domenica 28 luglio 2019

Sintesi

Ricordate che Aki è un maniaco della pulizia?
Ha sviluppato un curioso automatismo: dopo ogni sessione di coccole, lui si lava.
Per darvi un'idea di cosa abbiamo fatto nelle ore che ho trascorso a casa in permesso questo fine settimana, vi dico solo che Aki ha fatto le pulizie di Pasqua, Natale, Capodanno, Epifania e Ferragosto. Per i prossimi cinque anni.


Mi muovo con le stampelle. Faccio le scale. Dormo nel mio letto, anzi, dormiamo. Quando Aki non si sta lavando, s'intende.


E tra nove giorni torno a casa per restarci.

giovedì 25 luglio 2019

Brava?

Nelle ultime settimane mi sono sentita dire un'infinità di volte che sono brava.
Sono brava perché sopporto questa lunghissima degenza, perché riesco ad alzarmi in piedi, perché macino metri su metri con le stampelle, perché faccio esercizi difficili e faticosi, perché salgo e scendo le scale.


Sono lusingata da questi elogi e anche piuttosto orgogliosa dei miei progressi, ma c'è qualcosa che non mi convince.
Sarei meno brava se riuscissi a fare solo pochi passi con il deambulatore? Se non fossi in grado di stare in equilibrio sulla pedana oscillante? Se le scale fossero un ostacolo insormontabile?
Sono meno brava perché quando ho il ginocchio piegato non riesco a spostare in avanti il piede nemmeno di un millimetro, nonostante ci stia provando ogni giorno da quattro mesi? O perché non ce la faccio a muovere la gamba verso l'interno?
Alcune cose mi riescono facilmente, altre sono frutto di duro lavoro, altre ancora sono semplicemente impossibili, a prescindere dal mio impegno e dalla mia volontà.
E allora la bravura non può essere vincolata solo al risultato, che non sempre dipende da me.
Non sono brava quando riesco a fare qualcosa, sono brava quando ci provo con tutte le mie forze.

sabato 20 luglio 2019

Cose che voi umani...

Ieri il fisioterapista mi ha autorizzato a camminare con le stampelle anche da sola, senza la supervisione di un operatore.
Per tutta la settimana abbiamo lavorato sulle scale e ormai riesco a fare almeno due rampe in salita e in discesa, appoggiandomi al corrimano da un lato e alla stampella dall'altro. Domani vado in permesso e proverò con le scale di casa: se tutto va bene, potrò dormire nel mio letto.


Nei giorni scorsi, in palestra, guardavo gli altri pazienti esercitarsi sulla pedana oscillante  pensando che l'uso di quello strumento fosse ormai fuori dalla mia portata. Invece oggi il fisioterapista me l'ha fatta provare.
Con le mani in appoggio posso spostare il peso da una gamba all'altra facendo oscillare la pedana a destra e a sinistra. È molto faticoso e devo fare attenzione a controllare bene il ginocchio destro, perché se si dovesse piegare quando sto appoggiando il peso sulla gamba, andrei giù come una pera matura, ma ce la faccio.
Senza appoggio riesco non solo a rimanere ferma, ma anche a muovere le braccia,
lanciare e riprendere una palla o allungarmi in varie direzioni senza perdere l'equilibrio: oltre ogni aspettativa.


Il 6 agosto si torna a casa.

domenica 14 luglio 2019

Libera uscita

Ieri pomeriggio sembrava che l'universo cospirasse contro il mio ritorno a casa. All'orario previsto per l'uscita dall'ospedale si è scatenato un temporale violentissimo, con pioggia così intensa da impedire la visuale già a pochi metri di distanza, vento molto forte e abbondante grandine. Abbiamo dovuto aspettare una mezz'ora perché la burrasca si calmasse abbastanza da consentirci di uscire. Finalmente siamo riusciti a lasciare l'ospedale e dirigerci verso casa, un tragitto di circa quattro chilometri che ha richiesto ben tre quarti d'ora: il maltempo e il traffico di rientro dalle spiagge avevano congestionato la circolazione e i percorsi alternativi erano impraticabili a causa dell'allagamento di alcuni sottopassi.
Quando siamo arrivati a casa, la pioggia aveva ripreso vigore e abbiamo dovuto aspettare ancora un po' prima di poter scendere dalla macchina senza annegare.
La prima sensazione  quando ho aperto la portiera è stato il profumo intenso della salvia: la bellissima pianta che ho davanti alla porta della cucina quest'anno è particolarmente rigogliosa e i colpi della grandine le avevano fatto rilasciare tutta la sua fragranza.


Mi sono avviata verso il portoncino d'ingresso con molta prudenza, assicurandomi ad ogni passo che il deambulatore fosse sempre posato stabilmente a terra e il pavimento non fosse scivoloso.
Appena varcata la soglia, ho visto Aki. Mi scoppiava il cuore. Lui non mi ha prestato particolare attenzione, si è lasciato fare due carezze, ma senza entusiasmo. Sembrava infastidito dall'insolito movimento domestico e si aggirava per il salotto miagolando inquieto mentre io prendevo possesso della mia tana sul divano, per l'occasione trasformato in un comodo letto.


Non sono rimasta seduta a lungo: uno degli obiettivi di questo permesso era verificare se la casa fosse adatta alla mia mobilità ridotta, quindi ho testato subito l'accessibilità del bagno, che è risultata più semplice del previsto. Con il deambulatore riesco a muovermi agevolmente, tutti gli spazi sono sufficienti per il passaggio e le distanze più ridotte e meno faticose rispetto a quelle dell'ospedale. Anche sedersi e alzarsi dal divano si è rivelato piuttosto comodo, addirittura più semplice rispetto al letto di ospedale grazie ai bordi arrotondati dei cuscini, su cui posso far scivolare facilmente la gamba.
Un po' più complicato vestirsi, non per il gesto in sé, ma per la scelta di cosa indossare. Non posso ancora fare le scale per andare al piano superiore, quindi ho dovuto chiedere a Renato di fotografare gli interni degli armadi per indicargli i pantaloni e la maglia da portarmi giù. I jeans fanno uno strano effetto addosso: larghissimi in vita e sulla gamba sinistra, dove penzolano in numerose pieghe, giusti sulla destra, ancora tanto, tanto gonfia e pesante. Meno male che seduta sulla carrozzina questa vestibilità asimmetrica non si nota tanto.
Per cena volevo qualcosa di goloso, più lontano possibile dal triste cibo ospedaliero. E allora di nuovo in macchina e via verso il ristorante per una piacevole scorpacciata di sushi!


Siamo tornati a casa presto, sazi e soddisfatti, e mi sono piazzata di nuovo sul divano.
Finalmente in quella sistemazione, Aki ha riconosciuto qualcosa di familiare. "Passami il plaid", ho sussurrato a Renato, perché Aki non mi salta in braccio se non ho un plaid sulle gambe. Appena ho aperto il plaid, Aki si è avvicinato, ancora guardingo, ma interessato. Ha posato le zampe anteriori sul bordo del divano e ha dato un'annusatina di controllo, forse per verificare che fossi proprio io. Rassicurato, mi è saltato elegantemente in braccio e ha preteso un'interminabile sessione di coccole. Come potete facilmente immaginare, non mi sono tirata indietro.


Tra una carezza e un grattino abbiamo fatto il tifo per la nazionale universitaria di pallavolo, che ha conquistato la medaglia d'oro, poi mi sono sistemata per dormire.
Il divano è comodissimo, più del materasso dell'ospedale. Mi sono messa su un fianco e Aki si è acciambellato dietro le mie ginocchia. Non so chi dei due fosse più contento.
Ho dormito fin dopo le otto, poi ho fatto colazione al tavolo della cucina, seduta sulla mia sedia, con i miei cereali. Benedetta normalità!
Più tardi siamo andati al supermercato: per il pranzo servivano uova, guanciale, pecorino e pasta fresca. Indovinate cosa prevedeva il menù? Ho valutato quanto può essere difficile fare la spesa in sedia a rotelle: almeno la metà dei prodotti è inaccessibile.
A pranzo mi sono goduta la mia amata carbonara (se non avevate indovinato, non siete più miei amici) e una bella insalata mista con pomodorini, due cose di cui in ospedale sento molto la mancanza.
Poi abbiamo guardato un film che desideravo vedere da tempo.


Il tempo è volato, giusto il tempo di salutare Aki ed era già ora di rientrare in ospedale. Con tanta voglia di tornare presto a casa.

venerdì 12 luglio 2019

Domande

Sono in ospedale esattamente da cinque mesi. Un tempo lunghissimo, in cui ho dovuto adattarmi agli orari e ai ritmi dei reparti, alla perdita di privacy, alla convivenza con gli altri pazienti, alla cucina poco stuzzicante, alla solitudine, al rumore, a una gestione strana del tempo, a mille cose tanto lontane dalla normalità.
Come ho fatto? Non lo so, l'ho fatto e basta.



Quanto sarà difficile tornare alla vita normale, per quanto si possa definire tale con tutte le modifiche legate alle limitazioni fisiche che mi porterò a casa? 
Come farò a muovermi? A prendere quello che mi serve da un armadio o un cassetto? A fare la doccia, cucinare, riempire la ciotola del gatto, caricare la lavatrice o stendere il bucato? 
Come farò ad andare in ufficio? A riprendere il ritmo del lavoro? A fare una fotocopia o a prendere un raccoglitore dall'archivio? 
Che tipo di modifiche dovrò fare all'automobile per poter tornare a guidare? 
L'emozione del ritorno a casa, domani provvisorio ma presto definitivo, si mescola ai mille dubbi che nascono dalla difficoltà di riemergere da questa lunghissima sospensione della mia vita e creare una nuova normalità, compatibile con la mutata condizione fisica.
Come farò? Non lo so, lo farò e basta.

mercoledì 10 luglio 2019

Aria di casa

Qui si continua a lavorare sodo e a fare progressi.
Da lunedì l'autorizzazione a muovermi da sola con il deambulatore. Martedì il primo test di salita e discesa di alcuni gradini di una scala. Oggi la prima passeggiata in corridoio con le stampelle.


Ogni giorno passeggiate in corridoio con il deambulatore, esercizi per stimolare i muscoli della gamba destra e un po' di massaggio per sgonfiare la zampa zampogna, compagna costante di questa settimana.
Perché qui non c'è niente di facile, niente di regalato, tutto si paga. Ogni risultato è frutto di tanto lavoro, ogni passo è conquistato con ostinata fatica.
Quando i muscoli tremano per lo sforzo e il fisioterapista dice "ancora uno", stringo i denti e vado avanti, perché voglio arrivare in fondo, voglio arrivare a casa.
Oggi ho avuto l'autorizzazione per un permesso di 24 ore, tra sabato e domenica. Dopo cinque mesi di ospedale, finalmente potrò respirare di nuovo l'aria di casa mia.

venerdì 5 luglio 2019

Lavoro duro

Perbacco, è già passata una intera settimana!
I primi giorni me la sono goduta un mondo con le espressioni sbalordite di medici, infermiere, OSS e fisioterapisti di fronte ai miei progressi.
Nessuno qui si aspettava questi risultati, ma, come ha detto Renato, "non conoscevano la bestia". Che sarei io, s'intende.
Ho quasi dovuto raccogliere da terra la mandibola di una fisiatra che mi guardava a bocca aperta macinare metro dopo metro con il deambulatore, settanta metri il primo giorno, oggi siamo arrivati a centocinquanta. Due mesi fa mi dicevano che forse, ma forse!, sarei riuscita a farne dieci.


E continuo a lavorare sodo, tanto. La sessione del mattino con il fisioterapista è sempre molto impegnativa e faticosa, ma anche stimolante, ogni giorno c'è qualche nuovo traguardo da raggiungere. Alzarmi e restare in piedi senza appoggio, mantenere l'equilibrio resistendo a piccoli sbilanciamenti, attivare i muscoli anteriori della coscia (questo traguardo è ancora lontano, ma ci stiamo lavorando tanto), sollevare il bacino contraendo i glutei... Tanti esercizi utili, difficili e faticosi.
È poi ci aggiungo i miei: due sessioni autonome al giorno di stretching e tonificazione per le braccia, gli addominali e la gamba sinistra. E qualche passeggiata in corridoio con il deambulatore, per ora sempre accompagnata dal personale, ma spero che tra qualche giorno mi permettano di farle anche in autonomia, passaggio indispensabile per poter andare a casa almeno per un giorno.
A Jesolo ho perso altri cinque chili, se vado avanti così, per fine anno dovrete cercarmi con la lente d'ingrandimento.
Negli ultimi giorni è tornata un po' di zampa zampogna, oggi la fisioterapista mi ha fatto un po' di massaggio e poi un incerottamento che dovrebbe aiutare a sgonfiare il piede. Non so se funziona, ma è carino.


Tra una sessione di palestra e l'altra mi godo la stanza singola: nessuno che russa o suona il campanello per chiamare il personale, la finestra aperta e le tapparelle sempre alzate, l'uso esclusivo del bagno, che mi evita di dovermi portare ogni volta sapone, asciugamani, spazzolino, dentifricio, deodorante... posso lasciare lì tutto quello che mi serve senza disturbare nessuno.
E mi godo le visite quotidiane di Renato e di tanti altri, le ciliegie e le albicocche, oggi anche un grappolo di ottima uva.