domenica 30 ottobre 2022

Telepatia

La macchina organizzativa si è avviata. 
Venerdì mi hanno chiamato dalla segreteria di chirurgia toracica per comunicarmi le prime date per gli esami preliminari all'intervento.
Mentre la segretaria mi spiegava l'iter, potevo percepire distintamente le sue reazioni.


- "Per il prericovero deve presentarsi qui in reparto il giorno 7 alle 8:30. Sa dove siamo?" (Accenno di preoccupazione: la spiegazione non è semplicissima)
- "No, sono stata solo nell'ambulatorio, al Giustinianeo." (Vabbè, almeno sa dov'è il Giustinianeo)
"Allora noi siamo dalla parte opposta della strada rispetto al Giustinianeo..."
- "Sopra al Pronto Soccorso?" (Barlume di speranza)
- "Esatto! È già stata all'ospedale di Padova?" (Fervente aspettativa)
- "Più o meno ogni settimana, negli ultimi mesi, l'ultima volta martedì." (Entusiasmo) "Sono in cura allo IOV, alla clinica ortopedica e all'ambulatorio osteometabolico." (Principio di apprensione: ha realizzato che potrei essere una paziente complicata
- "Sale la rampa e trova un lungo corridoio a sinistra, lo percorre fino in fondo poi sulla destra trova alcuni ascensori, prenda uno di quelli piccoli e salga al primo piano." (Modalità vigile urbano)


- "No, guardi, io non posso prendere gli ascensori piccoli perché la sedia a rotelle non ci entra." (Panico: sarò sicuramente una paziente terribilmente complicata!) 
- "È che per quelli grandi serve la chiave..." (Smarrimento)
- "Lo so." (Affannosa ricerca di una soluzione)
- "Dovrebbe essercene anche uno un po' più largo senza chiave..." (Speranza)
- "Ok, non si preoccupi, troverò il modo." (Sollievo: forse non sarò una paziente troppo complicata)
- "Viene qui in guardiola a ritirare i moduli, farà subito la spirometria e poi l'elettrocardiogramma e i prelievi..." (Realizza quali saranno le distanze da percorrere con la sedia a rotelle e la voce di spegne, percepisco chiaramente che è impallidita) - "Sa, sono un po'  lontani..." (Pallore cadaverico)
- "Al San Massimo, vero?" (Barlume di speranza: evidentemente so di cosa parla) "Non si preoccupi, mi faccio accompagnare." (Se mi avesse di fronte, mi bacerebbe)
- "Dovrà restare a digiuno..." (Dubbio che io possa svenire per strada per la fame)
- "Tranquilla, ho abbastanza riserve di grasso per due mesi e saltare qualche pasto non mi crea nessuna difficoltà. Negli ultimi due giorni non ho mangiato niente perché sono stata male dopo l'infusione di bifosfonati." (Sconforto: sarò una paziente complicatissima!) "Ma non è un problema, davvero." (Cauto ottimismo)
"In tarda mattinata avrà il colloquio con i chirurghi per raccogliere informazioni, porti tutta la documentazione..." (Fervida speranza che io abbia la documentazione
"Certo, eccellente!" (Sollievo palpabile)
"Poi dovrà aspettare il pomeriggio, verso le 14:30, per il colloquio con l'anestesista, sa, le deve fare qualche domanda, per le 16 dovrebbe aver finito tutto." (Silenziosa preghiera che io non mi lamenti perché devo fermarmi tutto il giorno)
"Sì, certo." (Profonda gratitudine)


"Invece per la TAC ho già la data, il 15, ma mi devono ancora confermare l'orario, probabilmente sarà nel pomeriggio..."
"Va benissimo, grazie. Fatemi solo sapere l'orario con sufficiente anticipo, perché sono allergica al mezzo di contrasto e devo fare la premedicazione." (Credo che a questo punto sia caduta dalla sedia)
"Anche?" (Profonda inquietudine)
"Certo, non mi faccio mancare niente, io!" (Sconcerto)


Non vedo l'ora di incontrarla per capire quanto ci ho azzeccato!

mercoledì 26 ottobre 2022

Bassi e bassi

Mi hanno chiamato da Padova.
L'esito delle biopsie non è chiarissimo, i dubbi dell'oncologa sono condivisi anche dal chirurgo toracico che prevede comunque di rimuovere la zona del polmone interessata, ma non ha posto in sala operatoria prima di un mese, e chiede che nel frattempo sia eseguita una ulteriore biopsia TAC guidata.

Quindi vinco un altro esame invasivo, suppongo entro le prossime due settimane per avere gli esiti in tempo, e un altro intervento chirurgico tra circa un mese.
Il tutto corredato da esami di pre-ricovero, tamponi e chi più ne ha più ne metta.
Avevo altri programmi per le prossime settimane...

Nel frattempo ho ancora tanti dolori, tanta nausea e qualche linea di febbre. 



Alti e bassi

Gli ultimi due giorni sono stati un alternarsi di emozioni, montagne russe di sentimenti contrastanti.


Lunedì ho ricevuto la notizia che un caro amico, una persona buona e generosa, è in condizioni gravissime, una situazione totalmente inattesa, fino a pochi giorni prima stava bene, che mi ha colpito molto dolorosamente.

Ieri sono andata a Padova per la prima infusione del farmaco contro l'osteoporosi.
Avevo appuntamento alle 12:40, un orario in cui le speranze di trovare parcheggio sono abbastanza buone, quindi ho deciso di andare da sola. Per prudenza sono comunque partita con largo anticipo, per avere eventualmente tutto il tempo di aspettare che si liberasse un posto.
Viaggio tranquillissimo, sempre con la massima attenzione in autostrada, in particolare nel tratto a due corsie, in cui gli incidenti sono all'ordine del giorno, e traffico padovano non troppo intenso, quindi sono arrivata con più di un'ora di anticipo rispetto all'appuntamento.
Il primo giro di ricerca del parcheggio era un tentativo con poche speranze di successo: la palazzina di radioterapia, in cui c'è anche l'ambulatorio osteometabolico, ha un piccolo parcheggio dedicato, ma c'è solo un posto per disabili adatto alle mie esigenze, con spazio sia di lato che dietro, per scendere e scaricare/caricare la carrozzina. Ovviamente era occupato, quindi ho iniziato il secondo giro. Miracolo! Ho subito trovato libero il parcheggio perfetto, non troppo distante dalla radioterapia e con tutto lo spazio necessario. Un ottimo inizio.
Prima dell'infusione era prevista una visita di controllo, per valutare le ultime analisi che ho fatto una decina di giorni fa, e alle 11:45 ero già parcheggiata nel corridoio davanti agli ambulatori. Come di consueto, nell'attesa mi sono dedicata ai videogames, in particolare a un gioco di disegni da colorare che ho scoperto un paio di mesi fa e mi piace parecchio.


Mi ha visitata la responsabile dell'unità Tumori Ereditari, a cui afferisce anche l'ambulatorio osteometabolico: è stata gentilissima e ha valutato molto scrupolosamente non solo le ultime analisi, ma anche le precedenti e mi ha dato alcune indicazioni per la gestione degli effetti collaterali del farmaco: la prima infusione di solito provoca un paio di giorni di febbre e dolori e sono uscita dall'ambulatorio con una lista di farmaci e di suggerimenti per affrontarli.

Non avevo notizie degli esiti delle biopsie polmonari. Ormai erano passate quasi tre settimane dalla broncoscopia, ma nessuno mi aveva ancora contattata e sul fascicolo sanitario elettronico non c'era niente. Ho chiesto alla dottoressa se poteva verificare se il referto era disponibile: era stato rilasciato il giorno 19, esattamente due settimane dopo la broncoscopia, ma in pneumologia nessuno aveva ritenuto di informarmi. Senza augurare il male a nessuno, forse a qualche medico farebbe bene provare come ci si sente in attesa di un responso che può cambiarti la vita.

Non ho ancora visto il referto, ma la dottoressa ha detto che è negativo per patologie oncologiche, sembra che l'oggetto misterioso sia soltanto una zona infiammata. Che non esclude necessariamente che sia da rimuovere, però fa tanta, tanta differenza.


L'infermiere addetto alle infusioni merita un monumento: oltre a essere estremamente gentile e sorridente, ha inserito l'agocannula alla perfezione al primo tentativo, non mi ha dato il benché minimo fastidio né si sono formati ematomi. Santo subito!

Il tempo necessario per l'infusione, una ventina di minuti, è passato quasi senza che me ne accorgessi, mentre inviavo messaggi a parenti e amici per comunicare il buon esito delle biopsie. Ancora qualche minuto per il lavaggio, poi ho salutato e sono tornata verso la macchina.
Uno degli addetti al parcheggio, vedendomi da sola, ha chiesto se avessi bisogno di aiuto. Non serve, grazie. Ma lui ci teneva a rendersi utile e mi ha seguita fino alla macchina, è rimasto a guardare pieno di ammirazione mentre caricavo la carrozzina nel bagagliaio e poi mi ha intrattenuto per almeno un quarto d'ora con chiacchiere di ogni tipo e ripetuti auguri per la mia salute.

Anche il viaggio di rientro è stato tranquillo, un'ora e dodici minuti. E poi altri quindici minuti di coccole a Ettore nel bagagliaio dell'auto: ogni volta che mi vede partire o arrivare, salta dentro e mi riempie di fusa, baci e testate. E di pelo, che con questo caldo fuori stagione lo perde come fosse primavera.


La giornata è proseguita serenamente, pensavo quasi di aver sfangato i problemi post-infusione, ma verso mezzanotte il "per ora sto bene" si è estinto.
Prima sono iniziati i dolori muscolari diffusi, poi sono arrivati i brividi, tremavo come un Parkinson all'ultimo stadio nonostante il piumino, la coperta e il pigiama pesante, la febbre e la nausea. E giusto per non farmi mancare nulla, si sono svegliate anche le elettroformiche, particolarmente feroci. Nonostante i farmaci, ho passato la notte in bianco e ora sto aspettando che le formiche si calmino per cercare di dormire un po'.
Niente di grave, rientra (quasi) tutto negli effetti previsti del farmaco, ma speravo che almeno le formiche mi lasciassero in pace. Pazienza, non dovrebbe durare più di due o tre giorni e l'avevo già messo in conto, avvisando l'ufficio, la squadra di sitting volley e le compagne di teatro che probabilmente sarei stata KO per un po'.

Nel frattempo l'oncologa ha detto che si consulterà con gli pneumologi e il chirurgo toracico per valutare come procedere. Non è del tutto sicura di escludere la natura oncologica dell'addensamento polmonare, oltre al fatto che un'infiammazione cronica - e questa dura ormai da oltre quattro anni - è comunque a rischio di trasformarsi in lesione tumorale. Aspettiamo.

domenica 16 ottobre 2022

Diario felino - Quasi sei

Caro diario,
Qui è una faticaccia guadagnarsi il pane!
Io contribuisco attivamente a rifornire la dispensa: un paio di settimane fa ho portato una pantegana enorme e a inizio settimana un pettirosso. Eppure mi tocca sempre insistere tanto perché mi diano da mangiare. Prima li guardo, poi do qualche colpetto con la zampa e se continuano a ignorarmi, pianto le unghie oppure mordicchio. Alla fine riesco a farmi riempire la ciotola, ma devo sempre lavorarci parecchio: evidentemente i miei umani sono proprio duri di comprendonio.

E poi continuano a brontolare perché mangio tanto. 
Con l'arrivo dell'autunno, Fergus e io siamo di nuovo stati battezzati "Team Antartide": gli umani dicono che se i gatti mangiano di più per prepararsi alla stagione fredda, allora probabilmente noi due stiamo progettando di trasferirci in Antartide.


Eppure non mangiamo più di sette/otto/dieci volte al giorno, non vedo proprio cosa ci sia da lamentarsi.
Una sera, dopo che ero passato ai mordicchiamenti perché occhiate e colpi di zampa non avevano funzionato, l'umano ha detto che avevo mangiato solo due ore prima, non era possibile che io avessi di nuovo fame. Lui invece si era appena mangiato una fetta di pane con la mortadella, uno stinco di maiale, due porzioni di spezzatino, un pezzo di parmigiano, insalata di pomodori e due pacchetti di crackers. E poi ha il coraggio di dire a me che mangio troppo!
Che poi non è assolutamente vero, e posso dimostrarlo.

La settimana scorsa in salotto è comparso il trasportino. Brutto segno.
Era già successo qualche giorno prima ed era toccato a Fergus, quindi mi sono tenuto alla larga. 
Com'era quella faccenda di Maometto e la montagna?
Beh, io sono rimasto rintanato di sopra, in camera da letto, ben lontano dal trasportino, ma lui è venuto da me. 


L'umano questa volta ha ascoltato i consigli dell'umana: ha sistemato il trasportino contro una parete, mi ha afferrato saldamente e mi ci ha infilato dentro partendo dalla coda. Non ho avuto modo di ribellarmi e nessuno mi ha aiutato a evadere, quindi sono finito dalla veterinaria per la vaccinazione.
Ero spavengattissimo, ma devo ammettere che è andata meglio del previsto: a differenza delle altre volte, questa puntura non mi ha fatto stare male, la veterinaria ha detto che hanno modificato la composizione dei vaccini e in effetti nemmeno Fergus è stato male, mentre gli anni scorsi gli veniva sempre la febbre.
Mi hanno pesato: 5,950 kg.
Quasi sei chili. Quasi. Mancavano solo 50 grammi, uffa!
Se solo gli umani mi avessero dato qualcosa in più da mangiare...

                   Edison


venerdì 7 ottobre 2022

Questa è fatta

Sono tornata a casa ieri, dopo una degenza di circa 30 ore.
Grazie al preziosissimo aiuto di Emanuela e Maurizio, che si sono sobbarcati la levataccia per accompagnarmi, mercoledì mattina alle 8 ero davanti alla guardiola del reparto di pneumologia, dove mi hanno fornito subito il certificato di ricovero da presentare al lavoro. 
Il mio letto però non era ancora pronto, stavano completando le dimissioni di un'altra paziente, ma il trasporto per la broncoscopia era previsto alle 9:30 e bisognava eseguire alcune procedure preliminari, quindi hanno pensato di sistemarmi provvisoriamente in stanza con un uomo, il signor Carlo, posizionando un paravento tra i due letti per garantire la privacy.
Ho dovuto attendere un po' in corridoio perché le OSS stavano lavando il signor Carlo, poi ho preso possesso del mio letto, ho messo il pigiama e la ciabatta e sono andata in bagno.


Anno Domini 2022, Azienda Ospedale-Università di Padova: nel bagno della camera non ci sono né i maniglioni di sostegno, né il sedile doccia, né i sanitari rialzati, anzi, WC e bidet sono addirittura più bassi della media. Praticamente un bagno inaccessibile non solo per le persone con disabilità, ma anche per chiunque abbia qualche problema di mobilità. Complimenti!
Ho chiesto se ci fosse da qualche parte nel reparto un bagno attrezzato per disabili. Imbarazzo palpabile. No, forse al piano terra, i bagni per i visitatori...
Ma scherziamo?!?


Una cosa indegna, per cui l'Azienda Ospedaliera ha già ricevuto un mio reclamo formale.

L'infermiera mi ha chiesto se avevo fatto il tampone Covid e alla mia conferma ha detto che potevo togliere la mascherina. Meno male: non sapevo quali fossero le regole per i pazienti, ma mi preoccupava l'ipotesi di dover dormire con la FFP2.
Il signor Carlo, oltre alla patologia polmonare per cui era ricoverato, aveva evidenti problemi cognitivi: era disorientato nel tempo e nello spazio e continuava a chiamare il personale per chiedere di andare a casa. Mi ha fatto pena.

È iniziata l'ennesima serie di esami, con misurazione della pressione e saturazione di ossigeno.
Dopo aver attentamente esplorato le vene, l'infermiera ha inserito l'agocannula nel mio braccio sinistro, ma ho capito subito che non era andata benissimo, la vena era sottile e la cannula grattava contro la parete. Ha tentato di prelevare il sangue da lì, ma è riuscita a riempire a malapena una provetta su quattro e ha dovuto bucare un'altra vena, più in alto sullo stesso braccio, per completare il prelievo. L'agocannula però è rimasta lì, fastidiosamente.
Subito dopo mi hanno fatto un elettrocardiogramma, poi è venuto il medico a visitarmi e sforacchiarmi ancora, questa volta il polso destro, per l'emogas analisi.
È arrivata poi un'altra infermiera a porgermi un barattolo per la raccolta delle urine. "Non se ne parla proprio!", ho risposto "In un bagno privo di maniglioni e con il WC così basso, per me è impossibile riempire quel barattolo." Imbarazzatissima, mi ha portato la padella (ve lo ricordate, vero, che con la mia raccolta punti finisco sempre per vincere una padella?).
Giusto in tempo: nel frattempo era arrivato il barelliere dell'ambulanza per portarmi al day hospital pneumologico in cui sarebbe stata eseguita la broncoscopia, in un altro edificio dell'enorme complesso ospedaliero padovano.
Il trasporto è stato un film già visto: caricamento della barella in ambulanza, transito lungo le vie interne, scarico e parcheggio nella stanzetta di transito, in cui avevo passato più di qualche ora durante il ricovero del 2019. Questa volta l'attesa è stata abbastanza breve, una decina di minuti, prima che arrivasse una barelliera del servizio interno per portarmi alla destinazione finale. Ancora attesa in corridoio, circa mezz'ora, prima che arrivasse il mio turno.
Prima di iniziare, il medico mi ha spiegato che avrebbero esplorato ecograficamente la zona dell'addensamento, dall'interno dei bronchi (broncoscopia EBUS), e avrebbero eseguito le biopsie solo se fossero stati certi di raggiungere l'area da esaminare, altrimenti avrebbero interrotto l'esame.

Quando mi hanno iniettato il primo farmaco, ho avuto la conferma che l'agocannula non era collocata bene: il bruciore è stato fortissimo, ed è andata anche peggio con il sedativo, di cui ho il sospetto che una parte sia finita fuori dalla vena, perché la sedazione è stata decisamente troppo leggera, per i miei gusti: nessun dolore, ma ho percepito distintamente la sensazione del corpo estraneo nelle vie aeree. Ho tossito per tutta la durata dell'esame, e questo mi hanno detto che è normale, ma pur non essendo del tutto cosciente, ho sentito ogni singolo colpo di tosse, è stato come un sogno in cui tossivo perché non riuscivo a respirare. Niente di tragico, ma decisamente sgradevole.


Il boccaglio che mi teneva la bocca aperta ha evitato che mordessi la sonda o mi spaccassi i denti, ma mi sono ritrovata comunque una piccola ferita all'interno del labbro inferiore, a testimonianza della reazione violenta e incontrollabile alla presenza di un tubo nei polmoni.
Quando ho ripreso pienamente conoscenza, il medico ha confermato di essere riuscito a eseguire tutti i prelievi necessari. Meno male: sottoporsi a un esame così fastidioso senza ottenere il risultato voluto sarebbe stato particolarmente spiacevole.
Mi hanno tenuto in osservazione per circa un'ora al day hospital, ma già dopo dieci minuti mi hanno tolto il tubicino dell'ossigeno, perché saturavo perfettamente. Ho tossito un po', inevitabile e necessario per liberare i bronchi, ma senza dolore né tracce di sangue.
Il rientro è stato veloce, nessuna attesa nella stanza di transito, l'ambulanza era già pronta per riportarmi in reparto.

Nel frattempo il mio letto era stato spostato in una stanza femminile, dove al di là del paravento c'era la signora Stella, amorevolmente assistita da un compagno straordinariamente premuroso e visibilmente sollevato quando gli ho confermato che non sarebbe venuto nessuno a trovarmi e lui poteva restare fino alla fine dell'orario di visita (c'è il limite di un visitatore per stanza).
Sono passati i medici a vedere come stavo: nessun problema, solo qualche colpo di tosse e un po' di raucedine.
Dovevo andare in bagno, ma volevo essere sicura di non correre rischi. Ho provato ad alzarmi, mi sentivo stabile e non c'era traccia di capogiri. Per prudenza, uno dei medici mi ha accompagnata. Sono riuscita a fare tutto da sola, utilizzando la mia stessa sedia a rotelle come maniglione di appoggio, ma solo perché sono in discreta forma fisica, un anno fa non ce l'avrei fatta. Diciamo comunque che queste 30 ore di ricovero con bagno inaccessibile mi hanno permesso di recuperare almeno in parte gli allenamenti persi in questi giorni. Non ci credete? Provate a fare squat con una gamba sola...


Intanto piovevano messaggi di amici e parenti che chiedevano notizie e mi invitavano a riposare. Ma scherzate? C'è Italia-Giappone, campionato mondiale di pallavolo femminile!
In camera non c'era la TV, quindi mi sono dovuta accontentare del telefonino e sono riuscita a seguirla lo stesso... più o meno, perché ci sono state numerose interruzioni, in particolare la sostituzione dell'agocannula malefica che continuava a tormentarmi. Ho chiesto di toglierla, ma l'infermiera nicchiava: tutti i pazienti ricoverati devono avere un accesso venoso pronto in caso di emergenza. "Non sono contraria all'agocannula in generale, ma a questa, perché è messa male e se torno a casa con una flebite, mi arrabbio..." Dopo questa velata minaccia, si è arresa.
Quarto sforacchiamento della giornata, questa volta sul braccio destro. Niente da fare, la vena si è nascosta. L'infermiera allora ha chiamato il "mago delle vene", un collega particolarmente abile in queste operazioni, che in effetti ha centrato perfettamente al primo colpo - ma per me era il quinto buco - una vena di diametro adeguato sul braccio sinistro. Vena centrata talmente bene, che poi è dovuta venire la OSS a cambiare il lenzuolo, copiosamente macchiato di sangue.
Sono riuscita a vedere quasi tutto l'ultimo set della partita, che le ragazze terribili hanno vinto con il punteggio di 3-1.


Sono quindi andata a presentarmi alla mia compagna di stanza, al di là del paravento. La prima impressione è stata di una persona terribilmente lamentosa, ma nelle ore successive ho capito che aveva effettivamente alle spalle una storia clinica impegnativa ed era alle prese con la difficile gestione del dolore neurologico. Quando ha scoperto che ho esperienza di questo problema, e potevo quindi capire il suo disagio, ho percepito distintamente il suo sollievo per sentirsi finalmente compresa. Nelle ore che abbiamo passato insieme, pur senza vederci quasi mai per la costante presenza del paravento tra i due letti, mi ha raccontato tantissime cose della sua vita, della famiglia, del compagno, del figlio, della malattia... Diceva che per la prima volta aveva trovato una persona con cui sentiva di potersi aprire completamente. Ha pianto, quando mi hanno dimessa.
Da parte mia, ho cercato di offrire comprensione e incoraggiamento; in particolare, quando sono venute le fisioterapiste per farla alzare per la prima volta dopo mesi, l'ho sollecitata a provarci. È riuscita a mettersi in piedi non una, ma tre volte, raccontandolo poi con grande orgoglio alla successiva visita del compagno. 
Oltre alle chiacchiere di Stella, il pomeriggio è stato accompagnato dalle urla del signor Carlo, che continuava a chiamare aiuto a gran voce e a gridare che voleva andare a casa. Solo verso sera si è calmato, probabilmente grazie a qualche sedativo. 

Ero completamente a digiuno dalla sera precedente e avevo sospeso anche l'assunzione di acqua dalla mezzanotte per prepararmi alla sedazione, iniziavo ad avere fame e sete. Verso metà pomeriggio ho potuto riprendere a bere, ma ho dovuto aspettare l'ora di cena, le 18, per mettere qualcosa di solido sotto i denti.
Nel menu da "nuovo ingresso" ci sarebbe stata sicuramente la minestrina, non certo entusiasmante ma passabile, e la mela cotta che non mangio ma non importa; rischiavo però di ritrovarmi la temibile combinazione di pollo lesso e carote lesse, due cose che proprio non riesco a mandare giù. È andata bene: stracchino e purè e un pane particolarmente morbido che ho gradito molto.


Poco dopo la cena uno dei medici mi ha avvertito che sarebbero passati a breve a farmi una radiografia di controllo al torace: le biopsie del polmone comportano il rischio di pneumotorace, quindi era opportuno verificare lo stato dei polmoni.
Quando il tecnico di radiologia è entrato, spingendo davanti a sé l'apparecchiatura portatile a raggi X, ho avuto un pensiero folgorante: "Dopo il licenziamento da primo ministro, Boris Johnson ha cambiato lavoro ed è venuto a farmi i raggi!"


Ovviamente non era così, ma la capigliatura biondo-rossiccia del tecnico era straordinariamente simile a quella del noto personaggio politico.
Il resto della serata è trascorso all'insegna della noia, ascoltando gli interminabili racconti della vita della signora Stella. Il paravento era sempre presente, quindi ho potuto giocare ai videogames senza sembrare troppo scortese, intervenendo di tanto in tanto con qualche esclamazione o domanda per farle capire che la stavo comunque ascoltando.
Verso le 23 sono andata in bagno a lavarmi, il lavandino era l'unica cosa buona, un normalissimo lavabo sospeso, molto più comodo degli assurdi lavabi per disabili di cui avevo scritto tempo fa, poi ho dato la buonanotte alla signora Stella e mi sono messa a dormire.
Notte da ospedale, con diversi risvegli dovuti ai rumori del reparto, che era comunque molto più tranquillo dell'ortopedia o della cardiologia, in cui ogni notte c'era almeno un ricovero urgente; nel complesso ho dormito discretamente, anche se a un certo punto mi sono svegliata con la sensazione di qualcosa che non andava e ci ho messo qualche secondo a capire che mi mancava la sagoma calda e fusante di Ettore contro la gamba.

Mi sono svegliata presto, poco prima delle sei, probabilmente per i rumori del cambio turno.
Le OSS sono passate a chiedere se avevo bisogno di aiuto per l'igiene: a denti stretti ho dovuto rispondere di sì, perché il bagno a prova di disabile non mi consentiva di fare il bidet. Il fastidio di dover chiedere aiuto per qualcosa che normalmente riesco a fare in autonomia è stato solo in parte mitigato dai ripetuti complimenti delle operatrici per l'agilità con cui cambiavo posizione e la capacità di sollevare il bacino per facilitare il posizionamento e la rimozione dei teli impermeabili.
Anche per la colazione mi toccava il "nuovo ingresso". Sapevo già che avrei lasciato qualunque bevanda calda mi avessero portato: bevo il latte solo se è fresco, crudo, intero e freddo di frigo, mentre quello dell'ospedale è a lunga conservazione, bollito, parzialmente scremato e caldo. Il tè invece mi piace tanto, ma non posso prenderlo a colazione, come tutti gli alimenti acidi, altrimenti a metà mattina mi ritrovo piegata in due per i dolori da reflusso. Quindi avevo già messo in conto di bere acqua, va benissimo, e speravo in pane, burro e miele.
Sono arrivate solo le fette biscottate, ma in reparto avevano una piccola scorta di burro e marmellata: non c'è problema, con le fette biscottate andranno benissi...


Per fortuna le due fette dell'altro pacchetto erano integre.
Mi hanno portato anche il foglio per scegliere il menu del giorno seguente, cosa che ho fatto diligentemente, ma più che altro per scaramanzia, perché contavo di essere dimessa in giornata, come mi ha confermato il medico nel giro del mattino. Yeah!
Ho messo il torace a disposizione del gruppetto di specializzandi, ritrovandomi quattro stetoscopi che mi auscultavano contemporaneamente, mentre respiravo a bocca aperta. Qualche minuto di pausa per evitare di iperventilare, poi è stata la volta degli altri tre giovani medici di familiarizzare con i suoni dei miei polmoni


Giusto per non farmi mancare lo sforacchiamento quotidiano, una specializzanda è venuta poco dopo a farmi un altro prelievo per l'emogas. E fanno sei. Tra fori di ago, irritazioni da cerotto ed ematomi da laccio emostatico, le mie braccia sembrano quelle di una eroinomane di lungo corso. 
Il resto della mattina è passato tra le chiacchiere di Stella.
Il pranzo era un'incognita: non sarebbe stato un "nuovo ingresso", ma a discrezione del servizio di ristorazione, dato che il giorno precedente non avevo compilato il menu perché ero a fare la broncoscopia. È arrivata di nuovo minestrina, poi polpette di pollo, fagiolini e una bella mela rossa, di quelle che piacciono a me. Quando la OSS ha visto che mettevo da parte la minestrina, ha detto che forse sarebbe riuscita a recuperarmi qualcos'altro, dal vassoio di una paziente dimessa prima di pranzo. Un minuto dopo è arrivata una crespella ricotta e spinaci assolutamente dignitosa, mentre le polpette erano davvero buonissime e anche i fagiolini, teneri e dolci: ho spazzolato tutto con grande soddisfazione.
Mi avevano detto che la dimissione sarebbe avvenuta non prima delle due del pomeriggio. Con molta calma ho preparato lo zainetto e mi sono vestita, poi ho atteso la lettera di dimissioni, che è arrivata verso le tre. Un'infermiera mi ha tolto l'agocannula, poi ho salutato affettuosamente Stella che era tanto felice per me, ma piangeva perché me ne andavo e sono scesa al piano terra, dove mi aspettava Luciano, il mio autista per la giornata, che abita in Friuli e si è sciroppato la bellezza di 300 chilometri tra andata e ritorno per portarmi a casa. Lo ripeto ancora una volta: intorno a me ci sono persone straordinarie!


All'arrivo sono stata accolta da un comitato di zanzare, che probabilmente non volevano restare indietro con gli sforacchiamenti rispetto al personale ospedaliero e mi hanno massacrata nei pochi minuti in cui mi sono fermata a salutare i vicini di casa. Dentro casa invece ho trovato Edison e Fergus,  a cui si è subito aggiunta Matilde, un po' più tardi Ettore e per finire Penelope. Cinqui!
È arrivato anche Renato e abbiamo deciso che ci meritavamo il nostro cibo consolatorio per eccellenza, che non è la cioccolata come per molte persone, ma la pizza. Però anche la cioccolata ha il suo perché, quindi la zia-angelo ha deciso di accogliermi con una torta mousse ai tre cioccolati e due becchi d'anatra.


In serata mi è uscita un'eruzione cutanea su collo e viso, una costellazione di minuscoli puntini rossi, non troppo evidenti. Ero quasi sicura che fossero petecchie, dovute alla rottura dei capillari per i tanti e violentissimi colpi di tosse durante l'esame, ma per precauzione stamattina ho chiamato il medico di reparto per avvisarlo: non essendoci altri sintomi che possano far pensare a una reazione allergica, ha concordato con la mia ipotesi e ha detto che non c'è da preoccuparsi.
Adesso attendo l'esito degli esami sui campioni prelevati, che richiederanno un paio di settimane. Oltre all'istologico, sono previsti anche esame colturale, analisi di contaminazioni fungine ed esame citologico, quindi ci vuole un po'.
E poi vedremo, intanto questa è fatta.

martedì 4 ottobre 2022

Cambio di programma. Di nuovo

Ieri mattina mi hanno chiamato dal reparto di pneumologia per confermare il ricovero oggi, previo tampone da eseguire al mattino presto.
Avevo già preallertato i possibili accompagnatori: sapevo che uno stamattina aveva un impegno e non sarebbe stato disponibile, il secondo parte giovedì per le vacanze, mentre il terzo arriva da lontano, quindi avrebbe dovuto partire davvero prestissimo per consentirmi di essere a Padova per le 8:30. Andiamo con il secondo e teniamo buoni gli altri due per il ritorno. Giro di telefonate per organizzare il tutto, e poi mi sono rituffata nel lavoro.
Avevo lavorato alcune ore anche sabato e domenica per non lasciare nulla in sospeso, in particolare alcune importantissime comunicazioni istituzionali da inviare tassativamente entro i primi giorni del mese e la consulente che ci assiste per queste pratiche si è adoperata con grande disponibilità per fornirmi entro il primo pomeriggio di ieri tutte le elaborazioni necessarie: abbiamo battuto ogni record di efficienza, completando tutti gli adempimenti il primo giorno lavorativo del mese.


Verso metà pomeriggio avevo sistemato tutte le incombenze lavorative e stavo riesaminando la lista delle cose da portare in ospedale - vi ricordate, vero, che sono ossessionata dalle liste? - in attesa del ritorno di Renato, che mi avrebbe aiutato a tirare fuori tutto per sistemarlo nel trolley, quando è squillato il telefono.
Di nuovo il reparto di pneumologia: "Signora, mi dispiace, abbiamo avuto un'urgenza e dobbiamo spostare il suo ricovero a mercoledì. Però deve venire lo stesso domani mattina per il tampone, così mercoledì mattina potremo ricoverarla subito; altrimenti dovrebbe aspettare fuori fino a che non ci daranno l'esito e potrebbero volerci diverse ore."
Rapida valutazione mentale: non posso certo chiedere ai miei accompagnatori di attendere per ore l'esito del tampone. Potrei andare da sola con la mia auto, ma oltre alla consueta incognita del parcheggio, dovrei spostarmi con il trolley e le bottiglie di acqua... no, troppi fattori di incertezza e complicazione. Però forse posso risparmiare un viaggio: "Ma non posso farlo qui, il tampone?"
"Serve il molecolare, dovrebbe andare privatamente, sono come minimo 80 euro. E poi dovrebbe essere sicura di avere la risposta entro martedì sera.
No, niente. "Va bene, domattina vengo a fare il tampone."
"Passi prima da noi in reparto, così le diamo l'impegnativa. L'appuntamento è per le 10, faccia pure con calma." Almeno non devo alzarmi all'alba.
Altro giro di telefonate: confermato l'accompagnatore per oggi, ma con partenza più tardi di quanto richiesto inizialmente e prenotati per domani quelli che stamattina erano impegnati. Il terzo rimane a disposizione per il ritorno. Pat pat sulla spalla per me.


Stamattina siamo andati con la mia auto, l'accompagnatore era necessario per parcheggiarla se non avessi trovato subito un posto libero e per aiutarmi a superare eventuali rampe ripide. Con il parcheggio sono stata fortunata, al secondo giro ho trovato libero quello ideale, vicino alla mia destinazione e con spazio sia di lato, per salire e scendere, sia dietro, per il carico e scarico della carrozzina.
Lo zio ha spinto la carrozzina su per la rampa della palazzina in cui si trova la pneumologia, che comunque ha una pendenza ragionevole, per il futuro so di poterla affrontare anche in autonomia, poi è rimasto ad aspettare fuori.
Sono salita in reparto da sola, mi sono presentata alla guardiola spiegando che dovevo ritirare l'impegnativa per il tampone in vista del ricovero di domani.
L'infermiera è andata a cercare il documento ed è tornata con una collega: "Ma lei deve ricoverarsi oggi!"
Attimo di panico.
"No, guardi, era previsto oggi, ma ieri pomeriggio mi avete chiamato per spostare a domani..."
"A noi risulta oggi!"
Aiuto!
Fermarsi non sarebbe stato un problema, lo zio poteva tranquillamente riportare a casa la mia macchina, però non avevo niente con me, né un pigiama né un cambio di biancheria. In un lampo la mia mente ha delineato uno scenario apocalittico: Renato che mi prepara il trolley. Cioè, ve lo immaginate quel pover'uomo costretto non solo a recuperare tutti i millemila elementi della mia lista, ma anche a sistemarli ordinatamente? Senza contare che si fa presto a leggere "pigiama" o "t-shirt" sulla lista, ma solo io so esattamente quale pigiama e quali t-shirt mi servono.


Per dirimere la questione, è stato chiamato il medico di turno, che ha confermato il ricovero per domani. Sollievo. Soprattutto per la salute mentale di Renato, che è già abbastanza in ansia per la situazione, senza bisogno di aggiungerci pure la mia valigia da preparare.
Mi sono spostata al centro tamponi, dove un'infermiera gentilissima mi ha organizzato il prelievo all'esterno per evitare di farmi affrontare la rampa di accesso, troppo ripida e piena di avvallamenti per superarla in sicurezza con la sedia a rotelle.
Rientro tranquillo, con poco traffico.
Ho lasciato la macchina fuori per una mezz'ora, per far raffreddare le gomme, poi ho recuperato il compressore dal bagagliaio e le ho gonfiate: con la fine della stagione calda, la pressione si riduce ed era necessario ripristinare i livelli corretti.
A malapena il tempo di sistemarmi davanti al PC ed è squillato ancora il telefono, di nuovo la pneumologia. Oh, non facciamo scherzi!
"Ci risulta che abbia fatto il tampone oggi."
"" Oddio, non può essere positivo, sono chiusa in casa da una settimana!
"Allora la aspettiamo qui in reparto domattina." Meno male! "Per le otto."


"Così presto?"
"Va bene anche alle otto e mezza, ma non più tardi. E a digiuno dalla mezzanotte."
"Allora facciamo la broncoscopia già domani?" Pensavo che l'esame sarebbe stato fatto il giorno dopo il ricovero.
"Sì, perché domani abbiamo a disposizione gli anestesisti."
Questo significa una notte di degenza in meno, sono disposta anche ad alzarmi prestissimo per questo. "Ottimo, allora sarò lì domattina al massimo per le otto e mezza."
Telefonata ai nuovi amici che hanno promesso di accompagnarmi domani per chiedere se sono disposti a partire così presto: nessun problema.
Speriamo che sia la volta buona e non ci siano altre variazioni. E che vada tutto bene.