Finalmente la nonnetta se n'è andata, trasferita in geriatria. Stava diventando pesantemente lamentosa e mi costringeva in uno stato di perenne prenombra a causa di una patologia degli occhi che le rende fastidiosa la luce.
Dieci secondi netti dopo la sua uscita, le veneziane erano finalmente aperte e le luci accese: sia fatta la luce!
Le giornate qui scorrono all'insegna della noia, in attesa della linfoscintigrafia che dovrebbe fornire ai chirurghi le informazioni necessarie per decidere come intervenire. È un esame lungo, capisco che sia difficile programmarlo da un giorno all'altro, ma vorrei almeno sapere quando è previsto.
Ieri pomeriggio, a sorpresa, mi hanno portato in oncologia per un consulto, il cui scopo non era chiaro né a me, né all'oncologa. Le ho raccontato la mia storia clinica, mi ha visitato e ha steso un referto piuttosto generico. Un diversivo rispetto alla monotonia delle ore in reparto, scandite dai passaggi del personale sanitario e ausiliario e consumate tra WhatsApp (grazie ZiaCris!), e-reader e tablet (grazie Pigna!), aspettando la visita quotidiana di Renato, che ogni giorno si sobbarca tre ore di viaggio per passare cinquanta minuti con me. Viene in treno. Sì, in auto sarebbe più veloce. Ma anche molto più faticoso, pericoloso e costoso: c'è un bel tratto di autostrada a due corsie, sempre affollato di mezzi pesanti e di deficienti che pensano di essere su un circuito di Formula 1, spesso teatro di incidenti, talvolta con conseguenze tragiche.
Io conto i minuti che mi separano dal suo arrivo, l'unico momento luminoso di queste giornate per il resto buie e tristi, in cui ogni giorno qualcosa va storto.
I crampi sì sono progressivamente attenuati fino quasi a scomparire. In compenso, ieri sera si è staccata la base del sacchetto di drenaggio, con relativo inzuppamento di lenzuola e biancheria. Mi sono dovuta arrangiare a sostituirla da sola, mentre l'infermiera di turno era impegnata con un paziente appena arrivato dalla rianimazione. Poi mi sono lavata e cambiata, ma ho dovuto attendere un bel po' per farmi cambiare le lenzuola. Sono tornata a letto stanca e avvilita, con le lacrime che non volevano fermarsi.
Oggi invece il mio intestino ha dichiarato di averne abbastanza. Credo che venti giorni di antibiotici siano oltre il suo livello di sopportazione, e non posso nemmeno dargli torto. Diarrea.
Che periodo di merda!
Cara Mia, ti penso e faccio sempre il tifo per te! Sono felice che Renato ti rassereni un pò le giornate...un Grande uomo vicino ad una Grande donna...un abbraccione, Isa.
RispondiEliminaMia, sono felice che la tua compagna di stanza sia stata finalmente spostata (anche la mia famosa compagna di stanza spaccapalle -quella spostata in psichiatria- mi aveva costretto a vivere al buio per tre giorni, madame aveva "paura della luce") ma dispiaciuta che le cose vadano cosi' per le lunghe, e vorrei tanto poter fare qualcosa...
RispondiElimina... posso solo dire che in effetti si, che periodo di merda!!!
Un abbraccio anche da parte mia,
Michela