lunedì 18 maggio 2020

Qualcuno da odiare

Abbiamo bisogno di qualcuno da odiare, qualcuno su cui riversare i nostri rancori e la nostra meschinità, qualcuno a cui sentirci superiori: ci serve un nemico.


Credo che sia una cosa normale, entro certi limiti, perché tutti abbiamo una certa dose di aggressività da sfogare. Trattenerla non è sempre un bene perché può accumularsi fino a un punto di rottura catastrofico, sfogarla su se stessi può generare bassa autostima o addirittura forme patologiche di autolesionismo, per cui la cosa più semplice è incanalarla in forma di odio verso qualcun altro.
Questo odio può essere abbastanza innocuo quando si manifesta solo in pensieri ostili, oppure concretizzarsi con effetti anche devastanti.

Ricordo di aver coltivato forme astratte di odio fin dalle elementari, scegliendo di volta in volta un bersaglio su cui indirizzare i pensieri cattivi quando ero arrabbiata: la bambina antipatica che mi prendeva sempre in giro per il mio nome strano (Camilla, non Mia 😮), il professore mediocre e arrogante, l'atleta della squadra avversaria che si comportava in modo scorretto, l'arbitro non imparziale, la ragazzina di cui avevo saputo che parlava male di me, un tizio che mi aveva accusato ingiustamente... Un odio tutto privato, che si esprimeva per lo più nella fantasia di vedere il destinatario pubblicamente condannato per le sue malefatte e coperto di vergogna. Asfaltato, si direbbe oggi.
Credo che questo tipo di odio non sia pericoloso, perché non ha nessuna manifestazione esteriore e nella maggior parte dei casi il destinatario non saprà mai di esserne oggetto. Merita però un po' di riflessione e auto-analisi, perché di solito è sintomo di insoddisfazione più che altro verso se stessi. In fondo, non odiavo la bambina perché mi prendeva in giro, odiavo me stessa perché non riuscivo a reagire in modo efficace a quelle provocazioni.
Con il tempo l'ho capito, ma ho capito anche che questi pensieri ostili possono essere una valvola di sfogo utile per scaricare il nervosismo senza far danni. In fondo non è male immaginare il proprio avversario umiliato e messo alla berlina. 😈
Però bisogna fare attenzione, perché possono anche diventare una palude in cui si resta invischiati alimentando ancora di più la tensione in un circolo vizioso. Tirare mentalmente qualche insulto e magari anche un augurio di disgrazie al maledetto bastardo che ci ha fatto tanto arrabbiare è normale, magari fa anche bene, se aiuta a liberarsi dal malessere che quella persona ci ha provocato. Invece è pericoloso e nocivo lasciar sobbollire il rancore per giorni, mesi o anni, alimentandolo continuamente fino a restare impantanati e soffocati dai suoi miasmi tossici.
Possiamo accettare che l'odio astratto faccia parte della nostra vita, ma dobbiamo governarlo e delimitarlo per fare in modo non ci divori.

Esiste però anche l'odio concreto, quello che si manifesta in parole e azioni ostili e in questo periodo prospera in modo particolare sui social network.
Sembra che il nuovo sport nazionale sia creare nemici su cui indirizzare tonnellate di letame mediatico, spesso attraverso notizie false, sensazionalismi infondati e fantasiose teorie del complotto.
I bersagli di questo odio possono essere personaggi noti (Silvia Romano, Bill Gates, Conte, Salvini...) oppure intere categorie (migranti, politici, scienziati, abitanti di una zona...) su cui vengono riversati fiumi di insulti e minacce, aggressioni verbali e talvolta anche fisiche.
Spesso queste manifestazioni d'odio non sono spontanee, ma astutamente progettate dai professionisti dell'information disorder, creatori di contenuti confezionati ad arte per ottenere condivisioni e like facendo leva sulla paura, l'ignoranza e l'egoismo al fine di guadagnare visibilità e consenso ma anche, più prosaicamente, introiti pubblicitari dai click su pagine piene di pubblicità.

È inquietante vedere quanti ci cascano.
È impressionante vedere le fake news più assurde condivise da chi dovrebbe possedere tutti gli strumenti intellettuali e pratici per capire che sono campate in aria e invece non spende nemmeno tre secondi per una ricerca su Google che sarebbe sufficiente a smascherare il falso.
È preoccupante vedere soggetti con ruoli sociali importanti (insegnanti, amministratori pubblici, medici, dirigenti, genitori...) che abboccano a panzane incredibili, dimostrando un'assoluta incapacità di valutare l'attendibilità delle fonti di informazione.
È spaventoso vedere persone che dovrebbero condividere almeno i più elementari valori morali e civili vomitare critiche e insulti gratuiti contro chi non ha fatto loro nessun torto.

Tenersi fuori da questi fiumi di odio non è sempre facile.
Anche se evito di condividere messaggi ostili e fake news, troppo spesso non riesco a trattenermi dal rispondere a chi li diffonde. Dovrei imparare a starne alla larga, ma ogni volta che leggo una falsità, il mio spirito di giustizia si ribella e si innescano discussioni talvolta accese e spesso inutili, perché è inutile argomentare con chi è accecato da ideologie e pregiudizi.
Anche se cerco di presentare solo fatti dimostrabili, non opinioni, e mantengo sempre il confronto su toni assolutamente civili, a volte finisco per accumulare un carico di rabbia che mi fa stare male.
Alla fine rischio di cadere anch'io nella palude dell'odio, nel mio caso verso gli spargitori seriali di letame di bufala.

Non va bene. Nella mia vita è già arrivato letame più che a sufficienza, non devo andare a cercarne altro. Adesso più che mai ho bisogno di cose che mi facciano stare bene, di sorrisi, di pensieri felici e mi sto attrezzando per procurarmene una bella dose: stay tuned!


Sapete che detesto i video, ma c'è una canzone di Roberto Vecchioni, tratta da un disco di qualche anno fa (ho appena realizzato che è di 27 anni fa 😨) che sembra scritta apposta per questo post. Si intitola Tornando a casa (nostalgia di odiare).


1 commento:

  1. I social mi fanno paura .. il Trumpy non uscì vincitore proprio da lì?
    Il lato oscuro della rete :-/

    DaniCR

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