Visualizzazione post con etichetta sanità. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta sanità. Mostra tutti i post

lunedì 12 ottobre 2015

La fucina delle idee

Lo scorso weekend sono tornata a Contaci ed è stata ancora una volta una bellissima esperienza.
Contaci non è un congresso medico, ma una fucina di idee, un luogo di incontro per chi vuole migliorare l'oncologia offrendo ai pazienti un'attenzione che va oltre le terapie.
Pazienti, oncologi, infermieri, psicologi, volontari e altre figure che operano in ambito oncologico hanno avuto l'opportunità di confrontarsi e di condividere esperienze e buone pratiche. Tanti bellissimi progetti, tante buone idee: se ogni reparto di oncologia ne attuasse anche solo qualcuna, per migliaia di pazienti il cammino attraverso il cancro sarebbe molto più facile.
Contaci è in un certo senso un'isola felice, perché vi partecipano soprattutto persone "illuminate", che hanno voglia di ascoltare e sono disponibili a mettersi in discussione, mentre quelli che avrebbero più bisogno di cambiare i propri atteggiamenti probabilmente si guardano bene dal farsi coinvolgere. Ma è un modo per diffondere i semi di una nuova cultura sanitaria, che sa andare oltre gli aspetti strettamente clinici per estendere il concetto di salute oltre l'ambito fisico di "assenza di malattia", fino a comprendere il benessere psichico e sociale.

Ci sono stati diversi interventi interessanti, ma sarebbe troppo lungo richiamarli tutti. Cito soltanto alcuni aspetti che mi hanno colpito in modo particolare:
  • L'instancabile impegno di Mario Clerico per una migliore oncologia: averne, di medici come lui!
  • I principi della Slow Medicine spiegati da Giorgio Bert: sobrietà, rispetto e giustizia, e il concetto di appropriatezza clinica di cui si trova una descrizione qui.
  • La bellissima precisazione della dottoressa Maria Grazia Fiori, medico di medicina generale, quando ha detto "Il malato... No. La persona malata."
  • L'esercizio che abbiamo fatto nel laboratorio di medicina narrativa con Vincenzo Alastra: scrivere la nostra biografia, personale o professionale, in sei parole, sul modello del progetto "Six words memoirs". Le mie due biografie, personale e professionale, sono state "Ho attraversato molte volte il buio" e "Sono ingegnere elettronico, ma non professo".
  • L'entusiasmo contagioso della dottoressa Brunello, che ha presentato due bellissimi progetti di ambulatori multidisciplinari dello IOV di Padova: sono particolarmente contenta che ci siano iniziative di eccellenza nella mia Regione.
  • Due persone che avevo conosciuto quattro anni fa e che ho ritrovato con grandissimo piacere: Paola con il suo sorriso dolcissimo e Damaris con la sua straordinaria energia. 
  • Il caro ricordo di Aldo Sardoni, con cui avevo condiviso la partecipazione come paziente alla precedente edizione; purtroppo non è più con noi, ma ha lasciato tanto per tanti pazienti oncologici.
Il mio intervento nella sessione introduttiva si intitolava La voce dei pazienti. Come influenzare le politiche sanitarie in sanità. Paziente o esigente?
Come influenzare le politiche sanitarie? Come far sentire le nostre esigenze? Belle domande. Magari avessi le risposte!
Sicuramente i pazienti vorrebbero servizi sanitari efficaci, accessibili, personalizzati e anche efficienti, dal momento che li pagano, direttamente o indirettamente, con ticket, onorari e tasse. È l'idea della sanità come azienda e secondo me sarebbe una buona idea, se venisse attuata fino in fondo.
Guardando molte decisioni che vengono adottare in ambito sanitario, mi viene il dubbio che chi le compie non sappia nulla di gestione aziendale. O che ne sappia anche troppo e faccia in modo di volgerlo a proprio vantaggio anziché della collettività. Non si spiega altrimenti perché il concetto di "gestione aziendale" venga così spesso banalmente identificato con quello di "taglio dei costi".
Ridurre i costi è sicuramente importante e utile, se fatto con criterio per eliminare gli sprechi, che in sanità sono davvero tanti. Quando invece viene fatto in modo scriteriato, riducendo la qualità dei servizi per mantenere inutili sovrastrutture a scopo puramente clientelare, è soltanto dannoso e non ha nulla a che vedere con la gestione aziendale, di cui la riduzione dei costi è solo una parte.
Per avere successo, un'azienda deve raggiungere obiettivi di efficacia, migliorare la produttività e l'efficienza, cioè la capacità di utilizzare al meglio le risorse disponibili. Ma soprattutto, per rimanere con successo sul mercato, qualunque azienda deve essere capace di soddisfare le esigenze del cliente.
L'essenza della gestione aziendale non è il taglio dei costi, ma l'attenzione verso il cliente e la capacità di finalizzare tutte le energie e le attività alla sua soddisfazione.

Per soddisfare il paziente oncologico, bisogna conoscere le sue esigenze. Quali sono?
Per dare una risposta, mi sono ispirata alla piramide dei bisogni di Maslow, creandone una mia variante personalizzata.

Il principio di base della teoria di Maslow è che i bisogni devono essere soddisfatti in ordine, dalla base al vertice. Questo vale anche per le esigenze del paziente: se non riceve cure efficaci o ha difficoltà ad accedere alle strutture sanitarie, apprezzerà poco o per niente eventuali servizi di supporto o attività ricreative. Per riprendere un esempio che avevo fatto nella precedente edizione, ai pazienti non importa nulla delle opere d'arte esposte in una sala d'attesa, se le sedie su cui devono aspettare sono scomode.

Chi deve soddisfare queste esigenze? Generalmente quelle di base (cura e struttura) sono di competenza quasi esclusiva del servizio sanitario, mentre quelle di vertice (supporto e ausili) sono più spesso nel campo di attività delle associazioni di volontariato. Gli elementi intermedi che ho definito attenzione sono una zona di intersezione, in cui si sovrappongono mondo sanitario e volontariato. Non mancano poi i casi particolarmente virtuosi di strutture sanitarie che estendono le loro attività di assistenza fino al vertice della piramide, organizzando servizi e iniziative di carattere non strettamente medico, come pure di associazioni di volontariato particolarmente ben strutturate che operano per fornire anche elementi di struttura e di cura.

Le modalità con cui il paziente fa sentire la propria voce si sono evolute nel tempo.
Fino a poche decine di anni fa, il medico era considerato quasi una divinità, il detentore di un sapere misterioso rispetto a cui il paziente aveva un atteggiamento di rispetto e soggezione; in questo contesto relazionale, la comunicazione era a senso unico: il medico parlava e il paziente ascoltava, accettando passivamente qualsiasi informazione e indicazione gli venisse data.
Nell'era dell'informazione, il rapporto tra medico e paziente è cambiato. I pazienti oggi hanno mediamente un livello di istruzione più elevato e un accesso più facile a molteplici fonti di dati: pubblicazioni, informazioni provenienti da parenti e amici, veri o virtuali, maggiori possibilità di consulto con altri medici. E, soprattutto, quasi tutti i pazienti hanno a disposizione il medico più famoso del mondo: il dottor Google.
La disponibilità di una enorme quantità di informazioni mediche, purtroppo non sempre attendibili, ha ridotto lo squilibrio nel rapporto tra medico e paziente, creando per il malato maggiori occasioni per far sentire la propria voce. Aumenta quindi l'utilizzo dei canali di comunicazione istituzionali: colloqui con il personale sanitario, reclami, questionari e interviste, associazioni di pazienti che si fanno portavoce di istanze comuni.
Non si è tuttavia raggiunto un piano di parità, perché la condizione di malattia, e di malattia oncologica in particolare, pone comunque il paziente in una posizione di debolezza, per cui il medico nella relazione rimane dominante, sia pure in misura inferiore rispetto al passato. Talvolta il paziente non ha il coraggio di far sentire la propria voce, non tanto per soggezione nei confronti dei sanitari, quanto per il timore di essere trattato con minore riguardo se esprime critiche o proteste.
Esistono però anche numerosi canali di comunicazione informale. Il paziente parla con altri pazienti, con i familiari e gli amici, e un numero sempre crescente pubblica le proprie esperienze su blog, forum e social network.
Ci sono quindi tante fonti da cui si può raccogliere la voce del paziente, ma bisogna ricordare che ci sono anche tanti pazienti troppo spaventati, deboli o sofferenti per farsi sentire. Al corso di primo soccorso, mi hanno insegnato che spesso il ferito più grave, quello di cui bisogna occuparsi con maggiore urgenza, non è quello che urla a pieni polmoni, ma quello che tace perché non ha più nemmeno il fiato per gridare.
Bisogna ascoltare sempre le voci dei pazienti. Ma bisogna anche ascoltare i loro silenzi, perché a volte urlano molto più forte.


Come ogni altro contenuto di questo blog, l'immagine della piramide è pubblicata sotto licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 2.5 Italia License, cioè può essere liberamente utilizzata e diffusa purché:
1. non venga modificata rispetto all'originale
2. vengano sempre citati l'autore (io) e la fonte (questo blog)
3. non sia utilizzata per scopi commerciali

venerdì 29 maggio 2015

Ci siamo! Però...

L'appuntamento per l'ecografia è stato fissato per giovedì 4 giugno.

Ci sono volute circa 28 ore per stabilirlo, ma la data è ragionevole e compatibile con la richiesta.
(chiarisco per chi non ha interpretato correttamente il post precedente: il problema non è mai stato l'ottenimento della prestazione, su cui non avevo dubbi, ma la procedura lunga e farraginosa necessaria per arrivare a questo risultato)

Bene.

Solo che...
Ricordate che avevo detto di dover fare la premedicazione perché in passato ho avuto reazioni spiacevoli al mezzo di contrasto? E che avevo già tutti i farmaci necessari per il protocollo?
Così credevo...
Avevo tutti i farmaci necessari per il protocollo stabilito al CRO o nelle altre strutture. Ma qui richiedono un protocollo diverso: due farmaci su tre sono diversi, le dosi sono diverse, i tempi sono diversi.
Devo andare in farmacia a fare spesa.
E riempirmi di cortisone e antistaminico, più il gastroprotettore per limitare i danni allo stomaco, non per due giorni, ma per sei.
Quanta pazienza...

giovedì 28 maggio 2015

Odissea

Quando faccio la TAC? Vorrei saperlo anch'io.

Al CRO sono così sovraccarichi di pazienti che l'oncologo non è riuscito a trovarmi una data ragionevolmente vicina; ha detto che continuerà a provarci, ma nel frattempo è meglio che mi attivi anch'io con altre strutture.
In dieci anni ho fatto un discreto numero di TAC, so che mi serve l'impegnativa del medico (ce l'ho! con priorità B, che in Veneto significa "entro 10 giorni"), il modulo di consenso all'uso del mezzo di contrasto con l'indicazione che sono allergica e faccio la premedicazione a base di cortisone, antiallergico e antistaminico (ce l'ho! e ho anche tutti i farmaci necessari) e analisi del sangue recenti (ce le ho!).

Pur sapendo che le priorità non sono riconosciute fuori regione né sono vincolanti per le strutture convenzionate, ho provato prima nella clinica friulana in cui ho fatto l'ecografia, perché in altre occasioni i tempi di attesa erano stati davvero contenuti, però questa volta la prima data utile era il 19 giugno: troppo in là.
Ho tentato in un'altra struttura convenzionata a pochi km da casa mia, ma eseguono le TAC solo di martedì e, per colmo di sfortuna, il prossimo martedì è festa e il successivo sono già pieni, non riescono a inserirmi prima del 16 giugno. Tardi anche lì.

Mi sono rassegnata. Ho fatto un respiro profondo e mi sono rivolta alla mia ULSS.
Se si fosse trattato di un altro tipo di prestazione, l'avrei fatto subito, prima di tentare altre strade, ma dopo le esperienze allucinanti con il reparto di radiologia nel periodo della malattia della mamma, l'avevo tenuta come ultima risorsa.
Anzi no, non è proprio così. Avevo fatto un primo tentativo ieri sera con la prenotazione on line dal sito dell'ULSS: niente da fare; dopo avere inserito il codice dell'impegnativa, compare il messaggio "prestazione non prenotabile on line". Evvabbè.

Stamattina telefono al CUP.
Tre o quattro tentativi per prendere la linea, poi finalmente l'operatrice... mi informa che la prestazione non è prenotabile nemmeno tramite CUP, ma bisogna rivolgersi direttamente alla segreteria della radiologia. 
Allora perché chiamarlo Centro Unico di Prenotazione? Chiamiamolo CQUP-ETCentro Quasi Unico di Prenotazione Esclusa TAC, per esempio.
Fastidio.

Chiamo la radiologia. 
La segreteria telefonica mi informa che le informazioni telefoniche vengono fornite solo dalle 12 alle 14. Dato che la radiologia pretende di sostituirsi al CUP, potrebbero almeno osservare gli stessi orari...
Irritazione.

Aspetto pazientemente che arrivi mezzogiorno, poi richiamo. Di nuovo la segreteria telefonica, ma dopo le prime parole qualcuno dall'altra parte forse si accorge che è iniziato l'orario di risposta e... interrompe la comunicazione.
Principio di incazzatura. 

Richiamo subito dopo.
Dopo parecchi squilli, finalmente mi risponde una voce femminile non registrata. Illustro la mia esigenza e la signora mi spiega cortesemente che non posso prendere appuntamento per telefono, ma devo andare di persona oppure inviare un fax. 
Ho la sfiga di abitare nell'unico posto in cui l'ospedale non accetta prenotazioni telefoniche per una TAC. 
Non solo: siamo nel 2015 e c'è ancora qualcuno che chiede di mandare un fax anziché una mail. Se sono così tecnologicamente avanzati, c'è il rischio che per guardare dentro il mio addome, invece di una TAC mi facciano l'autopsia.
Incazzatura crescente.

"Sta scherzando? Perché non posso prenotare per telefono come qualsiasi altra prestazione?"
"Deve venire di persona con l'impegnativa del medico, il referto dell'ecografia e il modulo di consenso per l'uso del mezzo di contrasto. Oppure può mandarli via fax. Il primario li valuterà e la richiameremo noi per indicarle data e ora dell'appuntamento."
Quindi il primario vuole valutare tutte le richieste, di persona pirsonalmente (cit.), e vuole anche il referto dell'ecografia, probabilmente per determinare l'effettiva necessità e urgenza dell'esame. Se fossi il medico di base che ha emesso la richiesta, mi offenderei parecchio nel vedere così svilita la mia professionalità. E anche se fossi uno degli altri medici della radiologia.
Incazzatura forte.

La Direzione dell'azienda presso cui mi trovavo oggi a lavorare mi ha gentilmente permesso di utilizzare il loro fax per inviare tutta la pappardella di documenti richiesti, cosa che ho fatto verso le 12:30. Sono le 22:41 e non ho ancora ricevuto risposta.
Tutte le altre strutture che avevo contattato mi hanno formulato la loro proposta di appuntamento immediatamente, ma in quel reparto evidentemente le cose non sono cambiate rispetto al 2010. Anzi, non sono cambiate rispetto a qualche secolo fa, quando "il dottore" era considerato appena mezzo gradino sotto Dio e i pazienti dovevano riconoscere devotamente la sua autorità, accettando umilmente di essere trattati come esseri inferiori, il cui tempo non valeva nulla, in confronto a quello del grande luminare.
Furia.


venerdì 29 novembre 2013

Facciamo i conti

Meno male che sono ingegnere, quindi un minimo di matematica dovrei conoscerla! Però chiunque può confermare che quando mi chiedono in cosa sono laureata, rispondo che sono ingegnere elettronico, ma non professo.
A marzo ho festeggiato i cinque anni liberi da malattia. Che magicamente, a ottobre, sono diventati sei e mezzo.
Da dove è spuntato quell'anno in più? Mistero!(*)
E mica me ne sono accorta subito, noooo! Mi ci è voluto quasi un mese per realizzare che 2013 meno 2008 fa cinque e non sei.
Ecco, intanto vado a correggere il post del 30 ottobre, da sei e mezzo a cinque e mezzo, perché con un errore del genere la sufficienza proprio non me la merito.

Ho fatto due conti anche con l'oncologo, oggi.
La visita era prevista due settimane fa, ma era stata rinviata perché il medico era assente, quindi tutti i pazienti di quel giorno sono stati ridistribuiti tra giovedì scorso e oggi e questo ha fatto aumentare a dismisura i tempi di attesa, già solitamente lunghi: sono entrata in ambulatorio più di tre ore dopo l'orario dell'appuntamento.
Ero ben attrezzata con e-reader e tablet perché conosco bene il mio oncologo, so che è sempre in ritardo con le visite, soprattutto quelle previste in tarda mattinata e non perché sia poco efficiente: semplicemente, lui dedica ad ogni paziente tutto il tempo necessario.
Visibilmente soddisfatto, ha preso visione dei risultati degli ultimi esami e ha sottolineato che mi trova veramente bene, nonostante ci sia sempre una punta di preoccupazione per la palla, che negli ultimi controlli sembra leggermente aumentata di volume. Non è soltanto lui, praticamente tutti i medici che mi hanno visitata in questi anni hanno storto un po' il naso di fronte a questo corpo estraneo che potrebbe diventare fonte di future complicanze. Radiologi, ginecologi, chirurghi, ortopedici... forse gli unici che non hanno detto nulla sono stati l'otorino e l'oculista, ma tutti gli altri mi hanno chiesto se non abbiamo tentato di eliminarla. Sì, abbiamo tentato. E no, non ha funzionato.

Mi ha fissato il prossimo controllo tra sei mesi. Pensavo che passati i cinque anni mi avrebbe concesso una libera uscita un po' più lunga, ma evidentemente preferisce essere prudente e tutto sommato mi va bene così, sono più tranquilla anch'io.
Gli ho chiesto conferma del fatto che il mio follow-up durerà dieci anni. Sembrava quasi in imbarazzo, forse pensava che dopo cinque anni io mi aspettassi di aver finito e fossi delusa, così mi sono affrettata a rassicurarlo. "Guardi, lo so che i sarcomi sono piuttosto insidiosi ed è meglio controllarli un po' più a lungo rispetto ad altre forme tumorali...". Ma avevo frainteso.
Il suo disagio nasceva dal dovermi comunicare che anche se va tutto bene, il mio follow-up durerà più di dieci anni.
Forse per via della recidiva o forse perché ho partecipato ad una sperimentazione clinica e vogliono monitorare la situazione più a lungo, fatto sta che hanno in programma di continuare a tenermi sotto controllo ancora per molto tempo. Prospettiva che tutto sommato mi pare accettabile, dato che implica che io viva ancora per "molto tempo".
La visita si è conclusa con una prova concreta dell'attenzione del medico verso di me. Nonostante in tutti i documenti clinici io sia identificata come Lazzarini Camilla, nella comunicazione per il mio medico di base l'oncologo ha scritto La sig.ra Lazzarini Mia. Perché lui ascolta. Ascolta sul serio, presta attenzione a ciò che gli viene detto. Magari può dimenticare i dati della cartella clinica, ma si ricorda di quello che gli racconto di me, del lavoro, dei miei hobby... E si ricorda del mio nome, quello vero.


(*) Ma che mistero d'Egitto! Lo so benissimo da dove arriva quell'anno in più: suo padre si chiama Ottimismo e sua madre Speranza.


sabato 17 marzo 2012

Diritti e privilegi

Quando sono andata a fare i prelievi per le analisi, un paio di settimane fa, mi sono organizzata nel solito modo.
Arrivo in ospedale verso le nove, poco prima che finisca la distribuzione dei numeri per i prelievi, innanzitutto perché odio svegliarmi presto, ma anche perché ho valutato che in questo modo il tempo di attesa è minore.
Nelle mattine in cui faccio i prelievi di solito evito di prendere appuntamenti di lavoro, quindi non ho l'esigenza di liberarmi presto. Di conseguenza, sarebbe inutile arrivare prima dell'alba per contendere uno dei primi numeri alla folla di pensionati che arriva lì alle sei e mezzo "per essere i primi", neanche si vincesse un premio. Che poi arrivando così presto bisogna comunque aspettare almeno un'ora prima che apra il laboratorio, e allora qual'è il vantaggio?

Arrivare all'orario di inizio dei prelievi è un mezzo suicidio: ci si trova davanti l'esercito di pensionati delle sei e mezza più una valanga di altre persone, per un totale che spesso arriva a superare i 200.
No, grazie. Tanto vale dormire un paio d'ore in più e prendere uno degli ultimi numeri. Raramente mi trovo davanti più di 70-80 persone, ma anche se fossero di più, nella peggiore delle ipotesi, il tempo di attesa sarà lo stesso e avrò comunque evitato una levataccia.
In ogni caso, almeno una mezz'oretta bisogna metterla in conto, e allora mi porto sempre un libro, per impiegare gradevolmente questo tempo.

Dicevo dell'ultimo prelievo.
Quando sul display è comparso il mio numero, mi sono presentata allo sportello. L'addetta, registrando l'impegnativa, mi ha segnalato che con il mio codice di esenzione, lo 048 delle patologie oncologiche, non era necessario prendere il numero e fare la coda, mi sarei potuta presentare direttamente allo sportello.
Nel periodo delle terapie ho fatto spesso ricorso all'accesso prioritario per i disabili perché avevo le difese immunitarie molto basse e dovevo limitare i contatti con altre persone. Anche nelle settimane subito dopo l'intervento ho sfruttato la priorità, perché avevo difficoltà a restare seduta. Insomma, quando ne ho avuto bisogno, non ho esitato a far valere i miei diritti.
Ma questa volta stavo bene, non c'era nessun motivo di passare davanti alle altre persone in attesa, la priorità non sarebbe più stata un diritto, ma un privilegio.
"Grazie", ho risposto. "Ma adesso non ne ho bisogno".

venerdì 17 febbraio 2012

Temporaneamente soddisfatta

Ieri mattina Renato doveva andare in ospedale per fare una donazione di piastrine. Approfittando del fatto che il giovedì è uno dei giorni di apertura settimanale dell'ufficio invalidi dell'USSL (l'altro è il martedì), gli ho chiesto di passare a chiedere se con il mio verbale provvisorio di invalidità si poteva comunque ottenere l'esenzione dal ticket.
Dopo un passaggio a vuoto (questo non è lo sportello giusto, però aspetti un attimo che chiedo alla collega...) ha avuto la conferma: si può ottenere l'esenzione anche con il verbale temporaneo. Però bisogna rivolgersi all'ufficio esenzioni che è aperto... indovinate?
ESATTO!
Il lunedì, mercoledì e venerdì.
Stamattina quindi mi sono armata di verbale provvisorio di invalidità, tessera sanitaria e tutta la (poca) pazienza che sono riuscita a grattare dal fondo del barile e sono andata all'ufficio esenzioni.
Per fortuna la mia misera scorta di pazienza è rimasta intatta sia nel parcheggio (ho trovato subito un posto), sia nel corridoio, con un'attesa inferiore a dieci minuti.
L'impiegata (la stessa che un anno e mezzo fa mi aveva detto che non si può pretendere di andare all'USSL e trovare sempre gli uffici aperti) ha esaminato il verbale e ha detto che poteva farmi l'esenzione fino al 31 maggio 2012.
Che bello, ho pensato, mi danno un mese in più rispetto alla scadenza dell'invalidità, per tenere conto dei tempi di rinnovo. Poi però... Voleva dire 31 maggio 2013, vero?
No, voleva dire proprio 2012. Con un verbale provvisorio si può fare solo un'esenzione temporanea, al massimo per tre mesi.
Quindi dopo il 31 maggio devo tornare qui per avere l'esenzione definitiva? Sempre ammesso che nel frattempo l'INPS mi mandi il verbale ufficiale...
Proprio così.
L'impiegata ha pensato bene di lanciare una frecciatina all'INPS: "Eh, signora, da quando queste pratiche sono passate all'INPS non si sa mai come va a finire..."
"Guardi che anche quando la gestione era in mano all'USSL, non ci avete mai messo meno di tre mesi per mandarmi il verbale".
Era un po' come il bue che dice cornuto all'asino...

mercoledì 12 ottobre 2011

Curiosa

Domani ho la visita di revisione dell'invalidità civile, dello stato di handicap (legge 104) e del collocamento al lavoro (legge 68/99), la prima dopo l'introduzione delle nuove procedure.
Dato che il risultato, qualunque sia, dal punto di vista pratico mi cambia poco o nulla, sono solo curiosa.

Curiosa di vedere quale percentuale di invalidità mi assegneranno. Fino ad oggi è stata il 100%: forse la riducono, dato che dopo l'ultimo intervento non ci sono state recidive, ma forse no, perché la prognosi per il tipo di tumore che ho avuto è statisticamente negativa.

Curiosa di vedere quanto tempo ci metteranno a mandarmi l'esito, viste le passate esperienze e le odissee di altre amiche cancer-bloggers.

Curiosa di vedere se questa volta mi mandano il verbale all'indirizzo giusto.

giovedì 24 febbraio 2011

La sconfitta della sanità

Sono praticamente senza voce ormai da cinque giorni.
E il primo che scrive nei commenti "Renato sarà contento", verrà bannato da questo blog!
Per la cronaca, Renato non è contento, è molto dispiaciuto per me e per tutto quello che mi sto perdendo a causa di questo malanno: la mia prima esibizione canora in un locale che avrei dovuto fare venerdì scorso (ok, era una canzone sola, però faceva tanto "cantante vera"!), il mio esordio in teatro che era previsto sabato (una piccola parte, con una decina di battute, ma ci tenevo!), le lezioni di canto, le prove di teatro, le prove di musica della prossima settimana...

È iniziato tutto poco meno di due settimane fa, con una certa difficoltà a tenere le note cantando, poi un po' di fastidio in gola e il continuo bisogno di schiarirmi la voce. Ho subito sospeso le lezioni di canto e le prove di teatro, mi sono chiusa in un silenzio da monaca di clausura e sono partita con fumenti al bicarbonato ed estratti balsamici, aerosol cortisonico, cucchiaini di miele e limone, estratto di erisimo (la pianta dei cantanti)... Niente da fare: anziché migliorare, la situazione è inesorabilmente peggiorata fino alla quasi completa afonia. Riesco a dire qualche parola sottovoce ma niente di più (stamattina la visita con l'epatologa è stata praticamente sussurrata).
L'ultima volta che mi è successa una cosa del genere, alla fine del 2009, me l'ero portata avanti per circa quattro settimane. Adesso la dottoressa ritiene che sia il caso di fare una visita otorinolaringoiatrica, per verificare che non ci siano problemi alle corde vocali e mi ha fatto una prescrizione per una visita con priorità. Ovviamente sull'impegnativa non si poteva indicare una urgenza, non sono in imminente pericolo di morte (almeno spero!), quindi codice di priorità B, cioè da eseguire entro due settimane (anche se non sono sicura di questo dato, da quello che ho capito il significato di questo codice varia da regione a regione, per alcune sono 10 giorni, in altre addirittura 8).
Con un filo di voce, ieri pomeriggio mi sono attaccata al telefono per cercare la struttura in grado di darmi l'appuntamento prima possibile, ma attraverso il Servizio Sanitario Nazionale non c'è stato verso di trovare una data prima del 9 marzo, né di ca (Veneto), né di là da l'aghe (Friuli).
E intanto io che faccio? Altre 2 settimane senza voce?
Malvolentieri e con molta rabbia oggi, per la seconda volta nella mia vita, ho prenotato una visita a pagamento. Per la quale ovviamente c'è posto già lunedì.
Non è per i 100 euri, che avrei comunque preferito spendere diversamente, è una questione di principio: non riuscirò mai ad accettare il fatto che lo stesso medico possa ricevere entro pochi giorni privatamente, mentre attraverso il servizio pubblico ci vogliono settimane o mesi.
La considero una sconfitta, per me e per la sanità pubblica.
Ma credo che mi consolerò: vicino all'ospedale in cui mi hanno dato l'appuntamento c'è un outlet. E io non sono mai stata in un outlet...

lunedì 21 febbraio 2011

Chapeau!

Stamattina l'altrasanità mi ha mandato un SMS ricordandomi orario, sede e reparto dell'appuntamento di giovedì.

Ah, se per caso a qualcuno venisse il sospetto che l'invio di SMS ai pazienti sia uno spreco di denaro pubblico, pensate a tutti i costi e le inefficienze che derivano dalle prestazioni prenotate e non usufruite semplicemente perché il paziente sbaglia data/orario oppure si dimentica di disdire.

mercoledì 16 febbraio 2011

Questasanità e l'altrasanità

Questasanità ha mandato una lettera alla mamma, con la richiesta di pagamento del ticket per una prestazione usufruita il 17 dicembre nel reparto di oncologia a Portogruaro.
Mi ricordo benissimo quel giorno, non ho nemmeno avuto bisogno di consultare l'agenda, ma ho controllato per scrupolo nel raccoglitore dove ci sono ancora tutti i suoi referti di visite ed esami: era venerdì, l'ultima volta che siamo state al day hospital oncologico. Le avevano fatto l'infusione di albumina e un prelievo di sangue e l'oncologa aveva stabilito di aumentare le dosi dei farmaci che servivano a contrastare il gonfiore addominale.
Stamattina sono andata allo sportello ticket dell'ospedale a chiedere spiegazioni: l'impiegata, tutta sussiegosa, mi ha detto che a questasanità risultava un'impegnativa per una visita e un'iniezione, senza esenzione. Ho risposto che quell'impegnativa non sapevo da dove venisse, non l'avevamo portata noi, al day-hospital dopo la prima visita ci avevano detto che non serviva più nessuna impegnativa perché l'avevano presa in carico come paziente del reparto, facevano tutto loro. In più, la mamma aveva l'esenzione dal ticket per le prestazioni oncologiche. Niente da fare: a questasanità risultava un'impegnativa senza esenzione.
Ma forse c'era una soluzione.
"La signora non supera il limite di reddito per l'esenzione, vero?"
"No, la signora non supera niente. La signora è morta."
Due secondi di silenzio con temperatura prossima allo zero assoluto.
"Basta che mi faccia una firma qui e siamo a posto."


L'altrasanità è quella di là da l'aghe, quella oltre il confine della regione. Che non vuol mica dire andare lontano, saranno venti chilometri, con l'autostrada è un attimo, a volte ci metto di più ad arrivare all'ospedale che è dalla parte opposta del paese rispetto a casa mia.
Pare che l'altrasanità abbia un ottimo servizio di epatologia ed è lì che mi ha indirizzato la mia dottoressa, perché è vero che dalla TAC non sono risultati segni di recidiva né di metastasi, ma quella steatosi epatica, che era stata rilevata qualche volta in passato e classificata come lieve o moderata, adesso è diventata "avanzata degenerazione steatosica". E allora andiamo dall'epatologo.
Ho chiamato il CUP regionale (sì, l'altrasanità ha il CUP regionale!), ho selezionato la provincia che mi interessava e immediatamente mi ha risposto un'operatrice gentilissima.
L'altrasanità aveva già i miei dati in archivio, mi hanno chiesto solo la data di nascita per assicurarsi che fossi proprio io e verificato che il numero di telefono che avevo lasciato come riferimento fosse corretto.
"Avrei bisogno di una visita epatologica"
"Allora all'ospedale di XXX, vero?"
"Sì, esatto."
"Prima visita o controllo?"
"Prima visita."
"Mi può leggere la prescrizione completa del medico, per favore?"
"Visita epatologica. Steatosi epatica in esiti di liposarcoma retroperitoneale operato, con chemio"
"Grazie. Adesso avrei bisogno del numero della ricetta, quello in alto a destra che comincia con una specie di S"
"S 0 5 0 1 0..."
"Subito sopra al timbro del medico, verso destra, ci sono quattro caselle..."
"Sì, ho capito. È barrata la casella D"
"Oh, allora è una prestazione con priorità, da fare entro 30 giorni. Mi dispiace, ma il CUP non può accettare prenotazioni con priorità da fuori regione. Dovrebbe andare direttamente all'ospedale..."
"Accidenti! Ma... aspetti un attimo: mi potrebbe dire quali sono i tempi standard, senza considerare la priorità?"
"Sì, ora guardo: magari riesco comunque a darle la prenotazione in tempo, anche senza farla andare fino in ospedale... Ecco, effettivamente ci sarebbe posto giovedì prossimo, il 24, oppure il 1° marzo. Però devo chiederle di confermarmi che rinuncia alla priorità in modo che rimanga archiviato nella registrazione della telefonata."
"Rinuncio, rinuncio! Che meraviglia, il 24 pomeriggio ho un impegno di lavoro lì vicino, così faccio un solo viaggio. "
"Bene, sono contenta che siamo riuscite a combinare al meglio. Allora giovedì 24 alle 10,30."
Questa è l'altrasanità.

domenica 28 novembre 2010

Burocrazia sanitaria

Un malato di cancro e la sua famiglia hanno già una bella dose di problemi da gestire. Sarebbe carino se non ci si mettesse anche la sanità pubblica a complicare le cose.

Per il consulto specialistico, la mamma deve presentare tutta la documentazione, i referti e gli esami, quindi siamo andate in ospedale a richiedere la copia della cartella clinica.
Ora vorrei che qualcuno mi spiegasse perché:
1. servono DUE SETTIMANE per fare una trentina di fotocopie (e speriamo bene, perché non sono nemmeno sicuri di farcela, hanno detto di chiamare il giorno prima per verificare che siano pronte)
2. le suddette fotocopie costano 25 euro (poco meno di un euro a pagina)


In qualità di paziente oncologica, la mamma ha diritto all'esenzione dal ticket per tutti i farmaci e le prestazioni sanitarie (visite, esami, terapie) collegate alla patologia.
Sul sito della nostre USSL c'è una pagina con le indicazioni per richiedere l'esenzione: me la sono letta per bene e il giorno dopo la visita oncologica mi sono armata di certificazione rilasciata dall'oncologa dell'ospedale e tessere sanitarie della mamma, il badge con la banda magnetica, il codice a barre e il codice fiscale e la vecchia tessera di cartoncino, su cui vengono registrate le esenzioni, con l'obiettivo di utilizzare l'esenzione già per le analisi e i primi farmaci prescritti dall'oncologa.

Sono uscita di casa verso le dieci del mattino, pensando che fosse un orario "intelligente" per evitare il traffico di studenti e lavoratori. Errore.
Non so perché, ma a quell'ora del mattino per strada c'era almeno metà della popolazione locale, un traffico da esodo di agosto, un affollamento che mi fa pensare che in giro c'è un sacco di gente che non lavora oppure che lavora per strada.
Ci ho messo almeno venti minuti per fare quattro chilometri, ma alla fine sono riuscita ad arrivare alla sede degli uffici dell'USSL e ho trovato anche un buon parcheggio, all'estremità di una fila, dove è possibile aprire la portiera della macchina e uscire senza problemi, cosa che non è affatto garantita negli altri posti macchina, che sembrano dimensionati al massimo per una Smart.
Mi sono messa in coda allo sportello "anagrafe sanitaria", quello presso cui avevo ritirato a suo tempo il mio talloncino di esenzione. C'erano due persone davanti a me e l'impiegata si muoveva con l'energia di un bradipo sotto Valium, tanto che dopo dieci minuti ho iniziato a trasmetterle un messaggio telepatico: "Ok, signora, nessuno pretende che lei metta il turbo, ma almeno, per favore, TOLGA LA RETROMARCIA!".
Arrivato finalmente il mio turno, ho presentato il certificato dell'oncologa e le tessere sanitarie. Il bradipo ha dato un'occhiata e mi ha detto che dovevo rivolgermi all'ufficio esenzioni, la porta in fondo a destra, che però era chiuso, apre solo il lunedì, mercoledì e venerdì.
Ma accidenti, signora, ho guardato sul vostro sito e non c'era nessun riferimento al fatto che l'ufficio fosse aperto solo in alcuni giorni! Non potete far perdere tempo alla gente a girare inutilmente per gli uffici! E nel frattempo, me le pagate voi le prestazioni per cui la mamma avrebbe diritto all'esenzione?
Ovviamente il bradipo non sapeva nulla del sito, ha ripetuto che l'ufficio era chiuso, ma di fronte alla mia evidente alterazione ha aggiunto che avrebbe verificato se c'era la collega e se si poteva combinare lo stesso.
Altri dieci minuti di attesa, mentre scrivevo la bozza del reclamo da presentare all'USSL, poi la porta dell'ufficio si è aperta e un'altra impiegata visibilmente scocciata mi ha ribadito che il martedì è chiuso, che lei ha da fare lavoro interno e che anzi, avrebbe dovuto essere fuori sede, è stato solo un caso se l'ho trovata in ufficio, che gli orari dell'ufficio sono esposti sulla porta, che se fossi andata in banca avrei dovuto rispettare gli orari di apertura e allora perché lì pretendevo di trovare sempre aperto?
Signora, è vero che anche la banca ha i suoi orari, ma è aperta tutti i giorni per tutti i servizi, non è che il lunedì si fanno i bonifici e il martedì i mutui! Non sono mica venuta qui alle otto di sera, questo è orario di ufficio e mi aspetto di trovare gli uffici aperti, anche perché sul sito dell'USSL non c'è alcun riferimento a orari di apertura ridotti per le esenzioni ticket.
Lei ha risposto che non possono mica mettere gli orari sul sito, perché cambiano spesso, li hanno modificati anche di recente e sarei dovuta andare ad informarmi di persona.
Certo signora, come no! Perdo una mattina per venire a chiedere informazioni e un'altra per la pratica! Ma le pare?
Alla fine, sbuffando e brontolando, ha preso i documenti, li ha fotocopiati e... mi ha detto di tornare lunedì per ritirare l'esenzione.
Come, lunedì? C'è il certificato dell'oncologa con la diagnosi, perché non si può avere subito l'esenzione? E gli esami che la mamma deve fare nel frattempo me li pagate voi?
Allora ho scoperto che il certificato dell'oncologa non è sufficiente per ottenere automaticamente l'esenzione, avrebbe dovuto compilare una richiesta specifica. Così invece la pratica deve essere valutata (da chi? magari da quella stessa impiegata? e che ne sa lei di oncologia?) per verificare il diritto all'esenzione.

A questo punto ho altre due domande:
3. Perché un certificato rilasciato da un'oncologa della stessa USSL, con scritto chiaro e tondo "epatocarcinoma" non è sufficiente ad attestare il diritto all'esenzione per patologia oncologica? Cosa ci sarà mai da valutare?
4. Che bisogno c'è di un "ufficio esenzioni" per fare semplicemente due fotocopie? Non le può fare qualsiasi addetto di sportello (bradipo incluso) e poi passare la "pratica" all'ufficio esenzioni?

sabato 9 ottobre 2010

Tardasanità

Venerdì, proprio mentre entravo in ospedale per le analisi della mamma, mi è arrivata una telefonata... dall'ospedale: era il reparto di fisioterapia che mi fissava l'appuntamento per i linfodrenaggi che mi avevano prescritto 15 mesi fa e che nel frattempo - ovviamente - ho fatto a pagamento.
Senza commento.

mercoledì 8 settembre 2010

Non fate arrabbiare un blogger...

...perchè un blogger incazzato scrive.
Scrive su Internet, dove possono leggere tutti. E magari qualcuno non ci fa una bella figura.

Domenica sera la mamma ha osservato che le zanzare dovevano essere proprio agguerrite, perchè aveva le gambe piene di becconi. Ho dato un'occhiata: altro che zanzare! Si chiama "porpora", una devastazione di macchie rosso vivo, alcune talmente fitte da formare ematomi di 10-15 centimetri di diametro. Lunedì è andata dalla dottoressa, che le ha ordinato analisi urgenti per il giorno successivo.
Lunedì sera, al ritorno dal lavoro, l'ho trovata pronta ad uscire: mi stava aspettando per andare al Pronto Soccorso, aveva un dolore fortissimo in corrispondenza del fegato. Mi sono spaventata.

Dopo una batteria di analisi del sangue, una radiografia dell'addome e una consulenza chirurgica, l'hanno dimessa dal Pronto Soccorso con un sospetto di colecistite, la prescrizione per un antibiotico, due giorni di dieta liquida, la raccomandazione di un'ecografia addominale e l'ordine di tornare immediatamente in ospedale se il dolore fosse peggiorato (peggio di così? quasi non riusciva a respirare...) oppure fosse salita la febbre. Un salto alla farmacia di turno per prendere l'antibiotico e poi a casa.
Il giorno dopo l'ho portata di nuovo in ospedale per fare alcune analisi aggiuntive richieste dal medico di base e nel pomeriggio sono tornata in Pronto Soccorso per ritirare le radiografie e gli esami del sangue della sera precedente, che non mi avevano potuto rilasciare subito perchè ancora non vistati dai medici competenti. Sorpresa! Mi hanno dato le radiografie e il relativo referto, ma non le analisi con la motivazione che essendo state fatte il giorno precedente, per disposizione del primario non possono più essere rilasciate dal Pronto Soccorso, ma bisogna fare richiesta all'ufficio cartelle cliniche.
Se qualcuno di voi trova qualche logica in questa giustificazione, vi prego di illuminarmi, perchè a me sembra una totale, assoluta, completa idiozia.
L'ufficio in questione chiudeva cinque minuti dopo, per presentare la richiesta servivano la delega, un documento d'identità della paziente, la firma di un dirigente medico e un numero imprecisato di giorni di attesa.

Tutto qui? Ma quando mai...
Il medico di base, preoccupata per la strana coincidenza tra la porpora e la colica e per alcuni valori ematici alterati (durante la permanenza in Pronto Soccorso avevo letto il foglio delle analisi e mi ricordavo le anomalie), ha richiesto un'ecografia urgente.
Di nuovo in ospedale, ormai erano quasi le cinque del pomeriggio. Allo sportello delle prenotazioni mi hanno detto che per le urgenze non si fissano appuntamenti, sono appunto urgenze, quindi devono essere evase subito. L'addetto si è gentilmente offerto di verificare in radiologia quando avrebbero potuto eseguire l'indagine e gli è stato detto che dovevamo presentarci la mattina seguente, cioè oggi, alle 8,30. Ok, non proprio immediato, ma ragionevole.

Stamattina ho accompagnato la mamma in radiologia con l'intenzione di approfittare dell'attesa per andare a piantare un po' di casino alla Direzione Medica per la storia delle analisi non consegnate.
Ma perchè fare il viaggio fino al quinto piano solo per un problema? Meglio averne due...
Non hanno fatto l'ecografia. Hanno detto che anche per le urgenze bisogna prendere appuntamento.
Hanno preso nota del mio numero di telefono dicendo che mi avrebbero chiamato nel pomeriggio per indicarmi giorno e orario dell'esame.

Negli uffici della Direzione Medica ho parlato prima con una segretaria, poi con una dirigente che rispetto alla questione delle analisi mi ha snocciolato una serie di "perle" se possibile ancora più preziose di quelle del pronto soccorso.
1. Il Pronto Soccorso non è tenuto a rilasciare niente, eventuali analisi ed esami effettuati sono ad uso interno. Buono a sapersi: dovesse malauguratamente capitare di nuovo, il giorno dopo rifacciamo tutte le analisi in laboratorio, così almeno ce le consegnano. E all'USL costa almeno cinquanta volte di più, ma a questo punto sono problemi loro.
2. La documentazione che non è allegata al referto di dimissione deve sempre essere richiesta all'ufficio cartelle cliniche, con i relativi tempi di attesa. Davvero? E allora perchè al Pronto Soccorso mi hanno consegnato le radiografie?
3. Dato che la prestazione era stata classificata come codice verde, non c'è nessuna urgenza di avere questi referti, anzi addirittura non sarebbe stata di competenza del Pronto Soccorso, avreste dovuto pagare il ticket. Il ticket per un codice verde? Dottoressa, ha presente il codice bianco? È quello che si usa per le prestazioni che non sono di competenza del Pronto Soccorso e per le quali si paga il ticket... No? Mai sentito? Davvero? Certo, chiami pure il Pronto Soccorso e chieda a loro cos'è...

Per fortuna - della dirigente - a quel punto è intervenuto il Direttore che si è scusato per l'incresciosa situazione, spiegando che si tratta di un problema di coordinamento tra i diversi reparti ed invitandomi a presentare un reclamo scritto, in modo che la cosa venga formalizzata e portata all'attenzione dei responsabili per trovare una soluzione. Non nutro troppe speranze che serva a qualcosa, ho la sensazione che all'origine di tutto ci sia qualche ripicca tra primari, ma lo farò.
Ho approfittato per segnalare anche il teatrino della mancata ecografia, forse questo ha avuto qualche effetto, perchè mi hanno chiamato meno di un'ora dopo, dandomi appuntamento per domani mattina.

Un'ultima chicca: ho chiesto alla segreteria della Direzione Medica un modulo per i reclami; quando sono tornata a casa però ho pensato che forse è meglio presentare due reclami distinti, uno per le analisi non consegnate e uno per la storia dell'ecografia. Ho guardato sul sito dell'USSL per vedere se c'era il modulo da scaricare, senza dover fotocopiare quello che mi aveva dato la segretaria. L'ho trovato, ed è diverso. Quello che mi hanno dato in ospedale è una versione superata. Quasi quasi di reclami ne presento tre.

Dopo aver riportato a casa la mamma, preparato il pranzo, sbrigato un po' di lavoro arretrato, fatto la spesa, e preparato la cena, finalmente me ne sono andata in piscina: è mercoledì, mi aspettavano le mie cinquanta vasche e le ho fatte tutte.
Questa volta ho dimenticato soltanto l'elastico per i capelli, il detergente intimo (di nuovo!) e - ovviamente - la biancheria di ricambio. Se qualcuno ha altri suggerimenti per le cose da dimenticare la prossima volta...

mercoledì 17 marzo 2010

Incredula

Archiviata la pratica dei controlli periodici e in attesa di conoscere il destino della palla, l'attenzione si concentra sulla prevenzione.
Sono giunta alla veneranda età di 41 anni senza aver mai fatto una mammografia né una mappatura dei nei cutanei (che negli ultimi due anni hanno fatto registrare qualche new-entry) e la mia dottoressa ha convenuto che, considerati i precedenti, è il caso di provvedere.
Munita delle impegnative, venerdì ho iniziato a fissare gli appuntamenti.

Per la mammografia avevo deciso di rivolgermi ad un centro convenzionato in cui lavora una radiologa di cui da più parti ho sentito parlare straordinariamente bene in termini di competenza professionale. E che è anche un'amica, il che non guasta.
Di solito nelle strutture private i tempi di attesa sono abbastanza contenuti (chissà perchè...), ma certo non mi aspettavo una simile celerità: appuntamento il 7 aprile (no, nessun trattamento preferenziale: non ho detto all'operatrice che conosco la radiologa né ho segnalato un'urgenza, evidentemente sono i loro tempi standard). Wow!

Il secondo round si preannunciava più duro, perchè per la mappatura dei nei la dottoressa mi aveva consigliato di rivolgermi al Centro di Riferimento Oncologico, dove l'ultima volta mi erano servite alcune settimane solo per riuscire a prendere la linea per fissare l'appuntamento per la risonanza.
Armata di impegnativa, telefono con vivavoce e molta pazienza, mi sono dedicata a questa impresa.
L'inizio è stato promettente: dopo aver composto il numero verde del Centro Unico Prenotazioni del Friuli Venezia Giulia, il risponditore automatico mi ha invitato a selezionare 4 per prenotare una prestazione, 3 per la provincia di Pordenone e 3 per il Centro di Riferimento Oncologico. Bene, almeno non avrebbero cercato di propormi appuntamenti in altre strutture della provincia.
Sono rimasta per un po' ad ascoltare musica e i vari "ci scusiamo per il protrarsi dell'attesa, il primo operatore libero le risponderà appena possibile", ma dopo una decina di minuti anche il risponditore automatico si è arreso e mi ha invitato a richiamare più tardi. Ormai però era tardo pomeriggio, e "più tardi" sarebbe stato troppo tardi, quindi ho rinviato a dopo il weekend.
Ieri, subito dopo pranzo, ho fatto il secondo tentativo.
Numero verde, seleziona 4 - seleziona 3 - seleziona 3 - attesa musicale... NO!  Fermi tutti, niente attesa, il telefono squilla subito libero e mi risponde un'operatrice. Incredibile.
Espongo la richiesta, ma lei mi comunica molto gentilmente che da novembre scorso la procedura per questo tipo di visite è cambiata e bisogna telefonare direttamente al CRO: mi fornisce il numero diretto del reparto, ma mi avverte che le visite presso il Centro Oncologico ormai sono riservate solo ai pazienti oncologici. Lo so, spiego, sono già una paziente del CRO, anche se per un'altra patologia. Allora forse mi daranno l'appuntamento, dice, ma se così non fosse, si potrà prenotare la visita all'Ospedale di Pordenone richiamando il CUP. Gentilissima.

Mi preparo di nuovo alla sfida di prendere la linea con il CRO.
Faccio il numero. Squilla libero. Avrò mica sbagliato?
Mi risponde subito un'operatrice, le spiego di cosa ho bisogno precisando di essere già in cura al CRO, anche se per una patologia diversa; lei controlla il mio nominativo in archivio e mi conferma che la visita si può fare presso di loro. Bene.
In preda al più sfrenato ottimismo, preparo l'agenda posizionandomi sul mese di settembre: sei mesi mi sembrano ragionevoli per una visita preventiva non urgente.
Ma ho sbagliato tutto.
L'appuntamento è per domani mattina.
NON CI CREDO.

Ovviamente c'è il trucco, mi hanno inserita al posto di un altro paziente che ha disdetto all'ultimo momento, altrimenti sarei andata a luglio (che è comunque meglio di quanto mi aspettassi).

Spero solo, con questa botta di cxxx, di non essermi giocata l'intera dose di fortuna dei prossimi 10 anni.