sabato 26 dicembre 2020

Fine di un viaggio

Il tuo cammino, quello che mai avrei voluto che tu percorressi e che hai affrontato fino in fondo con coraggio e dignità, è giunto al termine la mattina di Natale. 

Una vita di lavoro, famiglia e volontariato, quello vero, fatto in silenzio, che non cerca la luce dei riflettori ma porta tanta luce nel mondo. 
Anni di impegno in AVIS e AIDO, ore e ore ogni mese davanti al computer, in un angolo del magazzino o nella taverna di casa tua, ad aggiornare gli archivi, a preparare le cartoline di chiamata per i donatori, gli elenchi per le benemerenze, le convocazioni di assemblea. Mi piace pensare di esserti stata d'aiuto, in questo.

Spero che prima di addormentarti per l'ultima volta, tu ti sia voltato a guardare indietro, alla tua vita, e abbia visto quanto è stata buona e ricca.
Sei stato un grande dono per tutti noi; ora riposa, caro amico mio.



lunedì 21 dicembre 2020

Solstizio d'inverno

21 dicembre, solstizio d'inverno: un giorno che amo particolarmente, che per me ha sempre avuto un significato speciale: è la fine del percorso verso l'oscurità e l'inizio di quello verso la luce. 
È il giorno della speranza, in cui si guarda al futuro.


E quando proprio il giorno del solstizio d'inverno arriva il referto della TAC che dice che va tutto bene, il futuro appare luminoso e pieno di promesse.

sabato 19 dicembre 2020

Gattino pucciante

Sui social girano decine di migliaia di fotografie di gattini pucciosi. 
Con una dotazione di sei felini, posso forse lasciarmi sfuggire l'occasione di pubblicare contenuti di tendenza? 
Ma certo che sì: non abbiamo gattini pucciosi, noi.

Ho già raccontato che con Ettore gioco spesso a Topo! Gli lancio uno dei suoi topini giocattolo, lui va a riprenderlo e me lo riporta, io lo lancio di nuovo e avanti così.


A volte ci vuole un po' prima che Ettore riporti il topino, perché si ferma a giocarci e lo perdo di vista: va in un'altra stanza oppure si infila sotto il letto o sotto il divano. Dopo un po' però torna, con piglio battagliero e topino in bocca. 
La prima volta che ha riportato il topino completamente inzuppato, ho pensato che giocando l'avesse fatto cadere inavvertitamente nella ciotola dell'acqua. Poi però è accaduto di nuovo: una, due, tre, dieci volte. Non è un caso. Ogni tanto, Ettore prende il suo topino e va a pucciarlo nella ciotola dell'acqua. Perché lo faccia, non è dato sapere.

Gattini pucciosi?
Noi siamo oltre: abbiamo il gattino pucciante!


 (va bene, lo ammetto: è anche puccioso!)

lunedì 14 dicembre 2020

La pulzella in pericolo

La scorsa settimana, dalla portafinestra del salotto, avevo visto Penelope in difficoltà. Era salita chissà come sul davanzale della finestra della lavanderia, a circa 190 centimetri da terra, e non sapeva come scendere, perché lì sotto ci sono le biciclette, che non offrono certo un piano sicuro e stabile su cui saltare. Sporgeva una zampetta, la tirava indietro, si guardava intorno con gli occhi sgranati, tentava di nuovo, rinunciava.
Ero a casa da sola; come aiutarla?

Ancora una volta, ho ho fatto ricorso alla necessaria dose di ingegno dell'ingegnere.
Con il deambulatore, mi sono avvicinata alla finestra più possibile, per quanto mi consentivano le biciclette parcheggiate, che per me sarebbero state davvero difficili da spostare. Ho preso uno dei cestini in vimini che teniamo sul tavolo da giardino perché i gatti li usano come cucce quando hanno voglia di stare all'aperto. Mi sono appoggiata ben bene al muro per non perdere l'equilibrio e ho sollevato con due mani il cestino, portandolo poco sotto al davanzale in modo che Penny potesse saltarci dentro. Lei era titubante, l'ho incoraggiata con qualche parolina dolce e alla fine si è fidata: è scesa nel cestino ed è rimasta lì ferma e tranquilla fino mentre lo abbassavo lentamente e lo posavo sul tavolo da giardino e benedicevo il fatto che Penelope sia molto più piccola e leggera di suo fratello, poi è scesa tutta contenta e fusante. Cara Pennydolce!


Stamattina quando ho aperto la solita portafinestra, l'ho vista di nuovo sullo stesso davanzale, accucciata in posa rilassata, con le zampette anteriori elegantemente incrociate.
Mi è venuto un dubbio, confermato meno di un minuto dopo, quando è entrata dalla gattaiola in assoluta tranquillità. 
La dolce gattina, tanto timida e spaventata, è perfettamente in grado di scendere da sola.

Mi sento un po' pirla.

domenica 13 dicembre 2020

Una storia meravigliosa

Sono stata in dubbio per mesi sull'opportunità di raccontare questa storia, perché non sono sicura che alcuni dei protagonisti gradiscano che si parli di loro. Però alla fine ho deciso di farlo, perché le storie belle dovrebbero sempre essere raccontate e in questo periodo buio abbiamo tanto bisogno di tutto quello che fa bene al cuore.
Ma anche dopo aver preso questa decisione, ci ho messo un po' a scrivere il post, perché ogni volta che ne parlo, o anche solo ci penso, mi commuovo e non è mica facile scrivere con le lacrime che annebbiano la vista!

Questa storia inizia esattamente un anno fa, a dicembre del 2019.
Un collega di lavoro mi aveva accompagnato in ospedale per una delle sedute di fisioterapia e gli avevo parlato della mia intenzione di acquistare un'auto e farla adattare, per poter di nuovo guidare e muovermi in autonomia. Non sapevo di aver piantato il seme di una storia meravigliosa.

Qualche giorno dopo, mentre lavoravo da casa in smart working, mi è arrivato un messaggio dall'ufficio: avevano bisogno di parlarmi. Ok, quando volete! Pensavo che volessero discutere una pratica che stavamo portando avanti in quel periodo. Sbagliavo completamente.
Roberto, il collega che mi aveva accompagnato alla seduta di fisioterapia, voleva sottopormi un progetto che aveva ideato ed elaborato dopo la nostra conversazione. Aveva pensato di proporre ai colleghi dell'ufficio di regalarmi un giorno di ferie ciascuno, per aiutarmi a sostenere le spese di acquisto e adattamento della nuova macchina.
Aveva già parlato con alcuni di loro, ottenendo adesione immediata, e insieme avevano verificato la fattibilità dell'iniziativa con l'ufficio del personale, che aveva confermato la possibilità di convertire i giorni di ferie "regalati" in denaro. Insomma, avevano già studiato tutto, ma voleva il mio consenso prima di procedere ufficialmente.

Non mi ricordo bene il resto della telefonata, perché a quel punto stavo già piangendo come una fontana. 
Mi aveva profondamente commosso che volessero aiutarmi, e avevano sottolineato di tenerci molto, e che avessero elaborato una soluzione così originale per farlo. Avrei voluto riuscire a manifestare tutta la gratitudine per quel gesto tanto generoso, ma ero così sorpresa ed emozionata, che credo di essere riuscita a malapena a balbettare un "grazie".
Ero in attesa dell'esito della prima TAC di controllo dopo l'amputazione, quindi ho chiesto qualche giorno di tempo per dare una risposta, non volevo che avviassero l'iniziativa con il rischio che un eventuale esito sfavorevole facesse saltare il progetto prima ancora di cominciare. Poi le cose sono andate bene e ho dato l'ok.

Non avevo mai calcolato prima quanto potesse valere un giorno di ferie e non l'ho fatto neppure dopo, non era importante. La cosa bellissima era il gesto generoso, il desiderio di aiutarmi a riconquistare una bella fetta di autonomia e di libertà.
Avevo immaginato che forse avrei potuto permettermi un optional in più, la vernice metallizzata o il portellone elettrico, che per me è particolarmente utile. 
Di nuovo, sbagliavo clamorosamente. 

A inizio 2020 ho cominciato a valutare i vari modelli e a visitare le prime concessionarie, poi è arrivato il lockdown a fermare tutto, ma non tutti si sono fermati: i miei colleghi hanno continuato a portare avanti il loro progetto di solidarietà.
Alla fine di maggio mi è arrivata una telefonata: erano l'amministratore delegato e il responsabile del personale che mi comunicavano il completamento della sottoscrizione, a cui avevano partecipato non solo i colleghi del mio ufficio ma anche quelli che lavorano in centrale, e tante, tantissime persone delle altre aziende del Gruppo. E alla fine, l'amministratore delegato e la proprietà hanno raddoppiato la cifra raccolta.

Quello che mi hanno regalato quelle persone meravigliose non è servito per un paio di optional.
Ci ho pagato più dell'ottanta per cento della macchina e delle spese di adattamento.


L'ho ritirata lunedì sera, con tanta emozione: il valore di questa automobile è infinitamente superiore al suo prezzo.
Non so quanti giorni di ferie siano stati raccolti per raggiungere una cifra così importante, ma devono essere davvero tanti ed è questa la cosa davvero speciale: il pensiero che tutte queste persone abbiano voluto manifestarmi la loro solidarietà mi commuove profondamente. 

Non trovo le parole per esprimere la mia gratitudine per chi ha costruito per me questa storia meravigliosa: Roberto, gli altri colleghi e l'amministratore delegato di Zignago Power, il personale Zignago Holding, Zignago Servizi, La Vecchia, Multitecno e Cantine Santa Margherita e la famiglia Marzotto.

Forse alcuni di loro avrebbero preferito non essere citati, ma quello che hanno fatto è davvero straordinario e io credo che dovrebbe fare il giro del mondo.





giovedì 10 dicembre 2020

Carrozzata a nuovo

Solo dopo aver ricevuto un paio di messaggi di persone preoccupate perché non scrivo da un po', ho realizzato quanto tempo sia passato dall'ultimo post.
Tranquilli, non è successo niente di grave, sono solo stata impegnata con il lavoro a tempo molto più che pieno per aiutare un collega a portare a termine un progetto in cui le mie competenze potevano essere di aiuto. È stato faticosissimo, ma anche piacevole e gratificante, perché ho ripreso in mano dopo tanto tempo il mio "vecchio" lavoro e soprattutto perché ho lavorato con una persona capace e motivata, è stato un grande lavoro di squadra e abbiamo portato a casa il risultato.

Nel frattempo si sono mosse anche altre cose, ve ne parlerò nei prossimi giorni, ma una è arrivata a compimento proprio stasera: signore e signori, ecco a voi la mia nuova fuoriserie!


Più stretta, più maneggevole, più fashion e molto, molto più leggera!
Stay tuned, a breve nuovi aggiornamenti!

martedì 24 novembre 2020

Nuovi modi di fare teatro

Domani sera si torna in scena, in un modo completamente nuovo, compatibile con le limitazioni imposte dal coronavirus.


In occasione della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne faremo una diretta su Facebook del nostro spettacolo Femmine da Morire in forma ridotta: sei brevi monologhi, tutti al femminile.
Storie forti, difficili, che fanno male e proprio per questo devono essere raccontate e devono essere ascoltate.
Credetemi, ne vale la pena.
Vi aspetto!

venerdì 20 novembre 2020

Stilettate

Quelle del calendario che ti ricorda che oggi è il compleanno di Sara

Quelle del post di Angelo che ti ricorda che oggi è l'anniversario della morte di Anna.

Quelle di Francesca che ha da poco perso il suo compagno. E di Flavia che il compagno l'ha perso qualche mese fa. E di Antonella e Maria Grazia che l'hanno perso da anni, ma il dolore morde ancora. 

Il dolore di mille compagni, genitori, figli, fratelli, amici...

Il dolore dell'assenza, quello che fa male davvero.


mercoledì 18 novembre 2020

A volte va così

Brutta notte, quella appena passata. Ma bruttabrutta.
Ieri a chi mi chiedeva come stavo avevo risposto "benissimo" ed ero assolutamente sincera. Sono stata bene fino al momento di andare a letto, poi non so cosa sia successo, ma la situazione è cambiata completamente.
Appena mi sono infilata sotto al piumone, sono stata assalita dalle tigri cattive, cattivissime.


Tutte le terminazioni nervose del moncone sembravano impazzite: dolori lancinanti all'arto fantasma, spasmi muscolari (ho scoperto che si chiamano miocloni, che fa tanto Star Wars) e pelle ipersensibile; avevo provato a massaggiare leggermente - a volte aiuta - ma era tutto un grumo di dolore.
Non ho aspettato a lungo, ormai ho imparato a riconoscere le situazioni da cui non riesco a uscire senza aiuto, e ho preso le gocce: dose singola. Dopo due ore, la situazione era praticamente invariata: stilettate all'arto fantasma più o meno ogni quindici secondi e miocloni a ripetizione. 
Ho preso altre gocce, mezza dose, ma dopo due ore, ancora nessun effetto.

Con grandissima riluttanza, mi sono rassegnata a prendere un altro farmaco, una combinazione di oppiaceo a basso dosaggio e paracetamolo. Sono sempre restia ad assumere analgesici, figuriamoci a mescolarli; ci ho pensato un bel po' e ho aspettato, in modo da far passare qualche ora dalla precedente assunzione, ma la situazione era davvero pesante e non vedevo altra via di uscita.
Anche questo ha funzionato solo parzialmente, ma dopo altre due ore la frequenza e l'intensità dei morsi di tigre si erano ridotte abbastanza da consentirmi di prendere sonno.
Ormai erano quasi le otto del mattino, ma per fortuna oggi avevo preso ferie. Ho dormicchiato, poco e male, fino alle undici, un sonno disturbato e con molte interruzioni.

I farmaci non sono stati molto efficaci contro il dolore, ma non mi hanno risparmiato gli effetti collaterali: dopo nove ore dall'ultima assunzione, ero ancora intontita, avevo un po' di nausea e capogiri. Ora credo finalmente di aver smaltito... e le tigri graffiano di nuovo, anche se meno forte.
Mi resta sempre una domanda: ma davvero c'è gente che prende queste sostanze per puro piacere? 😳

lunedì 9 novembre 2020

Diario felino - La scorta

Caro diario,
Si avvicina l'inverno, le giornate si accorciano e quando l'umano torna dal lavoro, fuori è già buio; se l'umana vuole fare una sgambata con le stampelle lungo la via, deve uscire più presto, all'ora di pranzo o nel primo pomeriggio, quando lui non c'è. Da sola.



Ma stiamo scherzando? 
Davvero avete pensato anche per un solo momento che potrei lasciarla andare per strada da sola?
Dovunque io mi trovi, qualunque cosa io stia facendo, quando lei mette la scarpa e prende le stampelle, io arrivo. E la accompagno, sempre, perché adesso sono io il Custode.

Stamattina c'è stato un falso allarme, è uscita con il deambulatore e io sono corso fuori, ma era solo per prendere un pacchetto che il corriere aveva lasciato sulla colonnina del cancello, è rientrata subito. Dopo pranzo invece è uscita due volte, dice che ha bisogno di fare più esercizio.
Durante la passeggiata non le sto troppo vicino, per non rischiare di farla inciampare, mi tengo a pochi metri di distanza, ma non la perdo mai di vista. Per lo più la seguo, ma ogni tanto scatto in avanti a controllare il percorso e poi la aspetto. Quando rientra, verifico che sia ben sistemata sulla sedia a rotelle, poi torno a occuparmi dei fatti miei.

Anche i piccoli stanno imparando: le prime volte rimanevano in giardino o al massimo davanti al cancello, pronti a rientrare al minimo rumore. Edison, che è il più coraggioso, osava allontanarsi di una decina di metri.
Oggi pomeriggio non c'era movimento per strada e hanno preso coraggio, sono venuti tutti quasi fino in fondo alla via, anche se non l'hanno seguita con la mia stessa attenzione, si distraevano spesso a guardare dentro ai giardini. Impareranno.
Comunque è stata una scena mitica: l'umana monozampa con sei felini a fare da scorta.



                          Aki




giovedì 5 novembre 2020

Diario felino - Perplesso

Caro diario,
negli ultimi giorni Aki ha catturato un sacco di prede, deve aver trovato un nido di pantegane nei campi dietro casa e ne ha già prese tre, belle grosse; le ha portate a casa intere, testa, zampe, coda e tutto.


È anche gentile con le sue prede, sia le pantegane che i topi piccoli e i ramarri: le porta in casa, quasi sempre morte, e ce le lascia a disposizione per giocarci. Io però non ci sono mai riuscito, perché gli umani le fanno sparire immediatamente, appena le vedono: probabilmente le trovano particolarmente buone, ecco perché sono così contenti quando Aki le porta, infatti lo ringraziano tantissimo e gli fanno un sacco di coccole e complimenti. Ai nostri umani piace molto mangiare.

Io vorrei che gli umani facessero anche a me tanti complimenti, allora ho pensato di portare anch'io qualcosa da mangiare, solo che non sono capace di prendere le pantegane e i ramarri come Aki e se prendo le locuste, se le mangia mia sorella.
Però ho pensato che gli umani non sono carnivori come noi gatti, loro sono onnivori e devono mangiare anche tanti vegetali, dicono che fa tanto bene alla loro salute.
Allora negli ultimi giorni ho cominciato a portare in casa foglie secche, rametti, pezzetti di corteccia e anche piccole zolle di terra con un po' di erba attaccata. 


All'inizio lasciavo i miei regali sul pavimento del salotto o della cucina, come fa Aki, ma nessuno mi faceva i complimenti. Allora ho provato a lasciarli sul divano in salotto, proprio dove si siede l'umana quando lavora.
Ho pensato che forse non sa come si mangiano e le ho fatto vedere che si possono masticare e ridurre in pezzettini piccoli piccoli. Ancora niente complimenti, al massimo dice "Ettore!" e sospira, poi raccoglie tutti i pezzetti con quell'aggeggio rumoroso che aspira.
Non capisco...


                  Ettore


giovedì 29 ottobre 2020

Diario felino - Associazione a delinquere

Caro diario,
Ieri in salotto è comparso il trasportino.
Il trasportino non è mai un buon segno: significa veterinario e il veterinario è un posto bruttissimo in cui succedono cose orribili.

Eravamo tutti un po' agitati, per il trasportino, ma non è successo niente fino alle cinque e mezza del pomeriggio, quando è tornato l'umano. Ha catturato Edison, l'ha infilato nel trasportino e l'ha chiuso dentro, parlando di visita pre-sterilizzazione, che non sappiamo cosa sia, sicuramente qualcosa di brutto.
Poi l'umano è andato a cercare Penelope, che però aveva annusato  il pericolo ed era scappata in giardino. 

Edison si agitava come un matto e cercava di sfondare le sbarre della gabbia, allora noi ci siamo avvicinati per aiutarlo. A furia di tirare, spingere e graffiare, alla fine siamo riusciti a sbloccare i fermi e aprire la porta, così Edison è evaso.
L'umano era arrabbiatissimo. Ha provato a riprenderlo, ma Edison è grande e forte e ormai era spaventato, si è messo a mordere e graffiare e l'umano ha dovuto lasciarlo andare. 


Penny ha continuato a tenersi alla larga fino a quando il trasportino è stato riportato in garage.
Visita veterinaria rinviata: grande lavoro di squadra, siamo stati bravissimi! 


 Ettore e Matilde  




domenica 25 ottobre 2020

Conversazioni domestiche - Il dolce

Io, speranzosa: "Hai voglia di uscire?"
Lui, lapidario: "No."
Io, delusa: "Ah."
Lui, conciliante: "Perché?"
Io, vagamente ottimista: "Avevo voglia di gelato..."
Silenzio.

Se non si fosse capito l'obiettivo era che lui uscisse a prendere una vaschetta di gelato da asporto mentre io aspettavo comodamente sul divano.
Vabbè, prendo atto che la faccenda di Maometto e la montagna non ha funzionato, probabilmente perché io non sono Maometto. 
A me però è rimasta la voglia di una cosa dolce.
Niente torte, non mi va di accendere il forno (bugia: la verità è che ho voglia di dolce adesso, non fra due ore). Inventario mentale per capire se riesco a mettere insieme una cosa fredda. In frigorifero non c'è granché, domani bisogna fare spesa, altrimenti aprendolo ne uscirà soltanto l'eco. Escludendo gli ingredienti difficilmente utilizzabili per un dolce, come il cren o lo speck (per carità, mai dire mai, ma oggi non mi sento così creativa), ho una confezione di ricotta già aperta, ne saranno rimasti forse 180 grammi, e qualche uovo. Fuori dal frigo ci sono alcune mele verdi e la scatola delle briciole, in cui raccolgo periodicamente quello che resta sul fondo della biscottiera.


Ho tagliato due mele a cubetti e le ho spadellate con un cucchiaino da caffè di cannella e tre di zucchero di canna, poi le ho lasciate raffreddare.
Ho montato un tuorlo con un cucchiaino di zucchero bianco poi ho aggiunto la ricotta, frullando fino a ottenere una crema omogenea a cui ho aggiunto delicatamente l'albume, montato a neve ferma con un cucchiaino di zucchero a velo.
Sul fondo di due bicchieri capienti ho fatto uno strato di briciole di biscotti, ho aggiunto metà dei cubetti di mela e un paio di cucchiai di crema di ricotta, poi di nuovo briciole, mele e crema. Una spolverata di cacao amaro, et voilà: crema di ricotta con mele!






sabato 24 ottobre 2020

L'ansia della lentezza

Ci tengo molto alla mia puntualità, da sempre, è un valore fondamentale per me: essere in ritardo anche solo di un minuto mi mette terribilmente a disagio. 
Sono molto più tollerante con i ritardi degli altri, se non provocano disguidi, ma apprezzo sicuramente di più le persone puntuali rispetto ai ritardatari.


Non so se sia una cosa innata oppure una reazione al fatto che mia madre considerasse invece puramente indicativi gli orari, cosa che, negli anni in cui i telefoni cellulari erano ancora fantascienza, ha cagionato non poche preoccupazioni alla nonna, rimasta troppe volte ad aspettarla per ore, con l'ansia che fosse successo qualcosa.


Dopo l'amputazione il mio rapporto con il tempo è un po' cambiato, ne avevo già scritto l'anno scorso
Ci impiego un'eternità a fare qualsiasi cosa e sto imparando con fatica a tenerne conto. 
Tutte le attività che richiedono movimento sono diventate lunghissime. Non solo la mia velocità di spostamento è piuttosto bassa, ma anche la capacità di spostare oggetti è parecchio limitata. Se uso le stampelle, posso portare con me solo quello che mi sta in tasca o al massimo in una borsa a tracolla, in ogni caso niente di pesante, altrimenti potrei perdere l'equilibrio. Va un po' meglio con il deambulatore, a cui tengo sempre appesa una borsa di cotone in cui posso mettere qualche oggetto non troppo ingombrante. Con la sedia a rotelle riesco a spostare anche oggetti più voluminosi e pesanti, eventualmente spingendomi con il piede se ho entrambe le mani occupate, ma ci vuole sempre un sacco di tempo, soprattutto se devo alzarmi per prendere o mettere via qualcosa. 


Anche quando sono alzata i tempi si allungano, perché posso prendere direttamente solo gli oggetti che sono letteralmente a portata di mano. A un bipede basta spostare il peso sull'altra gamba o tutt'al più fare mezzo passo per raggiungere un oggetto che si trova venti centimetri più in là della portata del proprio braccio, questione di due secondi. Io invece devo sedermi, spostare la carrozzina (dopo aver controllato di non avere gatti tra le ruote), alzarmi se necessario, prendere l'oggetto, sedermi, tornare al punto di partenza (sempre previo controllo presenza felini) e alzarmi di nuovo: minimo trenta secondi, se non ci sono gatti da spostare. Spesso inoltre non mi è possibile usare le mani per fare contemporaneamente due cose diverse, anche banali come mettere una stoviglia appena lavata sullo scolapiatti con una mano e chiudere il rubinetto con l'altra, perché rischio di perdere l'equilibrio. Tutto diventa lunghissimo.
Percepisco la differenza soprattutto nelle attività quotidiane più comuni: cucinare, lavarmi, dare da mangiare ai gatti, andare in bagno, svuotare la lavastoviglie... All'inizio ho sbagliato tante volte la programmazione dei pasti, perché non valutavo bene il tempo che mi sarebbe servito per le preparazioni in cucina. Per fortuna Renato non ha mai avuto la mania dei pasti a orario fisso, su questo anzi siamo molto flessibili.

Per lo più riesco a scendere a patti con questi tempi lunghi, in fondo è solo questione di organizzarsi per tempo, ma mi sono resa conto che ci sono situazioni in cui la lentezza mi crea un'ansia che non ho ancora imparato a gestire bene. 
Intanto però le ho identificate: li chiamo appuntamenti senza orario, sono quei casi in cui non viene definito un orario preciso, ma un intervallo di tempo: il corriere che passa "in giornata" o la persona che deve venire "nel pomeriggio". In questi casi, la lentezza può diventare un grosso problema per me.
Esempio concreto: se aspetto qualcuno il giovedì mattina, giorno in cui non lavoro, ho l'ansia di dovermi alzare presto, perché se suona il campanello mentre sono ancora a letto, non sono in grado di saltar su, vestirmi al volo e scendere di corsa. Ma ho anche l'ansia di non poter fare la mia ginnastica, perché anche per quella resto al piano superiore, sul pavimento del mio studio, e ci vuole tempo per alzarmi e scendere le scale. E se suona il campanello mentre sono in doccia? Insomma, finisce che mi alzo molto prima di quanto vorrei e salto la ginnastica. Ma non basta arrivare al piano terra per rilassarmi: il campanello potrebbe suonare mentre sono in bagno!

È chiaro che sono paranoie eccessive, razionalmente so benissimo che nemmeno una dotazione di zampe da millepiedi mi permetterebbe di aprire la porta mentre sono in doccia e non è certo una tragedia se chi suona aspetta un po', non muore nessuno nemmeno se rinuncia e se ne va: tornerà più tardi o un altro giorno. Però non rispondere velocemente al suono del campanello per me è come arrivare in ritardo, fonte di grande disagio. 
Forse però è solo una forma ansia da prestazione, perché è una situazione in cui percepisco in modo particolare le limitazioni legate alla disabilità e faccio fatica ad accettarle. Non lo so, ci sto ancora riflettendo e devo lavorarci su, sia per ridurre le occasioni in cui mi trovo a gestire questa difficoltà, sia per affrontarle in modo più rilassato.



venerdì 23 ottobre 2020

Concorso Gim, fra sogno e realtà

Anche quest'anno gli amici della Fondazione Edo ed Elvo Tempia di Biella organizzano il concorso letterario e fotografico Gim, fra sogno e realtà, uno spazio per la narrazione della malattia oncologica.

Qui il bando di concorso; la scadenza per l'invio degli elaborati è fissata al 31/12/2020.






sabato 17 ottobre 2020

Do i numeri (post noioso)

Nelle ultime settimane ho partecipato su Facebook ad alcune discussioni, utilizzando i dati di cui ero a conoscenza per chiarire dubbi e/o smentire affermazioni che mi risultavano imprecise o errate.
Questo non per dare lezioni di tutto a tutti e mostrare le mie conoscenze per sentirmi migliore, come ha scritto qualcuno, ma perché sono profondamente convinta che la cattiva informazione sia un gravissimo pericolo per la nostra società, a maggior ragione quando il tema è la salute, e se ho la possibilità di contrastarla, nel mio piccolo, cerco di farlo.
Da quei confronti, che in alcuni casi sono stati davvero interessanti, sono nati alcuni spunti di riflessione sulle modalità con cui ricerco le informazioni. Ho pensato di raccogliere i principali criteri che applico per informarmi su tema coronavirus, che poi si possono generalizzare per qualsiasi altro argomento, per condividerli e anche confrontarmi con chi fosse eventualmente interessato a discuterne.

Metto le mani avanti: ne è venuto fuori un pippone galattico, quindi se anche poco poco condividete l'opinione di cui sopra, saltatelo a piè pari e passate oltre.
Io vi ho avvertiti.


✅ MI FIDO

Nel marasma comunicativo di queste settimane, cerco di orientarmi ascoltando e confrontando diversi pareri, ma soprattutto guardando i numeri.
Rispolvero qualche reminiscenza dei corsi universitari di statistica per capire quali sono i dati significativi e dove si possono reperire valori aggiornati e affidabili, dove "affidabili" non significa che i numeri siano assolutamente esatti, ma statisticamente significativi, cioè che presi nel loro insieme forniscono un'immagine abbastanza fedele della realtà, da cui è possibile ricavare indicazioni ragionevoli sulla situazione attuale e la sua probabile evoluzione. Il tutto sempre con la consapevolezza che i numeri non dicono tutto, soprattutto in una situazione così complessa e mutevole.

So che molti non credono ai "dati ufficiali", soprattutto sui social serpeggia molta diffidenza verso le istituzioni, abbondantemente alimentata da chi ha interesse a screditarle. Sicuramente ci sono stati, e ci saranno sempre, casi di indicazioni contraddittorie e informazioni errate, talvolta diffuse anche in malafede, ma io continuo a pensare che i dati delle fonti istituzionali siano nel complesso affidabili, non sulla base di una fiducia cieca, ma perché sono il frutto del lavoro di tantissime persone e ritengo impensabile che siano tutti collusi e coinvolti in un fantomatico complotto mondiale per ingannare la popolazione. Bisogna poi fare attenzione a come questi dati vengono presentati e interpretati dai media, motivo per cui preferisco verificarli alla fonte.
Peraltro mi sfugge completamente la logica di chi è convinto che i dati "ufficiali" siano falsi, ma crede incondizionatamente a qualsiasi autoproclamato "esperto" e a tutti i meme che girano sui social.

Per i dati della pandemia, ci sono alcune fonti che ritengo particolarmente valide, senza escludere che ce ne siano altre, perché utilizzano metodi statistici consolidati e standardizzati e presentano i dati in maniera chiara e verificabile, indicandone l'origine e gli eventuali limiti relativi ai metodi di raccolta, .
Ci sono un sacco di dati interessanti, per chi ha il tempo e la pazienza di approfondirli, ma secondo me ne bastano pochi per farsi un'idea della situazione, almeno a grandi linee, e per rispondere a qualche domanda fondamentale
  • Come vanno i contagi? Secondo me, male 😧
  • Le misure per contenere la diffusione del virus funzionano? Non abbastanza, mi pare; forse sarebbero sufficienti se tutti rispettassero le regole 😡
  • Il nostro sistema sanitario è in grado di gestire la situazione? Ora sì, ma l'andamento delle curve di ricovero mi preoccupa, sia perché la pendenza aumenta, sia perché i ricoveri di oggi vanno rapportati ai positivi di alcuni giorni fa, probabilmente c'è uno scostamento di circa una settimana, quindi è ragionevole attendersi un forte aumento nei prossimi giorni 😨
  • Il virus si è indebolito? Secondo me no, sta solo contagiando persone mediamente più giovani che hanno meno probabilità di sviluppare sintomi 😐 e viene curato meglio (v. punto successivo)
  • Le terapie contro il virus sono efficaci? Molto più di sei mesi fa, credo 😀

1. numero di positivi rilevati e percentuale di positivi rispetto al numero di tamponi effettuati

2. distribuzione della sintomatologia: asintomatici, paucisintomatici, sintomi lievi, severi o gravi - fonte ISS

3. andamento dei ricoveri

4. età e letalità (decessi/positivi) - fonte ISS


❌ NON MI FIDO

L'analisi dei dati mi aiuta anche a individuare le fonti non attendibili, che diffondono informazioni poco precise o addirittura completamente errate.
Nelle prime settimane della pandemia, di fronte a una situazione completamente nuova e sconosciuta, molti hanno commesso errori di valutazione anche madornali, azzardando interpretazioni, ipotesi e conclusioni sulla base di dati ancora troppo scarsi. Sbagliato, ma comprensibile e anche perdonabile, se hanno poi ammesso di aver preso cantonate e se ne sono scusati. Ma quando le informazioni disponibili aumentano, almeno la qualità della comunicazione specialistica dovrebbe migliorare.
Ci sta che chi non ha particolari conoscenze mediche e statistiche non sia in grado di valutare alcuni dati e dia credito, in buona fede, a qualcosa che ha letto o sentito; quando però chi è competente in materia - o dichiara di esserlo - commette errori grossolani, mi viene il serio dubbio che sia in malafede.
Non è una questione di titoli di studio né di notorietà, il principio di autorità non vale per la scienza: il valore di una teoria non dipende dal prestigio di chi la sostiene, ma dalla robustezza dei dati che la confermano.
Applicando questi ragionamenti, ho individuato alcune categorie di "sedicenti esperti" cui preferisco non fidarmi.
  • I candidati al Nobel. Le candidature rimangono segrete per 50 anni; chi proclama di essere stato candidato di recente, è un fanfarone.
  • Quelli che confrontano mele con pere. Chi ha un minimo di conoscenze statistiche dovrebbe sapere che non è corretto confrontare i dati quando cambiano le condizioni al contorno. Le percentuali di positivi a marzo, quando si effettuava il tampone quasi esclusivamente sulle persone con sintomi evidenti, non si possono paragonare a quelle di settembre/ottobre, rilevate con criteri di esecuzione dei tamponi completamente diversi.
  • Quelli che confrontano mele con bulloni. Che senso ha tirare in ballo i morti per tumore o diabete? Certo che si muore anche per altre cause. Dobbiamo forse smettere di preoccuparci del diabete perché si muore molto di più di patologie cardiovascolari e di cancro? È vero, il Covid non è ai primissimi posti tra le cause di morte, ma quelle che lo superano per incidenza non sono contagiose e questa è una differenza fondamentale. Siamo di fronte a una causa di morte che fino a un anno fa non esisteva e che in pochi mesi ha scalato la classifica e rischia seriamente di entrare nella top ten entro la fine dell'anno (attenzione: il grafico dinamico del link non parte dalla prima posizione di quello complessivo - v. immagine sottostante - ma dalla decima, che riguarda le patologie epatiche). È vero invece che la pandemia provoca anche un aumento delle morti cause diverse dal virus, perché quando gli ospedali sono al collasso per la gestione delle emergenze, vengono sacrificate le attività di controllo e prevenzione.
  • Le cattive compagnie. Ci sono numerosi siti specializzati in disinformazione, che ottengono ingenti profitti dalla diffusione intenzionale di notizie false o distorte, teorie del complotto e tesi negazioniste, in toni volutamente sensazionalistici che alimentano tensione e sfiducia verso le istituzioni. Ai proprietari e agli ospiti di queste fabbriche di letame, professionisti dell'information disorder, io non voglio regalare nemmeno un clic.
  • Quelli che non sanno contare. Chi ancora adesso afferma che il coronavirus sia poco più di un'influenza ha evidentemente grossi problemi con l'aritmetica. Nella stagione 2018-2019 in Italia ci sono stati poco più di 8 milioni di casi di influenza con 812 casi gravi e 205 decessi in 16 settimane (fonte ISS). Il 27 marzo 2020, in un solo giorno abbiamo avuto 972 morti e avevamo 3732 persone in terapia intensiva (fonte Ministero della Salute). Alla faccia dell'influenza.
  • Aspiranti meteorologi. Il virus non doveva sparire con l'estate? 
  • Confusi dalle preposizioni. È vero che si muore anche CON il virus, ma si muore soprattutto PER il virus. Nell'89% dei casi, per la precisione, secondo il rapporto ISTAT-ISS sulle cause di morte nei deceduti positivi a SARS-CoV-2 nel periodo gennaio-maggio. A quelli che se ne escono con perle di stampo nazista del tipo "tanto muoiono solo gli anziani e quelli con altre patologie" ricordo che tutti dobbiamo morire (anche loro), ma c'è una bella differenza tra morire adesso oppure fra settimane/mesi/anni.
  • Ipovedenti. Per capire che il numero di positivi non aumenta solo perché aumenta il numero di tamponi basta guardare l'andamento della percentuale di positivi nelle ultime settimane: l'impennata della linea rossa nel grafico 1 non dovrebbe lasciare adito a dubbi.
  • Astrofisici mancati. No, la probabilità di morire per COVID non è più bassa di quella di essere colpiti da un meteorite e non c'è nemmeno bisogno di scomodare la NASA per capirlo, basta contare quante persone nel mondo sono state colpite da un meteorite nell'ultimo anno (ma anche negli ultimi venti o trenta): zero.
  • Senza il senso della misura. No, le mascherine chirurgiche non provocano avvelenamento da anidride carbonica né cancro; diversi chimicimedicibiologi giornalisti e persino avvocati l'hanno spiegato sicuramente meglio di quanto possa fare io. Anche per questo comunque si potrebbe evitare di scomodare chimica, fisica e fisiologia, basta guardare quante persone la indossano da anni per molte ore al giorno senza subire alcun danno.
  • VIP. Da un medico secondo cui la situazione non è grave perché non sono morti personaggi famosi, io non mi farei curare nemmeno un'unghia incarnita.
  • Astrologi falliti: qualche mese fa si sono avventurati in previsioni che Nostradamus levati proprio, annunciando trionfalmente l'indebolimento del virus, la sua sconfitta, finanche la sua morte. A me pare ancora piuttosto vivace, robusto, agguerrito e per niente morto.
  • Esperti del Tubo. Tante persone fanno divulgazione scientifica in televisione, sui propri siti web, su YouTube e sui canali social. Ci sono medici e scienziati competenti e più che meritevoli, che oltre a pubblicare i risultati dei loro studi e ricerche attraverso i canali specialistici, nei quali sono sottoposti a verifica ed eventuale critica da parte di professionisti del settore, dedicano una parte del proprio tempo alla buona informazione in rete, spesso senza ricavarne alcun tornaconto ed esponendosi anzi a critiche e attacchi feroci. Ma ci sono anche quelli che divulgano le proprie opinioni, più o meno fondate, soltanto attraverso i media, sottoponendole unicamente al vaglio del pubblico e non della comunità scientifica. Nel caso migliore sono solo incompetenti, sinceramente convinti delle proprie idee, ma incapaci di sostenerle di fronte ai veri esperti delle materie di cui blaterano. Talvolta invece sono ciarlatani e truffatori di professione, che diffondono consapevolmente informazioni manipolate per ricavarne un tornaconto sicuramente di visibilità e notorietà personale, ma spesso anche economico, dato che like, visualizzazioni e condivisioni si traducono in lauti guadagni per chi pubblica professionalmente e/o vende prodotti e servizi collegati alle informazioni che diffonde.

Se siete arrivati fin qui, avete più pazienza di me.
Grazie!

domenica 11 ottobre 2020

Diario felino - I soprannomi

 Caro diario,

So che Fergus ha già accennato ai nostri soprannomi, ma è stata una descrizione molto parziale, l'argomento merita una trattazione più completa.
Partiamo dall'inizio

Aki


Aki viene chiamato Akipiccolo oppure Akibellissimo Gatto-orso Nonno-di-Heidi
Non so perché piccolo, dato che è il più grande di noi. Mi pare di aver capito che ci fosse un altro gatto qui prima di noi, un certo Gandalf, che era più grande di Aki, per quello lo chiamano piccolo. Però adesso che senso ha? Gli umani sono strani.
Anche su bellissimo ho molte riserve: io sono molto più bello, per esempio.
Gatto-orso invece è giusto, perché sta sempre per conto suo e non ci lascia quasi mai avvicinare.
Nonno-di-Heidi non so cosa vuol dire, ma gli umani ridono quando lo dicono, quindi è un complimento, credo.

Fergus


Fergus è quasi sempre Bru oppure, quando fa le coccole ai neri, CaroFergus o CaroBru, detto in con voce tenera.


A noi non fa quasi mai le coccole, anzi ci tira qualche zampata, quindi non capisco cosa ci sia da intenerirsi e dirgli caro.

Edison


Edison è Baffo oppure Gattone o Miciobellissimo; qualche volta anche Nerobru o Fogna.
Sulla storia del Baffo, niente da dire: il suo baffo bianco è sicuramente una caratteristica degna di nota. 


Anche Gattone va bene, perché è il più grosso tra noi piccoli, forse diventerà anche più grande di Aki e Fergus. Nerobru è perché ogni tanto anche lui fa Bru come Fergus, però Edison è nero.
Fogna è giusto: mangia un sacco e ruba sempre dalle ciotole degli altri. Appena vede riempire una ciotola, lui si sposta su quella, anche se la sua è ancora piena, e allora anche tutti gli altri devono spostarsi: i nostri pasti sembrano un balletto, 


Per quanto riguarda Miciobellissimo, vale quello che ho già detto su Aki: io sono più bello.

Penelope


Penelope è PennyPennydolcePennybella Pennypiccola.
In effetti è piccola, io sono già grande come lei anche se sono nato un mese dopo. 
Sul fatto che sia bella ho le mie riserve, ma devo ammettere che sembra molto dolce e timida, anche se non sono sicuro, qualche volta mi chiedo se ci è o ci fa, perché con la storia della micetta dolce, finisce che non la sgridano mai, nemmeno quando fa cose proibite come salire sul tavolo in cucina.
Quando mangiamo e comincia il balletto delle ciotole, lei rimane quasi sempre senza, perché non ha coraggio di rubarla a nessuno, si tira indietro. Allora va a mangiare più tardi, dopo che noi abbiamo finito, oppure qualche volta gli umani le mettono la ciotola lontano dalle nostre, così può mangiare in pace, senza balletto. Anche quando viene qualche umano estraneo Penny scappa a nascondersi, mentre io vado subito a presentarmi e fare 'micizia.


Sembra che questa sua dolcezza abbia un certo fascino non solo per gli umani: lei prova spesso ad avvicinarsi ad Aki, sempre molto delicatamente: un'annusatina oggi, uno strusciamento domani, e lui la lascia fare molto più di quanto faccia con tutti gli altri. Addirittura la settimana scorsa quando lei è andata a toccargli il naso con il suo, Aki le ha leccato la testa. Dovrebbero chiamarla Pennysanta, perché è stato un vero miracolo!

Matilde


Matilde, mia sorella, è Maty o Matypiccola; in effetti è la più piccola di tutti in casa, anche di Penelope. Che non si spiega, perché con tutto quello che mangia, dovrebbe essere più grande di Aki; infatti è anche Fogna, come Edison, oppure Fognetta, per distinguerli. Forse rimane piccola perché consuma tantissimo, è sempre in movimento e allora la chiamano Rampichina o Rampy perché si arrampica dappertutto, ma anche Rampy-Rompi, perché è molto invadente e rumorosa, soprattutto quando vuole da mangiare oppure le coccole e tormenta l'umana, interrompendo qualsiasi cosa lei stia facendo. Non vi dico quanto tempo sta impiegando a scrivere questo post, per esempio.


Qualche volta l'umana la chiama MatyMannara, perché quando ha gli attacchi di coccolite tira indietro le orecchie e le mordicchia il collo e il viso, assomiglia al professor Lupin di Harry Potter quando si trasforma in lupo mannaro. 

Ettore


Ma veniamo a me. Non sono per niente contento dei miei soprannomi.
Ettorino è assolutamente ingiusto, io non sono piccolo, sono già grande come Penelope, comunque più di Matilde. A pensarci bene però, nemmeno Ettorone mi piacerebbe.
Va meglio con Occhioni, però anche quello mi sembra un nome da micetto, non da gatto grande. Non si potrebbe avere qualcosa tipo RamboCat o Tigre?
L'umana mi chiama anche Topo! che non è esattamente il mio soprannome, ma è un gioco che facciamo insieme: io le porto uno dei miei topini di stoffa, lei me lo lancia dicendo appunto Topo! e io glielo riporto. E avanti così. Qualche volta facciamo sessioni di Topo! anche di notte, per esempio stanotte verso le tre abbiamo giocato per una mezz'oretta.


Ma il peggiore soprannome in assoluto è proprio quello che gli umani usano più spesso. Lo so che un po' è colpa mia, ma non lo faccio apposta, non riesco proprio a fare diversamente. Ecco, è un po' imbarazzante, mi vergogno a parlarne... Insomma: io non uso la lettiera.
Ci ho provato, giuro, ma è più forte di me, non ci riesco proprio. Forse se avessi una lettiera tutta per me, ma condividerla con gli altri... no, non mi è proprio possibile. Quindi la faccio fuori, di solito vicino alla lettiera oppure nella doccia. Gli umani mi hanno anche messo un sottovaso grande, quello lo uso per la pipì, quasi sempre. Prima, mentre l'umana era sul water, ho fatto la pipì nel bidet. Loro hanno capito che non lo faccio per dispetto e hanno smesso di sgridarmi... quasi. 
Però mi chiamano Puzzone.

                 

   Ettore

lunedì 5 ottobre 2020

L'ingegno dell'ingegnere

Mi telefona lo zio chiedendo se può passare da me perché non sa come effettuare un'operazione con il PC e ha bisogno di aiuto. Certo, volentieri, vieni pure subito!
Devo mettermi la mascherina e andare ad aprire il cancello, ma la sedia a rotelle è occupata da una meravigliosa divinità felina (notare il baffo bianco).


La leggenda narra che Maometto, pur di non disturbare la gatta che si era addormentata sulla sua veste, tagliò un lembo della veste per lasciarla dormire in pace.
Figuriamoci se io posso spostare Edison, prenderò il deambulatore.

Problema: il deambulatore si trova a circa un metro dal divano, impossibile raggiungerlo stando seduta e io non mi azzardo nemmeno per scherzo a saltellare su una gamba sola, che se poi cado, son volatili per diabetici.

Mi guardo intorno per cercare una soluzione. Sul mobile dietro al divano c'è la piccola tracolla che uso per portare i telefoni e altri piccoli oggetti quando mi muovo con le stampelle, in particolare quando devo salire o scendere le scale.


Mi siedo proprio sul bordo del divano e usando la cinghia come un lazo, catturo il deambulatore (al quarto tentativo, che vi credete!) e lo trascino verso di me.


Sarò mica ingegnere per niente!


PS: naturalmente la divinità felina è scesa dalla carrozzina veloce come un fulmine al suono del campanello.



EDIT: non sono così geniale da aver inventato la definizione "volatili per diabetici", l'ho sentita anni fa in un ufficio in cui mi trovavo per lavoro. Grazie all'avvocheto Giò, ho scoperto che è una citazione, l'originale è pronunciato da Lino Banfi nel film Fracchia la belva umana.

domenica 4 ottobre 2020

Risveglio

Domenica mattina, ore 7:46. Sto dormendo come una marmotta in letargo.


Il telefono aziendale inizia a suonare. 
Impiego alcuni secondi per aprire gli occhi, ricordarmi chi sono e dove mi trovo, prendere il telefono e rispondere.


- Servizio Clienti XXX, buongiorno
Ebbene sì, mi occupo (anche) del servizio clienti per una piccola rete di teleriscaldamento e il pronto intervento è attivo 24 ore su 24, 7 giorni su 7.
Dall'altra parte, una voce femminile.
- Buongiorno. Volevo segnalare che qui manca l'acqua.
Chi sei? Perché non ti presenti? La voce non mi è familiare, l'accento ancor meno, sicuramente non è originaria di queste parti, ma non conosco tutti i miei utenti. Vabbé, glielo chiederò dopo.


- Non avete acqua calda?
- No, manca proprio l'acqua, non ne esce nemmeno una goccia.
- Manca solo da lei oppure anche ai suoi vicini?
- Ho telefonato a mia figlia che abita qui vicino e anche lei è senza.
Ma benedetta donna, ti pare che sia un problema nostro?


- Allora non dipende dal teleriscaldamento, deve chiamare l'acquedotto, non noi.
- Che numero hanno?
- È scritto sulle bollette.
- Ma lei non lo sa?
E come no, ho l'intero elenco telefonico a memoria...


- No, signora.
- E allora?
Cerco di raccogliere un po' di pazienza con un respiro profondo e sorrido: aiutare gli utenti con gentilezza e disponibilità, sempre!


- Provo a cercarlo su Internet, aspetti un attimo.
Trovo il sito dell'acquedotto e la pagina con i numeri di pronto intervento.


- Eccomi: azienda YYY. Ha carta e penna?
- Ma non è l'azienda ZZZ?


- Signora, ma lei da dove chiama?
- Biella.


- Mi scusi, ma perché chiama noi, che siamo in provincia di Venezia?
- Ho fatto il numero che c'è sull'elenco.
- Che numero?
- 800 996 xxx
- Signora, ha sbagliato numero, questo è 800 999 xxx
- Ma l'ho trovato sull'elenco!
Respiro profondissimo, sto raschiando il fondo del barile della pazienza.


- Sì signora, il numero è quello, ma lei ha sbagliato a digitarlo.
- E allora cosa faccio?
Oh, ma ci fai o ci sei?


- Telefoni di nuovo facendo attenzione a fare il numero giusto. 
- Ma lei non lo sa, il numero?
Ma se non so il numero del mio acquedotto, ti pare che so quello del tuo?


- No signora, io sono dalla parte opposta dell'Italia!
- Ah, va bene.
Grazie? Buona giornata? Scusi per averla svegliata di domenica mattina all'alba? Macché...