giovedì 16 aprile 2020

Chiedere aiuto.

Ci sono tante cose che non posso fare da sola. Ce ne sono altre che riesco a fare solo con molta fatica e per le quali devo dosare attentamente le energie.
Salire e scendere le scale, ad esempio, è molto impegnativo, quindi cerco di organizzarmi per farlo il minor numero di volte possibile, concentrando tutte le attività da svolgere al piano di sopra nelle mie mattine libere: martedì, giovedì e sabato. Anche la domenica mattina è libera, ma di solito non faccio niente 😊. Dopo aver dormito fino a tardi, faccio la mia sessione di ginnastica, 30-40 minuti, e poi, se serve, mi fermo su per altre incombenze: mettere ordine, pulire e spolverare quel poco che riesco, scansionare, fotocopiare e archiviare documenti... Spesso scendo solo quando è già ora di pranzo.
Stamattina il programma era molto fitto di attività faticose: ginnastica, pulizia a fondo del piatto doccia, spolvero, doccia, lavaggio e asciugatura capelli. Dovevo stare bene attenta a non esagerare, per conservare energia sufficiente a scendere le scale in sicurezza.

Ho optato fin dall'inizio per una sessione di ginnastica ridotta, perché sapevo che le altre faccende sarebbero state impegnative: niente esercizi in ginocchio, già necessari per pulire la doccia, e nemmeno lavoro con pesi sulla gamba, che sarebbe stata già molto sollecitata per spolverare.
Dopo meno di dieci minuti ho dovuto fermarmi e chiedere a gran voce aiuto a Renato.


Stanca? No!
Bloccata? No!
Caduta? No!
Difficoltà ad alzarmi da terra? No!
Dolore? No!

C'era soltanto Aki che si aggirava per le camere con un enorme ramarro (vivo) in bocca!


Il ramarro è stato spazzato fuori ed è riuscito a fuggire, Aki è stato riempito di complimenti e coccole.
Io ho finito la mia sessione breve di allenamento, ho pulito il piatto e lo sgabello da doccia, ma sono riuscita a spolverare solo due stanze su cinque, poi ho dovuto chiedere aiuto a Renato anche per quello, altrimenti mi sarei stancata troppo e non sarei riuscita a fare la doccia e lavare i capelli. E mi rode, mi rode sempre.

lunedì 13 aprile 2020

Parliamo di BRU

BRU è un miagolio fusante, una fusa miagolosa, un miao con la erre. Non è esattamente un brrgneu, è più breve, solo BRU.
BRU è il verso preferito di Fergus, il suo saluto, la sua richiesta di coccole.
Quando incrocia Aki, Fergus fa BRU e si mette naso contro naso con lui. Quando ha voglia di giocare con lui, fa BRU per chiamarlo (e Aki di solito fa finta di non sentire).
Qualche minuto prima della fine del mio orario di lavoro, verso le 12:25 o le 17:25 se lavoro di pomeriggio, Fergus zompa sul divano, si piazza davanti alla tastiera del computer e fa BRU per ricordarmi che è ora di smettere.
Quando rientra da una scorribanda in giardino, fa BRU per salutarci. Quando lo accarezzo mentre dorme, fa BRU per ringraziare. Quando vuole una grattata di pancia, si spanciotta e fa BRU.


In questi giorni lo sentiamo poco, perché con la bella stagione passa un sacco di tempo all'aperto, a giocare in giardino oppure a dormire nel cestino sul portico.
Da quando ha imparato a usare la gattaiola, esce sempre più spesso: è nato in campagna, non è un gatto d'appartamento e gli piace l'aria aperta. Come tutti i nostri gatti, appena ha avuto a disposizione il giardino ha smesso di usare la lettiera, spostando la toilette all'esterno e liberandoci da tutti i relativi oneri di gestione: acquisto, pulizia, odori sgradevoli. Bravo piccoletto!
La stagione di caccia è aperta: Aki l'ha inaugurata un paio di settimane fa con il primo topolino e sta viaggiando al ritmo di due a settimana.
Fergus non vuole essere da meno: due giorni fa ha preso la sua prima lucertola, stamattina un'altra. Se imparano a cacciare insieme, come minimo ci portano un cinghiale.


Anch'io oggi ho fatto una gita fuori porta. Fuori dalla porta, per la precisione: una breve passeggiata sulla strada di casa, una cinquantina di metri all'andata e altrettanti al ritorno. Ne avevo fatta una anche la settimana scorsa e mi ero resa conto conto di essere terribilmente fuori allenamento con le stampelle, che in casa uso pochissimo, praticamente solo per salire le scale, prediligo il deambulatore perché è più sicuro, soprattutto per andare in bagno.
Quando sono uscita la prima volta mi sentivo come una ladra, anche se non stavo violando alcuna regola. Per strada non c'era assolutamente nessuno, a parte me e Renato, e sono rimasta davvero entro pochi metri da casa, tuttavia mi sembrava di fare qualcosa di proibito.
Invece è necessario: ho decisamente bisogno di una sgambata ogni tanto, perché il movimento con le stampelle è diverso da quello con il deambulatore, richiede più fiato e una migliore gestione dell'equilibrio. Inoltre dentro casa riesco a fare solo pochi metri, mentre all'esterno ho la possibilità di allenarmi su tratti più lunghi, anche se sono ancora lontanissima dai 350/400 metri che riuscivo a fare prima dell'amputazione. Bisogna che mi dia da fare per recuperare... e anche per smaltire troppe cose buone che preparo in questo periodo!

In senso orario: sua maestà la carbonara, club sandwich, braciola di maiale con cipolle caramellate, risotto speck porri e mele, gateau di polenta, pizza, chicken pie, uova sulle nuvole, tagliatelle con sugo di spezzatino, plumcake mirtilli e yogurt. 

E adesso vado a preparare la pizza per stasera!

giovedì 2 aprile 2020

Fine del 41 bis

Noi non eravamo semplicemente in quarantena: siamo stati per diverse settimane al 41 bis.
Renato ha lavorato fino a 15 giorni fa in fabbrica con centinaia di colleghi, avrebbe potuto entrare in contatto con il virus  e voleva proteggermi, quindi, fino a ieri, distanza di sicurezza e contatti ridotti al minimo indispensabile anche in casa.
Certo non è stato un isolamento assoluto: viviamo in una casa 🏡, non in un castello 🏰 di cinquanta stanze, mangiamo alla stessa tavola, accarezziamo gli stessi gatti. Se il virus c'era, qualche possibilità di trasmissione l'ha avuta. Ma ormai sono trascorse più di due settimane dagli ultimi contatti esterni significativi senza nessun sintomo di malattia, siamo abbastanza sicuri che non ci sia stato contagio, quindi stamattina ci siamo potuti di nuovo abbracciare dopo - credo - quattro settimane. E quanto mi era mancato quel contatto!


Abbiamo fatto e stiamo facendo tutto il possibile per evitare il contagio, anche se in verità la nostra speranza è di aver già preso il virus in forma così lieve da non essercene nemmeno accorti. Poco probabile, ma sarebbe bello.
Perché c'è una cosa su cui hanno ragione i sostenitori del "contagio libero": in assenza di un vaccino, la cui messa a punto, ammesso che sia possibile, richiederà molti mesi, il virus non si fermerà fino a che non saranno stati contagiati quasi tutti e il rischio continuerà ancora per molto tempo. Sempre ammesso che quelli che l'hanno già avuto sviluppino un'immunità permanente o almeno molto lunga, altrimenti rischiamo di ritrovarcelo ciclicamente da qui all'eternità, come il raffreddore o l'influenza.

Cessato finalmente l'isolamento domestico, manteniamo quello sociale: esce solo Renato per fare la spesa 🛒, una volta alla settimana, massimo due se c'è da andare in più di un negozio, sempre con la mascherina 😷 (grazie Mila!) e tenendo le distanze.
Io esco solo per metà: metto la carrozzina 🦽 sulla soglia della porta finestra sul retro per prendere un po' di sole 🌞, perché l'ultima densitometria non era per niente buona e ho bisogno di vitamina D per fissare il calcio nelle mie povere ossa 🦴, che hanno pagato duramente l'allettamento prolungato e le carenze nutrizionali dell'anno scorso.
Durante la giornata lavoro 💻 - sempre con un pensiero di gratitudine ai miei colleghi che vanno fisicamente in ufficio e in centrale elettrica 🏭, permettendo il proseguimento del servizio - cucino🍝, gioco 👾, coccolo i gatti 😺, guardo la TV 📺, leggo 📚. Come prima, insomma.
Ci manca molto una cena di sushi 🍣, il resto lo sopportiamo senza troppe difficoltà. Anche perché la pizza 🍕 la faccio io oppure ce la facciamo portare a casa! 😉