domenica 31 luglio 2016

Diritti e rispetto

Diverse persone continuano a suggerirmi di prendere qualche giorno di ferie, di andare in vacanza.
Non intendo farlo.


Certo, una vacanza mi farebbe bene. Le vacanze permettono di scoprire luoghi e persone nuovi, di arricchirsi culturalmente. Le vacanze sono rilassanti e salutari: di solito in vacanza perdo anche qualche chilo, pur mangiando abbondantemente, perché faccio molta più attività fisica rispetto a quando lavoro; sono dimagrita persino in crociera. Con sei mesi di vacanze all'anno, sarei un figurino. Se potessi, starei perennemente in vacanza.
Certo, sono già cinque anni che non andiamo in vacanza e quest'anno speravamo di poterci finalmente concedere un viaggio.
Certo, le ferie mi spettano di diritto, come anche i permessi per le terapie e i giorni di malattia di cui dovrò usufruire nei prossimi mesi.
Però...

Però durante la radioterapia dovrò prendermi almeno mezza giornata di permesso alla settimana, sempre che gli effetti collaterali mi permettano di continuare a lavorare per tutto il periodo del trattamento. E per l'intervento resterò assente, nella migliore delle ipotesi, almeno tre settimane.

Per ogni mia assenza dal lavoro, qualche collega deve sobbarcarsi una parte dei miei compiti. Colleghi che hanno già il proprio lavoro da fare, non hanno bisogno anche del mio. Mi ripetono di non preoccuparmi e di pensare alla mia salute, che lo faranno volentieri, ma non intendo approfittare della loro disponibilità più di quanto sarà strettamente necessario.
Per la prima volta in diciassette anni di libera professione, ho dovuto rinunciare a un contratto con un cliente che seguo da anni, perché non sarei stata in grado di onorarlo adeguatamente. È stata una decisione difficile e molto sofferta, un prezzo pesante da pagare alla malattia.

Ma è una questione di rispetto.
Verso i colleghi, verso l'azienda che mi ha assunto, verso i clienti che seguo come professionista.
Conosco i miei diritti.
Ho il diritto di stare in malattia dal 10 agosto al 5 settembre per fare la radioterapia; potrei anche chiedere una settimana in più per smaltire gli effetti collaterali.
Ho il diritto di andare in ferie un paio di settimane a settembre.
Ho il diritto di tornare in malattia per un mese o più per l'intervento e la convalescenza.
Ho il diritto di chiedere una riduzione d'orario al rientro.

Farò valere i miei diritti.
Ma solo quando non faranno a pugni con il buon senso e il rispetto verso i diritti degli altri.

martedì 26 luglio 2016

Parità

Per qualche giorno non avevo acceso il mio PC: la trasferta teatrale nelle Marche, una cena da amici, il lavoro, una spedizione (vana) alla ricerca di un paio di sandali compatibili con la zampa zampogna e il consueto incontro del lunedì sera non me ne avevano lasciato il tempo.
Ieri sono anche dovuta andare in posta a ritirare una raccomandata: qualche genio dell'INPS ha pensato bene che un SMS e una PEC (di cui l'INPS ha la ricevuta di ritorno) non fossero sufficienti e ha sprecato un po' di denaro dei contribuenti per inviarmi la convocazione per la visita di dell'accertamento di invalidità e riconoscimento dello stato di handicap anche tramite posta. Oltre a far sprecare a me il tempo per andare a ritirare un documento inutile.

Però oggi, quando ho riacceso il PC e scaricato la posta, ho trovato una sorpresa: i verbali  della visita di venerdì sono arrivati SABATO MATTINA tramite PEC. Chapeau.
Spero solo che il genio di cui sopra non me li voglia spedire anche per posta.

Mi è stata riconosciuta un'invalidità del 100% con la causaleNeoplasie a prognosi infausta o probabilmente sfavorevole nonostante asportazione chirurgica. Rassicurante, vero?
Ho ottenuto anche il riconoscimento di handicap grave secondo la legge 104, che mi consentirà di ottenere alcune ore di permesso extra per le terapie.

Solo che... indovinate a chi sono intestati i verbali?
Esatto!!! Alla mia amica Camill!
Ho inviato un'altra segnalazione all'INPS tramite il servizio telematico chiedendo la correzione dei documenti: se mi rispondono come l'altra volta, vado di persona e sbrano qualcuno.

L'invalidità totale mi dà diritto all'esenzione dal ticket, che però non è automatica: devo andare alla ULSS con il verbale e farmi rilasciare la tessera di esenzione. Ho telefonato al centralino del distretto sanitario per conoscere gli orari di apertura degli sportelli. Risposta: "Le passo l'ufficio, se non risponde nessuno richiami domattina". In pratica, l'addetto al centralino non conosce gli orari dello sportello dell'anagrafe sanitaria, che si trova a cinque metri di distanza. E noi gli paghiamo lo stipendio.

Ovviamente nessuno ha risposto, così ho inviato una mail alla segreteria, da cui ho ricevuto l'informazione che cercavo in meno di 20 minuti.

Questo primo match con la burocrazia si è concluso in parità: tre critiche e tre lodi.

venerdì 22 luglio 2016

La lettera scomparsa e altre avventure

La giornata è iniziata nel peggiore dei modi: non ho sentito la sveglia.
L'avevo impostata alle 6:15, per fare le cose con calma, uscire di casa alle 7:15 ed essere ad Aviano per le 8 per la pianificazione della radioterapia. Solo che non avevo pensato di personalizzare la suoneria e il volume e quelli standard del mio telefono sono troppo bassi per il mio udito difettoso. La prossima volta vedo di organizzarmi meglio.

Mi sono svegliata alle 7:15, esattamente all'ora in cui avevo previsto di partire da casa.
Naturalmente, questo è capitato nell'unico giorno in cui Renato non c'era; lui si alza verso le 6 per andare al lavoro e sarebbe sicuramente venuto a chiamarmi, se non mi avesse visto scendere.
Ok, niente panico: salviamo il salvabile.
Record olimpico di velocità di trasferimento dal letto al garage: in un quarto d'ora ero lavata, vestita, pettinata e pronta a partire. Mi sono complimentata con me stessa, ma subito ho trovato un altro intoppo: dovevo fare rifornimento di carburante. L'avevo già sospettato ieri, ma non me ne ero preoccupata, l'avevo già messo in conto nella programmazione degli orari. Ora però si sarebbe trasformato in un ulteriore ritardo. Pazienza. Rapido pit-stop al distributore e poi via, sul filo del limite di velocità. Alla fine sono arrivata con venti minuti di ritardo... cioè un quarto d'ora prima che mi chiamassero per la simulazione.

Il radioterapista e il tecnico hanno studiato la posizione migliore, raccolto le immagini TAC e tatuato quattro punti sulla pelle della coscia, che serviranno come riferimento per il centraggio prima di ogni trattamento. Con questi, i miei tatuaggi salgono a otto, tutti di origine oncologica.
Alla fine della simulazione, mi hanno consegnato il nuovo tesserino in cui verranno annotate tutte le sedute. Mi stavo chiedendo se non si potesse riutilizzare quello di otto anni fa, ma guardando il retro ho scoperto la differenza: la prima volta i trattamenti erano stati fatti con un acceleratore lineare standard, mentre per questo secondo giro ho vinto la tomoterapia, una tecnologia avanzata in cui la somministrazione delle radiazioni è guidata da una TAC, in modo da delimitare l'area da irradiare in modo molto preciso, preservando i tessuti circostanti.

Calendario dei trattamenti: 18 sedute giornaliere, esclusi sabato, domenica e festivi, dal 10 agosto al 5 settembre. Il prossimo che mi chiede quando/dove vado in ferie quest'anno, lo sbrano.
L'intervento chirurgico è previsto circa quattro settimane dopo la fine della radio.
Pensavo che avrei iniziato prima, ma ci sono due fattori da considerare:
1. Il radioterapista e il fisico sanitario dovranno dedicare tempo e attenzione alla pianificazione delle dosi e dei volumi e alla programmazione del macchinario, analizzando eventuali sovrapposizioni con le aree già coinvolte otto anni fa;
2. L'apparecchiatura per la tomoterapia viene normalmente utilizzata a pieno regime e bisogna aspettare che ci sia uno slot disponibile.

Dopo il colloquio con l'oncologo, sono partita alla volta di San Donà, dove a mezzogiorno mi attendeva la visita con la commissione per l'accertamento dell'invalidità. Questa volta il calcolo dei tempi ha funzionato alla perfezione e sono arrivata circa venti minuti prima dell'orario di convocazione.
L'addetta all'accettazione mi ha chiesto un documento d'identità per farne copia e ha osservato: "Ma allora lei si chiama Camilla, non Camill!"
Già, perché per qualche ignoto e misterioso motivo, quando ho inserito la richiesta di revisione dell'invalidità, il sito dell'INPS si è mangiato l'ultima lettera del mio nome anagrafico.

Non è stato un mio errore di digitazione, perché non ho digitato proprio niente: una volta inserite le credenziali di accesso al sito, il sistema carica automaticamente i dati anagrafici collegati al codice fiscale. Dati che nel mio profilo sono assolutamente corretti e che ho utilizzato più volte per servizi diversi dello stesso sito, senza alcun errore.
Avevo segnalato subito il problema al servizio di assistenza del sito INPS: la risposta è stata disarmante: "la sua domanda è stata accettata lo stesso".
Certo. Peccato che tutta la documentazione relativa a quella domanda risulti intestata a una certa Camill.
Ho fatto presente il problema alla commissione, che aveva già rilevato l'incongruenza: hanno promesso di occuparsene. Speriamo bene.
Hanno esaminato la documentazione clinica, mi hanno fatto alcune domande sulla mia situazione familiare e lavorativa, sulla mia storia di malattia e sul programma terapeutico. Sono sembrati soddisfatti delle risposte e mi hanno congedata con molti auguri per la mia salute. Devo attendere il verbale per sapere quale grado di invalidità mi hanno assegnato e se avrò diritto alle agevolazioni della legge 104.

Intanto però mi preparo per la trasferta: domani vado a recitare nelle Marche, nel delizioso borgo di Poggio Canoso di Rotella (AP), dove il Palazzo Cornacchia offre uno splendido palcoscenico all'aperto.

mercoledì 20 luglio 2016

Qualcuno mi spieghi...

È estate.
Una bella estate, meteorologicamente parlando: giornate soleggiate, calde, ma non troppo afose.

Qualcuno gentilmente mi spieghi perché mai in questa bella stagione io deva ritrovarmi con mal-di-gola-tosse-raffreddore-congestione-dei-seni-paranasali-febbre-mal-di-testa.
Grazie.

sabato 16 luglio 2016

Conferme

La spedizione milanese di mercoledì ha fornito molte conferme e qualche dubbio.

Innanzitutto il responsabile dell'equipe di chirurgia dei sarcomi dell'Istituto Tumori di Milano è moooolto più carino dal vivo che in fotografia.
(davvero: nessuna delle foto che ho trovato in rete gli rende giustizia: di persona è decisamente meglio!)
Ed è stato anche molto puntuale nel ricevermi, a differenza della sua collega oncologa, che mi ha chiamato con un'ora e mezza di ritardo rispetto all'orario fissato per l'appuntamento... cioè proprio quando sono entrata nell'ambulatorio del chirurgo. Alla fine il risultato di questa combinazione di puntualità e ritardo è stato molto positivo: una visita collegiale, con la presenza contemporanea di chirurgo e oncologa.

Entrambi condividono la proposta di radioterapia + chirurgia ed escludono per il momento il ricorso alla chemioterapia, pur avendo identificato alcuni farmaci utilizzabili eventualmente in futuro come seconda linea terapeutica.
Ecco, non è stato proprio bellissimo sentirli parlare di terapie future come se ulteriori recidive fossero probabili, se non addirittura certe, ma in realtà non è niente che non sapessi già: dopo la terza recidiva, non aspettarsene altre sarebbe davvero un eccesso di ingenuità.

L'unico elemento su cui il chirurgo di Milano non concorda con il mio oncologo è la radioterapia intraoperatoria (IORT), sulla cui efficacia i due, che si conoscono bene, collaborano e si confrontano spesso, discutono da anni.
Ho sentito diversi pareri qualificati in merito e ho deciso comunque di procedere con la IORT: è vero che non è ancora stato dimostrato che sia più efficace della radioterapia tradizionale, ma consente di delimitare meglio il campo di irradiazione risparmiando i tessuti circostanti, cosa che nel mio caso mi sembra utile, dal momento che ho già fatto radioterapia a poca distanza dal punto in cui si trova il nuovo sarcoma.

Alla mia domanda sulla possibilità di eseguire l'intervento a Milano, il chirurgo ha risposto che non vale assolutamente la pena di attraversare il nord Italia per un'operazione così semplice: posso farla senz'altro vicino a casa.

Dopo queste rassicurazioni, sono pronta a partire.
La pianificazione della radioterapia è fissata per venerdì prossimo: ci sarà una simulazione tramite TAC per individuare con precisione l'area da irradiare e mi tatueranno sulla pelle alcuni punti per centrare correttamente l'apparecchiatura durante le sedute, che dovrebbero iniziare la settimana successiva.
Sono previste 18 somministrazioni, una al giorno da lunedì a venerdì, e poi l'intervento entro un paio di settimane, quindi verso fine agosto-inizio settembre.
Speriamo bene.

giovedì 7 luglio 2016

Risk management

La gestione del rischio (risk management) è il processo mediante il quale si misura o si stima il rischio e successivamente si sviluppano delle strategie per governarlo. [Wikipedia]

Sono un'ingegnere e una professionista dell'organizzazione aziendale: il concetto di risk management è praticamente il mio pane quotidiano.
Forse per questo già a febbraio, nel momento esatto in cui il chirurgo mi ha detto che la massa rimossa era maligna e ha parlato di "addome lipomatoso", il mio cervello ha iniziato a valutare i rischi. Non quelli relativi alla mia salute, rispetto a cui le mie possibilità di intervento sono piuttosto limitate, ma quelli collegati al mio atteggiamento.

La terza diagnosi di cancro non ti scivola addosso facilmente. La quarta ancora meno.
Soprattutto quando ti dicono chiaro e tondo che sarai una paziente oncologica per tutta la vita, sempre a rischio, perché nelle eliche attorcigliate del tuo DNA c'è un filo di pazzia che potrebbe uscire in qualsiasi momento. Che andrebbe anche bene se significasse solo fare controlli ogni tre mesi per i prossimi cinquant'anni, ma potrebbe anche voler dire tornare sotto i ferri ancora chissà quante volte, nei prossimi cinquant'anni. Ammesso di averli, altri cinquant'anni. O almeno trenta. Venti. Dieci. Cinque. Due.
Il mio oncologo è ottimista rispetto a questa recidiva: forse anche questa volta riesco a sfangarla.
Le mie cellule però sono bombe a orologeria e non c'è modo di sapere se e quando scatterà il timer né quanto forte sarà ogni esplosione: un petardo oppure una bomba atomica, un lipoma relativamente innocuo o un letale sarcoma metastatico.

La possibilità di cedere all'idea di essere malata - lo ammetto - è una tentazione sempre dietro l'angolo.
Dopo tutto, perché dovrei continuare a essere forte? Perché faticare sempre per resistere, dal momento che la vita sembra non voler smettere nemmeno per un attimo di prendermi a bastonate?
Forse sarebbe più facile rintanarsi in un angolo, rassegnarsi ad una aspettativa di vita breve e tirare i remi in barca. Smettere di lavorare, lasciare ogni impegno, allontanarmi da tutte le situazioni sgradevoli e dalle persone moleste e concentrarmi su me stessa, dedicare il mio tempo soltanto a ciò che mi fa stare bene.

Oppure c'è l'atteggiamento opposto: il rifiuto.
Comportarsi come se la malattia non esistesse: continuare a fare tutto come prima, iniziare progetti a lungo termine, accollarsi nuove responsabilità, mantenere il ritmo, restare sempre attiva. Cancellare il cancro dalle mie conversazioni, chiudere il blog, fare altro, pensare ad altro.

Ognuno di questi atteggiamenti comporta rischi, ognuno offre opportunità.
Ogni giorno, ogni momento devo trovare il delicato equilibrio tra questi due estremi, inventare strategie per non cedere né da una parte, né dall'altra, per andare avanti rimanendo, più possibile, sul filo sottile della serenità.