sabato 20 febbraio 2016

Tutto è relativo

Sto ragionevolmente bene.
Questa è la risposta che do in questi giorni a chi chiede notizie sulla mia salute, perché mi sembra la più corretta.
Dire che sto bene in senso assoluto sarebbe eccessivo: sto bene per quanto possibile, considerato quello che ho passato. Il mio fisico sta recuperando con un ritmo davvero eccellente, ne sono anche un filino orgogliosa, ma è pur sempre stato sottoposto a un formidabile stress, quindi il mio "bene" è piuttosto diverso da quello di un atleta o anche solo di una qualsiasi persona in buona salute.

La ferita principale si è rimarginata molto bene; ho avuto qualche problema con il foro del drenaggio, che fatica a chiudersi, ma ora è a buon punto anche quello e conto di poter fare una doccia completamente senza cerotti entro la fine della prossima settimana.
Mi muovo ogni giorno un po' meglio, l'andatura da bradipo zoppo ha lasciato il posto prima a quella da bradipo sano, poi a un dignitoso passo da persona anziana.
Ho ancora bisogno della fascia addominale quando non sono distesa, ma posso farne a meno per qualche minuto quando mi alzo, senza più quella sensazione di oddio-adesso-esce-tutto.
Sono completamente autonoma nel lavarmi, riesco a cucinare qualche piatto non troppo elaborato, posso lavorare per qualche ora alla scrivania, caricare la lavatrice e poi stendere i panni, andare a teatro... Oggi ho anche pulito i sanitari del bagno.
Riesco a fare praticamente qualsiasi cosa, a parte sollevare pesi, ma solo per poco. Poi ho bisogno del divano o del letto, perché crollo.

La stanchezza non è l'unico limite.
Tossire o starnutire sono ancora attività difficili da gestire, anche se non più drammatiche come i primi giorni, e anche gli sbadigli sono fastidiosi.
Ho qualche dolore intorno alla parte superiore del taglio chirurgico, dove per qualche motivo a me ignoto i muscoli hanno sofferto particolarmente per l'intervento: il primo ricordo che ho del risveglio in terapia intensiva è proprio una serie di crampi dolorosissimi in quel punto.
Complessivamente comunque sono piuttosto soddisfatta della situazione: i tempi di recupero sono in linea con le previsioni più ottimistiche.

Lunedì sono tornata al lavoro, per ora solo quello part-time da dipendente. È stato impegnativo, ogni mezza giornata di ufficio ne richiedeva altrettanta di divano per recuperare le forze, ma ce l'ho fatta.
Molti mi hanno chiesto se non avrei potuto restare a casa almeno un'altra settimana. Sì, avrei potuto; qualsiasi medico mi avrebbe firmato il prolungamento della malattia. Ma visto che mi sentivo abbastanza in forze e che non faccio lo scaricatore di porto per 12 ore al giorno, ma un lavoro d'ufficio per 20 ore a settimana, non ho intenzione di trasformare un diritto in un privilegio.

Tra l'altro, l'azienda che all'inizio di quest'anno mi ha assunto - e sottolineo assunto, pur sapendo che mi sarei a breve assentata per alcune settimane di malattia - mi sta offrendo alcune opportunità formative su cui mi butto a pesce.
Dopo quasi vent'anni di formazione pagata di tasca mia, a centinaia o migliaia di euro per volta, quasi non mi pare vero di avere la possibilità di imparare qualcosa gratis, o quasi. Qualche corso mi richiede di fermarmi al lavoro oltre il mio orario, ma è un prezzo che pago volentieri a fronte di un miglioramento delle mie competenze.

Nei miei anni da professionista ho avuto spesso a che fare con la formazione, sia come allieva che come docente, e ho incontrato le situazioni più disparate.
Professionisti come me, per i quali ogni corso è un investimento importante di tempo e denaro, determinati a ricavarne quanto più possibile in termini di conoscenze e competenza.
Lavoratori dipendenti interessati e motivati a migliorare la qualità del proprio lavoro; uno addirittura aveva preso una settimana di ferie e pagato di tasca propria una quota di iscrizione di oltre mille euro per un corso a cui teneva particolarmente.
Ma ho visto anche allievi, quasi sempre dipendenti pubblici, che consideravano la formazione un fastidio, anziché un'opportunità. Sempre lamentosi e distratti, con l'occhio sull'orologio, pronti a scappare allo scoccare del loro orario di lavoro anche se la lezione durava ancora mezz'ora, perché "Mica mi pagano lo straordinario". Ho sviluppato il massimo disprezzo per loro.

Sul fronte oncologico avrò qualche aggiornamento dopo la visita fissata per il 1° marzo.
In realtà mi avevano proposto l'appuntamento per il 23 febbraio ma... quel giorno ho un corso di formazione che mi interessa particolarmente, così ho chiesto di spostare la visita, a cui in un altro momento avrei probabilmente dato la massima priorità. Ma è tutto relativo.

giovedì 11 febbraio 2016

Scherzi di carnevale

Rieccomi sul divano dopo la spedizione al CRO, perché è vero che riesco a stare fuori casa per tre ore o più, ma non è gratis, mi costa fatica e poi ho bisogno di recuperare.

Nelle due precedenti occasioni avevo affrontato da sola il colloquio con il medico, che in entrambi i casi aveva portato cattive notizie. Questa volta ho chiesto a Renato di accompagnarmi.
Il chirurgo mi stava aspettando e mi ha ricevuto subito, con qualche minuto di anticipo sull'orario dell'appuntamento. Buono o cattivo segno?
Ha iniziato ripetendo quello che mi aveva già anticipato subito dopo l'intervento: i frammenti di capsula del linfocele che non ha potuto rimuovere, la lipomatosi addominale. L'impressione però era che stesse girando intorno all'argomento principale. Brutto segno.
L'ha presa larga, dicendo che dopo due ecografie, due TAC e la biopsia, la massa più grande che aveva rimosso (13 cm) sembrava proprio un lipoma; anche guardandolo direttamente, anche al primo esame al microscopio.
Ma...
Ma il patologo ha eseguito un approfondimento immunoistochimico (no, non so cosa significhi esattamente: guardate su Google) ed è risultato un liposarcoma ben differenziato. Di grado G1, cioè a bassa malignità. Però maligno.
Si era mascherato bene, il furbastro, cercando di passare per una innocua palla di lardo. Dopotutto era carnevale, no?


Cosa ho provato?
Non lo so esattamente.
Sicuramente non rabbia e non paura. Stanchezza, quella sì. Forse anche fastidio.
Era una possibilità, non la migliore, ma nemmeno la peggiore. Ne ho preso atto e l'ho accettata, in modo abbastanza neutro.
Farò quello che è necessario, come sempre, sperando che vada bene.
Intanto ritornerò in carico al mio oncologo, con cui definiremo il follow-up. Probabilmente saranno solo controlli, molto stretti, per individuare eventuali altre formazioni sospette. Se avrò fortuna non succederà, altrimenti affronteremo quello che viene.

Ora inizia la Quaresima, la penitenza delle comunicazioni: avvertire chi aspetta notizie, rispondere a chi le chiede, affrontare l'inevitabile corollario di facce tristi e visi impietriti e spiegare che no, non è una sentenza di morte.
Meno male che ho il blog che mi risparmia una parte di questa fatica.
E meno male che ho amiche come Cristina che, dopo le sacrosante manifestazioni di dispiacere e solidarietà, la butta sul ridere come piace a me.

mercoledì 10 febbraio 2016

Spuntata

Lunedì sono tornata al CRO per la medicazione.
Attesa lunga, lunghissima, più di due ore, perché il medico che aveva preparato le lettere di dimissione non aveva riportato gli appuntamenti nell'agenda dell'ambulatorio, quindi c'erano più pazienti negli stessi orari. Diciamo che è stato un buon test per capire che sono in grado di restare seduta per un paio d'ore... perciò stasera me ne vado a teatro per assistere allo spettacolo a cui tengo di più fra tutti quelli in cartellone per questa stagione.

In sala d'attesa ho rivisto alcune persone che erano state ricoverate contemporaneamente a me, con un momento di preoccupazione quando la mia compagna di stanza ha detto che non le avevano tolto i punti di e sarebbe dovuta tornare dopo qualche giorno. Vuoi vedere che non li tolgono nemmeno a me?
Invece è andata bene: il medico ha rimosso completamente le graffe della mia zip addominale e il punto dal foro del drenaggio, autorizzandomi a fare la doccia. Purtroppo però quando ho tolto i cerotti a casa mi sono accorta che il foro del drenaggio non è chiuso. Poco male: i sei mesi di catetere venoso di otto anni fa mi hanno insegnato qualcosa sulle strategie da doccia. Ho protetto per bene la ferita con garza sterile e cerotto trasparente e poi via, finalmente sotto l'acqua corrente!
Farò controllare la ferita domani, quando torno al CRO per il colloquio con il chirurgo sull'esito dell'esame istologico.

Ecco, qui un filo d'ansia c'è.
È vero che finora tutto indica una natura benigna delle masse asportate, ma le precedenti esperienze negative non si dimenticano. E pesano.
E poi... perché il colloquio con il chirurgo? Se è tutto negativo basterebbe consegnarmi il referto, no? E la lettera di dimissione che parla di "definizione del programma terapeutico successivo"? Probabilmente è una formula standard, ma un dubbio ti viene.
Vabbè, aspettiamo e vediamo.

Intanto il recupero procede bene: mi muovo con discreta facilità e non ho dolori.
Le energie sono ancora pochine e faccio fatica a usare il PC perché gli occhi si stancano subito, ma andiamo di pazienza e succo di mirtillo.
Cerco di camminare un po' ogni giorno, tempo permettendo. Ieri ho fatto una passeggiatina lungo la via con Gandalf che mi accompagnava come un cagnolino, correndo su e giù, ma senza mai allontanarsi più di pochi metri da me: uno spettacolo. Adesso è acciambellato con me sul divano: non mi lascia mai sola se non per pochi minuti quando esce per andare alla toilette. Tra lui e Renato, non potrei desiderare infermieri migliori!

giovedì 4 febbraio 2016

Conteggio

Eccomi di nuovo davanti al mio PC.
Come avevo anticipato dall'ospedale, il supporto mobile di blogspot è semplicemente... imbarazzante. Si può a malapena scrivere un post di testo non formattato, non accetta nemmeno gli "a capo" ed è impossibile inserire immagini: fa passare la voglia di scrivere.
Pensavo di riprendere il computer appena tornata a casa, ma i primi giorni facevo fatica a stare seduta, sono riuscita soltanto a scaricare la posta.
Oggi mi muovo decisamente meglio, grazie anche al super trattamento che mi ha offerto Renato ieri sera: lavaggio capelli, mezza doccia senza bagnare i punti, spalmata di crema idratante, medicazione delle ferite e cambio cerotti, che finalmente non "tirano" più.

Con l'occasione, abbiamo fatto il conteggio dei punti. Sì, perché le raccolte punti sono una cosa seria: pensate che in ospedale avevo vinto le calze anti-trombo già il giorno dell'intervento e dopo solo due giorni anche la padella!
Ieri sera quindi Renato ha solennemente provveduto alla conta: questa volta sono 49, tutte graffe metalliche: ho una zip sulla pancia lunga quasi come quella della Brontofelpa.

Questo terzo ricovero è stato meno solitario degli altri: ho avuto molte più occasioni di incontrare altri pazienti. 
All'accettazione in reparto ho ritrovato A, con cui avevo condiviso l'iter del pre-ricovero: ci eravamo inseguite per tutto il giorno tra ambulatori, prelievi, radiografie ed elettrocardiogramma, scambiando qualche parola nelle varie sale d'attesa e trovando un'immediata intesa nella condivisione di un approccio ironico alla situazione. Sarebbe stato bello finire in camera insieme, ma lei era in una sezione diversa, quindi ci siamo riviste solo in sala da pranzo.
La mia compagna di stanza è stata una presenza discreta, anche se la differenza di età e di interessi ha fatto sì che non si creasse una vera confidenza, L'unico problema erano i suoi gusti televisivi: ho trascorso quattro giorni a base di Unomattina, La vita in diretta, Un posto al sole, C'è posta per te e amenità simili. Meno male che avevo i miei libri.
Durante i pasti ho conosciuto anche L, il veterano del reparto, a cui un ricovero che durava da oltre 50 giorni iniziava ad incrinare il sorriso. Ma anche F, il professore di lettere siciliano, sempre gentilissimo. E poi E, che ogni mattina telefonava a casa per salutare la sua bimba di sei anni prima che andasse a scuola e si preoccupava di non avere il tempo di prepararsi alla caduta dei capelli se le avessero anticipato l'inizio della chemioterapia. L'ultimo giorno ho diviso la stanza con G, un anno meno di me e  la paura di una recidiva da esorcizzare.
Persone, storie, sofferenze rispetto alle quali il mio problema di salute si ridimensionava.

Già: il mio problema.
Il chirurgo ha parlato di lipomatosi addominale: è molto probabile che ci siano altri lipomi più piccoli, oltre ai due che ha rimosso. Nel tempo potrebbero formarsene altri, crescere e richiedere nuovi interventi di rimozione. Ancora peggio, qualcuno potrebbe essere atipico, vale a dire maligno. Come avevo ipotizzato, le mie cellule, probabilmente per cause genetiche, hanno l'antipatica tendenza alle mutazioni tumorali. Questo significa che il mio follow-up durerà tutta la vita.

Il ritorno a casa ha dato una bella accelerata al percorso di recupero: mi è tornato subito un po' di appetito e già dalla prima notte sono riuscita a dormire girata sul fianco.
Dopo otto giorni di assenza, mi aspettavo un trionfale benvenuto micesco a base di strofinamenti e fusa. In effetti, quando Aki mi ha vista si è subito spanciottato, spingendo il musetto contro la mia mano per farsi accarezzare. Gandalf invece mi ha deliberatamente ignorata per dodici ore: evidentemente voleva punirmi per averlo abbandonato e solo a notte fonda, quando ha ritenuto di avere manifestato a sufficienza il proprio biasimo, è venuto a infilarsi sotto le coperte vicino a me. Da allora mi tiene quasi sempre sotto controllo visivo.

Ora mi godo una convalescenza a base di riposo, coccole, cibo leggero, visite di amici e parenti, libri e un po' di televisione. Che non è affatto male.