Se tutto va nel migliore dei modi, è prevista una degenza a Milano di 2/3 settimane, poi il trasferimento in una struttura protetta, più vicino a casa, dove sia disponibile la necessaria assistenza medica, infermieristica e fisioterapica. La sede ideale sarebbe a una ventina di chilometri da qui: l'oncologo la contatterà per verificare la possibilità di ricovero. Dopo la rimozione del gesso, probabilmente dovrò tornare a Milano per la riabilitazione.
Oltre ai "normali" rischi di un intervento chirurgico lungo e complesso e alle difficoltà di una immobilizzazione quasi totale e molto prolungata, le complicanze possono comprendere edema, piaghe da decubito, mal di schiena (ho una discopatia che normalmente non mi consente di stare distesa a pancia in su)... Insomma, abbiamo un bel repertorio.
Per la verità, "colloquio" è una parola grossa: la nostra permanenza in ambulatorio è stata di un paio d'ore, ma con così tante interruzioni, che il dialogo vero e proprio con il medico non è durato più di mezz'ora. A un certo punto il medico si è assentato "un quarto d'ora" per occuparsi degli esami di un altro paziente; è tornato dopo quasi un'ora. Il telefono che aveva lasciato sulla scrivania dell'ambulatorio durante la sua assenza ha squillato diverse volte.
Lui: Dai che rispondiamo!
Io: Ma sei matto?
Lui: Sì, rispondiamo "Plonto, listolante cinese Chen Li" e sentiamo cosa dicono dall'altra parte!
Durante l'assenza del medico, stavo facendo mente locale sulle cose da chiedere.
Lui: Si vedono gli ingranaggi che girano dentro la tua testa.
Io: Ma va'!
Lui: Sì, sembra la fabbrica di Willy Wonka, con gli Umpa Lumpa...
Io (mostrando la lingua): E da qui esce la cioccolata!
Lui (ignorando la mia interruzione): ...un sacco di macchinari che fanno rumore, un delirio di leve, manopole, pulsanti... Un casino!
Io: Guarda che è il mio cervello, non il tuo!
A un certo punto il medico si è spostato in un'altra stanza per una telefonata. Nell'attesa, abbiamo discusso tra noi alcuni dettagli pratici.
Io: Devo verificare se posso sospendere l'assicurazione della mia macchina, tanto non potrò più guidarla, comunque vada. Vediamo se riesco a venderla. Però è grande e comoda, potrebbe servire per trasportarmi.
Lui: Tiriamo giù i sedili posteriori e ti porto da Milano con tutto il gesso?
Io: Ma no, da Milano mi porteranno in ambulanza! Intendevo dopo: potrei non riuscire da subito a stare seduta. Però l'assicurazione mi scade a metà marzo... Magari la rinnovo solo per pochi mesi.
Lui: Vedrai che se ci serve una macchina grande troviamo qualcuno che ce la presta. Oppure la noleggiamo.
Io: Sì, un bel furgone. Anzi, un carro funebre.
Lui: Perfetto! Ha anche il piano estraibile, così è più semplice caricarti e scaricarti. Però poi bisogna spiegare a tutti che non è una cosa definitiva, è solo per abituarsi un po' alla volta, per prenderla a piccole dosi, una cosa omeopatica...
Ho ancora gli addominali indolenziti per quanto abbiamo riso.
Sospetto che il medico, quando è rientrato in ambulatorio dopo la telefonata, vedendoci con gli occhi rossi abbia pensato che avessimo pianto. In effetti erano scese parecchie lacrime, ma solo per il gran ridere!