giovedì 19 marzo 2020

Il momento del noi

Tante persone vivono questo periodo di isolamento con grande disagio, insofferenza, fastidio. Troppi, per questo motivo, contravvengono alle regole di isolamento e favoriscono la diffusione del contagio.
Hanno tutti una scusa, che quasi sempre inizia con io: io non posso fare a meno della passeggiata, io devo andare a prendere le sigarette, io non riesco a stare chiuso in casa... Io, io, io.
Questo invece è il momento del noi.
In una situazione così drammatica è indispensabile pensare al bene di tutti, prima che al nostro, bisogna scoprire una responsabilità collettiva che nella società italiana non è mai stata tanto diffusa, ma di cui ora non possiamo fare a meno.

Molti non hanno ancora capito la dimensione di questa catastrofe, io stessa la sento come qualcosa di astratto, ma solo perché non mi ha ancora colpito direttamente: nessun contagio tra i miei conoscenti, nessun lutto. Ma ci sono più di tremila famiglie che piangono i loro morti.
Credo di aver realizzato davvero quanto sia grave la situazione solo quando ho sentito le interviste agli addetti alle pompe funebri, quando ho visto l'immagine dei mezzi dell'esercito che trasportano le salme da Bergamo verso i forni crematori di altre Regioni, perché quelli della Lombardia non ce la fanno.
Dobbiamo tutti fare del nostro meglio per limitare la diffusione del virus, dobbiamo evitare i contatti, dobbiamo restare a casa.


Ieri mi chiedevo come mai sopporto la segregazione meglio di quasi tutti i miei conoscenti.
Poi ho pensato a dove mi trovavo un anno fa, a dove mi trovavo sei mesi fa.
Non solo non potevo uscire, non potevo nemmeno alzarmi dal letto. Ogni giorno, ogni ora dovevo fare i conti con il dolore, la nostalgia, la mancanza di autonomia, la solitudine. Ero lontana da casa, da Renato, dai gatti. Sto decisamente meglio, adesso.
La clausura non è meno pesante per me, sono solo molto più allenata a sopportarla.

8 commenti:

  1. Ciao Mia, tutto verissimo quello che hai scritto e che condivido in pieno...baci e abbracci, Mila

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  2. Ho visto il video di quei camion, non finivano più. Ho pianto. Mi sono vergognata di tutte le volte che ho pensato "non possono negarci una passeggiata". Dovrebbero proiettarlo in quei luoghi in cui (ancora??) la gente continua a gironzolare illudendosi che sia solo un influenza.
    Ti leggo e sei veramente una splendida persona. Grazie.
    Un caro saluto, Francy

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    1. No, non lo sono. Ho le mie meschinità e una buona dose di egoismo, ma tendo a non raccontarli sul blog.

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  3. Mia,
    tu sei anche (e soprattutto) molto piu' intelligente dei tanti altri che vivono centrati sull "io"...
    sapessi quanto mi sto arrabbiando: qui a Ginevra quasi tutti hanno fatto finta di niente fino ad oggi, nonostante ci sia il confinamento parziale da una settimana, oggi é stata la prima volta che si sono viste file ordinate e distanze rispettate...
    sarà perché le immagini di Bergamo e dei convogli militari carichi di morti sono arrivate anche qui, sarà perché anche qui finalmente cominciano a parlarne in tv e radio, ma la società sembra anestetizzata, non c'è piu' carta igienica nei supermercati ma i parchi sono pieni e mai visti cosi' tanti jogger in marzo...
    eppure qui il tasso di progressione dei contagi é uguale se non superiore per numero di abitanti a quello della Lombardia, e in tutta la Svizzera ci sono solo 800 respiratori: c'è poco da stare allegri.
    E dire che 10 giorni fa quando ho cominciato ad andare fuori casa solo con la mascherina (una preziosa scatola fornita molto generosamente dal mio onco-ematologo) la gente mi prendeva in giro.
    Neanche io conosco direttamente nessuno, ancora; mia sorella che vive a Palma de Mallorca ha un amico e collega di 45 anni che si trova intubato da martedi', era ricoverato e sembrava se ne stesse tirando fuori, e nel giro di mezza giornata le cose sono precipitate.
    'sto corona-virus è uno schifo, ma soprattutto è una tragica realtà, non so come sia possibile che ci sia ancora in giro gente che non ci crede (e lo dico a ragion veduta, ho mandato a quel paese una ormai ex-amica la cui unica preoccupazione il fine settimana scorso era di non poter mandare il figlio adolescente e cancro a scuola a studiare tedesco in Germania per toglierselo dai piedi un paio di mesi... fanbrodo lei e i tanti come lei grazie a chi 'sto virus farà ancora piu' morti)
    Ti penso tanto, comunque

    "Io speriamo che me la cavo" e se davvero andrà tutto bene, ci si deve trovare per una mangiata, magari quando siamo tutti felici e vaccinati

    Un abbraccio enooooorme, una carezza ai gatti
    Michela

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    1. Ora anch'io conosco direttamente qualcuno.
      Ma aspetto con ansia la mangiata insieme a te!

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  4. Cito Michela:tu sei anche (e soprattutto) molto piu' intelligente dei tanti altri che vivono centrati sull "io"...
    Penso che sia questione di intelligenza….non solo aver provato sulla propria pelle i problemi veri, ma non dimenticarseli perché troppo concentrato su io ora e adesso.
    In questo momento pure io rimango basita da certi egoismi, da chi si crede invincibile, da chi penso di essere piu' furbo degli altri. Io sto un po' picchiando in testa, chiusa in casa con marito e figlie di cui una adolescente, ma so cosa e' in ballo ora. Per cui cerco di essere responsabile…..basta questo annalisa

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  5. sì, consapevolezza del non volere essere la causa di contagio e sofferenza dell'altro ... chiunque sia l'altro
    ... ed il falò si spegnerebbe: senza ossigeno né legna.

    DaniCR
    da una Lombardia .. che brucia ... :(

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  6. Strano.
    Tra le mie amicizie quasi tutti si lamentano di come restare a casa sia un sacrificio.
    Molti si lamentano di quanto gli sia sbattuta in faccia la morte in queste settimane, mentre loro vorrebbero pensare solo alla vita.
    Tranne chi ha conosciuto il tumore. Perchè evidentemente per "noi" che siamo state costrette in casa per le terapie e le varie degenze e convalescenze la reclusione non è una novità. E non lo è nemmeno fare i conti con la morte.
    A noi agita la paura di non poterci curare il cancro a causa del virus. A me toglie il sonno. A noi che siamo immunodepresse per la chemio terrorizza la consapevolezza che per noi, se dovessimo ammalarci di caccavirus, poco ce n'è di spazio per sperare di cavarcela liscia.
    Questo è il terrore, non lo stare a casa. Che noi a casa ci stiamo anche bene, abbiamo imparato a starci, a casa nostra non ci annoiamo mai. Da questo punto di vista, forse, siamo fortunate. O allenate nostro malgrado.
    Un bacio grande.

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