giovedì 3 maggio 2012

Di umiliazioni, nudità e occasioni

Ieri ho dovuto passare il pomeriggio sul divano e anche adesso sono qui. Un po' perché il mio studio è inagibile, un po' perché la palla, le formiche e i capogiri hanno deciso così.
In questi giorni in casa ci sono i pittori per tinteggiare gli interni, che ne hanno davvero bisogno. Avrei dovuto decidermi prima, ho tergiversato un bel po' prima di rassegnarmi a chiamare dei professionisti, perché l'ultima volta la cucina e la camera da letto ce le eravamo imbiancate da soli, con costi decisamente contenuti. Ma erano altri tempi.
Tempi in cui potevo pulire tutta la casa anche da sola. Tempi in cui l'unico limite alla quantità di lavoro manuale che riuscivo a svolgere era il tempo a disposizione. Una vita fa.
Mi rode non riuscirci più, ma è un dato di fatto: me ne sono resa conto una volta di più in questi giorni, preparando le stanze per la tinteggiatura.

C'era da svuotare una libreria, la più piccola del mio studio, per poterla spostare e ridipingere anche la parete che c'è dietro; le altre, quelle grandi, restano dove sono e amen. C'erano da liberare tutti i piani dagli oggetti che avrebbero potuto intralciare il lavoro dei pittori e da togliere i quadri dalle pareti. Bisognava sgomberare le stanze, svuotarle più possibile.
E dopo c'era da passare l'aspirapolvere e spolverare tutto per bene, non perché ci tenessi a far trovare la casa pulita a questi estranei che per qualche giorno metteranno il naso in ogni angolo, ma perché la polvere è nemica di pennelli e pitture. E poi un'occasione come questa per pulire il retro dei mobili più grandi non mi ricapiterà più per un bel po'.
Attività magari poco consuete, ma in termini di carico di lavoro, niente di più delle pulizie a fondo che fa una normale casalinga.

Non ho nemmeno fatto tutto da sola: Renato mi ha aiutato a spostare qualche mobile e soprattutto a trasferire in garage quei due o tre quintali di cose che avevo nella libreria, che mai avrei pensato che in quelle due ante di larghezza per due metri e mezzo di altezza ci potesse stare tutta quella roba.
Ma che fatica... Un paio di volte mi è toccato posare qualcosa di pesante che avevo in mano per via di una fitta ai muscoli dell'addome, proprio in corrispondenza delle cicatrici; un dolorino, niente di che, ma insidioso, che faceva presagire danni più seri se mi fossi incaponita a reggere quel peso. Mi sono dovuta fermare un sacco di volte e sedermi oppure stendermi perché iniziava a girarmi la testa, restare lì per un po', aspettare di recuperare le forze mentre il tempo passava e il lavoro non andava avanti. Frustrante.
Mi sono anche misurata la pressione, stamattina, convinta di averla sotto le scarpe. Invece no, un bel 105-70 che per me è perfettamente normale. Ne deduco che i giramenti di testa arrivano semplicemente perché faccio sforzi superiori alle mie possibilità, che è avvilente, considerato che non si tratta certamente di imprese titaniche.
E poi ci si sono messe anche le formiche e la palla, irritate da quel poco di movimento che sono riuscita a fare tra un capogiro e l'altro.

Il Ciccio è preoccugattissimo da tutto questo movimento, ogni volta che in casa ci sono grandi manovre ha paura che siano il preludio di qualche nostra assenza e ci sorveglia con particolare attenzione; secondo me si aspetta da un momento all'altro di veder comparire le valigie, segno allarmante e inequivocabile di un viaggio imminente. Cerchiamo di rassicurarlo con dosi supplementari di coccole, ma con poco successo; d'altronde anche prima di un viaggio gli facciamo un sacco di carezze, quindi non posso dargli torto se non si fida.

Siamo a buon punto.
Ieri, all'arrivo dei pittori le stanze del piano di sopra erano tutte pronte e oggi mi sto occupando del piano terra, che è un po' più semplice, le cose da spostare non sono molte. Sempre a rate però, fermandomi ogni poco a riposare; e stamattina ho dovuto chiedere a Renato di andare a fare la spesa, perché non ero tanto sicura di riuscire a camminare a lungo tra gli scaffali dell'ipermercato.
Mi pesa questo continuo dover chiedere aiuto, perché da sola non ce la faccio, è umiliante, mi fa rabbia; finisce che divento scontrosa e irritabile, in questi giorni ho un grugno che... be', non vi auguro di capitarmi a tiro.

La casa è tutta sottosopra, sembra ci sia un trasloco in corso, con i mobili spostati e gli oggetti accatastati in garage. Le uniche zone indenni sono la cucina, che sarà liberata solo all'ultimo momento, e la libreria grande del salotto, troppo pesante anche solo per pensare di spostarla.
Tutto il resto è nudo: ripiani vuoti, pareti spoglie su cui al piano terra si intravede ancora il segno dei quadri, mentre di sopra è già quasi tutto imbiancato.
È strana, questa casa nuda.

Ma il vuoto non mi fa paura, è solo un invito, uno stimolo a riempire di nuovo, a rimettere le cose al loro posto, o forse a trovare loro un posto migliore, magari dopo aver gettato quello che non serve.
Come quando nella vita arriva un grande cambiamento: si fa fatica ad affrontarlo, bisogna lasciare indietro tutto ciò che non è essenziale e, dopo, le cose non sono più come prima. Ma si può cercare di farlo diventare una buona occasione.


Ah, se dal titolo vi aspettavate un post dal contenuto pruriginoso, se non addirittura osé... vi ho imbrogliati bene!

3 commenti:

  1. una cosa è certa: avevo pensato di far rimbiancare la casa quest'estate, ma ora lo escludo su tutta la linea ;)))

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  2. gli anni passano e si fatica id più...
    chiedere è umiliante e frustrante...
    capisco,oh come capisco!

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  3. Certo è proprio vero, a volte non ci accorgiamo di quanta roba ci può stare in una libreria!! :)
    Purtroppo conosco bene anche io la sensazione di voler fare delle cose e di non potere, è uno degli aspetti meno belli con i quali convivere...
    (ma è un'occasione per far fare ad altri le cose noiose... :)

    Adesso buon riempimento degli spazi vuoti!

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