lunedì 20 dicembre 2021

Leggeri

La visita con il Dott. Prof. Prim. Ort. Chir. Onc. ha aperto spiragli di luce oltre le aspettative.
L'oggetto misterioso più grande è stato liquidato - letteralmente - come versamento, una raccolta liquida, l'ennesima "palla" nella mia pluriennale carriera di paziente chirurgica.
Al nuovo nodulo invece è stata dedicata maggiore attenzione, ma dopo aver esaminato le immagini e ispezionato direttamente il moncone, il professore ritiene che possa corrispondere a una protuberanza sulla cicatrice, un "bottoncino" che ho fin da quando mi sono stati tolti i punti dopo l'intervento e che non si è mai modificato da allora. Potrebbe dunque trattarsi di una formazione completamente innocua.
Per sicurezza, il professore ha richiesto una nuova TAC da fare tra circa un mese, ma mi ha detto di stare tranquilla. Obbedisco!
E qui ci sentiamo tutti molto, molto più leggeri.





P.S. ancora una volta grazie Betta e tu sai perché!

domenica 19 dicembre 2021

Sogni rivelatori

Conversazione immaginaria con X.
(costruita mettendo insieme frammenti di diverse conversazioni reali)


X: "Come stai?"
Io: "Piuttosto bene, grazie."
X: "Davvero?"
Io: "Sì, davvero."
X: "Adesso cosa si fa?"
Io: "Domani sera ho appuntamento con il professore che mi ha operato, vediamo se riesce a venire a capo di questi esiti confusi: TAC che evidenziano cose che non si vedono nella PET, PET che evidenzia cose che non si vedono nella TAC e nella RM, RM che evidenzia cose che non si vedono nella TAC e nella PET..."
X: "Già domani? Appuntamento velocissimo!"
Io: "Eh, a XXX euro a visita, la lista di attesa non è lunghissima..."
X: "Ecco, la solita sanità italiana! Se vai tramite SSN aspetti mesi, a pagamento invece, subito!"
Io: "In questo caso no. Tramite SSN avrei comunque avuto la visita in tempi brevi, ma non con lui, semplicemente perché il professore non fa ambulatorio: di giorno è in sala operatoria oppure in Università, fa solo qualche visita privata verso sera. E non è nemmeno sbagliato: sarebbe uno spreco se si dedicasse ad attività che possono essere svolte da qualsiasi collaboratore, è ragionevole che riservi la sua competenza solo ai casi particolarmente complessi. Certo se costasse un po' meno, sarebbe meglio."
X: "E nel frattempo come vivi queste giornate?"
Io: "Lavoro, mi alleno, compro gli ultimi regali di Natale, coccolo i gatti, gioco, leggo, cucino, guardo la TV... Il solito."
X: "Ma intanto sotto sotto la mente lavora..."
Io: "Boh, può darsi, ma mi pare di no."
X: "Eh, ti pare! Chissà quali pensieri stai covando..."
Io: "Si dice che i sogni rivelino i nostri pensieri profondi, no?"
X: "Esatto! Nei sogni emergono le emozioni nascoste, le paure, i desideri... I sogni non mentono! Dimmi: cos'hai sognato?
Io: "Ho sognato di andare a mangiare sushi con Cri e Stefano, di giocare una partita di sitting volley e di fare un viaggio a Londra. Hai ragione: i sogni rivelano la verità. E la verità è che ho tanta voglia di vivere."



giovedì 16 dicembre 2021

Peggio del previsto

Dopo due ulteriori solleciti, finalmente nel tardo pomeriggio è arrivato il referto della risonanza. Non è buono, per niente.
Oltre alla formazione già rilevata dalla TAC, per la quale il mezzo di contrasto è stato captato soprattutto sui bordi, coerentemente con l'ipotesi che possa trattarsi di una capsula di liquido, ce n'è un'altra, un nodulo di due centimetri che sembra proprio una recidiva. Niente di buono.
La situazione è complicata, oncologa e ortopedica suggeriscono una visita con il professore che mi ha operata l'ultima volta, domani chiamo per prendere appuntamento.

E si riparte, di nuovo in giostra, che sarebbe anche gradevole se fosse un tranquillo giro sui cavalli colorati, ma temo che sarà invece uno di quei roller coaster che tolgono il respiro. E ne farei volentieri a meno.


Spero almeno di riuscire a partecipare al prossimo torneo di sitting volley, a inizio gennaio: rinunciare sarebbe davvero un brutto colpo.

mercoledì 15 dicembre 2021

Dolori nascosti, lunghe attese e assurde felicità

C'è un dolore di cui non ho scritto sul blog perché fa troppo male anche solo pensarci, e allora cerco di non parlarne, di tenerlo lontano.
Aki è sparito. Tre mesi fa.
Una domenica sera di metà settembre è venuto a chiedere il solito spuntino, poi non l'abbiamo più visto. Ci siamo preoccupati subito, non era mai successo che non si facesse vedere per un giorno intero. L'abbiamo chiamato mille volte, Renato l'ha cercato nei dintorni, battendo strade e campi, abbiamo sparso la voce nel quartiere. Niente. 

Ho provato ad aggrapparmi ai "vedrai che torna" per un po', ma senza crederci davvero perché sapevo che non si sarebbe mai allontanato volontariamente. E ormai è passato troppo tempo per sperare. 
Il mio Akibellissimo, il grande cacciatore, il gatto più gentile, dolce e paziente del mondo, il mio più grande pensiero felice non tornerà e io mi sento come se mi fosse stato strappato un pezzo di cuore.



Venerdì 4 mi avevano chiamato da Padova per la risonanza: appuntamento lunedì 6. Poco preavviso, non importa, bene che siano riusciti a trovarmi un posto in tempi abbastanza brevi, avevo già detto che ero disponibile in qualsiasi giorno e orario. Ancora una volta ho apprezzato la straordinaria efficienza e gentilezza di Marina, l'infermiera dell'Ortopedia di Padova che si occupa dei contatti con i pazienti, un servizio utilissimo sia per i pazienti, che hanno un interlocutore unico e affidabile a cui rivolgersi, sia per i medici, che evitano di essere continuamente interrotti durante il lavoro e possono concentrare la gestione di tutte le richieste in momenti concordati.
Anche la mia gestione organizzativa è stata piuttosto efficiente: nel giro di un paio d'ore avevo già trovato l'autista, lo zio Giorgio, e procurato il cortisone per la preparazione al mezzo di contrasto, che in realtà non serve - non sono allergica al gadolinio - ma era comunque richiesta, per sicurezza, per chi avesse manifestato reazioni allergiche ad altre sostanze.

Lunedì siamo partiti con largo anticipo: tra cantieri e incidenti, il primo tratto di autostrada verso Padova è un campo di battaglia, le code più che una probabilità sono quasi una certezza, e bisogna anche mettere in conto la difficoltà di trovare parcheggio in ospedale, meglio tenersi un buon margine. In realtà è filato tutto più che liscio: viaggio tranquillissimo, lo zio ha uno stile di guida morbido che mi piace molto, e un inatteso e gradito colpo di fortuna all'arrivo, con un parcheggio per disabili di fronte all'ingresso che si è liberato proprio mentre stavamo arrivando.
Una bella sorpresa anche al controllo per entrare in ospedale: il giovanissimo addetto che mi ha misurato la temperatura ha chiesto "Paziente o accompagnatore?", senza dare per scontato che la persona in sedia a rotelle sia necessariamente un paziente.


Ero curiosa di vedere come avrebbero gestito il trasferimento sul lettino della risonanza: non si può avvicinare troppo la sedia a rotelle alla macchina, perché il campo magnetico generato dall'apparecchiatura è potentissimo e la strapperebbe via. L'ultima volta, a Portogruaro, avevo dovuto appoggiarmi ai tecnici di radiologia e zompettare nella zona di sicurezza saltellando sul mio unico piede. A Padova invece erano attrezzati con una carrozzina radiologica, realizzata esclusivamente con materiali non magnetici: i reparti di radiologia che ne sono sprovvisti prendano nota.
L'esame è stato lungo ma è filato liscio, questa volta nessun problema con l'infusione del mezzo di contrasto, mi è rimasta addosso solo la consueta sonnolenza da antistaminico, più del solito per la verità, dato che il protocollo di premedicazione di Padova prevede una dose doppia di questo farmaco rispetto a quelli di altre radiologie (definire uno standard pare brutto?).

Il foglio per il ritiro indicava che il referto sarebbe stato disponibile dal 15 dicembre, ma nei giorni scorsi ho dato comunque un'occhiata, caso mai fosse stato pronto prima. Niente. Non c'era nemmeno oggi, che è appunto il 15 dicembre. Ho chiamato l'ufficio referti, hanno verificato, effettivamente non c'è, hanno sollecitato il medico e mi hanno detto che sarà pronto domani. Se non ci fosse il referto online e fossi andata di persona a ritirarlo a Padova, senza trovarlo, avrei potuto uccidere qualcuno.
Invece mi armo di pazienza e aspetto ancora.


Sono allenata alle attese, che non significa solo che ci sono abituata, ma che ho lavorato per imparare a gestirle. Ci sono voluti anni di esercizio mentale per imparare a distogliere la mente dai pensieri stressanti, almeno per una parte del tempo, in modo da evitare che la preoccupazione invada tutta la mia vita. 
Funziona abbastanza bene, al punto che nei giorni scorsi qualche volta ho avuto momenti di assoluta felicità che potrebbero sembrare assurdi con una minaccia di recidiva che mi pende addosso come una spada di Damocle.


Infilarmi sotto al piumone dopo la doccia, con un paio di gatti e un buon libro, trovare una soluzione brillante a un problema di lavoro, fare un buon allenamento di sitting volley, ricoprire di regali la base dell'albero di Natale, gioire immensamente per l'amico che finalmente ha ricevuto il trapianto che attendeva da anni, preparare qualcosa di buono da mangiare... Piccoli e grandi frammenti di felicità che ho imparato a non lasciarmi sfuggire per mantenere la mia qualità di vita al livello più alto possibile.

mercoledì 1 dicembre 2021

Tanto di tutto

Il torneo di sitting volley dello scorso fine settimana è stato tanto di tutto.



Tanta emozione prima e durante, ma quella buona: niente ansia, solo voglia di fare bene una cosa che mi piace.



Tanta, tantissima fatica, uno sforzo fisico immane per affrontare cinque partite in meno di 24 ore, tanto che in alcuni momenti ho tenuto duro per pura forza di volontà, perché le energie erano completamente esaurite.



Tanta gratitudine verso i miei compagni di squadra che mi hanno incoraggiata e sostenuta in ogni momento, soprattutto per Andrea e Luca, i miei angeli custodi che si sono spesi senza riserve per arrivare dove io non riuscivo.



Tanta soddisfazione per il terzo posto, conquistato punto su punto e un pizzico di rimpianto per la finale mancata per un soffio.



Tanta ammirazione per i grandi atleti che ho visto in campo, con e senza disabilità. E chapeau per il Volley Club Cesena che ha conquistato una vittoria meritatissima, ma soprattutto ha mostrato una qualità di gioco davvero straordinaria.



Tanta allegria fuori e dentro il campo, perché lo sport vero è agonismo, ma anche rispetto per l'avversario e ne è uscita qualche risata anche sotto rete.



Tante belle persone che spero di incontrare di nuovo al più presto.



Tanta sorpresa per aver ricevuto una nomination come miglior giocatrice (disabile) del torneo, titolo che per fortuna è andato a un ragazzo che lo merita infinitamente più di me.



Tanto orgoglio per quello che ho costruito e tanta speranza di poter costruire ancora.




mercoledì 24 novembre 2021

Ci siamo


Dopo l'amichevole di ieri sera, la mia prima partita di sitting volley, sono pronta per una nuova sfida.
So che il mio contributo alla squadra sarà modesto, sono ancora tanto lenta e poco potente e non è del tutto vero che "seduti siamo tutti uguali", dato che per me già solo stare seduta è una conquista faticosa, ma darò tutto quello che ho per ottenere il migliore risultato possibile.
Comunque vada, esserci è già un successo.

Venite a vederci, se potete. Io non sarò un grande spettacolo, ma il sitting volley sì!

martedì 16 novembre 2021

Rassicuranti convergenze

Chi mi conosce sa bene quanto io sia infastidita dall'incertezza, quanto mi mettano a disagio le situazioni poco chiare, le attese, le decisioni lasciate in sospeso.
La giornata di ieri doveva fornire una risposta alla domanda aperta dall'esito della TAC: che si fa? 
I dati a disposizione non sono sufficienti a determinare con certezza la natura dell'oggetto misterioso: sembra, potrebbe, forse... Non certo parole su cui io sia disposta a giocarmi la vita.


Immaginate dunque il mio sollievo quando tre medici diversi, senza consultarsi tra loro, mi hanno indicato la stessa soluzione, che è anche quella che, a buon senso, avrei scelto io.
I radiologi avevano messo in campo l'ipotesi di una biopsia, che a me piaceva poco perché è un esame invasivo e comporta qualche rischio di contaminazione. L'amico chirurgo me l'aveva già sconsigliata e anche l'ortopedico preferisce tenerla come ultima possibilità, non solo per i motivi che ho già citato, ma anche perché non è facile centrare esattamente la zona e nelle immediate vicinanze ci sono cose - colon e vescica - che non è il caso di sforacchiare. Anche l'oncologa preferisce evitare la biopsia, almeno in prima battuta, quindi alla fine si sono trovati tutti d'accordo: risonanza magnetica, da fare possibilmente entro un paio di settimane.


Un esito soddisfacente da diversi punti di vista: è un esame non invasivo, che dovrebbe essere in grado di fornire indicazioni dirimenti, ed è molto rassicurante che tutti la pensino allo stesso modo. Diciamo che è stato il migliore esito che potessi attendermi, data la situazione.
Il problema è che si tratta di un esame lungo, che non si può inserire nei ritagli di tempo, e i calendari dei reparti di radiologia sono già pieni: ci stiamo attivando su più fronti per cercare di programmarlo al più presto.
Nel frattempo ho deciso comunque di farmi sforacchiare un po' e oggi pomeriggio ho fatto il richiamo del vaccino anti-Covid, sono già passati otto mesi dalla seconda dose, e già che c'ero, anche l'antinfluenzale.


Per ora funzionano alla grande. Verso le 19 ero sul divano e ho detto a voce alta: "Forno ventilato, 200 gradi". Nel giro di un minuto, il forno era acceso e impostato alla temperatura desiderata: 5G e microchip mi spicciano casa!
Poi ho ringraziato Renato.

venerdì 5 novembre 2021

Una goccia di luce

L'oncologa ha ricontrollato la TAC insieme al medico nucleare: l'oggetto misterioso era già presente nella PET di settembre, ma non si era illuminato, quindi sembra che non sia di natura malefica.

La prossima settimana la dottoressa si consulterà anche con radiologi e ortopedici: resta da capire cosa sia quella formazione, ma questa prima analisi la fa apparire meno pericolosa di quanto sembrasse ieri e questa è una goccia di luce nel buio, che tiene accesa la speranza di un domani ancora luminoso.





giovedì 4 novembre 2021

Novità e deja-vu

La TAC di stamattina ha portato qualcosa di nuovo e qualcosa di già visto, entrambi decisamente sgradevoli.


Per la prima volta dopo innumerevoli infusioni, si è verificato il fenomeno denominato stravaso: il mezzo di contrasto è finito fuori vena.
Ho avvertito immediatamente un bruciore fortissimo e ho chiamato aiuto, l'infermiera e il tecnico di radiologia sono entrati subito a fermare l'infusione, ma ormai il danno era fatto sembrava che sotto la pelle del braccio ci fosse un grappolo d'uva e il dolore è stato atroce, ho pianto per dieci minuti. Naturalmente poi è stato necessario inserire una nuova agocannula, questa volta sul dorso della mano, dove la puntura è più dolorosa, e ripetere la TAC.
A distanza di oltre sei ore e dopo due applicazioni di ghiaccio, il braccio è ancora molto gonfio, mi hanno detto che ci vorranno diversi giorni perché torni alla normalità, ma almeno il dolore è passato. 
È una scocciatura, domani dovrò sicuramente saltare l'allenamento e mi dispiace, ma non è una tragedia.


Invece l'esito della TAC potrebbe indicare un grosso problema: c'è un sospetto di recidiva, una formazione di 7x5x2,5 cm nella parte bassa del muscolo obliquo esterno.
Questa proprio non ci voleva.
Ora bisogna valutare come procedere: potrebbe essere necessario un approfondimento diagnostico tramite risonanza magnetica e/o biopsia, ma prima è necessario che l'oncologa valuti le immagini della TAC, che le sto trasmettendo proprio ora.

Non sono arrabbiata, la rabbia è un sentimento pesante e faticoso da cui cerco di stare lontana e del resto non saprei neppure dove indirizzarla, mi pare poco pratico arrabbiarsi con un'entità astratta come la malattia.
Sono triste per Renato, che deve sopportare un carico emotivo e pratico indescrivibilmente pesante.
Non sono allarmata, almeno non ancora. Nella zona della formazione sospetta non ci sono organi vitali: anche nella peggiore delle ipotesi, probabilmente è ancora possibile intervenire chirurgicamente. Non che mi auguri altri ricoveri e interventi, ma fintantoché mi salvano la vita, sono disposta ad accettarli. 
Sono un po' avvilita al pensiero di dover sconvolgere ancora la mia vita, quella nuova normalità che ho costruito con tanta fatica e che apprezzo enormemente.
Sono soprattutto molto seccata, perché per le prossime settimane avevo tanti bei programmi e con ogni probabilità almeno qualcuno salterà.

giovedì 28 ottobre 2021

Fuori due

Spuntate positivamente le prime due voci della lista.


Le analisi di ieri erano buone, con globuli bianchi finalmente a livelli accettabili e colesterolo rientrato nei ranghi. C'era un parametro lievemente più alto del normale, la lattato deidrogenasi, che indica un danno a qualche tipo di tessuto, ma si trattava di un'alterazione davvero minima e perfettamente compatibile con l'allenamento intenso della sera precedente, che mi aveva lasciata con molti muscoli doloranti, alcuni che non ricordavo nemmeno di avere, e un bell'ematoma sul braccio.
Fuori una.

Stamattina invece sono stata a Padova per la visita di chirurgia toracica, richiesta per valutare il nodulo polmonare.
Una rapida riflessione mi aveva fatto scartare da subito l'ipotesi di andare da sola, perché è difficilissimo trovare parcheggio vicino all'edificio in cui si trova l'ambulatorio, lo splendido Ospedale Giustinianeo.


Ma il mese scorso, quando avevo lanciato l'appello per un accompagnatore, si erano offerti davvero in tanti e alcuni avevano dato disponibilità anche per eventuali esigenze future: è bastato chiedere a Isabella, che aveva risposto per seconda, per trovare un'autista, ma soprattutto un'amica con cui passare piacevolmente il tempo di viaggio.

Le mie previsioni si sono rivelate esatte: i parcheggi vicini erano tutti occupati. Niente paura: Isabella mi ha aiutato a scaricare la carrozzina, poi è rimasta in macchina ad aspettare che si liberasse un posto, mentre io salivo in ambulatorio.
L'attesa non è stata lunga, mi hanno chiamato una ventina di minuti dopo l'orario dell'appuntamento. Mentre aspettavo in corridoio, trafficando con il cellulare, ho sentito uno strano rumore: clic-clic-clic-clic... Sembra... ma no, non può essere! Clic-clic-clic-clic... Ho alzato gli occhi: era proprio una signora anziana che faceva nordic walking nel corridoio dell'ospedale, con scarpe da camminata e racchette. 
Mi è passata davanti sorridente, mentre io ero completamente basita e la mia mente si affannava invano a cercare una spiegazione.


Dopo meno di dieci minuti, di nuovo. Clic-clic-clic-clic, proveniente dal lato opposto: la signora stava tornando. Questa volta ho avuto il tempo di guardarla meglio e mi sono accorta della fascia con sensori che portava intorno al torace: stava facendo qualche tipo di test da sforzo. Chiarito il mistero!

Il chirurgo toracico ha verificato i referti di PET e TAC ed esaminato minuziosamente l'ultima TAC, fatta in agosto, e quella di dicembre 2020, confrontando le immagini per valutare l'evoluzione nel tempo. Mi ha subito rassicurata: l'alterazione polmonare non ha un aspetto maligno, sembra un fenomeno infiammatorio bronchiale, probabilmente innocuo. Dato che è già prevista una nuova TAC la prossima settimana, non ha ritenuto necessario prescrivere ulteriori accertamenti, mettendosi comunque a disposizione se si dovessero rilevare variazioni significative. 
E fuori due.

mercoledì 27 ottobre 2021

Di già?

Un mese e mezzo dalla PET, nemmeno il tempo di respirare, e già si ricomincia: stamattina analisi del sangue, domani visita con il chirurgo toracico, la settimana prossima TAC e poi le visite di follow up. Di nuovo nel vortice dei controlli, dei dubbi, delle attese.


Questa volta la libera uscita è stata davvero troppo breve e mi pesa ricominciare così presto, proprio ora che avrei voglia di guardare un po' più avanti. 
Ma tant'è, non sempre si può scegliere, meglio cercare di fare buon viso a cattivo gioco.
Per esempio, così.



venerdì 15 ottobre 2021

Serata solitaria

La giornata di oggi è stata intensa e ricca di soddisfazioni: un paio di problemi risolti brillantemente in ufficio, il tentativo - riuscito - di gonfiare da sola le ruote dell'auto, una buona notizia dall'INPS - la conferma definitiva dell'assegno di invalidità - insieme a una meno buona, ma attesa: devo restituire alcune mensilità percepite durante i ricoveri ospedalieri 2019, niente di cui scandalizzarsi, già nel momento in cui avevo presentato la domanda sapevo che i periodi di degenza vanno restituiti, .
Oggi mi attendeva una serata solitaria: Renato è fuori a cena, una rimpatriata con i vecchi amici, e l'allenamento di sitting è saltato per eccesso di defezioni.
A proposito: se abitate nei dintorni di Pordenone, venite a provare il sitting: è bellissimo!


 
Addormentarmi davanti alla TV? Ma anche no.


Lavorare ancora? Non se ne parla proprio!


Fare un bagno di autocompatimento? Ma quando mai! 


Rintanarmi tristemente a letto? Ma vi pare?


Ho messo al lavoro la planetaria, mentre mi godevo una doppia dose di coccole con Fergus, acceso il forno et voilà: torta al tè matcha!



Buona serata a me e a tutti voi!


venerdì 1 ottobre 2021

Monozampa in cucina - La torta veloce

Questa settimana ho cucinato pochissimo. Nei giorni lavorativi Renato mangia nella mensa aziendale e anch'io, quando vado in ufficio; se invece pranzo a casa, mi preparo qualcosa di veloce: un uovo al tegamino, un'insalatona. 
Alla sera abbiamo finito qualche avanzo e una volta cenato fuori.


Ieri sera avevo allenamento: non mangio mai niente prima, se non sono troppo stanca pilucco qualcosa al ritorno, ma di solito riesco appena a fare la doccia e poi crollare a letto e ieri ero davvero distrutta (ma sempre molto, molto felice!).


Oggi dovevo recuperare.
Il menu della serata prevedeva tortillas con chili in stile messicano, insalata mista e una torta che, secondo la ricetta, si prepara in quindici minuti.
Non sono così ingenua da credere che una ricetta da 5/10/15 minuti si prepari effettivamente in 5/10/15 minuti: a parte i rallentamenti dovuti al monozampa, di solito c'è il trucco. 
Una quindicina di anni fa c'era un programma televisivo di ricette veloci che erano quasi sempre una fregatura. Tra gli ingredienti delle ricette da preparare in cinque minuti si trovavano cose come "due carote tagliate a julienne", che ci vogliono più di cinque minuti solo per pelare le carote e tagliarle a julienne, oppure "una patata già lessata": ovviamente ognuno di noi tiene sempre pronta in frigorifero una patata già lessata, no?
Anche nelle ricette veloci che si trovano nei libri di cucina o sui siti web c'è quasi sempre il trucco: ti scrivono dieci minuti, ma devi aggiungere magari tre ore di lievitazione e quaranta minuti di cottura.
Insomma, sapevo già quanto tempo mi sarebbe servito per le tortillas messicane, perché le avevo già fatte altre volte ed ero preparata a impiegare ben più di quindici minuti per la torta, quindi ho iniziato per tempo.

Prima di iniziare a cucinare cerco sempre di preparare a portata di mano tutto quello che mi serve, per evitare di dovermi poi spostare tante volte con la sedia a rotelle (vi ricordo l'iter: sedersi, togliere i freni - cosa non sempre agevole se le mani sono unte, infarinate o con residui di qualsiasi genere - spostarsi, mettere i freni, alzarsi per recuperare quello che serve, se è posizionato in alto, sedersi di nuovo, togliere i freni, tornare davanti al piano di lavoro, mettere i freni, alzarsi).
Ho iniziato quindi con gli ingredienti per il chili. Quando ho preso la carne dal frigorifero, è arrivato il primo imprevisto: mi è caduto l'occhio su due melanzane che avrei dovuto cuocere martedì e non potevano attendere ancora. Ok, aggiungiamo le melanzane al menu.
Ho preso la pentola per il chili e quella per le melanzane, un cucchiaio di legno, tagliere, coltello, i fagioli rossi in barattolo e un vasetto di passata di pomodoro dello zio Giorgio. Spezie e condimenti sono vicino al fornello, sempre raggiungibili: ci siamo. Anzi no, ho dimenticato la cipolla per il chili: uffa! Recuperata la cipolla, l'ho tritata e messa a rosolare nell'olio, poi ho aggiunto la carne. Accidenti, i peperoncini! I peperoncini sono in un barattolo grande, che non ci sta nel portaspezie vicino al fornello, ma non è lontanissimo: tenendomi con attenzione al piano di lavoro, mi sono allungata per prenderlo e ho recuperato i due peperoncini da mettere nel chili. Ho aggiunto il pomodoro, sale, paprika, cumino, spostato la pentola sul fornello più piccolo con la fiamma al minimo e... Mannaggia, il coperchio! Ovviamente entrambi i coperchi da 20cm non erano nel cassetto basso, ma in alto sullo scolapiatti. E avanti con la ginnastica... Ho coperto il chili e l'ho lasciato al suo destino, mentre mi occupavo delle melanzane: lavate, tagliate a cubetti e messe a cuocere con olio e uno spicchio di aglio. Naturalmente avevano bisogno di essere mescolate, ma non volevo farlo con il cucchiaio del chili, su cui c'erano residui di salsa piccante. E allora via a spostare di nuovo la carrozzina, perché le posate sono nel cassetto sotto alla zona di lavoro e per aprirlo devo spostarmi indietro. Vabbè, tanto mi dovevo muovere comunque per mettere il sale sulle melanzane e mescolarle. Lasciate anche le melanzane a completare la cottura, mi sono dedicata alla torta da 15 minuti... che ne prevede 40 di cottura. 

Si comincia bene già dagli ingredienti: 
  • Tre uova a temperatura ambiente. Non so voi, ma io le uova le tengo in frigo e solo per portarle a temperatura ambiente, ci vogliono tutti i quindici minuti. Prima fregatura.
  • La buccia grattugiata di un limone. Naturalmente tutti hanno la buccia di limone già grattugiata sempre pronta, no? Seconda fregatura.
Il resto (farina, lievito, latte, olio, sale, cioccolato) non presentava particolari criticità.
Ho lasciato che le uova si portassero a temperatura ambiente mentre preparavo la buccia di limone. Anzi, le bucce di due limoni, perché pare brutto comprare un limone solo, quindi Renato ne prende sempre due e di solito uno finisce in pattumiera quando inizia a coprirsi di muffa. Questa volta ho deciso di giocare d'anticipo e togliere la buccia a entrambi i limoni, per poi mettere in freezer quella che non mi serviva subito. Domenica ho in programma un piatto che richiede succo di limone, quindi i due frutti non resteranno nudi a lungo, questa volta forse riesco a non buttare nulla. 

Ci sono diverse cose indispensabili per la mia sopravvivenza: l'ossigeno, l'acqua, i gatti, la pizza, l'aspirapolvere... e naturalmente lui, il mio Ken.


L'ho messo al lavoro con uova, zucchero e buccia di limone mentre setacciavo farina e lievito e gestivo la terza fregatura: stampo da chiffon cake imburrato e infarinato. Scommetto che ognuno di voi tiene sempre pronto uno stampo da chiffon cake imburrato e infarinato, vero? Soprattutto considerando che per la chiffon cake, lo stampo non va né imburrato, né infarinato! 


Tralasciamo il fatto che, essendo un attrezzo che utilizzo raramente, ci ho messo almeno cinque minuti solo per tirarlo fuori dal fondo dell'armadio, dopo aver spostato numerosi altri barattoli di pomodoro dello zio che erano davanti: ovviamente questo tempo non è imputabile a chi a scritto la ricetta. Ma vogliamo parlare di quanto sia complicato infarinare uno stampo con il fondo mobile, non incernierato, che si sposta a ogni movimento?
Preparato finalmente lo stampo, ho acceso il forno. Già: le torte vanno messe nel forno già caldo e - sorpresa? - il forno ci mette diversi minuti a raggiungere i 180° richiesti per la cottura.
Mentre il forno si scaldava ho completato l'impasto aggiungendo latte, olio, sale e la farina setacciata con il lievito, mentre il fido Ken continuava a impastare, poi ho spezzettato la tavoletta di cioccolato e ho riempito lo stampo, alternando strati di impasto e quadratini di cioccolato, e finalmente ho infornato. Per una volta, mi sono anche ricordata di impostare il timer, così ho potuto lasciare anche la torta al suo destino per i successivi 35 minuti.


Nel frattempo le melanzane erano pronte e il chili continuava a sobbollire borbottando: era il momento di pensare alle tortillas.
Questa volta non ho dimenticato nessun ingrediente (e capirai: sono solo quattro!) né attrezzatura (anche qui poca roba: ciotola, mattarello e padella), ma mi sono trovata di fronte un altro imprevisto: avevo usato un bel po' di farina 00 per la torta e non ero sicura di averne abbastanza. Ma la settimana scorsa mi era arrivato un bel regalo, un pacco di farina integrale macinata a pietra: una buona soluzione, da applicare con un po' di attenzione, perché la farina integrale ha un comportamento diverso dalla 00, forma impasti più difficili da lavorare e lievita meno, ma ho pensato che usando un 40% di integrale e aggiungendo un pizzico di bicarbonato, potevo sperare in un buon risultato.
Ho preparato l'impasto e l'ho lasciato riposare, mentre completavo il chili aggiungendo i fagioli rossi, poi l'ho diviso in quattro parti e le ho stese con il mattarello. Sorpresa! La farina integrale non lo aveva reso più difficile da stendere, anzi è stata un'operazione più veloce del solito e in breve tempo le tortillas sono arrivate a tavola, morbide e gustose, pronte da farcire con chili e insalata.


Nel frattempo anche la torta ha completato la cottura. L'ho lasciata raffreddare un po' nel forno spento e poi l'ho tolta dallo stampo, pronta da assaggiare tiepida, con il cioccolato ancora morbido. E con tanti cari saluti ai quindici minuti.


domenica 26 settembre 2021

Vi vedo...

Vi vedo, eh!
State lì a sbirciare di nascosto, buttate l'occhio senza farvi notare, passate con aria indifferente...
Siete curiosi, lo so. Volete sapere com'è andata.


Il primo allenamento di sitting volley è stato faticosissimo, alla fine ero stremata e ne ho sentito l'effetto anche per tutto il giorno seguente. 


Ma è stato anche molto divertente e istruttivo.
Ho trovato un gruppo di persone simpatiche, appassionate e accoglienti.
Mi sono quasi commossa nel sentire l'odore della palestra e nel riprendere in mano il pallone dopo più di vent'anni, un pallone molto diverso da quello con cui giocavo da ragazza, non solo perché ora è colorato, ma il rivestimento in materiale sintetico e la forma diversa delle cuciture mi hanno dato una sensazione insolita.


Ho scoperto che con un supporto in gel sul lato destro riesco a stare seduta sul pavimento, che mi ricordo ancora come si palleggia, ma il bagher da seduta è molto più difficile e per la battuta devo esercitarmi ancora. Mi sono resa conto di quanto siano faticosi i piccoli spostamenti necessari per raggiungere la palla. Ho capito che ci sarà tanto da lavorare per riuscire ad affrontare una partita.
E ho deciso di andare avanti, perché è bellissimo.


martedì 21 settembre 2021

Come una scolaretta

Un grande amore non finisce mai. 
Può andare in crisi, affievolirsi fino quasi a spegnersi, ma non muore. Rimane lì, brace sotto la cenere, pronto a riaccendersi al primo soffio di vento. 
Ci siamo lasciati tanti anni fa, senza rancore, ma con grande sofferenza. È stato difficile guardarti da lontano, tante volte ho distolto lo sguardo, per non sentire la nostalgia, in qualche occasione ho provato a lasciarmi toccare ancora da quella emozione, ma non era più la stessa cosa. Ognuno ha preso la propria strada, siamo cresciuti, siamo cambiati: più maturi e forse - chissà - più saggi.
Adesso che la mia vita arranca faticosamente sull'orlo del precipizio, sempre sul filo del rasoio, il desiderio di riempire il mio tempo di cose belle si fa sempre più forte. 
Mi sono arresa al canto del mio cuore. Sono tornata a cercarti perché ho ancora bisogno di te.

Ora mi sento come una scolaretta alla vigilia del primo giorno di scuola, come un'adolescente al primo appuntamento. 


O forse come quello che sono: una signora disabile di mezza età, grassa e fuori forma, emozionata e piena di aspettative, di dubbi e di paure. 
Come mi devo vestire? Meglio questa scarpa o l'altra? E con la mascherina come si fa? A che ora partire per arrivare in orario? Ritroveremo l'antico feeling? Sarò all'altezza?
È passato tanto tempo, non siamo più gli stessi, niente è rimasto uguale, intorno e dentro di noi. Non è detto che funzioni, non mi ricordo nemmeno più come dovrebbe funzionare, potrei non farcela. Dobbiamo inventare un modo completamente nuovo per stare insieme, se si può, o forse accettare che non sia possibile. So che non potrà mai essere come prima, ma forse - forse - potrà ancora essere. Non possiamo saperlo finché non proviamo.

E allora proviamoci, stasera. 
Proviamoci con tutta la passione e la speranza possibili. Proviamoci, forse per una volta sola, ma almeno non ci sarà il rimpianto di non aver tentato. 
Proviamo a costruire di nuovo quell'amore mai dimenticato

Stasera ho il primo allenamento di sitting-volley.


Anzi abbiamo, perché viene anche Renato, che vi credevate?



P.S. Oncoaggiornamento
L'oncologa si è consultata con la sua ortopedica di fiducia, che ha riesaminato nella TAC le zone identificate come sospette dalla PET, ma non ha trovato assolutamente nulla.
Per prudenza ha comunque suggerito di anticipare a inizio novembre il prossimo controllo, che era previsto a metà/fine dicembre.