Mi sono divertita a scriverli, il secondo è nato di notte, l'ho scritto di getto sul cellulare e inviato quasi senza correzioni. Mi avevano chiesto di partecipare anche l'anno scorso, ma la degenza ospedaliera non favoriva la creatività, non sono riuscita a trovare l'ispirazione.
Non avevo inserito subito i racconti nel blog perché dovevano restare inediti fino alla pubblicazione da parte dell'Associazione, è passato un po' di tempo e ho finito per dimenticarmene. Rimedio ora.
Cent'anni di solitudine
La sostituzione
(2017)
Ascoltava il ronzio sommesso dei motori dell'astronave. No, non era vero: i motori quasi-luce sono assolutamente silenziosi, non ronzano, ma a lui piaceva pensare che lo facessero, per avere l'idea del movimento.
Si era stancato di guardare fuori dall'oblò dopo i primi cinque anni, anche se tornava ad ammirare il panorama di tanto in tanto, quando si avvicinava a qualche corpo celeste. Dopo dieci anni aveva smesso di guardare anche gli schermi di navigazione. Anche la palestra gli era venuta a noia, ma continuava ad andarci tutti i giorni perché era necessario per superare il check up medico.Ogni giorno dedicava tre ore ai test di funzionamento dei sistemi della nave. Era arrivato quasi al punto di desiderare che ci fosse un guasto, così, solo per avere un diversivo.
Si era imposto di guardare al massimo due film al giorno: ne aveva circa centomila e probabilmente almeno un quarto faceva schifo, quindi se fosse riuscito a mantenere il ritmo, ne avrebbe avuti di nuovi per un centinaio di anni. Con i libri era più facile: in memoria ne aveva più di tre milioni, non c'era bisogno di razionarli. Anche la musica era quasi illimitata e si poteva anche riascoltare.
Spesso, però, lui preferiva il silenzio. Passava ore ad ascoltare i suoi stessi pensieri, a lasciarli correre liberi, per vedere dove sarebbero andati a finire e ogni volta riuscivano a stupirlo. Era meglio del cinema.
All'inizio aveva affrontato con entusiasmo il diario quotidiano, orgoglioso di lasciare una traccia di quel viaggio epico verso un nuovo mondo, un pianeta su cui la razza umana avrebbe potuto sopravvivere. Ormai però erano più di cinquant'anni che la maggior parte delle pagine riportava un laconico "niente da segnalare".
Dopo 36.428 giorni aveva deciso di averne abbastanza. Niente test, niente palestra, niente check up, niente film. Tanto, li aveva quasi finiti.
Lo specchio della cabina gli restituì un'immagine poco diversa da quella di novant'anni prima. La pelle era meno compatta e c'era un accenno di rughe sulla fronte e agli angoli degli occhi, ma non era cambiato molto. Probabilmente avrebbe avuto ancora una cinquantina d'anni, se avesse voluto. Ma non voleva, non così.
Si sedette per l'ultima volta davanti alla postazione di comando e compilò con cura l'ultima pagina del diario, poi inserì un codice e per cinque volte fornì la conferma richiesta. Rimase lì, a immaginare il rumore dei motori, mentre l'astronave attivava la procedura di sostituzione.
Nella stiva, la spia di una delle settantamila capsule di sopravvivenza iniziò a lampeggiare, mentre il corpo al suo interno veniva riportato alla temperatura normale e risvegliato da un sonno durato cent'anni.
Un cicalino lo avvertì che il suo sostituto era uscito dall'ibernazione e aveva superato il check up medico. Diede un ultimo sguardo intorno a sé per assicurarsi di aver lasciato tutto in ordine e augurò mentalmente buon viaggio al nuovo pilota e all'astronave con il suo carico di speranza, poi digitò ancora una volta il codice di sicurezza e ritirò la capsula che l'avrebbe addormentato per sempre.