Ieri è stato giorno da suocere.
Per chi non lo sapesse, io ho ben due suocere, pur non essendo mai stata sposata: la mamma di Renato e la mamma del mio ex, con cui ho sempre conservato ottimi rapporti (sia con l'ex che con la suocera).
Entrambe le mie suocere sono carissime persone sempre piene di attenzioni e gesti affettuosi verso di me, e io cerco di ricambiare. Ieri ho dedicato a loro buona parte del pomeriggio: prima sono andata a trovare la ex suocera (la signora M.), che venerdì aveva compiuto gli anni, poi la suocera attuale (la signora R.), che è ricoverata in ospedale per la riabilitazione dopo un intervento di protesi al ginocchio.
Venerdì avevo telefonato alla ex suocera per farle gli auguri, anticipandole che sarei passata sabato o domenica per portarli di persona. Per il compleanno, avevo scelto il regalo con cura: le ho preso una cornice d'argento, con l'ordine preciso di riempirla con un'immagine dei due nipoti, perché ricordavo che in casa non ne aveva. È stata contentissima. Abbiamo preso il tè insieme e al momento di salutarci è arrivata la frase consueta: "
Ti ho preparato un po' di verdura, la vuoi?"
Dovete sapere che la signora M. non ha semplicemente il pollice verde, ha tutte le dieci dita delle mani verdi, e forse anche quelle dei piedi: è in grado di far prosperare qualunque forma di vita vegetale. La sua casa ed il giardino sono un'esplosione di colori, credo che saprebbe a far fiorire anche un ramo secco. Il suo orto non è da meno: produce forniture sufficienti per un esercito e ogni volta che vado a trovarla mi regala una cospicua scorta di verdure e spesso anche un mazzo di fiori raccolti dalle sue aiole.
Ieri non ha fatto eccezione. "
Ti ho preso un po' di spinaci e qualche zucchina.", mi ha detto presentandomi una sporta piena, accompagnata da tre profumatissime rose color lilla e alcuni tralci di gelsomini.
Ho sollevato la borsa: pesava mezzo quintale. "
Solo spinaci e zucchine?", ho chiesto tra il sospettoso e il divertito, dato che la conosco da troppi anni per lasciarmi ingannare. "
Eh, sono gli spinaci che pesano..." ha risposto vaga.
Ovviamente, nella borsa c'erano:
- spinaci
- zucchine con il fiore
- insalata
- radicchio
- finocchi
- prezzemolo
- rucola
- ravanelli
- broccoletti
- uova fresche delle sue galline
Dopo il rifornimento vegetale sono andata in ospedale con una buona scorta di creme idratanti per la cicatrice della signora R., a cui hanno appena tolto i punti, e mi sono intrattenuta per quasi un'ora con lei e le sue compagne di stanza, chiacchierando del più e del meno.
Stamattina ho approfittato del cambio dell'ora per dedicare un po' di tempo alla cucina.
I fiori di zucchine della signora M. chiedevano a gran voce la pasta fresca... e anch'io. Adoro la pasta fresca senza uova, quella fatta solo con acqua e farina che al supermercato si trova nel banco frigo e costa una cifra, considerando che i due ingredienti di cui è composta sono decisamente economici. Dato che di recente non ne avevo trovata in offerta, in casa non ne avevo e infilarsi al centro commerciale nel weekend è poco meno di un suicidio.
Era finalmente l'occasione buona per mettere alla prova alcuni accessori speciali di quel meraviglioso oggetto che è il Kenwood, il mio fedele, adorabile, insostituibile aiuto-chef. Un oggetto così meraviglioso da farmi sentire come la Barbie: io amo il mio Ken!
(ok, lo so, la somiglianza finisce qui, non c'è bisogno di infierire...)
Per prima cosa, mi sono infilata nel ripostiglio per tirare fuori il torchio per la pasta e le trafile in bronzo, poi ho studiato le ricette per trovare il giusto dosaggio di acqua e farina.
Quella del ricettario in dotazione con l'apparecchio era improponibile: farina doppio zero, acqua e un sacco di olio. Ma quando mai? È evidente che sono stranieri e di pasta ne sanno poco: l'olio non c'entra niente e almeno metà della farina, se non tutta, deve essere di grano duro.
C'erano anche un sacco di raccomandazioni sull'impasto, che non doveva essere liscio ed uniforme come quello per la pasta all'uovo che si fa a mano, ma granuloso, per non intasare il torchio.
Ho chiesto lumi a San Google, scoprendo alcune cose utili e altre terrificanti: molti dicevano che la ricetta Kenwood non andava bene, addirittura una signora raccontava che, con quelle dosi, la pasta era venuta troppo umida e aveva provocato la rottura del torchio. Panico! Non solo il Ken è una presenza irrinunciabile sul piano di lavoro della mia cucina, ma costa pure un botto e la sola idea di romperlo... Non posso nemmeno pensarci!
Alla fine ho trovato una ricetta che mi pareva sensata, con metà farina di grano tenero e metà semola di grano duro e circa 1/3 di acqua rispetto al peso della farina.
Versate le farine nella ciotola ho avviato l'impastatrice, aggiungendo l'acqua un poco per volta, con una certa apprensione: e se ne avessi messa troppa? O troppo poca? Come doveva essere esattamente un "impasto granuloso"?
Preoccupazione inutile: in realtà mi sono accorta facilmente di quando l'impasto ha raggiunto la giusta consistenza, ho montato il torchio e la trafila per i tortiglioni e ho iniziato a riempirlo piano piano, controllando che la spirale non si intasasse.
Che soddisfazione veder uscire i primi tortiglioni!
All'inizio li ho tagliati in modo un po' irregolare, alcuni più corti e altri più lunghi, poi ho preso il ritmo e sono diventati più uniformi.
In breve ho riempito un intero canovaccio.
Pochi minuti di cottura e finalmente ho servito la mia prima pasta fresca artigianale, con un buon sughetto di zucchine, fiori e curcuma.
C'è qualche aggiustamento da fare, la prossima volta proverò ad usare soltanto semola di grano duro e a ridurre un po' il tempo di cottura, ma l'esperimento mi pare riuscito molto bene e si è rivelato anche economico, sia in termini di costo che di tempo: credo di averci impiegato molto di più a cercare la ricetta e la frusta per impastare acqua e farina (non mi ricordavo dove l'avevo messa...) che per la preparazione vera e propria.