po' di tempo. Quindi non telefonate nemmeno a me, per almeno una settimana.
Messaggi sempre graditi, ma non mandatemi video né servizi fotografici (una/due immagini vanno benissimo, dieci no), che tanto non li guardo. Repetita juvant.

Grazie a tutti per i tantissimi messaggi di auguri e incoraggiamento di questi giorni: è bello sapere che ci siete!

LUNGA VITA AL LUPO! 

domenica 1 settembre 2019

Fatica

È dura.
Il dopo stent ha richiesto altre dosi di antidolorifico, per fortuna a intervalli sempre più lunghi. San Toradol ha fatto ogni volta il miracolo, però spero che non ce ne sia più bisogno, perché ha anche un effetto anticoagulante, non è opportuno utilizzarlo nell'imminenza di un intervento chirurgico. Se dovesse servire ancora una terapia analgesica, dovremo trovare un'alternativa.

Altrettanto divertente la preparazione intestinale. Bisogna svuotare bene bene tutto e allora via di schifobustine: due litri di beverone orrendo ieri, due oggi. Sono riuscita a mandarli giù, e a farceli restare, solo facendoli tenere al freddo fino al momento di iniziare e accompagnandoli con succo di limone. Cinque/sei sorsi di schifobustine, un sorso di succo di limone, pausa. Ripetere fino a esaurimento, mio o del beverone.
E poi i pellegrinaggi in bagno, ogni ora o anche più spesso, che ho già fatto più o meno i chilometri del Cammino di Santiago.
Mi manca tanto la doccetta per il bidet, mi sento terribilmente in colpa per tutte le salviette detergenti che devo usare, rifiuti non riciclabili, ma davvero non ho alternative.

Se volete sapere com'è la cucina dell'ospedale... ecco, vorrei saperlo anch'io.
Per avere l'intestino vuoto, non bisogna riempirlo: da ieri, dieta liquida, vale a dire solo brodo.
Per compensare la mancanza di alimentazione e le perdite di liquidi, oggi mega sacca di flebo idratante-nutriente-elettrolitica. Peccato che a metà l'agocannula abbia smesso di funzionare, me ne hanno dovuta inserire un'altra. Ci hanno provato in tre, alla fine ce l'hanno fatta. Al quarto tentativo. Considerando anche i prelievi dei giorni scorsi, ho più fori sulle braccia di un tossico di lungo corso.
Niente di facile, nessuno sconto.

Da un lato vedo l'ora che arrivi martedì: facciamo quello che c'è da fare e facciamolo presto. Ma non è detto che quello che mi aspetta dopo sia più facile.
O che ci sia un dopo, se è per questo.
Su ogni pagina del consenso informato è scritto in grassetto maiuscolo che l'intervento è ad alto rischio e potrebbe avere come esito l'exitus della paziente, vale a dire la mia prematura dipartita.
Non che ci siano grandi alternative: se non si toglie, il tumore mi ucciderà comunque, preferisco almeno provarci.
Ma vorrei che non fosse sempre tutto così faticoso.