mercoledì 15 dicembre 2021

Dolori nascosti, lunghe attese e assurde felicità

C'è un dolore di cui non ho scritto sul blog perché fa troppo male anche solo pensarci, e allora cerco di non parlarne, di tenerlo lontano.
Aki è sparito. Tre mesi fa.
Una domenica sera di metà settembre è venuto a chiedere il solito spuntino, poi non l'abbiamo più visto. Ci siamo preoccupati subito, non era mai successo che non si facesse vedere per un giorno intero. L'abbiamo chiamato mille volte, Renato l'ha cercato nei dintorni, battendo strade e campi, abbiamo sparso la voce nel quartiere. Niente. 

Ho provato ad aggrapparmi ai "vedrai che torna" per un po', ma senza crederci davvero perché sapevo che non si sarebbe mai allontanato volontariamente. E ormai è passato troppo tempo per sperare. 
Il mio Akibellissimo, il grande cacciatore, il gatto più gentile, dolce e paziente del mondo, il mio più grande pensiero felice non tornerà e io mi sento come se mi fosse stato strappato un pezzo di cuore.



Venerdì 4 mi avevano chiamato da Padova per la risonanza: appuntamento lunedì 6. Poco preavviso, non importa, bene che siano riusciti a trovarmi un posto in tempi abbastanza brevi, avevo già detto che ero disponibile in qualsiasi giorno e orario. Ancora una volta ho apprezzato la straordinaria efficienza e gentilezza di Marina, l'infermiera dell'Ortopedia di Padova che si occupa dei contatti con i pazienti, un servizio utilissimo sia per i pazienti, che hanno un interlocutore unico e affidabile a cui rivolgersi, sia per i medici, che evitano di essere continuamente interrotti durante il lavoro e possono concentrare la gestione di tutte le richieste in momenti concordati.
Anche la mia gestione organizzativa è stata piuttosto efficiente: nel giro di un paio d'ore avevo già trovato l'autista, lo zio Giorgio, e procurato il cortisone per la preparazione al mezzo di contrasto, che in realtà non serve - non sono allergica al gadolinio - ma era comunque richiesta, per sicurezza, per chi avesse manifestato reazioni allergiche ad altre sostanze.

Lunedì siamo partiti con largo anticipo: tra cantieri e incidenti, il primo tratto di autostrada verso Padova è un campo di battaglia, le code più che una probabilità sono quasi una certezza, e bisogna anche mettere in conto la difficoltà di trovare parcheggio in ospedale, meglio tenersi un buon margine. In realtà è filato tutto più che liscio: viaggio tranquillissimo, lo zio ha uno stile di guida morbido che mi piace molto, e un inatteso e gradito colpo di fortuna all'arrivo, con un parcheggio per disabili di fronte all'ingresso che si è liberato proprio mentre stavamo arrivando.
Una bella sorpresa anche al controllo per entrare in ospedale: il giovanissimo addetto che mi ha misurato la temperatura ha chiesto "Paziente o accompagnatore?", senza dare per scontato che la persona in sedia a rotelle sia necessariamente un paziente.


Ero curiosa di vedere come avrebbero gestito il trasferimento sul lettino della risonanza: non si può avvicinare troppo la sedia a rotelle alla macchina, perché il campo magnetico generato dall'apparecchiatura è potentissimo e la strapperebbe via. L'ultima volta, a Portogruaro, avevo dovuto appoggiarmi ai tecnici di radiologia e zompettare nella zona di sicurezza saltellando sul mio unico piede. A Padova invece erano attrezzati con una carrozzina radiologica, realizzata esclusivamente con materiali non magnetici: i reparti di radiologia che ne sono sprovvisti prendano nota.
L'esame è stato lungo ma è filato liscio, questa volta nessun problema con l'infusione del mezzo di contrasto, mi è rimasta addosso solo la consueta sonnolenza da antistaminico, più del solito per la verità, dato che il protocollo di premedicazione di Padova prevede una dose doppia di questo farmaco rispetto a quelli di altre radiologie (definire uno standard pare brutto?).

Il foglio per il ritiro indicava che il referto sarebbe stato disponibile dal 15 dicembre, ma nei giorni scorsi ho dato comunque un'occhiata, caso mai fosse stato pronto prima. Niente. Non c'era nemmeno oggi, che è appunto il 15 dicembre. Ho chiamato l'ufficio referti, hanno verificato, effettivamente non c'è, hanno sollecitato il medico e mi hanno detto che sarà pronto domani. Se non ci fosse il referto online e fossi andata di persona a ritirarlo a Padova, senza trovarlo, avrei potuto uccidere qualcuno.
Invece mi armo di pazienza e aspetto ancora.


Sono allenata alle attese, che non significa solo che ci sono abituata, ma che ho lavorato per imparare a gestirle. Ci sono voluti anni di esercizio mentale per imparare a distogliere la mente dai pensieri stressanti, almeno per una parte del tempo, in modo da evitare che la preoccupazione invada tutta la mia vita. 
Funziona abbastanza bene, al punto che nei giorni scorsi qualche volta ho avuto momenti di assoluta felicità che potrebbero sembrare assurdi con una minaccia di recidiva che mi pende addosso come una spada di Damocle.


Infilarmi sotto al piumone dopo la doccia, con un paio di gatti e un buon libro, trovare una soluzione brillante a un problema di lavoro, fare un buon allenamento di sitting volley, ricoprire di regali la base dell'albero di Natale, gioire immensamente per l'amico che finalmente ha ricevuto il trapianto che attendeva da anni, preparare qualcosa di buono da mangiare... Piccoli e grandi frammenti di felicità che ho imparato a non lasciarmi sfuggire per mantenere la mia qualità di vita al livello più alto possibile.

3 commenti:

  1. Risposte
    1. Forse no, ma me l'hai fatto sentire in molti modi. Ed è bellissimo.

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  2. Ciao Mia, leggo sempre con piacere i tuoi post e per me sono una lezione di vita.
    Hai tutta la mia ammirazione e il mio affetto. Mila

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