sabato 5 settembre 2015

Perché io?

Perché io?
È una domanda che probabilmente ogni paziente oncologico si è posto almeno una volta e che può avere più di un significato.

Il primo, il più immediato, il più comune è Perché mi è successa questa cosa orribile?
Questa domanda dà il via a una sorta di autoanalisi per cercare di capire. Forse nella tua famiglia c'è qualche familiarità per le patologie oncologiche, o forse no. Ti chiedi comunque dove hai sbagliato, magari sulla scia di qualche teoria più o meno scientifica sulle cause del cancro, che ti porta a mettere in discussione tutto quello che fai, mangi, bevi, respiri, pensi. Robe che se non ti uccide il cancro, lo fanno l'ansia e il senso di colpa.

C'è anche una seconda sfumatura: Perché proprio io e non qualcun altro?
Ti guardi intorno e vedi quello che fuma cinquanta sigarette al giorno, il forte bevitore, il divoratore di cibo spazzatura... Qualche volta fa capolino anche il pensiero, politicamente scorretto, che ci sono tanti bastardi di cui il mondo farebbe volentieri a meno, ma loro non hanno avuto il cancro e tu invece sì. Ma chi sei tu per decidere chi merita una buona salute e chi no?

Quando trascorre un po' di tempo dalla diagnosi, cosa decisamente auspicabile, accade che per qualche compagno di (dis)avventura il viaggio finisca tragicamente, mentre tu prosegui il tuo. Allora può scattare la domanda da sindrome del sopravvissuto: Perché io sono ancora qui mentre lui/lei non ce l'ha fatta? Come se dovessi vergognarti di essere vivo. Non è una bella cosa e soprattutto non serve a riportarli indietro.

Al contrario, può succedere che il tuo percorso oncologico si riveli particolarmente accidentato: effetti collaterali pesanti, malattia resistente alle terapie, recidive... Mentre invece qualche altro paziente supera con relativa facilità il periodo delle cure e arriva felicemente a completare il follow-up senza ulteriori complicazioni. Perché io devo ancora combattere mentre lui/lei è già guarito? L'invidia è una brutta bestia...

Perché io?
Ho fatto i conti anch'io con questa domanda, in tutte le sue sfumature. Ma li ho chiusi sempre velocemente, perché sono inutili: non servono a stare meglio, anzi, se ci si dedica troppa attenzione diventano fonte di stress.
Perché mi è successo? Non lo so. Ma probabilmente è stata solo sfiga.
Perché proprio a me? Non lo so. Ma perché no?
Perché io sono ancora qui mentre Anna, Anna Lisa, Lara, Gabriele, Alessio e tanti altri non ci sono più? Non lo so. Ma mi mancano tanto
Perché a distanza di dieci anni dal primo insorgere della malattia sono ancora alle prese con controlli bimestrali? Non lo so. Ma l'importante è esserci e poter gioire dei piccoli e grandi traguardi raggiunti, peraltro non senza difficoltà, dalle persone che mi sono care. Come Romina, che tra poco festeggia dieci anni, ma quel post di due anni fa è così meraviglioso che vale sempre la pena di rivederlo. Oppure gli undici anni di Rosie, i cinque di Mamigà, i sette Claudia e tanti altri.

Perché io? Boh. Non lo so. Non importa.

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