mercoledì 23 novembre 2022

Giornata terribile

Ci sono giorni pesanti, in cui è tutto tanto difficile. Ieri, per esempio.

So che mi aspetta una giornata impegnativa: al mattino c'è il funerale di Anna, a Gemona del Friuli, nel pomeriggio ho la TAC all'ospedale di Padova. 
La sveglia suona alle cinque e mezza, devo prendere la seconda dose cortisone in preparazione alla TAC. Non riesco più a riaddormentarmi. Fuori piove a dirotto e fa freddo. Proprio oggi che devo muovermi.

Oggi sono in permesso dal lavoro, ma verso le sette arriva una chiamata sul cellulare aziendale, seguita da molte altre: gli utenti chiamano e inviano messaggi per segnalare di essere senza riscaldamento e senza acqua calda. Il numero e la distribuzione delle chiamate mi fanno capire subito che c'è un guasto generale, il servizio è completamente interrotto. Non ho piena visibilità della situazione, perché il sistema di telecontrollo è guasto, dovrebbero venire domani a ripararlo, nel frattempo sono praticamente cieca. Chiedo ai colleghi dell'ufficio tecnico di controllare in centrale. Uno è ammalato, tre sono fuori sede per un corso di formazione, il quarto è in arrivo, ma ci vorrà più di mezz'ora perché abita lontano. Nel frattempo fioccano le chiamate.


Per tamponare, invio un centinaio di messaggi agli utenti che hanno WhatsApp, informandoli che c'è un guasto e stiamo cercando di risolverlo nel più breve tempo possibile. Almeno le telefonate si calmano e quando il collega arriva, poco prima delle nove, riesce a far ripartire l'impianto.

Potrei fare colazione, la TAC è alle 17:30 e sono sufficienti otto ore di digiuno, ma c'è qualcosa che non va. Sono di nuovo alle prese con la poliuria, solo che dura già da tre giorni, con una moltitudine di spedizioni verso il bagno per svuotare la vescica. Era già successo nel 2009, nel 2012 e poi qualche altra volta, ma le analisi non avevano mai evidenziato anomalie significative. Però mi era rimasto il dubbio che qualcosa non funzionasse a dovere nel mio metabolismo del glucosio. Questa volta c'è anche un aumento spropositato delle vampate di calore, per le quali già da tempo sospetto una correlazione con l'aumento di zuccheri nel sangue, perché si intensificano sempre quando consumo alimenti ricchi di carboidrati, come pizza o dolci. Decido di verificare con uno stick glicemico, dato che abbiamo in casa un apparecchietto per questa misurazione. 


133. A digiuno. 
Un valore da diabete.

Non ho tempo di occuparmene adesso, sta arrivando Mila che verrà con me al funerale.
Ho verificato la posizione della chiesa e dei parcheggi circostanti su Google, ieri sera: non promette bene. La chiesa è su una collina, circondata da stradine e vicoli in pendenza, con pochissimi parcheggi e un solo posto per disabili, proprio di fronte. Abbiamo programmato di partire presto nella speranza di trovare libero quell'unico parcheggio.
Mila mi aiuta a caricare la carrozzina in macchina, per me vige ancora il divieto di sollevare pesi, e a far uscire Ettore dal garage. Porto fuori l'auto e premo il pulsante del telecomando per chiudere il garage. Non funziona. Capita, a volte: si raccoglie un po' di sporco sulle barre di sicurezza, basta dare qualche colpetto per liberarle. Ci prova Mila, senza successo. Scendo dalla macchina con le stampelle, sotto la pioggia, e ci provo io. Niente da fare, il garage non si chiude e il tempo scorre inesorabile. Mi viene da piangere. Alla fine Mila si arrampica sulla scala e sblocca i fermi del garage, in modo da poterlo chiudere manualmente. Riusciamo a partire.

Ci vuole circa un'ora per arrivare a Gemona. Il parcheggio per disabili è già occupato. Provo a proseguire, nella speranza di trovare un altro posto. Circa 250 metri di salita più avanti intravedo delle strisce gialle: un parcheggio per disabili, libero. Meno male. Parcheggio e Mila mi aiuta a scaricare la carrozzina, poi affrontiamo la discesa verso il Duomo, in strada, perché il marciapiede è inaccessibile per la sedia a rotelle. È abbastanza ripida, ma riesco a gestirla, frenando la carrozzina con le mani e il piede. Il ritorno, in salita, sarà un problema, ma me ne preoccuperò dopo. Per fortuna ora non piove tanto e ho messo il piumino con il cappuccio, impossibile usare l'ombrello con la sedia a rotelle, quindi all'arrivo sono umida, ma non inzuppata. 
In chiesa una folla composta e triste, il dolore è palpabile, si respira, soffoca. Non si può trovare un senso per questa morte così ingiusta. Arriva il feretro, una bara color avorio e grigio, con l'intaglio di un soffione che rappresenta straordinariamente bene questa vita volata via troppo presto.


Disconnetto quasi subito il cervello dalle parole del prete, inadeguate e inopportune. Fisso lo sguardo su quel soffione, ascolto la musica, piango. Non riesco a realizzare che Anna non ci sia più, non posso accettare questo pensiero. Mila mi tiene la mano. Cerco con lo sguardo il marito, dovrei dire vedovo, ma non mi pare possibile. Non è lontano da me, ma è nascosto da un gruppetto di persone. Forse è meglio così, non so se riuscirei a reggere l'immagine della sua indicibile sofferenza. Alla fine vado ad abbracciarlo ed è poco, troppo poco, vorrei poter fare di più. La mamma di Anna mi ringrazia per essere venuta. L'otto dicembre di nove anni fa eravamo a tavola insieme, a festeggiare le nozze di Anna. 
All'uscita diluvia. Cerco qualcuno a cui chiedere di spingermi lungo la salita, c'erano dei Carabinieri vicino a noi in chiesa, ma ora non li vedo. Mila si offre coraggiosamente di fare da sola. La aiuto come posso, ma le mie mani bagnate scivolano sui cerchi di spinta bagnati e non riesco a spingere come vorrei. Dobbiamo fermarci un paio di volte a prendere fiato, ma alla fine raggiungiamo la macchina, inzuppate fino al midollo. Durante il viaggio di ritorno, ricordo Anna a modo mio, raccontando a Mila qualche episodio simpatico della nostra amicizia.

Appena arrivata a casa mi tolgo gli abiti bagnati e mi infilo sotto il plaid per riscaldarmi, ma non faccio in tempo a rilassarmi: è già ora di partire per Padova. Continua a piovere. 
Prima di andare in radiologia, devo passare in chirurgia toracica a ritirare i documenti per l'esame. Pensavo che a quest'ora del pomeriggio ci sarebbero stati diversi parcheggi vuoti, invece dobbiamo attendere. Se ne libera uno quasi subito, ma è troppo stretto, non riuscirei a scendere con la carrozzina. Attendiamo ancora un po', poi Renato si accorge che l'auto che occupa il parcheggio più spazioso ha il conducente a bordo, gli spiega il mio problema e gli chiede se può spostare la sua auto nel posto più stretto e lasciarci libero quello largo. L'autista, gentilissimo, accetta immediatamente. 
In reparto, un infermiere mi consegna l'impegnativa e le prenotazioni per la TAC: sorpresa! Non ci sono solo torace e addome, ma anche cranio ed encefalo, in pratica tutte le zone in cui potrebbero esserci metastasi. L'infermiere mi dice che è procedura standard indagare a fondo in caso di patologia oncologica, ma non è molto incoraggiante.
So che in ogni reparto hanno il glucometro, quindi spiego la mia situazione e chiedo se possono farmi un altro stick per la glicemia. Arriva un'infermiera, mi punge il dito e raccoglie la goccia di sangue sulla striscia di misurazione. Sono a digiuno ormai da venti ore, il valore dovrebbe essere sceso... Invece no.
137. Centotrentasette. Inizio a preoccuparmi sul serio.
L'infermiere cerca di rassicurarmi, potrebbero esserci diversi fattori che influenzano la glicemia: eccessi alimentari (in effetti sono reduce da un weekend di bagordi con la squadra di sitting volley), il cortisone che ho preso per la TAC, l'ansia, che oggi di certo non è mancata... La situazione comunque è da monitorare.

La TAC è programmata nella radiologia della clinica ortopedica, sul lato opposto della strada: dobbiamo riprendere la macchina per spostarci, ma finalmente in questa giornata terribile, qualcosa va per il verso giusto: un parcheggio libero proprio a fianco dell'ingresso.
Anche l'esame fila liscio: l'infermiera centra perfettamente la vena al primo colpo e il mezzo di contrasto non mi crea particolari fastidi, a parte i consueti effetti temporanei: una botta di calore al momento dell'infusione e un pessimo sapore in bocca che mi altera il gusto, facendomi sembrare cattivo tutto quello che mangio o bevo, anche l'acqua, nelle ore immediatamente successive. Dopo l'esame, una flebo idratante per aiutarmi a smaltire il mezzo di contrasto.
Durante il viaggio di ritorno inizio a sentire la sonnolenza da antistaminico. All'arrivo a casa, fatico a tenere gli occhi aperti. Riaccendo il cellulare aziendale per dare un'occhiata: c'è stato un altro fermo impianto, altri messaggi e chiamate, ma i colleghi hanno risolto velocemente. Meno male. Doccia, una cena veloce senza carboidrati, un'oretta sul divano per evitare di stendermi subito dopo aver mangiato, poi a nanna, a chiudere una giornata che spero di non dover mai ripetere.


P.S. stamattina la glicemia era tornata a un confortante 87.

2 commenti:

  1. Ho letto non senza commuovermi il tuo scrivere sulla mattina di ieri che abbiamo condiviso che è stata non proprio priva di qualche problema che però abbiamo superato.
    Non riesco a smettere di pensare a ai genitori di Anna e al dr. Campisi e al loro dolore composto per una morte difficile da accettare.
    E meno male che la seconda parte della tua giornata è andata meglio e poi avevi Renato con te.
    Bene che la tua glicemia sia rientrata! Mila

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  2. il colpevole poterebbe essere il cortisone...
    Betty

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