Dopo il ritorno dalle vacanze, ho praticato la pigrizia a livello agonistico ed era ora di rimettersi in moto: ho bisogno di mantenere il tono muscolare costruito durante la stagione di sitting volley e di integrarlo con un po' di lavoro aerobico.
Ho voluto quindi provare a tornare in piscina da sola, con l'idea di farlo diventare in futuro un appuntamento settimanale ricorrente. Ho compilato la mia solita lista di cose da portare, sono riuscita a stiparle tutte nello zainetto da allenamento e via!
Avevo una ragionevole certezza che la piscina di Portogruaro fosse accessibile perché in passato avevo visto qualche volta in vasca un paraplegico: arrivava con la carrozzina da dietro le tribune, dove immaginavo fosse ubicato lo spogliatoio per disabili.
Sapendo poi che l'impianto era rimasto chiuso per lavori di ristrutturazione per ben due anni, dal 2019 al 2021, ero ottimista sulle condizioni dell'edificio.
Troppo ottimista...
La prima impressione è stata buona: rispetto alla mia ultima visita, risalente credo a cinque anni fa, gli alberi nel parcheggio sono cresciuti e ho potuto sistemare la macchina all'ombra, vantaggio non da poco in queste giornate torride.
Poi però sono iniziati i problemi: il marciapiede che porta all'ingresso è quasi impraticabile in sedia a rotelle, una cinquantina di metri di sanpietrini sconnessi, pieni di gobbe e avvallamenti che ho dovuto affrontare con prudenza e una buona dose di fastidio.
Raggiunta finalmente la porta, ho dovuto superare un gradino, basso ma inappropriato in termini di accessibilità. Per poi scoprire che la nostra piscina comunale non prevede riduzioni sul biglietto di ingresso per le persone con disabilità; che per carità, non è obbligatorio, ma a San Vito mi avevano fatto entrare gratis e a San Stino con biglietto ridotto. E non c'è più nemmeno la riduzione per i residenti nel Comune, quindi biglietto intero. Amen.
Lo spogliatoio accessibile è proprio dove immaginavo, sotto le tribune. Senza finestre, che non è il massimo, ma c'è lo spazio necessario per manovrare la carrozzina e il bagno con maniglioni e doccia a filo pavimento.
Il bagnino mi ha chiesto se avessi bisogno di aiuto, ora è disponibile anche un sollevatore per entrare in acqua, ma ormai la mia tecnica per questo passaggio è ben consolidata: scendo dalla carrozzina vicino al bordo e scivolo dentro con la grazia e la stazza di un leone marino.
Il contatto con l'acqua mi regala sempre una sensazione di benessere e libertà: ancora una volta, la mia disabilità rimane fuori dalla vasca.
Come primo giorno, mi ero data un obiettivo minimo di 20 vasche da 25 metri; ne ho fatte 36: un buon inizio. Un po' di rilassamento con esercizi di respirazione e apnea statica, poi mi sono issata di nuovo sul bordo, il bagnino ha avvicinato la sedia a rotelle, su cui avevo già preparato un telo per evitare di inzupparla e una salvietta per asciugarmi le mani in modo da avere una presa salda sul telaio per risalire in sicurezza.
Sono rientrata nello spogliatoio e ho fatto la doccia, maledicendo in ogni momento il genio che ha pensato bene di montare un maniglione orizzontale esattamente dietro al sedile, così che batte sulla schiena ed è impossibile sedersi comodamente, a conferma del fatto che i bagni per disabili vengono spesso realizzati escludendo l'uso del cervello.
Nel complesso, l'esperimento ha avuto successo ed è sicuramente da ripetere, ma forse in un'altra piscina.
Ciao Mia, certo che se dopo due anni di lavori di ristrutturazione i risultati sono quelli che descrivi, alla faccia dell'eliminazione di tutte le barriere architettoniche, e rendere accessibile la piscina ai disabili.
RispondiEliminaConcordo con te che non hanno usato il cervello e comunque ce l'hanno con molte barriere.
Alla prossima. Mila