domenica 25 dicembre 2011

Buon Natale!


Buon Natale!
A chi passa di qui spesso e a chi ci capita per caso
A chi ha un regalo speciale da chiedere
A chi ha dato tanto e meriterebbe di ricevere di più
A chi ha ancora tanta strada da fare
A chi ha un grosso peso da portare
A chi ha voglia di camminare insieme.

venerdì 23 dicembre 2011

Ricorrenze

Detesto le feste comandate, gli anniversari, le ricorrenze... Non mi piace l'idea che ci siano giorni particolari per fare qualcosa o per ricordare qualcuno.
Sono così poco sensibile agli anniversari, che quello mio e di Renato di solito viene "celebrato" qualche giorno dopo, con uno scambio di battute simile a questo:
- Uh, che giorno è oggi?
- Martedì?
- No, non il giorno della settimana, il numero.
- Boh... 28? 29?
- Ah, ecco, ce ne siamo dimenticati anche quest'anno. 

Ecco perché oggi non c'è stato un post dedicato alla Maria: non ho bisogno di guardare il calendario per ricordarla, è nei miei pensieri ogni giorno. E mi piace ricordare la sua vita, non la sua morte.

Però ringrazio di cuore chi oggi ha voluto essermi particolarmente vicina.

venerdì 16 dicembre 2011

Potere della TV

Questa foto l'ho fatta io.
Senza teleobiettivo.
Senza zoom.
Era proprio lì, davanti a me, a un metro di distanza.

Come sono finita nel camerino di Alessandro Gassman?
Potere della TV...
Una televisione nuova, così nuova che deve ancora iniziare, per ora sta facendo prove tecniche di trasmissione, ma a breve partirà con un palinsesto tutto dedicato al nostro territorio, alla cronaca, agli eventi, allo sport, alla cultura e alla politica locali.
Si chiama TelePortogruaro Veneto Orientale e dalle nostre parti è visibile sul canale 214 del digitale terrestre.

Cosa c'entro con TelePortogruaro?
Io niente, ma dalla prossima settimana Renato ci lavorerà a tempo pieno e già da un paio di mesi si sta occupando di riprese video, montaggi, regia e attività tecniche varie.
E vi pare che potesse lasciarmi a casa quando martedì è andato in teatro a riprendere l'intervista con Alessandro Gassman prima della rappresentazione di Roman e il suo cucciolo? In fondo due telecamere sono meglio di una...

domenica 4 dicembre 2011

Da un insetto all'altro

Ricordate le mie formiche?
Con il passare dei mesi l'invasione si è decisamente attenuata, ormai è rimasto solo un presidio con l'incarico di tenere le posizioni.
Per lo più si dedicano ad attività pacifiche...

Ogni tanto, tre-quattro volte al mese, fanno ancora qualche esercitazione, ma mi pare che la disciplina si sia parecchio allentata e non facciano più molto sul serio, ho la sensazione che vogliano soltanto mostrare un po' i muscoli, giusto per far vedere che sono ancora lì.
Per lo più si limitano a un morso veloce, uno-due secondi al massimo. Qualche volta sparano una raffica più lunga, da otto-dieci secondi, ma sono casi poco frequenti.
Tutto sommato, la convivenza è diventata accettabile.

Temo però che questa situazione di rilassatezza abbia favorito le mire espansionistiche di un altro esercito invasore: sono arrivate le pulci.
Si sono sistemate sulla parte anteriore della coscia, proprio lungo il confine della zona che è rimasta insensibile dopo la radioterapia, e lanciano attacchi poco frequenti ma furiosi, che durano anche più di un giorno.
Durante quei periodi, soffro di un prurito insistente e quasi impossibile da contrastare, perché lo strato superficiale della pelle in quella zona è quasi completamente insensibile, quindi mi trovo nella scomodissima situazione di sentire il prurito, ma non le grattate.
Anzi, dato che grattare mi viene istintivo, devo anche starci attenta, perché non avendo la percezione del passaggio delle unghie sulla pelle, rischio di graffiarmi senza rendermene conto.
Riesco a trovare un po' di sollievo strofinando con forza la zona che prude, in modo da premere sugli strati più profondi, che hanno conservato la sensibilità. Anche questa soluzione però ha i suoi limiti e devo cercare di trattenermi, perché a furia di premere e sfregare finisco per procurarmi qualche ematoma.

Ho sempre pensato di essere una persona prudente, ma non intendevo questo...

lunedì 28 novembre 2011

Mentre ero distratta...

... o per meglio dire in altre faccende affaccendata, il blog ha raggiunto quota


Oh, io sono sbalordita!
Grazie, grazie di cuore a tutti voi che siete passati a trovarmi, a quelli che commentano e ai lettori silenziosi. È bellissimo sapere che ci siete!

sabato 19 novembre 2011

Ode alla menopausa

Prima o poi può capitare
di trovarsi ad affrontare
un ostacolo improvviso
che fa spegnere il sorriso,
una grave malattia
che ti vuol portare via.
Il percorso si fa duro
e c'è in ballo il tuo futuro
sulla strada che hai davanti
terapie molto pesanti
prezzi alti da pagare
per cercare di lottare
e per una o l'altra causa
ti ritrovi in menopausa.

Hai più o meno quarant'anni
certo avevi altri programmi
Il problema in fondo è questo:
è arrivata troppo presto
e non ti ha lasciato il tempo
di portare a compimento
il progetto di ogni donna:
diventare un giorno mamma
ti ha rubato le speranze
di future gravidanze
del tuo sogno di una culla
non ti resta ormai più nulla.

È un dolore bello grosso
ma non vuoi piangerti addosso
quindi cerchi un'altra volta
di mostrarti disinvolta
e con spirito sportivo
trovi il lato positivo:
ti sei tolta dalle spese
il fastidio di ogni mese
mai più ciclo né assorbenti
c'è da esser ben contenti

Così pensi che da adesso
puoi goderti meglio il sesso
in qualunque giorno e orario:
basta con il calendario!
Ti prepari a celebrare
la tua libertà sessuale
ma con le mestruazioni
son spariti anche gli ormoni
e, parliamoci sul serio,
s'è azzerato il desiderio
Pensi, mentre lui si spoglia,
che non ne hai per niente voglia
e ti senti disonesta
quando inventi un mal di testa.

Un effetto secondario,
ormai quasi leggendario,
è il tuo incubo peggiore:
la vampata di calore.
Non hai mezzi di difesa
se ti coglie di sorpresa
e ti attacca all'improvviso
arrossando tutto il viso
Stai parlando alla riunione
o tenendo una lezione
e nel giro di un momento
ti colpisce a tradimento
Sale il caldo lungo il collo
ormai senza alcun controllo
Mentre anneghi nel sudore
parte pure il batticuore
per finir la collezione
crolla anche la pressione
si fa rapido il respiro
quando arriva il capogiro.
Non c'è modo di reagire
provi solo a non svenire
minimizzi l'emergenza
ostentando indifferenza
ma sprofondi d'imbarazzo
con il volto ormai paonazzo.

Si potrebbe anche pensare
che d'inverno sia un affare,
il migliore dei rimedi
per chi ha sempre freddo ai piedi.
Il problema però resta
perché il caldo è solo in testa:
al di sotto del torace
è del tutto inefficace
e più in basso del polpaccio
restan due blocchi di ghiaccio.

E c'è ancora uno svantaggio
che ti arriva come omaggio:
alterando l'organismo
cala il tuo metabolismo
e diventa così basso
che entri in guerra contro il grasso.
Mangi come una modella
ma non sarai mai più snella
ogni singola pietanza
fa aumentare il giropanza.
Passi il resto dei tuoi anni
limitando al meglio i danni:
per sfidare la bilancia
vesti in nero, perché slancia.

Alla fine questo evento
sembrerebbe un fallimento,
ma il bilancio consuntivo
non è tutto negativo:
non avevi alternativa
ciò che conta è che sei VIVA.

venerdì 18 novembre 2011

Ci siamo quasi

Su, lusingate un poco il mio amor proprio e ditemi che vi sono mancata.
Perché è inutile che ci raccontiamo storie: chi vuole scrivere solo per sé stesso tiene un diario privato, invece chi scrive su Internet, desidera che qualcuno legga, ed io non faccio eccezione.

Ho una cosa che mi frulla in mente da diversi giorni, ci sto ancora lavorando perché è più laboriosa di quello che scrivo di solito, ma è quasi pronta. Spero che vi divertirete a leggerla almeno quanto io mi sto divertendo a scriverla.
Restate sintonizzati!

domenica 30 ottobre 2011

A caccia di bufale

Ai navigatori della rete capita ormai quasi quotidianamente di imbattersi in segnalazioni di virus pericolosissimi che distruggono l'hard disk, appelli strappalacrime che promettono donazioni alla ricerca sul cancro per ogni mail inviata, cuccioli in cerca di adozione, alimenti e detergenti contenenti sostanze tossiche, promesse di cellulari in regalo o ricompense in denaro se si inoltra una certa mail a tutti i contatti della rubrica o, al contrario, di disgrazie e sfortuna se non la si inoltra... e chi più ne ha, più ne metta.
Inizialmente arrivavano soltanto attraverso le e-mail, poi si sono diffusi anche gli SMS, adesso invadono i social network.

Hanno una cosa in comune
sono, quasi sempre, BUFALE

Da quando ho iniziato ad utilizzare la posta elettronica ne ho ricevute moltissime e alla prima ho anche abboccato, se non sbaglio era il 1999, girando a tutti i miei contatti e-mail un avviso che raccomandava di cancellare un certo file dal PC perché era un virus. Avevo ricevuto la segnalazione da una persona che si occupava di informatica, non mi era nemmeno passato per l'anticamera del cervello che potesse essere falsa e l'avevo subito inoltrata, ma uno dei destinatari, anche lui informatico, ma evidentemente più esperto, mi aveva subito avvertito che si trattava di una bufala.
Dopo averlo ringraziato, piena di vergogna, avevo scritto una nuova mail a tutti i destinatari della precedente, scusandomi per l'errore e allegando il file ingiustamente incriminato, in modo che chi l'aveva cancellato potesse ripristinarlo (era un elemento di Windows, "colpevole" soltanto di avere un'icona dall'aspetto minaccioso).
Ero rimasta talmente mortificata, per la mia ingenuità e soprattutto perché aveva coinvolto altre persone, che da allora in poi ho cercato di verificare scrupolosamente l'attendibilità di tutti gli allarmi, appelli e segnalazioni di qualunque genere prima di inoltrarli. E, se non ricordo male, nessuno dei molti ricevuti da allora ha mai superato questo esame.

Non sempre si tratta di falsi, qualcuno in origine è anche autentico, ma nel tempo perde validità: è il caso dei sette cuccioli di Golden Retriver che cercano adozione da più di dieci anni e faranno in tempo a morire di vecchiaia prima che l'appello smetta di circolare, oppure, più tragicamente, di alcuni appelli di ricerca di informazioni mediche relativi a persone affette da patologie rare che nel frattempo sono purtroppo decedute.

La maggior parte delle volte però si tratta semplicemente di catene di S. Antonio, nella migliore delle ipotesi inutili, ma spesso dannose.
Già, perché non è vero che nel dubbio è meglio inoltrare, che tanto non fa male: la diffusione di questi appelli può essere dannosa.
Innanzitutto perché poi qualcuno ci crede, e se sono false questa è già una brutta cosa.
Alcuni poi costituiscono una vera e propria diffamazione perché diffondono notizie false su prodotti, aziende o persone, talvolta vere e proprie calunnie.
Molti sono una violazione delle norme sulla privacy, perché chi li inoltra inserisce "in chiaro", visibili a tutti, gli indirizzi dei destinatari, spesso anche senza cancellare quelli precedenti. Mi è capitato di ricevere mail di questo tipo che contenevano diverse centinaia di indirizzi e-mail, una vera manna quando capitano in mano agli spammer, quelli che diffondono le e-mail pubblicitarie che ormai intasano tutte le caselle di posta elettronica.
Gli appelli medici poi finiscono spesso per generare una miriade di contatti inutili ed indesiderati: dal 2007 il centralino di un ospedale è sommerso da telefonate riguardanti l'esigenza urgente di sangue per un bambino di 17 mesi malato di leucemia. L'emergenza in realtà non c'è mai stata, il sangue per le trasfusioni è sempre stato disponibile e nel frattempo il bambino è stato curato, è tornato a casa, è cresciuto e sta bene. Il messaggio però continua a girare e ogni tanto viene modificato, un po' come nel vecchio gioco del telefono senza fili, per cui ora ne esistono diverse varianti, in cui cambiano il nome dell'ospedale, i numeri di telefono ed anche il nome del bambino è stato storpiato in vari modi.

Come mai stasera mi è saltato il ghiribizzo di sproloquiare di bufale nel mio blog?
Perché nelle ultime settimane a questo proposito mi sono trovata di fronte ad un paio di situazioni abbastanza sconcertanti.

Premetto che da quella prima, imbarazzante esperienza del 1999 mi sono sempre preoccupata di avvertire le persone che mi inviavano messaggi-bufala, per evitarne l'ulteriore inopportuna diffusione e metterle in guardia da ulteriori errori da ingenuità. Lo so, sono pedante, ma credo che sia davvero importante cercare di bloccare o almeno limitare la diffusione di questi messaggi.

Di solito segnalo semplicemente che si tratta di una bufala, allegando qualche riferimento per verificarne l'inattendibilità e qualche volta ci aggiungo anche la raccomandazione di verificare in futuro prima di inoltrare messaggi dello stesso genere. In questi casi per lo più ricevo in risposta un messaggio di scuse e ringraziamento per l'informazione.
Qualche volta però mi spazientisco e sono meno diplomatica. Succede quando lo stesso mittente continua allegramente a diffondere bufale nonostante precedenti avvertimenti, oppure se la bufala è così palesemente assurda che ci vuole davvero una buona dose di superficialità per inoltrarla, o ancora quando ricevo mail contenenti indirizzi "in chiaro" di altri mittenti e destinatari. Spesso in questi casi si scopre che tra i divulgatori di bufale ci sono insegnanti, pubblici amministratori, direttori di banca, professionisti, personale sanitario... figure insomma da cui ci si aspetterebbe un po' di senso critico e che spesso inoltrano addirittura queste mail dall'indirizzo di lavoro, che viene quindi associato alla bufala, al punto che l'ente o l'azienda diventano involontari "garanti" della sua autenticità. In questi casi spesso scrivo anche a tutti i precedenti mittenti sottolineando l'assurdità del messaggio e mettendoli in guardia rispetto a questi comportamenti inopportuni. In genere non ricevo risposta, ma non importa: spero solo che queste persone facciano più attenzione, in futuro, a non cacciare se stessi ed i loro datori di lavoro in altre situazioni imbarazzanti.

I casi a cui mi riferivo comunque rientrano nella categoria delle risposte garbate.
Qualche settimana fa un mio contatto Facebook ha pubblicato un avviso in cui si diceva non accettare richieste di amicizia da un certo utente perché si trattava di un pedofilo che cercava di accedere a foto di bambini o di adescare ragazzini in rete
Ho commentato che probabilmente quell'avviso era semplicemente uno scherzo di pessimo gusto nei confronti di quell'utente, una diffamazione priva di fondamento. Come risposta, la persona che aveva pubblicato l'avviso ha scritto "Non so se è falso, io l'ho solo condiviso" e mi ha tolto l'amicizia su Facebook. Perdita modesta, non era nemmeno qualcuno che conoscevo di persona, solo un contatto di gioco, ma mi ha lasciato perplessa non tanto la diffusione del messaggio, che immagino sia nata da un impulso emotivo legato al fatto che si parlava di bambini, quanto l'incapacità di riconoscere la gravità di una simile accusa e delle conseguenze che potrebbe avere sull'interessato e il rifiuto di assumersi la responsabilità di averla divulgata: aveva solo riportato quanto scritto da altri, non si riteneva in dovere di verificare se corrispondeva a verità. Mah...

In un caso simile, sempre su Facebook, la bufala era tutto sommato abbastanza innocua, il solito annuncio che "da domani" Facebook diventerà a pagamento. Anche in questo caso ho avvertito con un commento l'utente che l'aveva pubblicata, questo mi ha ringraziato e... l'ha lasciata lì, dove altri continueranno a leggerla e a diffonderla.
Boh, magari sono strana io, ma se mi accorgessi di aver pubblicato qualcosa di falso, lo cancellerei, non solo per limitare l'ulteriore diffusione, ma anche per evitarmi la figuraccia... no?

A proposito, c'è un modo semplicissimo per capire se avete per le mani una bufala, e sarebbe sempre il caso di usarlo prima di inoltrare messaggi di dubbia affidabilità: digitate alcune parole significative del messaggio su Google e guardate cosa ne esce. Di solito si capisce subito che si tratta di un falso.
Per maggiori informazioni e dettagli, in genere io vado direttamente a consultare l'archivio del mio cacciatore di bufale preferito, Paolo Attivissimo, il cui Servizio Antibufala è una delle fonti più autorevoli del Web.

venerdì 21 ottobre 2011

Malinconia e fantasia

Oggi mi aspettava (finalmente!) un pomeriggio da passare a casa. La giornata era probabilmente la prima della stagione a potersi definire autunnale: pioveva a dirotto, l'aria era fredda e umida. E non so se sia per via della menopausa, della chemio o semplicemente dell'età che avanza, ma da quattro anni a questa parte il freddo io lo patisco proprio tanto.
I termosifoni in casa sono ancora spenti, oggi mi sono rassegnata di malavoglia a riaccendere la caldaia, ma solo per scaldare l'acqua per la doccia, dopo sei mesi in cui ci avevano pensato egregiamente da soli i pannelli solari. Stamattina ho messo i jeans pesanti, un maglione di pile e i calzettoni, ma all'ora di pranzo ero già surgelata e per il pomeriggio avevo programmi più interessanti che tremare e battere i denti. C'era una sola scelta possibile: accendere il caminetto.
Subito dopo pranzo ho affrontato l'impresa, munita di accendino, legnetti e dell'ultima barretta accendifuoco rimasta dall'anno scorso. All'inizio sembrava che il fuoco avesse preso, avevo messo un paio di pezzi di legna più sottili che iniziavano già a consumarsi e le fiamme avevano attaccato il ciocco più grosso, ma dopo qualche minuto si è spento.

Il senso di perdita può saltare fuori nei momenti e nei modi più impensati.
Quando sono andata a prendere un'altra manciata di legnetti e un paio di fogli di giornale per riaccendere il fuoco, ho ricordato che la Maria non aveva mai avuto bisogno di barrette accendifuoco né di carta. Lei sistemava nel focolare un paio di stecche più sottili e due pezzi grossi, li accendeva con uno stuzzicadenti e via, il fuoco prendeva subito e non si spegneva più. E lei ci prendeva sempre in giro perché a noi invece servivano almeno un paio di tentativi e diverse barrette prima di riuscirci.
Mi è presa un po' di malinconia...

Alla fine però sono riuscita ad accendere il fuoco e dopo un po' in casa si è diffuso un delizioso tepore. Il Ciccio si è piazzato sul pouf vicino al caminetto, girandosi spesso da una parte e dall'altra per rosolarsi in modo uniforme, mentre io mi sono sistemata a lavorare sul divano, con il PC sulle ginocchia, in modo da tenere la gamba destra sollevata per aiutare la caviglia a sgonfiarsi.
E a proposito della caviglia, apprezzo molto l'idea lanciata de Romina e appoggiata da Wolkerina, di paragonarmi ad ghepardo zoppicante però, ragazze, siamo realiste: per vedere qualche somiglianza  tra me e un animale così snello e agile ci vuole tanta, ma tanta fantasia!

Forse c'è andato più vicino qualcun altro, che di Fantasia se ne intendeva parecchio...

mercoledì 19 ottobre 2011

A piccoli passi

La caviglia continua a migliorare, anche se rimane gonfia e colorata: ieri mi è sbucato un nuovo ematoma, color mattone, sulla parte superiore del piede.
Ma l'aspetto estetico come sempre mi interessa poco, l'importante è che riesco a camminarci sopra con prudenza, ma ogni giorno un po' più veloce: insomma, zoppico... ma molto atleticamente!

sabato 15 ottobre 2011

Di ortaggi, successi ed altre sciocchezze

La mia caviglia non assomiglia più ad un pompelmo.
Il gonfiore si è distribuito abbastanza equamente tutto intorno e stanno comparendo due grossi ematomi viola, uno all'interno e uno all'esterno, più un terzo sul ginocchio (sì, ho sbattuto pure quello!). Insomma, direi che adesso sembra più una melanzana.
Però non fa troppo male e oggi riesco a zoppicare per casa anche senza usare le stampelle, che è già un bel successo e mi restituisce una certa autonomia: almeno non ho bisogno di chiedere aiuto per fare cose semplici come portare un libro dalla camera al salotto.
Devo evitare di stare in piedi a lungo, altrimenti la melanzana potrebbe raggiungere le dimensioni di una zucca, ma sono abbastanza soddisfatta di come procede il recupero.
Quand'è la prossima maratona di New York?

giovedì 13 ottobre 2011

Ma intanto...

Ovviamente non ho ancora l'esito dell'accertamento, posso dire però che la commissione era molto efficiente, non più di dieci minuti per ogni colloquio. Dalle quattro chiacchiere scambiate in sala d'attesa, ho dedotto che eravamo tutti pazienti oncologici, probabilmente ci avevano raggruppati in modo da avere una commissione adeguata al tipo di patologia (ho riconosciuto almeno un'oncologa).
Una volta accertato che la mia malattia è in remissione, si sono soffermati soprattutto sulla palla, che è l'effetto collaterale più evidente che mi è rimasto. Ho mostrato la documentazione relativa al tentativo di aspirazione dell'anno scorso e gli esami successivi che ne dimostrano la ricomparsa, ho spiegato che la sento e che mi dà pure fastidio. Arrivederci e grazie.

Ma intanto posso affermare con assoluta sicurezza di essere quasi completamente invalida.
Come faccio ad esserne così sicura?
Perché stasera mi sono scapicollata su uno scalino del teatro comunale, dove ero andata ad assistere alla presentazione della nuova stagione teatrale, e mi sono procurata l'ennesima distorsione alla caviglia destra (sesta? settima? boh...).
Al momento quindi sono dotata di:
- caviglia dolente e gonfia come un pompelmo
- impacco di ghiaccio sulla suddetta caviglia
- stampelle per camminare
- una discreta incazzatura con me stessa, perché lo so che ho la caviglia traballante e dovrei stare più attenta a dove - e come - metto i piedi
Invalida quindi. E pure tonta.

mercoledì 12 ottobre 2011

Curiosa

Domani ho la visita di revisione dell'invalidità civile, dello stato di handicap (legge 104) e del collocamento al lavoro (legge 68/99), la prima dopo l'introduzione delle nuove procedure.
Dato che il risultato, qualunque sia, dal punto di vista pratico mi cambia poco o nulla, sono solo curiosa.

Curiosa di vedere quale percentuale di invalidità mi assegneranno. Fino ad oggi è stata il 100%: forse la riducono, dato che dopo l'ultimo intervento non ci sono state recidive, ma forse no, perché la prognosi per il tipo di tumore che ho avuto è statisticamente negativa.

Curiosa di vedere quanto tempo ci metteranno a mandarmi l'esito, viste le passate esperienze e le odissee di altre amiche cancer-bloggers.

Curiosa di vedere se questa volta mi mandano il verbale all'indirizzo giusto.

martedì 4 ottobre 2011

Ciao, Nina!

Non ditemi che è stata sconfitta
Le sono stati concessi troppo pochi giorni,
ma li ha riempiti tutti di vita

Non ditemi che non ce l'ha fatta
Ha regalato amore e gioia
e ha illuminato il mondo con il suo sorriso
Non ditemi che si è arresa
Il fisico alla fine ha ceduto, 
l'anima invece mai

Non ditemi che se n'è andata 
Lei rimane sempre nel mio cuore
non se ne andrà mai
Ma potete dire che è mancata
Che mi manca e mi mancherà 
sempre.


sabato 1 ottobre 2011

Le mamme che lavorano

Ho sempre avuto tanta stima e rispetto per le mamme che lavorano.
Non me ne vogliano le donne che non hanno figli né le mamme casalinghe, ma conciliare maternità e lavoro è un'impresa davvero straordinaria, soprattutto quando il lavoro impegna fuori casa per sei-otto ore al giorno (o anche di più) e c'è più di un figlio da gestire, magari senza il supporto dei nonni.
Osservando alcune amiche che vivono questa condizione, ho elaborato alcune considerazioni.

Le mamme che lavorano sono sempre a spasso
Al mattino accompagnano i bambini a scuola, all'asilo o al nido... oppure in tutti e tre i posti, organizzando i percorsi con l'abilità dei migliori rappresentanti di commercio. Lasciano i più grandicelli davanti al cancello, insieme agli altri bambini e alle loro mamme, quelle che hanno il tempo di restare fino al suono della campanella e che le guardano con disapprovazione perché non si fermano fino all'arrivo delle maestre.
Poi corrono al lavoro, pregando di non trovare tutti i semafori rossi, perché all'orologio dell'ufficio o della fabbrica non importa proprio niente né dei tuoi figli, né del traffico, e se timbri un minuto dopo, ti scala un quarto d'ora dalla giornata.
All'uscita dal lavoro, altro giro per recuperare la prole, pregando di nuovo il dio dei semafori, perché se arrivano un minuto dopo l'orario di chiusura, trovano la maestra o la bidella inferocite per essere dovute rimanere con il bambino fino al loro arrivo; oppure trovano il pargolo che le aspetta sconsolato sulle scale, che fa ancora più male. Se il loro orario di lavoro finisce dopo la chiusura della scuola/asilo/nido, il recupero va fatto presso la baby-sitter, dai nonni o da qualche altra mamma che gentilmente ha accettato di tenersi a casa il bimbo per qualche ora. Ma dato che i figli hanno età diverse, è possibile che uno sia all'asilo, uno dai nonni e l'altro a casa di un amichetto.
Quando finalmente hanno finito di raggruppare le creature, è già ora di smistarle di nuovo: uno va a nuoto, l'altra a danza oppure a musica. Se tutto va bene, mentre i figli sono a lezione le mamme riescono a fare la spesa, ma di solito gli orari sono incastrati in modo tale che tra uno e l'altro restano 10-15 minuti che non bastano nemmeno per arrivare al negozio e allora si va dopo, tutti insieme, cercando di mantenere la lucidità mentre pilotano il carrello tra gli scaffali, con una che si lamenta che è tardi e deve fare i compiti e l'altro che frigna perché vuole la merenda.

Le mamme che lavorano sono ipertecnologiche
Quando finalmente le mamme che lavorano arrivano a casa è ormai tardo pomeriggio.
Aiutano i figli a fare i compiti.
E intanto preparano la cena.
E intanto caricano la lavatrice.
E intanto annaffiano le piante.
E intanto controllano la posta.
E intanto fanno la lista della spesa.
E intanto apparecchiano la tavola.
E intanto si fanno raccontare dai bambini quello che hanno fatto oggi. E li ascoltano.
I computer di nuova generazione riescono ad eseguire più di operazioni contemporaneamente, ma in confronto alle mamme che lavorano, sono dei dilettanti.

Le mamme che lavorano fanno spesso le ore piccole
Alla sera, le mamme che lavorano lavano i figli, li mettono a letto e leggono loro una storia.
Poi sistemano la cucina, raccolgono i giocattoli, stirano, attaccano un bottone al grembiulino, preparano il pranzo da portarsi in ufficio il giorno dopo, le cartelle per i bambini e la presentazione per la riunione di lavoro. A volte riescono anche a scambiare qualche parola con il padre dei loro figli prima di crollare addormentate, molto dopo la mezzanotte. E al mattino dopo alle sei e mezza sono in piedi per stendere i panni, preparare la colazione, svegliare e vestire i bambini.

Le mamme che lavorano giocano tutto il giorno.
Le mamme che lavorano giocano tutto il giorno a rincorrersi con il tempo.
E giocano a fare i puzzle, per incastrare le ferie con i giorni di chiusura di scuole e asili.
E siccome sono mamme, trovano anche il tempo di giocare con i loro bambini.

Le mamme che lavorano fanno un sacco di sport
- Corsa ad ostacoli con il passeggino su strade e marciapiedi che sembrano campi minati.
- Salto del giocattolo che ci si trova tra i piedi nei posti più impensati.
- Sollevamento pesi: bambini +  borse della spesa.
- Tuffi, per prendere al volo il pargolo (o un oggetto fragile) prima che cada.
- Equitazione; la mamma è il cavallo.
- Lotta libera, per lavare e vestire i figli.
- Arrampicata sugli specchi, per giustificare i ritardi e le assenze alle riunioni scolastiche (che sono sempre, rigorosamente, in orario di lavoro).
- Ginnastica artistica, per trovare l'equilibrio fra tutti gli impegni.
- Pallacanestro, per centrare il cesto della biancheria sporca dalla porta della lavanderia.
- Apnea, per trattenere il fiato e non far uscire quel "ma vaff..." che nasce spontaneo quando l'amica senza figli (e stronza) dice: "Dovresti proprio venire anche tu in palestra, ti farebbe tanto bene!"

Le mamme che lavorano si godono il weekend
Nel fine settimana, le mamme che lavorano fanno le pulizie.
E dato che il sabato e la domenica sono gli unici giorni in cui si riesce a pranzare a casa, preparano qualcosa di speciale.
E dal momento che non devono andare al lavoro, potranno ben andare a salutare i genitori e/o i suoceri, che ma-insomma-non-ti-si-vede-mai!
E il sabato è anche l'unico giorno in cui non lavorano e i negozi sono aperti, quindi vanno a fare le spese per i figli, che hanno sempre bisogno di qualcosa, e li portano a tagliarsi i capelli.
E siccome la domenica è l'unico giorno in cui si può fare qualcosa tutti insieme, portano i bambini in gita.

Le mamme che lavorano...
Hanno una mano sul mouse e l'altra sul biberon.
Hanno una macchia di pappa sul tailleur o un giocattolo che sbuca dalla tasca del camice da officina.
Hanno le foto dei figli come sfondo sul desktop del computer e i loro disegni appesi in ufficio o in reparto.
Hanno un vagone di pazienza sempre in tasca.
Hanno una vita così piena che non si accorgono nemmeno di non avere nemmeno un secondo da dedicare a se stesse.
Hanno sempre mille sensi di colpa perché vorrebbero fare di più.
Non hanno più visto l'estetista dal giorno del loro matrimonio e vanno dal parrucchiere due volte l'anno, ma...
Le mamme che lavorano sono sempre bellissime


Per Catia e Maria Cristina: sì, sto parlando anche di voi. Soprattutto di voi.



AGGIORNAMENTO
Ho scoperto che più di qualcuno ha frainteso questo post, interpretandolo come una critica alle mamme casalinghe oppure ai papà.
Mi dispiace, non pensavo che un elogio per qualcuno potesse essere letto come un'offesa per altri.
In realtà volevo solo evidenziare la differenza tra me che lavoro, oltretutto con molta flessibilità, ma non sono mamma e le donne che lavorano, anche con orari molto più rigidi dei miei, e che in più sono mamme attente e presenti con i loro figli e per questo hanno tutta la mia più sincera ammirazione.

mercoledì 7 settembre 2011

Viva i proverbi!

Niente masse estranee, niente macchie sospette, nessun linfonodo anomalo: anche questa è andata!

L'unico dubbio riguarda la palla, che nel referto della risonanza è indicata di dimensione 6x5 mentre dall'ecografia (fatta due giorni dopo) risultava 10x7.5. Ma potete immaginare quanto poco mi interessi!

lunedì 5 settembre 2011

Fuori due!


Stamattina ho ritirato le analisi del sangue.
I globuli bianchi sono saliti a...

...

(suspance)

...

3.700   

Insomma, mi devo rassegnare, non arriverò mai più a 4.000.

Il resto però è a posto, a parte le piastrine un po' basse, appena sopra il limite di normalità, ma un po' me l'aspettavo perché il giorno del prelievo il foro dell'ago aveva impiegato molto più tempo del solito per smettere di sanguinare, nonostante avessi fatto tutto per bene, tenendolo premuto con l'ovatta e con il braccio dritto e sollevato per diversi minuti.

In particolare, tutti i valori relativi al fegato si confermano assolutamente nella norma e anche il profilo lipidico (colesterolo e trigliceridi) è ottimo. 

A questo punto, speriamo che funzioni il proverbio "non c'è due senza tre" e che anche la risonanza dia buone notizie.

venerdì 2 settembre 2011

Cominciamo bene!

Primi risultati della tornata di controlli: oggi ho fatto l'ecografia, che era molto importante dal punto di vista psicologico perché i risultati vengono comunicati subito.

Radiologo: "Vedo dall'impegnativa che l'esame è richiesto per monitorare una steatosi e gli esiti di un liposarcoma."
Io: "Esatto. Con i controlli di febbraio mi avevano diagnosticato una degenerazione steatosica avanzata e l'epatologa ha richiesto un monitoraggio ecografico semestrale."
Radiologo: "Giusto: l'ecografia è l'indagine più adatta per valutare questo tipo di patologia. Ora sentirà un po' freddo..." (distribuisce un po' di gel sulla pancia) "Vediamo..." (muove la sonda in corrispondenza del fegato, si ferma, osserva, torna indietro, si ferma di nuovo e io inizio a sudare freddo) "Veramente..."
Io (al limite del panico): "Sì?"
Radiologo: "Io non rilevo una steatosi avanzata. Non trovo proprio steatosi. Forse giusto un principio, ma appena appena."
Io (sospiro di sollievo): "Guardi, a me fa solo piacere!"
Radiologo: "Com'erano le gammaGT quando le hanno diagnosticato la steatosi?"
Io: "Perfette, ampiamente entro i limiti normali. E anche le transaminasi e tutti gli altri valori epatici."
Radiologo: "In presenza di steatosi avanzata, quei valori sarebbero stati alterati. Come le dicevo, l'ecografia è lo strumento diagnostico più adatto, TAC o risonanza magnetica non danno risultati altrettanto certi."
Io: "Bene, sono contenta!" (il radiologo esplora con la sonda il resto della pancia e quando passa sulla palla mi fa anche piuttosto male) "Si vede qualche altro corpo estraneo, a parte il linfocele?"
Radiologo: "No, ma tenga presente che l'ecografia potrebbe non rilevare tutto, per sicurezza deve aspettare l'esito della risonanza."

È vero, non posso ancora cantare vittoria, ma permettetemi almeno di fischiettare sottovoce.

martedì 30 agosto 2011

Pronta a tutto

Altro giro, altra corsa!
Ieri prelievo per le analisi del sangue, stamattina risonanza magnetica dell'addome inferiore e radiografia del torace, venerdì ecografia, il 12 settembre visita dall'epatologo e il 15 dall'oncologo.
Come al solito sono in piena fase ipocondriaca: mi fa male dappertutto, mi dà fastidio la palla, le formiche mordono... e io anche.

Venerdì ho fatto la seduta dal logopedista ed è rimasto sconcertato.
Pochi giorni prima aveva valutato di aver raggiunto un risultato soddisfacente con la mia voce e che la mia situazione posturale fosse ragionevolmente buona, considerando i limiti oggettivi posti dalla palla e dalle mie curve sovrabbondanti che mi costringono a continui aggiustamenti per mantenere l'equilibrio (con un esempio molto evocativo, in uno dei primi incontri mi aveva detto detto che è come se io fossi una cassettiera, con un cassetto che sporge davanti e uno che sporge dietro e devo cercare di non farli cadere).
Venerdì però la situazione era cambiata, ha osservato che avevo il tronco rigido come... come un tronco, appunto. Mi ha chiesto se avessi fatto qualcosa di particolare, se avevo dolori da qualche parte... Niente.
Poi ha avuto un'illuminazione, un'intuizione di quelle che possono venire solo ad un ex paziente oncologico e mi ha chiesto quando fossero previsti i miei prossimi controlli. E lì si è capita l'origine di tutta la tensione che avevo addosso.
Insomma, per quanto io abbia l'impressione di affrontare serenamente i controlli, da qualche parte dentro di me le cose funzionano diversamente. Ok, ne prendo atto e lo accetto.

Non so cosa aspettarmi da questo giro di esami, non ho elementi per fare ipotesi, potrebbe essere tutto a posto oppure no.
Al di là dell'ipocondria, la palla e le formiche si stanno effettivamente facendo sentire di più, ma potrebbe dipendere dal caldo torrido delle ultime settimane. E comunque non è detto che questi fastidi significhino qualcosa, in fondo quando ho avuto la recidiva quattro anni fa stavo benissimo.
In questi mesi ho cercato di trattare bene il mio fegato, ma mi pareva di averlo fatto anche prima e i risultati non erano stati buoni.
Insomma, incertezza totale.

Appurato che io e i mezzi di contrasto non andiamo per nulla d'accordo, stamattina me ne sono partita tutta baldanzosa per Aviano da sola, perché senza mezzo di contrasto non c'è pericolo di reazioni allergiche, quindi posso guidare senza problemi, giusto?
Sbagliato.
Mannaggia a me, mi ero dimenticata che per la risonanza pelvica mi fanno l'endovena di Buscopan, e dopo quella non si può guidare per un paio d'ore. Risultato: due ore a vagare per il CRO in attesa di poter riprendere la macchina per tornare a casa.
D'accordo, ho impiegato bene quel tempo facendo promozione per Oltreilcancro, con distribuzione di locandine e cartoline in vari reparti, però... sono proprio VOLPE!

sabato 20 agosto 2011

Pomeriggio in beauty farm

L'avevo già deciso prima di partire per le vacanze: dato che l'incontro previsto a fine luglio era saltato a causa del ricovero di Anna Lisa, al rientro da Londra sarei andata a trovarla.

L'invito al matrimonio mi era arrivato in Inghilterra, un'emozione grande e insieme il dispiacere di non poter partecipare, perché il mio aereo sarebbe atterrato a Venezia proprio all'orario previsto per la cerimonia.
Appena arrivata in aeroporto avevo subito riacceso il telefono e iniziato a tempestare di SMS e telefonate ZiaCris: come stava andando? Com'era la sposa? E potevo chiamarla?
Il giorno dopo avevo cercato in rete, sicura di trovare notizia di questo straordinario matrimonio. C'erano migliaia di pagine che ne parlavano, alcune semplicemente riportando la notizia ANSA, altre con articoli più dettagliati, foto e addirittura un video. L'ho guardato tre volte e ogni volta ho pianto di commozione, di tenerezza, di gioia nel vedere la felicità traboccare dal volto della mia Nina.
Temevo però che la giornata l'avesse stancata, che avrebbe pagato lo sforzo, quindi ho lasciato passare un paio di giorni prima di andare a trovarla.

Giovedì mattina ho preso il treno poco dopo le otto, armata di libro, videogioco e netbook, tutto il necessario per riempire diverse ore di treno. Ma ero distratta, il pensiero correva continuamente avanti, verso di lei.
Come l'avrei trovata? Forse stanca o assonnata per via della morfina? E i dolori le avrebbero dato tregua? E se la mia visita fosse stata un disturbo?
Quando sono arrivata alla reception della beauty farm, poco dopo le due del pomeriggio, sembrava che i miei timori fossero fondati, perché l'infermiera mi ha detto che stava riposando e forse non era il caso di disturbarla. Ma no, di che mi preoccupavo? Anna Lisa mi aspettava, le avevo chiesto se potevo passare, e appena ha saputo che ero arrivata ha detto di farmi entrare.

Pareva una bambola, con il pigiamino rosa e i fiocchi di tulle da sposa attaccati al letto, ancora circondato dai palloncini colorati: che tenerezza!
Certo, c'erano i lividi della caduta del giorno prima, c'erano il tubo dell'ossigeno e l'elastomero con la morfina a ricordare che stavamo a Cure Palliative, non nel salotto di casa.
Ma dietro al dolore, dietro alla malattia, c'è sempre lei, Anna Lisa, la mia Nina dagli occhi belli, con un grande sogno appena realizzato e tanti altri ancora in tasca, con la curiosità di sapere cosa succede "fuori" e tanta voglia di normalità, con la battuta sempre pronta e il cuore grande.
Abbiamo parlato del matrimonio, del bellissimo abito arrivato quasi per miracolo, del bouquet, del rinfresco e della torta realizzati grazie alla straordinaria gara di affetto di tanti amici, che le ha permesso di essere una sposa stupenda e di avere la cerimonia che aveva sempre desiderato.
Mi ha chiesto della vacanza a Londra, dei miei prossimi controlli, di Renato e del Ciccio.
L'ho avuta tutta per me per più di due ore, con una interruzione solo quando l'hanno chiamata dalla BBC per un'intervista.
C'era anche la sua Mamy, una donna minuta e grandissima, con il cuore diviso tra il dolore per le sofferenze che la malattia impone alla sua bambina e l'orgoglio per il modo straordinario in cui Anna Lisa riesce ad affrontarle.
Purtroppo non ho avuto la possibilità di incontrare Qualcuno, che era andato a casa dei genitori per qualche ora.
Ma mi sono riempita gli occhi e il cuore di lei, di Anna Lisa, della sua grinta e della sua voglia di sorridere, di amare, di vivere.
E sono tornata a casa più leggera.

mercoledì 17 agosto 2011

Toccata e fuga

Non ho potuto essere presente al matrimonio, ma domani vado a Livorno a baciare la sposa.

sabato 6 agosto 2011

London highlights - 1

La prima impressione dell'Inghilterra, guardando dal finestrino dell'aereo che scendeva verso Gatwick, è stata: alberi. Isolati o raggruppati in boschi, allineati a dividere i campi tra loro... Tanti, tantissimi alberi.

Il mio inglese è stabile: discreto bagaglio di vocaboli, accettabile familiarità con la grammatica e la solita pronuncia scadente: le parole che fluiscono leggere nella mia mente si arrotolano sulla lingua e si impigliano tra le labbra.

Cosa ci si può aspettare al primo risveglio londinese? Ovviamente pioggia!

E cosa si può trovare davanti al museo di Storia Naturale in un giorno di pioggia? Naturalmente una lunghissima e ordinatissima english queue!

Che sorpresa trovare la metropolitana della Piccadilly Line quasi vuota alle dieci del mattino... Ma la ressa del tardo pomeriggio compensa abbondantemente.

Sono un rottame. Diverse donne in stato di gravidanza avanzato e anziani con il bastone affrontano il giro dei musei con più vigore di me.

Lo shop del museo di Storia Naturale è pieno di giocattoli, peluches, souvenir e gadget. Trovare un bambino di dieci anni con gli occhi sgranati davanti ai libri allarga il cuore.

7-8 ore per ciascuno dei primi due grandi musei e alcune parti le abbiamo dovute fare di corsa: non ho abbastanza tempo: non ce la farò mai a vedere tutto quello che vorrei in soli 12 giorni.

Molti turisti italiani sono rumorosi e maleducati. Però pure gli Spagnoli si difendono bene...

Il famoso frappuccino di Starbucks a mio parere è ampiamente sopravvalutato: si può facilmente avere di meglio in qualsiasi gelateria artigianale italiana.

Consultare la cartina per orientarmi mentre cammino non è una buona idea: rischio di distrarmi dalla strada e finire lunga distesa sul marciapiede, modello pelle di leopardo (sì, è successo e no, non mi sono fatta male, solo una sbucciatura sul ginocchio destro).

La vera cucina cinese è molto diversa da quella che si trova nei ristoranti cinesi in Italia.

Sarebbe carino se chi mi si siede accanto sulle panchine si facesse la doccia almeno una volta ogni tanto.

giovedì 28 luglio 2011

Navigando nella notte...

Ho tirato tardi stasera, pensavo ad Anna Lisa, in questi giorni torno continuamente sul suo blog in cerca di notizie. E navigando qua e là il tempo è passato ed è già domani, è già il 28 luglio.
Buon compleanno, mamma.

venerdì 8 luglio 2011

Robe da matti

È luglio.
Fa caldo.
C'è afa.
In questi giorni ho avuto la pressione sotto le scarpe (90/60 per intenderci), mi sono dovuta sedere o stendere diverse volte per non rischiare di schiantarmi come una pera cotta.
Le vampate sono particolarmente feroci, a volte accompagnate anche da nausea e capogiri.

E con tutti questi effetti da eccesso di calore, mi ritrovo con due sacchetti di semi caldi sulla codoppa per contrastare i dolori cervicali. E mi danno pure un bel sollievo!
Robe da matti...

mercoledì 6 luglio 2011

Illusione

Qualche giorno fa stavo lavorando nel mio studio quando è squillato il telefono.

Pronto, buongiorno, qui è la concessionaria Ferrari-Maserati
Io (sorpresa): Buongiorno...
Stiamo organizzando un evento speciale alla darsena di XXX per presentare le nostre auto
Io (elaborando mentalmente che forse si tratta di un'iniziativa di marketing mirata su particolari categorie, nel caso specifico gli ingegneri): ... ssssì...?
Considerata la vostra straordinaria reputazione, avevamo pensato di coinvolgervi come partner dell'evento
Io (totalmente basita, ma con una punta di orgoglio): Ecco, non...
Sì, data la vostra rilevante attività nel settore della nautica di lusso...
Io: Scusi, ma credo che abbia sbagliato numero
Ah, non sono i cantieri navali YYY?
Io: No
Oh, allora mi scusi per il disturbo. Buongiorno
Io: Buongiorno

Fine di un sogno.
(non perché mi interessino le macchine sportive, ma l'idea che la Ferrari mi contattasse per via della mia reputazione professionale era assolutamente grandiosa!)

lunedì 4 luglio 2011

Definitivamente

È periodo di scadenze fiscali: dichiarazioni dei redditi e tasse da pagare.
Mi avevano raccomandato di verificare il CUD della mamma, perché anche se lei non aveva altro reddito che la sua pensione, era possibile che ci fossero alcune imposte residue da versare.
Di solito il CUD arrivava a marzo, ma non avendolo ancora ricevuto all'inizio di maggio, sono andata all'INPS, dove l'ho potuto ritirare solo dopo aver insistito a lungo con l'impiegata, che è riuscita a stamparlo soltanto dopo vari tentativi e giustificazioni più o meno assurde, da "Qui non risulta: evidentemente si tratta di una pensione sociale..." (Signora, mia madre ha lavorato trentacinque anni proprio per l'INPS, può controllare, ma le assicuro che NON aveva la pensione sociale!) passando per "Se qui non lo vedo, significa che non è previsto" (Certo che è previsto, l'abbiamo sempre ricevuto!) per finire con il classico "Sarà un errore del sistema" (O__O).
Alla fine ho ottenuto quel benedetto documento, dove però per qualche motivo a me incomprensibile, le addizionali IRPEF sono certificate come trattenute sulla pensione, ma c'è anche una lettera allegata che dice che in realtà non sono state trattenute e devono essere versate dagli eredi nel caso in cui non venga presentata la dichiarazione dei redditi. Poi però ho scoperto che compilando la dichiarazione dei redditi con i dati del CUD, come indicato nelle istruzioni, risulta che non c'è nulla da pagare e la cosa mi è parsa sospetta: possibile che se presento la dichiarazione non pago nulla e se invece non la presento devo sborsare qualche centinaio di euro?
Per chiarire questo mistero fiscale, ho perso inutilmente un paio d'ore all'ufficio locale dell'Agenzia delle Entrate, dove mi sono trattenuta a stento dal mandare a quel paese un paio di impiegate che, incapaci di rispondere ai miei dubbi, mi hanno suggerito di "provare", che tanto se sbagliavo poi mi sarebbe arrivata la sanzione. Poi ho perso un'altra oretta per cercare di prendere la linea con il Call Center dell'Agenzia delle Entrate dove, dopo tre chiamate a vuoto e una lunga attesa musicale, ho finalmente trovato una persona che mi ha chiarito la situazione, confermando che le addizionali IRPEF sono effettivamente ancora da versare e che per l'eventuale dichiarazione dei redditi bisogna considerare a zero i relativi importi.

Insomma, ai primi di giugno ero ragionevolmente certa di quanto e come dovevo pagare. Mi sono messa una nota ben visibile sullo schermo del PC, però continuavo a rinviare.
Una volta perché non avevo tempo, un'altra volta perché dovevo verificare se potevo fare il pagamento per via telematica, poi perché ormai era vicina la scadenza per i versamenti della mia dichiarazione dei redditi e  tanto valeva fare tutto insieme...
Erano scuse, ma me ne sono accorta solo due giorni fa, quando mi sono finalmente decisa a compilare il modello F24.
Ho digitato il codice fiscale della mamma, me lo ricordo ancora a memoria dato che per circa trent'anni ho curato tutte le sue pratiche, ma mi sono resa conto che questa era davvero l'ultima.
Ci ho messo un bel po' prima di riuscire a premere INVIO.

Nel periodo immediatamente successivo alla sua morte, ho gestito tutte le pratiche funerarie e di successione ma avevo attivato il pilota automatico, facevo quello che era necessario quasi meccanicamente, senza pensarci. In passato a volte mi ero chiesta come sia possibile organizzare il funerale di una persona cara proprio nel momento in cui il dolore è più schiacciante, mi pareva quasi crudele costringere chi è in lutto ad occuparsi di aspetti pratici e burocratici. Quando è successo a me, mi sono resa conto che in realtà avere qualcosa da fare mi aiutava a superare quei primi, durissimi giorni; le incombenze pratiche mi costringevano a distogliere almeno un po' l'attenzione dal mio dolore, mi impedivano di chiudermi completamente nel lutto, facevano passare il tempo un poco più in fretta.
Ma con il passare delle settimane e dei mesi mi è diventato sempre più difficile affrontare tutte quelle attività che in qualche modo confermano che lei non c'è più: non ho ancora finito di sistemare i suoi armadi, di smistare la grande mole di vestiti e oggetti che lei continuava ad accumulare perché potrebbero servire.
E quando mi sono trovata a scrivere ancora una volta i sedici caratteri del suo codice fiscale, ho realizzato che non c'è altro, che con quest'ultimo atto ufficiale, lei cessa di esistere per lo Stato.
Scrivere quella stringa è stato come mettere la parola FINE.

martedì 21 giugno 2011

Domani sera...

Domani sera, vale a dire mercoledì 22 alle ore 21, avete due opzioni:

1. Se abitate dalle mie parti e avete voglia di uscire, venite a sentirmi cantare ai saggi di fine anno della scuola di musica in Villa Comunale. Però non aspettatevi troppo!

2. Se non abitate dalle mie parti e/o non avete voglia di uscire, accendete la TV e guardate Invincibili, il programma di Italia 1 che domani avrà tre ospiti di assoluta eccezione: Rosie, Romina e Giorgia, tre delle mie amiche-colleghe di oltreilcancro.it.

sabato 18 giugno 2011

Appunti di viaggio 3 - Puglia, Campania e Lazio

Questa volta si vola.
L'aereo decolla da Venezia e ho previsto di partire da casa con molto anticipo, perché non si sa mai: il traffico, il parcheggio nuovo, perché in quello in cui avevo lasciato l'auto l'ultima volta cercano di fare i furbetti e non rilasciare la ricevuta, i controlli di sicurezza, il rischio di overbooking... Meglio essere prudenti.
Ma non ho fatto i conti con la tecnologia.
Non posso viaggiare con il mio gigantesco notebook da 17" che sarebbe già da solo un bagaglio a mano, mi sono appena comprata un trolley nuovo nuovo, leggerissimo e maneggevole, e dentro ci deve stare tutto quello che mi serve per questi tre giorni, quindi mi porto "il piccoletto", il netbook che mi ha regalato Renato in occasione della vacanza in Islanda, perfetto come computer da viaggio. Solo che ci devo caricare tutti i files che mi servono per il lavoro e la cosa si rivela molto più lunga del previsto: l'archivio è grande e la velocità di copia limitata. Finisce che parto da casa con mezz'ora di ritardo rispetto a quanto avevo programmato, ma niente paura: mi ero lasciata davvero un buon margine, mentre trasferivo i files sul netbook ho fatto il check-in online e per fortuna non si verifica nessuno dei "non si sa mai"; in aeroporto ho addirittura il tempo di accendere il piccoletto e lavorare per una ventina di minuti prima dell'imbarco.
Il volo fino a Bari è tranquillo, l'atterraggio un po' meno: probabilmente c'è vento forte, perché balliamo un po' appena prima di toccare terra. Per un momento rimpiango di non aver preso la Xamamina, ma fortunatamente finisce in fretta.

Trovo ad aspettarmi il mio referente locale e partiamo subito per Lecce.
È il mio primo viaggio in Puglia e mi guardo attorno cercando di assorbire le immagini di questa terra: fichi d'india, fiori e ulivi, tantissimi ulivi, enormi, antichi, monumentali. Questo è il loro posto, non i nostri giardini del nord, dove ogni inverno è una scommessa contro il gelo e dove mai potranno raggiungere la maestosità delle loro terre.

Ma le olive qui non sono l'unico frutto prezioso: si vedono ovunque foreste di tronchi altissimi, bianchi e lisci, e campi con foglie rettangolari, lucide come specchi: sono le pale eoliche e i pannelli fotovoltaici che trasformano il vento e il sole in energia pulita. E sono tanti, tantissimi: le colline dell'entroterra sono disseminate di turbine eoliche, i nuovi campi fotovoltaici si alternano ai tradizionali uliveti, ai frutteti e ai campi coltivati e tutte le tettoie delle stazioni di servizio sono coperte di pannelli solari. La Puglia ha scommesso sulle energie rinnovabili e può soltanto vincere.
A sinistra si vede il mare, una tavola di zaffiro che sussurra di acque limpide e fondali da esplorare, e la costa con i villaggi turistici sparsi a pizzichi, ancora lontani dall'organizzatissimo turistificio dell'alto Adriatico, con le sue schiere ordinate e ininterrotte di alberghi e ombrelloni, dal Friuli alle Marche.

A Lecce ci accolgono una serata grigia e piovigginosa e uno splendido hotel, modernissimo, con una doccia grande più o meno come l'intero bagno di casa mia.
Dopo la riunione di lavoro, prima di cena abbiamo giusto il tempo per una breve passeggiata in centro, dove scopro ben due teatri romani, e una collezione di gioielli di architettura barocca che culmina nella piazza del Duomo, uno splendore che mi lascia a bocca aperta.
Tra i garriti dei rondoni che sfrecciano tra i palazzi raggiungiamo il ristorante giusto in tempo per evitare la pioggia. Gli "assaggi" dell'antipasto sono già da soli una cena: un susseguirsi di delizie, un tripudio di gusto, con tante verdure saporitissime. E poi le sagne 'ncannulate al pomodoro e cacioricotta, che segnano definitivamente l'inizio del mio idillio con la cucina pugliese.

La mattina seguente è dedicata al lavoro, poi si parte per Napoli. Ripercorriamo la strada verso Bari, tra gli uliveti e il mare, poi svoltiamo verso l'entroterra; una sosta in autogrill per uno spuntino e poi scavalchiamo l'Appennino, scivolando tra le valli dell'Irpinia fino ad avvistare il Vesuvio.
Alla periferia di Napoli aggiriamo cumuli di rifiuti per raggiungere l'ufficio di zona, dove ci attende il responsabile locale.
Questo mio primo incontro con Napoli scalfisce un bel po' di pregiudizi: mi rendo conto che l'apparente caos di questa città ha in realtà una sua logica e una sua coerenza: è vero che non sarei capace di districarmi in questo traffico, ma ho la sensazione che ci sia una sorta di codice cavalleresco tra gli automobilisti, per cui si cerca di passare avanti, ma mai con cattiveria, è una specie di gioco in cui vince il più svelto, ma chi perde non se la prende e ci ride su. Bisogna venirci di persona per respirare la grande carica di umanità dei napoletani, perché da lontano si vedono solo i problemi, che ci sono e sono tanti e gravi, ma Napoli è molto di più ed è difficile capirlo guardandola alla televisione.
Il responsabile di zona ha particolarmente a cuore la buona riuscita del mio soggiorno e ha deciso di viziarmi. Ci tiene a farmi dare almeno un'occhiata veloce alla città, un giretto in macchina per vedere i posti più caratteristici: il Maschio Angioino, piazza Plebiscito, la Villa Comunale, Castel dell'Ovo, la via Marina. E lo stadio San Paolo, che per un napoletano rientra senz'altro tra i gioielli della città.

Il nostro hotel è a Bacoli, una villa in stile inglese, praticamente una bomboniera sulla riva del lago, da cui si scorge in lontananza l'isola di Procida. Un ristorante tipico aspetta proprio noi: sarebbe il giorno di chiusura, ma hanno aperto per farci un favore e ci deliziano con una cena a base di pesce, coronata dai dolci tipici della tradizione napoletana, di cui assaggio solo la pastiera, respingendo cortesemente il babà intriso di liquore e il gelato all'amaretto che non mi piace (sì, lo so, con i dolci sono una vera piaga, ce ne sono un sacco che non mangio, ma abbiate pazienza, vuol dire che ne restano di più per voi).

Il mattino seguente ci spostiamo a Frosinone per una lunga e intensa mattinata di lavoro, che termina dopo le 14, davanti ad una mozzarella di bufala e una pizza napoletana, quella vera, con i bordi alti e la pasta morbida, completamente diversa da quella che si fa dalle mie parti. Un errore: la rimpiangerò per sempre. Dopo questa esperienza, per me la pizza non sarà più la stessa.

Nel tardo pomeriggio riprendo l'aereo per tornare a Venezia; l'addetto al parcheggio che viene a prendermi con la navetta ha già pronte le ricevute fiscali per tutti i clienti, confermando che questa volta ho scelto bene: sulla mia c'è anche l'appunto "segue fattura", mi spiegano che la invieranno a fine mese, in modo da raccogliere in un unico documento eventuali altre soste. E già che ci sono, prenoto il posto per la settimana successiva, perché mi aspetta la Sicilia!

domenica 5 giugno 2011

Appunti di viaggio 2 - Tra Lombardia, Piemonte ed Emilia

A Milano e dintorni imperversano SUV e mega-jeep e la domanda sorge spontanea: perché mai un milanese dovrebbe aver bisogno del fuoristrada? Che io sappia, a Milano di sterrati non ce ne sono mica tanti...
Ma il fuoristrada milanese ha il suo perché.
Innanzitutto serve a far vedere che hai i danée e che puoi guardare il mondo dall'alto in basso. E che te ne freghi altamente dell'inquinamento, ma questa è un'altra storia.
Poi è indispensabile per parcheggiare più comodamente sui marciapiedi.
E in questa trasferta, ho scoperto che è utilissimo anche per superare i rallentatori stradali, quei dossi artificiali che dalle mie parti sono per lo più strutture in gomma alte una trentina di centimetri, ma nel milanese sono vere e proprie colline di asfalto, alte e ripide, che dopo averne scalate un paio inizio a rimpiangere di non avere anch'io le marce ridotte.

Che io venga dalla campagna, per strada si nota subito: mi mancano completamente la disinvoltura e la malizia dei guidatori abituati al traffico delle città, al punto che, dovendo seguire il mio referente locale per raggiungere la sede di lavoro a Sesto San Giovanni, l'ho pregato di avere pazienza ed evitare manovre azzardate che probabilmente non sarei riuscita ad imitare, con il rischio di perderlo di vista. E lui, gentilissimo, mi ha preso in parola e si è fatto un bel pezzo di tangenziale inchiodato dietro ad un camion che non superava i sessanta all'ora. Santo subito!

Non meno gentile la responsabile di area con cui lavoro il giorno dopo a Bergamo, anche lei attentissima a non perdermi per strada e che mi fa scoprire una di quelle perle che si trovano incastonate qua e là per l'Italia, una trattoria con azienda agricola biologica, un raggio di sole nel cuore industriale del Paese.
Da Bergamo devo spostarmi verso Alessandria e ne approfitto per fermarmi nel famoso Punto Blu che il giorno di Pasquetta era chiuso e che oggi finalmente mi rilascia le fatture per le Viacard, poi imbocco la tangenziale in direzione Genova.

Ora strada è tutta nuova, è la prima volta che passo di qua.
Giro intorno a Milano, riconoscendo nelle indicazioni delle uscite nomi noti ai pazienti oncologici: Istituto Europeo di Oncologia, Clinica Humanitas. E confronto la tangenziale con la strada che percorro per andare al CRO di Aviano, praticamente priva di traffico e che passa in mezzo alle campagne, dove spesso si avvistano grandi volatili: corvi e cornacchie, poiane, gheppi, aerei della base americana di Aviano, gazze, ghiandaie... Mi ricordo di quanto la vista di campi, alberi e montagne ha rasserenato i miei spostamenti nel periodo delle terapie, quando la vista di una poiana appoianata sulla rete dell'autostrada mi strappava sempre un sorriso (no, non ho sbagliato a scrivere, è che dire "appollaiata" pare brutto, in fondo sto parlando di un maestoso rapace, non di una gallina qualunque!).

Chissà quali pensieri attraversano la mente dei pazienti di queste strutture lombarde, probabilmente costretti a code interminabili sulla tangenziale, come se non bastassero la tensione e lo stress della malattia.
Ma anche qui si possono fare incontri curiosi, come il tizio che attraversa l'autostrada a piedi, poche centinaia di metri avanti a me nei dintorni del ponte sul Ticino. Sono talmente allibita che non arrivo nemmeno a suonare il clacson.
Supero Pavia e passo il Po, che qui non è ancora largo come a Occhiobello, tra Veneto ed Emilia, ma a noi pare sempre un signor fiume, forse perché non abbiamo mai visto il Mississippi.

L'hotel in cui mi hanno riservato una camera ad Alessandria è proprio vicino all'uscita dell'autostrada. Prima di partire, ho controllato in rete le recensioni dei clienti, complessivamente ottime, ma qualcuno si lamentava proprio di questa vicinanza, che a me invece non pare affatto una cattiva cosa: la campagnola di cui sopra avrebbe avuto non poche difficoltà a barcamenarsi per le vie del centro.
Arrivo, parcheggio nel cortile interno, spengo il motore, alzo gli occhi. E mi incanto. Perché nel prato davanti al muso della mia auto trovo il più bel comitato d'accoglienza che potessi immaginare.

Dopo essermi sistemata in camera, ho nuovamente modo di constatare che le critiche relativamente alla posizione dell'hotel sono infondate: è vero che dalla finestra si intravede l'autostrada, ma prima c'è un boschetto di tigli fioriti. Ed è anche vero che sullo sfondo si vede il carcere, ma più in là ci sono le dolci colline del Monferrato e a me la vista pare bellissima.

L'ultimo giorno di questa trasferta, il lavoro mi porta ad Asti e prima di pranzo il mio referente piemontese ritaglia il tempo per una breve passeggiata in centro. Piazza Alfieri, è spettacolare, un enorme trapezio delimitato su tre lati dai portici dei palazzi antichi... e deturpato sul quarto lato dal Municipio, un'orribile costruzione moderna che fa a pugni con tutta l'architettura circostante.
Un tortino al formaggio e un bel piatto di agnolotti al sugo di carne mi confermano senza ombra di dubbio che la conoscenza di questa regione merita di essere approfondita.

È ora di tornare a casa e riprendo l'autostrada, con i nomi di località che parlano di storia, di feudi e di castelli:  Alessandria, Tortona, Voghera, Piacenza.
E poi Caorso, che parla di cose che non voglio sentire, dell'illusione nucleare, il sogno di un'energia inesauribile che si è infranto contro rischi inaccettabili e costi di gestione elevatissimi. Mi chiedo come abbiano reagito gli abitanti di queste zone ai disastri di Chernobyl e soprattutto di Fukushima, perché il primo forse si poteva attribuire ad una cattiva gestione dell'impianto, ma il secondo ha mostrato chiaramente che non è possibile garantire la sicurezza di una centrale nucleare.

I pensieri scivolano sulla strada, che scorre veloce sotto le ruote.
Un altro ponte sul Po mi riporta in Lombardia e poi su, verso Brescia e il paesaggio diventa di nuovo familiare e racconta, al contrario, le stesse storie di tre giorni fa.
Ma io non sono più la stessa, perché in questi tre giorni ho visto posti nuovi, ho ritrovato persone conosciute e ne ho incontrate di nuove, ho guardato, annusato, assaggiato tutto quello che potevo. Anche questo viaggio mi ha regalato qualcosa.

venerdì 27 maggio 2011

Appunti di viaggio 1 - In autostrada verso Monza

I vagabondaggi delle scorse settimane mi hanno lasciato un caleidoscopio di immagini, colori, profumi, sapori, emozioni che ho voglia di raccontare.

Fino a Padova Est questa strada l'ho percorsa innumerevoli volte e ogni metro mi è familiare, ma anche dopo è un susseguirsi di punti di riferimento che scandiscono il percorso, paesaggi conosciuti ma sempre nuovi, sorridenti di primavera, di colza gialla e alberi in fiore e rattristati da tante, troppe fabbriche chiuse che sussurrano di disoccupazione e disperazione.

A partire dal Passante di Mestre l'autostrada ha tre corsie e mi chiedo sempre quanti automobilisti siano convinti che viaggiare in prima corsia sminuisca in qualche modo la loro virilità. Oggi non ci sono camion, è festa, eppure la  corsia più a destra è deserta, quasi occuparla fosse un disonore. Magari vanno a novanta all'ora, ma rigorosamente nella corsia centrale e non si smuovono nemmeno quando, rifiutando di cedere alla tentazione di superare a destra, mi devo spostare di due corsie per sorpassarli.
Il carcere poco dopo Padova Ovest, assurdamente vicino all'autogrill e ogni volta mi chiedo perché proprio lì, con una via di fuga larga come un'autostrada a portata di mano.
Lo svincolo per la Valdastico, verso Thiene, di cui si dice che quella insolita "H" nel nome sia stata inserita in un impeto di campanilismo per non essere da meno rispetto alla vicina Schio.
Le gallerie dei colli Berici, Vicenza e poi i nomi che sentivo da bambina nelle storie e nelle canzoni del nonno: Son vegnù da Montebello a caval d'un asinello e Monteforte d'Alpone, il suo paese natale.
I paesi in cui la nonna aveva cercato le sue radici, consultando gli archivi parrocchiali per tentare di ricostruire l'albero genealogico della sua famiglia: San Bonifacio, San Martino Buon Albergo e Caldiero, dove infine la traccia si era persa a causa di un incendio che a fine '800 aveva distrutto la sagrestia e i registri di matrimoni e nascite.
Il canale S.A.D.E., con quel nome che sa di vergogna, di tragedia, di Vajont.
L'aeroporto di Verona e il ricordo di quel viaggio di ritorno da Bali nel 1998, 24 ore fra aerei e treni, senza mai chiudere occhio, e poi una settimana per recuperare il jet-lag. Ma che viaggio meraviglioso era stato!

Sommacampagna, Peschiera... Gardaland! Quanto tempo dall'ultima visita, saranno 8 o 9 anni. Ma non ci voglio andare quando c'è tanta gente, non mi diverto a passare la giornata in coda, devo trovare un giorno infrasettimanale, quando le scuole sono ancora aperte... Già, peccato che Renato non abbia la possibilità di scegliersi nemmeno un giorno di ferie, glieli impone tutti l'azienda, rigorosamente in agosto e nel periodo natalizio. Ma i sindacati, quando ci sarebbe da farsi sentire, fanno finta di niente.
E a proposito di passare la giornata in coda... Coda in autostrada! E io che partendo presto pensavo di non trovare traffico... Ma che ci fate tutti qui invece di godervi la scampagnata di Pasquetta? Pazienza e avanti a 30 km/h, prima o poi arriverò.
Brescia e i ricordi della mostra di Van Gogh, dai primi rozzi disegni a quei Cipressi con due figure femminili che non mi stancavo di ammirare.

L'inceneritore di Brescia, con l'aspetto futuristico e pulito che però mi lascia sempre qualche domanda senza risposta. È una buona soluzione per il problema dei rifiuti? Sarà sicuro? Possiamo fidarci di chi lo gestisce? Accetterei di averne uno vicino a casa?

I vigneti della Franciacorta e il ricordo di un passaggio sotto l'arcobaleno, tornando dal matrimonio di mia cugina nel 2001, in un'esplosione di luce arancione.
I nomi lombardi in -ago e -ate, l'aeroporto di Bergamo poi l'autostrada che curva verso sinistra, costeggiando una torre di mattoni rossi che non ho mai capito cosa sia. Le acciaierie di Dalmine, un tempo orgoglio dell'imprenditoria italiana ma ormai dal nome straniero.
Il ponte sull'Adda e l'inizio della metropoli lombarda in cui i paesi si accatastano uno sull'altro senza soluzione di continuità, in un'unica grande area metropolitana intorno a Milano. 
Sosta in autogrill poco prima di lasciare l'autostrada. Devo comprare un'altra Viacard e mi serve la fattura, l'unico modo per averla subito, senza doverla richiedere via posta, è acquistarla in un Punto Blu e quest'area di servizio è l'unica tra Portogruaro e Milano in cui ci sia il Punto Blu, tutti gli altri sono, indovinate un po'... fuori dall'autostrada! Geniali. Il cartello sulla porta recita "aperto tutti i giorni, da lunedì a domenica". Oggi però è chiuso. Fantastico. Compro la Viacard all'autogrill, mugugnando, poi riparto, ma manca pochissimo.
Esco ad Agrate. Ci sono lavori in corso vicino all'uscita di Cinisello Balsamo e preferisco evitarli, mentre la voce di Oriano Ferrari, il meccanico della Ferrari! che mi guida dal TomTom, non sapendo dei lavori in corso, mi invita a Fare inversione a U. U come "Uh, ho sbagliato strada!"
Finalmente Monza e un pizzico di rimpianto per non avere il tempo di visitare il roseto della Villa Reale: è vero che siamo solo a fine aprile, ma le prime rose sono già sbocciate. Intanto Oriano Ferrari mi conduce fino alla casa di mia cugina, concludendo come sempre con "Ma siamo arrivati! Non ci avrei scommesso un cicciolo! La prossima volta, però, prendiamo il treno, eh!".

Beh, non sarò riuscita a vedere le rose della Villa Reale, ma quando sono entrata in casa di mia cugina, ho trovato ad accogliermi due sorrisi che valgono molto, molto di più.