mercoledì 28 febbraio 2018

Quando va bene

Tour di controlli trimestrali completato. Più o meno.
Dal punto di vista oncologico, i risultati degli esami sono sostanzialmente buoni. L'ecografia non ha rilevato noduli sospetti, solo edema e fibrosi dei tessuti in tutta la zona interessata dall'ultimo intervento. C'è però un sospetto problema di circolazione venosa, per cui ho vinto la prescrizione per un eco doppler. Le analisi del sangue non sono belle, ma nemmeno preoccupanti: globuli bianchi bassi (sai che novità...), colesterolo alto (idem), parametri epatici "un po' mossi", secondo la definizione dell'oncologa.

La visita oncologica di ieri era partita male.
Sono arrivata puntuale, in tempo per passare allo sportello dell'accettazione e sistemarmi in sala d'attesa cinque minuti prima dell'orario previsto per la visita. In previsione di un'eventuale ritardo, mi ero attrezzata con la saga completa di Harry Potter in e-book, una lettura che riesce sempre a rallegrarmi.


Dopo un'ora e mezza abbondante di attesa durante la quale erano stati chiamati tutti i pazienti arrivati prima di me e anche diversi che erano arrivati dopo, nemmeno Harry Potter riusciva più a conservare il mio buonumore. Ormai piuttosto seccata, dopo aver chiesto notizie ad alcune infermiere di passaggio che non sapevano darmi risposta, sono finalmente riuscita a intercettare quella giusta, che ha identificato l'ambulatorio a cui ero destinata e ha verificato con l'oncologa, rassicurandomi: ero la successiva in lista. Quando finalmente è arrivato il mio turno, la dottoressa ha detto: "Ma io l'avevo già chiamata e lei non si è presentata: numero 20!" Peccato che io avessi il 19.
Comunque poi si è fatta perdonare. Fin dall'inizio del colloquio è stato chiaro che aveva letto la cartella e conosceva la mia situazione, cosa che dovrebbe essere la regola, ma non è affatto scontata nei reparti che scelgono di non assegnare i pazienti sempre allo stesso medico. Ha preso visione dei referti, li ha confrontati con gli esiti degli esami precedenti e mi ha prescritto la ripetizione delle analisi del sangue tra un mese, con la raccomandazione di stare un po' a dieta, e il prossimo controllo oncologico, con TAC, a maggio.
Quando le ho detto che sarei dovuta tornare giovedì, cioè domani, per le altre due visite, radioterapica e chirurgica, ha sbarrato gli occhi: "Ma non è possibile! Perché non le hanno fissato gli appuntamenti tutti insieme?". Dopodiché è partita con il piglio di un bulldozer verso un ambulatorio poco distante, dove stava visitando il mio radioterapista, e l'ha convinto a ricevermi il giorno stesso. Le ho chiesto come dovevo fare per la visita chirurgica e ha risposto che due visite sono più che sufficienti per una valutazione collegiale e ci avrebbe pensato lei a riferire ai chirurghi.
Ancora una mezz'ora in compagnia di Harry Potter, poi il radioterapista mi ha chiamata. Pensavo che la visita sarebbe stata quasi una formalità, invece si è soffermato sui dolori alla gamba: sospetta una neurite e teme che possa degenerare in dolore cronico, quindi vuole farmi visitare dal suo collega che si occupa di terapia del dolore. Ha anche prescritto una visita urologica.

Riepilogando: il controllo trimestrale è andato bene, quindi ho vinto:
  • analisi del sangue fra 1 mese e a inizio maggio
  • eco doppler arti inferiori il mese prossimo
  • TAC torace/addome/gamba a maggio
  • visita antalgica in data da stabilire
  • visita urologica in data da stabilire
  • visita oncologica a fine maggio
  • visita radioterapica a fine maggio
Figuriamoci se fosse andato male...

sabato 17 febbraio 2018

Cose da venerdì

Premessa: il mio lavoro dipendente consiste nella gestione di una piccola rete di teleriscaldamento, per la quale mi occupo anche del Servizio Clienti.

Ieri, tarda mattinata, ufficio.
Una collega dell'Amministrazione mi telefona perché un'utente che è lì per pagare la bolletta avrebbe alcune domande tecniche relative all'impianto di teleriscaldamento. Le dico di mandarla nel mio ufficio: non è giorno di Sportello Clienti ma, entro i limiti del mio orario part-time, sono sempre a disposizione degli utenti, è il mio lavoro.
Ci vuole qualche minuto, perché gli uffici dell'Amministrazione sono in un altro edificio. Nel frattempo apro l'anagrafica cliente e mi collego al sistema di telecontrollo per visualizzare l'impianto della signora e prepararmi a rispondere alle sue domande.
Il software mi chiede nome utente e password.
Io, candidamente, digito il nome utente. Quello della signora. E mi stupisco pure quando il programma non si apre.
Meno male che è venerdì e manca solo mezz'ora alla fine della giornata lavorativa, così le probabilità di fare danni sono abbastanza ridotte.

Il fisico invece ha ancora da lavorare: ultima seduta di fisioterapia, con esercizi faticosi e a tratti dolorosi.
Questo ciclo, a cui ho affiancato anche il ritorno in piscina e l'utilizzo di uno speciale bendaggio notturno per aiutare la circolazione linfatica, non ha prodotto tutti i risultati sperati. Ho migliorato la mobilità dell'anca e ridotto i problemi al quadricipite, ma i dolori all'inguine ci sono ancora tutti, forse anche più forti.
Speravo meglio, ma pazienza, giriamo pagina e andiamo avanti, che c'è ancora molto da fare.
Domattina si parte presto, prestissimo: destinazione Velletri!



venerdì 2 febbraio 2018

Intorno alla morte


La morte, intesa come momento in cui la vita finisce, non mi spaventa.
Mi seccherebbe parecchio se arrivasse prima della vecchiaia, ma è un'ipotesi che mi crea fastidio, non paura. In fondo, tutti dobbiamo morire, prima o poi: tanto vale farsene una ragione.
Non credo nell'aldilà, nella sopravvivenza dell'anima o nella reincarnazione. Immagino che morire sia una specie di blackout definitivo: a un certo punto la mente si spegne e finisce tutto. Niente più pensieri o sensazioni, niente dolore, rimpianto o nostalgia. In un istante, si smette di esistere e basta; non mi pare qualcosa di cui avere paura.

Ma pensare alla morte solo come al momento in cui la scintilla della vita si spegne è riduttivo: la morte ha un prima e un dopo, ha un protagonista e tante comparse.
Il vero dramma non è nella morte, ma tutto intorno.
Nella sofferenza del corpo, che può diventare un buco nero di tormento in cui ogni altra cosa si annulla.
Nel rimpianto per ciò che non è stato e nel rammarico per ciò che non potrà essere.
Nel dolore lacerante della separazione.

Un amico pochi giorni fa ha perso la compagna della sua vita e della sua anima. Non ho nemmeno il coraggio di immaginare la sua sofferenza, la fatica di affrontare un giorno dopo l'altro senza un pezzo di cuore.
Mi angoscia pensare a quanto sia stato doloroso per Anna sapere che non avrebbe visto crescere le sue figlie, quanto sia difficile per Angelo andare avanti senza di lei.

Non ho paura della morte. Ho paura di quello che c'è intorno.