sabato 1 novembre 2025

A Cesare quel che è di Cesare

Perdonate il ritardo negli aggiornamenti, ma sono preda di una profonda stanchezza, che mi rende faticoso scrivere e anche solo pensare.


Lo scorso fine settimana è stato tranquillo, con un decorso post operatorio lento, ma costantemente positivo. Avevo recuperato rapidamente la completa autonomia di movimento, mi arrangiavo senza problemi a usare il bagno, lavarmi e vestirmi, lasciando OSS e infermieri a disposizione della coinquilina, che invece aveva preso a chiedere aiuto anche per cose che nei giorni precedenti riusciva benissimo a fare da sola, rendendo la vita difficile al personale. 
Domenica avevo ripreso a mangiare... si fa per dire: i primi pasti solo semolino e frutta frullata, poi l'aggiunta di carne frullata, secondo il percorso di rialimentazione previsto dopo un lungo digiuno. 



Non avevo fame e il menù non stuzzicava certo l'appetito, ma mi sono diligentemente sforzata di mandare giù ogni volta almeno la metà di quello che trovavo sul vassoio. 
Inizialmente tutto bene, il drenaggio era stato tolto senza fastidio e le ferite stavano cicatrizzando bene, tanto che i medici avevano ipotizzato di mandarmi a casa martedì, ma lunedì il mio apparato digerente si è ribellato e ho avuto fortissimi dolori di stomaco e conati di vomito per tutto il pomeriggio e fino alla tarda serata: dimissioni rinviate! 
Martedì e andata meglio, niente più dolori né vomito, anche se mangiare continuava a risultarmi difficile. Durante il giro medici del mattino mi hanno autorizzato il menù libero e confermata la dimissione per il giorno seguente. Mi pareva decisamente presto per mangiare di tutto: avevo cercato in rete qualche indicazione per l'alimentazione da seguire a casa e avevo trovato il documento di un gruppo di dietisti ospedalieri che prevedevano la reintroduzione progressiva degli alimenti. I modelli di menu suggerito erano straordinariamente simili a quelli che mi erano stati proposti nei giorni precedenti: solo a quel punto mi sono accorta che erano proprio le linee guida dell'Azienda ospedaliera di Padova! Ho scelto quindi dal menu libero solo cibi molto leggeri e a basso contenuto di fibre, faticando peraltro a mandare giù anche quelli. 

Mercoledì mattina con tutta calma ho raccolto le mie carabattole e riempito il trolley e lo zainetto, dopo pranzo mi sono vestita ed ero pronta ad andarmene. 
Avevo avvisato in reparto che sarebbero venuti a prendermi dopo le 14 e alle 13:57 è arrivato puntualissimo il medico con la lettera di dimissione, il certificato di malattia per il lavoro e la ricetta per le iniezioni di eparina da fare a casa: efficientissimo! 
Gli amici che stavano venendo a prendermi avevano confermato l'arrivo per le 14:30, quindi ho avuto il tempo di scendere per ritirare l'eparina dalla farmacia ospedaliera e quando Stefano ed Emanuela si sono presentati in camera, ero pronta a tornare a casa! 
Abbiamo raccolto rapidamente tutte le mie cose, salutato e ringraziato il personale in turno, e siamo partiti. 

Curiosità: Stefano è l'uomo che mi ha sposata, ma non è mai stato mio marito.
Vi sembra strano? Pensateci...

Il viaggio è stato faticoso, ma non difficile e all'arrivo Ettore è venuto ad accogliermi sul marciapiede con una profusione di fusa, miagolii e testate di benvenuto. 
Dentro casa ho trovato Fergus, che come mi aspettavo è scappato alla vista dei miei accompagnatori, per lui pressoché sconosciuti, e si è fatto rivedere solo un paio d'ore dopo, Edison, che ha subito chiesto da mangiare, cercando di farmi credere di non essere stato nutrito durante tutta la mia assenza, e Penny che si è fatta coccolare brevemente prima di pretendere anche lei che le riempissi la ciotola.
Dopo un po' è comparsa anche Matilde, che mi ha annusato con diffidenza, evidentemente disturbata dall'odore di ospedale, e per ultima la Trappy che, da brava randagia dentro, è rimasta fino al tramonto a dormire all'aperto, su un mobile da giardino e al rientro mi ha guardata con l'aria da "Ah, sei tornata, bene, adesso riempimi la ciotola", ha mangiato e poi si è rimessa a dormire su uno dei ripiani del tiragraffi. In prima battuta solo Ettore mi ha dato qualche soddisfazione, anche se nelle ore successive tutti gli altri, chi prima e chi dopo, si sono riavvicinati.

Quando è arrivato Renato, mi sono fatta aiutare a lavarmi, soprattutto i capelli che in ospedale non avevo potuto lavare, a disfare le valigie e rimettere a posto tutto quello che avevo riportato, poi ho cenato... più o meno...


Ricordo che mia madre diceva che da piccola avevo sempre rifiutato gli omogeneizzati e ora capisco perché: fanno proprio schifo!
Nei giorni successivi ho introdotto pasta e riso, ma faccio ancora tanta fatica a mangiare, ho sempre un sapore cattivo in bocca e la digestione è difficile anche con i cibi più leggeri. Pazienza, bisogna tenere conto della resezione intestinale, ma anche del lungo digiuno e del bombardamento di antibiotici, due per tre volte al giorno per otto giorni: ci vorrà tempo perché la situazione si normalizzi.
Nel frattempo cerco di riposare. In questi primi giorni a casa ho dormito tantissimo, anche se il sonno è stato molto spezzettato, sia di giorno che di notte: in ospedale avevo accumulato un forte arretrato, perché la notte venivo svegliata molto spesso dalla coinquilina e di giorno riuscivo a fare solo brevi pisolini. Qui ho Renato che mi coccola, la mia tana morbida e calda, i miei gatti (adesso c'è Penny al mio fianco) e tutta la tranquillità di cui ho bisogno: mi riprenderò.
Martedì devo tornare a Padova per la visita chirurgica di controllo e la rimozione dei punti, poi dovremo programmare la ripresa della chemio e l'intervento per rimuovere i calcoli vescicali, ma ci penserò dopo, adesso la priorità è stare meglio.

E ora, nel bene e nel male, diamo a Cesare quel che è di Cesare!
  • Ovazione al personale di reparto, infermieri e OSS, che si è occupato di me con grande professionalità, attenzione e umanità e che ha dimostrato doti sovrumane di pazienza con la coinquilina, che negli ultimi giorni è stata particolarmente capricciosa.
  • Un applauso per il medico responsabile della chirurgia di sarcomi, che ha fatto personalmente il giro in corsia tutte le mattine, inclusi sabato e domenica! 
  • Come sempre, un monumento alla mia oncologa, che si è sempre tenuta in contatto ed è passata a trovarmi al rientro da una serie di convegni in Italia e all'estero. 
  • Una benedizione al port, che mi ha evitato la necessità di tenere a lungo l'agocannula, rimossa definitivamente un paio di giorni dopo l'intervento: un sollievo e una grande comodità.
  • Grande perplessità per le psicologhe ospedaliere, che si sono presentate uno dei primi giorni, mi hanno chiesto di compilare un questionario, hanno detto che sarebbero tornate e sono scomparse. Non che sentissi il bisogno della loro assistenza, ma è la quarta volta che mi succede, in ospedali e reparti diversi: arrivano, fanno qualche domanda, promettono di tornare e non si fanno più vedere. Magari sono io che le spavento, boh...
  • Ancora una bocciatura per i tecnici che progettano e realizzano i bagni in reparto: maniglione su un solo lato del WC, quello sbagliato per me, niente maniglione vicino al lavandino, assenza del sedile doccia, maniglione doccia fissato a un'altezza completamente sbagliata, doccetta da bidet priva del comando a leva e scomoda da manovrare (la coinquilina ha allagato il bagno più volte, ma la capisco perché anch'io che ho molta familiarità con l'uso di questo strumento ho dovuto ingegnarmi parecchio per non combinare disastri). Le specifiche tecniche per l'accessibilità dei servizi igienici sono stabilite per legge, ma evidentemente leggere quelle venti righe è troppo faticoso. 🤬🤬🤬
  • Ma diamo anche a Dio quel che è di Dio. Forse ricorderete che in passato non ho avuto rapporti particolarmente felici con i cappellani ospedalieri, ma quello che è venuto allo IOV è stato gentile e discreto, per nulla invadente o insistente; ha recitato una preghiera con la compagna di stanza e vedendo che io non partecipavo, si è limitato a farmi gli auguri. Bravo don Nicola!

1 commento:

  1. Quando mi ero rotta la madibola e per due mesi abbondanti non ho potuto mangiare ma solo bere, e detestando gli omogeneizzati, avevo trovato questo escamotage: usavo le proteine in polvere, di sapore neutro, di soia, in un brodo (vegetale o di carne). Potendo solo bere ci aggiungevo fibre in polvere, solubili. Oppure le farine lattee per bambini.
    Quanto alle psicologhe, può darsi che in base al questionario decidessero chi aveva bisogno di supporto e chi no (tu tra questi), ma almeno tornare a salutare e dire che eri brava ad arrangiarti già da sola sarebbe stato doveroso. Soprattutto se avevano promesso di tornare.

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