Giovedì ho fatto la visita di controllo per i nei cutanei. Ho trovato una dottoressa molto scrupolosa, che ha esaminato con cura ogni centimetro quadrato di pelle, con particolare attenzione alle alterazioni più recenti, per concludere che è tutto a posto e non ci sono formazioni sospette.
Oh yeah!
Ieri mattina ho contato i morti in giardino: armata di stivali di gomma, guanti e forbici da potatura ho avviato il censimento delle piante che non sono sopravvissute alle straordinarie gelate dell'inverno appena finito.
Se n'è andato uno dei cespugli di mirto nano, il più grande, una delle piante più belle del mio piccolo giardino, quella di cui andavo più orgogliosa; del mirto più piccolo sembrano sopravvissuti solo un paio di rami. È morto l'alloro che era cresciuto spontaneamente in mezzo ai viburni e i viburni stessi hanno perso parecchi rami, come pure i gelsomini, le nandine, i pittospori, le abelie. Una strage.
Non ho avuto il coraggio di estirparle, spero che almeno qualche radice sia sopravvissuta e possa riprendersi, quindi ho iniziato a tagliare soltanto i rami secchi e ad eliminare le parti morte delle piante aromatiche annuali.
Non sono andata molto avanti con il lavoro: prima ancora di completare la potatura del primo mirto sono iniziati i capogiri. Ma non volevo mollare: ho fatto qualche pausa, quattro chiacchiere con la vicina attraverso la rete che divide i giardini, poi sono andata avanti ancora un po', ma non sono riuscita nemmeno a completare la seconda aiuola prima che la stanchezza mi costringesse a stendermi.
Deprimente.
Mi guardo intorno e vedo tante donne che lavorano a tempo pieno, si occupano della casa e dei figli (e magari anche del giardino!), spesso senza nessun aiuto. Anche se hanno avuto il cancro. O che ce l'hanno adesso.
Invece io che non ho figli, che non lavoro sempre tutti i giorni, che ho la mamma che lava, stira, cucina e fa la spesa mi ritrovo con la casa meno pulita e meno in ordine di come vorrei, con il giardino spesso trascurato e con una lista di cose da fare a cui si aggiungono più cose di quante io riesca a depennare. Un po' mi vergogno.
Mi domando se davvero non ce la faccio oppure è soltanto una questione mentale, un alibi per mascherare la difficoltà di affrontare la quotidianità, di ritornare ad una vita normale dopo la straordinarietà della malattia.
Mi chiedo se la mia in fondo non sia solo pigrizia mascherata da invalidità. Ne avevo già parlato in un post di un paio di mesi fa: è vero che ho alcune limitazioni fisiche, ma a volte mi viene il dubbio di ingigantirle per giustificare la mia tendenza all'ozio.
Ieri dopo pranzo, in preda ai sensi di colpa, ho attaccato il Vaporetto e ho pulito per bene l'interno della macchina, cosa che rimandavo da così tanto tempo che sui tappetini ho trovato impronte di dinosauro. E poi ho spazzato il garage. Fatto la doccia e lavato i capelli. E sono andata a prendere Renato che aveva portato lo scooter a fare la revisione. E al negozio di mobili a ritirare una mensola in più che ho fatto fare per la libreria del salotto.
E poi, ovviamente, mi sono stravaccata sul divano. Perchè, diciamocelo, vi sembro il tipo che si lascia schiacciare dai sensi di colpa?
lunedì 22 marzo 2010
mercoledì 17 marzo 2010
Incredula
Archiviata la pratica dei controlli periodici e in attesa di conoscere il destino della palla, l'attenzione si concentra sulla prevenzione.
Sono giunta alla veneranda età di 41 anni senza aver mai fatto una mammografia né una mappatura dei nei cutanei (che negli ultimi due anni hanno fatto registrare qualche new-entry) e la mia dottoressa ha convenuto che, considerati i precedenti, è il caso di provvedere.
Munita delle impegnative, venerdì ho iniziato a fissare gli appuntamenti.
Per la mammografia avevo deciso di rivolgermi ad un centro convenzionato in cui lavora una radiologa di cui da più parti ho sentito parlare straordinariamente bene in termini di competenza professionale. E che è anche un'amica, il che non guasta.
Di solito nelle strutture private i tempi di attesa sono abbastanza contenuti (chissà perchè...), ma certo non mi aspettavo una simile celerità: appuntamento il 7 aprile (no, nessun trattamento preferenziale: non ho detto all'operatrice che conosco la radiologa né ho segnalato un'urgenza, evidentemente sono i loro tempi standard). Wow!
Il secondo round si preannunciava più duro, perchè per la mappatura dei nei la dottoressa mi aveva consigliato di rivolgermi al Centro di Riferimento Oncologico, dove l'ultima volta mi erano servite alcune settimane solo per riuscire a prendere la linea per fissare l'appuntamento per la risonanza.
Armata di impegnativa, telefono con vivavoce e molta pazienza, mi sono dedicata a questa impresa.
L'inizio è stato promettente: dopo aver composto il numero verde del Centro Unico Prenotazioni del Friuli Venezia Giulia, il risponditore automatico mi ha invitato a selezionare 4 per prenotare una prestazione, 3 per la provincia di Pordenone e 3 per il Centro di Riferimento Oncologico. Bene, almeno non avrebbero cercato di propormi appuntamenti in altre strutture della provincia.
Sono rimasta per un po' ad ascoltare musica e i vari "ci scusiamo per il protrarsi dell'attesa, il primo operatore libero le risponderà appena possibile", ma dopo una decina di minuti anche il risponditore automatico si è arreso e mi ha invitato a richiamare più tardi. Ormai però era tardo pomeriggio, e "più tardi" sarebbe stato troppo tardi, quindi ho rinviato a dopo il weekend.
Ieri, subito dopo pranzo, ho fatto il secondo tentativo.
Numero verde, seleziona 4 - seleziona 3 - seleziona 3 - attesa musicale... NO! Fermi tutti, niente attesa, il telefono squilla subito libero e mi risponde un'operatrice. Incredibile.
Espongo la richiesta, ma lei mi comunica molto gentilmente che da novembre scorso la procedura per questo tipo di visite è cambiata e bisogna telefonare direttamente al CRO: mi fornisce il numero diretto del reparto, ma mi avverte che le visite presso il Centro Oncologico ormai sono riservate solo ai pazienti oncologici. Lo so, spiego, sono già una paziente del CRO, anche se per un'altra patologia. Allora forse mi daranno l'appuntamento, dice, ma se così non fosse, si potrà prenotare la visita all'Ospedale di Pordenone richiamando il CUP. Gentilissima.
Mi preparo di nuovo alla sfida di prendere la linea con il CRO.
Faccio il numero. Squilla libero. Avrò mica sbagliato?
Mi risponde subito un'operatrice, le spiego di cosa ho bisogno precisando di essere già in cura al CRO, anche se per una patologia diversa; lei controlla il mio nominativo in archivio e mi conferma che la visita si può fare presso di loro. Bene.
In preda al più sfrenato ottimismo, preparo l'agenda posizionandomi sul mese di settembre: sei mesi mi sembrano ragionevoli per una visita preventiva non urgente.
Ma ho sbagliato tutto.
L'appuntamento è per domani mattina.
NON CI CREDO.
Ovviamente c'è il trucco, mi hanno inserita al posto di un altro paziente che ha disdetto all'ultimo momento, altrimenti sarei andata a luglio (che è comunque meglio di quanto mi aspettassi).
Spero solo, con questa botta di cxxx, di non essermi giocata l'intera dose di fortuna dei prossimi 10 anni.
Sono giunta alla veneranda età di 41 anni senza aver mai fatto una mammografia né una mappatura dei nei cutanei (che negli ultimi due anni hanno fatto registrare qualche new-entry) e la mia dottoressa ha convenuto che, considerati i precedenti, è il caso di provvedere.
Munita delle impegnative, venerdì ho iniziato a fissare gli appuntamenti.
Per la mammografia avevo deciso di rivolgermi ad un centro convenzionato in cui lavora una radiologa di cui da più parti ho sentito parlare straordinariamente bene in termini di competenza professionale. E che è anche un'amica, il che non guasta.
Di solito nelle strutture private i tempi di attesa sono abbastanza contenuti (chissà perchè...), ma certo non mi aspettavo una simile celerità: appuntamento il 7 aprile (no, nessun trattamento preferenziale: non ho detto all'operatrice che conosco la radiologa né ho segnalato un'urgenza, evidentemente sono i loro tempi standard). Wow!
Il secondo round si preannunciava più duro, perchè per la mappatura dei nei la dottoressa mi aveva consigliato di rivolgermi al Centro di Riferimento Oncologico, dove l'ultima volta mi erano servite alcune settimane solo per riuscire a prendere la linea per fissare l'appuntamento per la risonanza.
Armata di impegnativa, telefono con vivavoce e molta pazienza, mi sono dedicata a questa impresa.
L'inizio è stato promettente: dopo aver composto il numero verde del Centro Unico Prenotazioni del Friuli Venezia Giulia, il risponditore automatico mi ha invitato a selezionare 4 per prenotare una prestazione, 3 per la provincia di Pordenone e 3 per il Centro di Riferimento Oncologico. Bene, almeno non avrebbero cercato di propormi appuntamenti in altre strutture della provincia.
Sono rimasta per un po' ad ascoltare musica e i vari "ci scusiamo per il protrarsi dell'attesa, il primo operatore libero le risponderà appena possibile", ma dopo una decina di minuti anche il risponditore automatico si è arreso e mi ha invitato a richiamare più tardi. Ormai però era tardo pomeriggio, e "più tardi" sarebbe stato troppo tardi, quindi ho rinviato a dopo il weekend.
Ieri, subito dopo pranzo, ho fatto il secondo tentativo.
Numero verde, seleziona 4 - seleziona 3 - seleziona 3 - attesa musicale... NO! Fermi tutti, niente attesa, il telefono squilla subito libero e mi risponde un'operatrice. Incredibile.
Espongo la richiesta, ma lei mi comunica molto gentilmente che da novembre scorso la procedura per questo tipo di visite è cambiata e bisogna telefonare direttamente al CRO: mi fornisce il numero diretto del reparto, ma mi avverte che le visite presso il Centro Oncologico ormai sono riservate solo ai pazienti oncologici. Lo so, spiego, sono già una paziente del CRO, anche se per un'altra patologia. Allora forse mi daranno l'appuntamento, dice, ma se così non fosse, si potrà prenotare la visita all'Ospedale di Pordenone richiamando il CUP. Gentilissima.
Mi preparo di nuovo alla sfida di prendere la linea con il CRO.
Faccio il numero. Squilla libero. Avrò mica sbagliato?
Mi risponde subito un'operatrice, le spiego di cosa ho bisogno precisando di essere già in cura al CRO, anche se per una patologia diversa; lei controlla il mio nominativo in archivio e mi conferma che la visita si può fare presso di loro. Bene.
In preda al più sfrenato ottimismo, preparo l'agenda posizionandomi sul mese di settembre: sei mesi mi sembrano ragionevoli per una visita preventiva non urgente.
Ma ho sbagliato tutto.
L'appuntamento è per domani mattina.
NON CI CREDO.
Ovviamente c'è il trucco, mi hanno inserita al posto di un altro paziente che ha disdetto all'ultimo momento, altrimenti sarei andata a luglio (che è comunque meglio di quanto mi aspettassi).
Spero solo, con questa botta di cxxx, di non essermi giocata l'intera dose di fortuna dei prossimi 10 anni.
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giovedì 11 marzo 2010
Anniversario
L'anniversario vero e proprio era qualche giorno fa, ma aspettavo l'esito dei controlli per festeggiare.
Ora è ufficiale: due anni liberi da malattia.
Stamattina ho ritirato l'esito di risonanza e RX torace: un respiro profondo al momento di aprire la busta e via. Pochi secondi per leggere il referto, poi il sospiro di sollievo e l'abbraccio con Renato: nessuna alterazione ai polmoni, nessuna formazione sospetta, niente linfonodi ingranditi. Insomma, tutto a posto.
La palla è sempre lì, invariata per forma e dimensioni, ma a parte quella è tutto ok.
Quando finalmente mi hanno chiamata per la visita (con oltre tre ore di ritardo rispetto all'orario dell'appuntamento), ho parlato all'oncologo dei fastidi che mi sta provocando la palla nelle ultime settimane: ne discuterà con il chirurgo che mi ha operata due anni fa e con il primario di chirurgia per valutare se è il caso di intervenire per aspirarla. C'è infatti il rischio che si possa riformare e/o che l'intervento possa provocare infezioni o contaminazioni.
Ma ci penseremo tra una decina di giorni, adesso si festeggia!
Ora è ufficiale: due anni liberi da malattia.
Stamattina ho ritirato l'esito di risonanza e RX torace: un respiro profondo al momento di aprire la busta e via. Pochi secondi per leggere il referto, poi il sospiro di sollievo e l'abbraccio con Renato: nessuna alterazione ai polmoni, nessuna formazione sospetta, niente linfonodi ingranditi. Insomma, tutto a posto.
La palla è sempre lì, invariata per forma e dimensioni, ma a parte quella è tutto ok.
Quando finalmente mi hanno chiamata per la visita (con oltre tre ore di ritardo rispetto all'orario dell'appuntamento), ho parlato all'oncologo dei fastidi che mi sta provocando la palla nelle ultime settimane: ne discuterà con il chirurgo che mi ha operata due anni fa e con il primario di chirurgia per valutare se è il caso di intervenire per aspirarla. C'è infatti il rischio che si possa riformare e/o che l'intervento possa provocare infezioni o contaminazioni.
Ma ci penseremo tra una decina di giorni, adesso si festeggia!
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domenica 7 marzo 2010
Come stai?
Tutti mi chiedono la stessa cosa: Come stai? Come va?
Però non tutti lo chiedono allo stesso modo e non tutti ricevono la stessa risposta.
Ci sono le persone che si vedono ogni tanto, un incontro casuale per strada o al supermercato, entrambi in altre faccende affaccendati e con sì e no il tempo per un saluto frettoloso. Chiedono "Come stai?", è normale, è quello che si dice sempre quando ci si rivede, soprattutto se è passato molto tempo dall'ultima volta. Si aspettano di sentirti dire "Tutto bene, grazie!" e per la verità non gli passa nemmeno per l'anticamera del cervello che la risposta possa essere un'altra, non sono minimamente preparati ad affrontare qualcosa del tipo "Così così, sai, ho avuto il cancro...". E ti pare davvero una scortesia sbattergli in faccia una cosa del genere, però "Bene" ti pare una bugia troppo grossa (e se poi lo vengono a sapere da qualcun altro?) e allora magari te la cavi con "Non c'è male, ho avuto qualche problemino di salute, ma adesso va meglio".
Poi ci sono quelli che conoscono la storia, ma ti chiedono "Come stai?" solo per sentirsi rispondere "Bene". Non vogliono un'altra risposta, se appena appena accenni a qualcosa che non va, un disturbo, un sospetto, tagliano subito corto: "Ah, no, vedrai che non è niente." Non vogliono sapere, solo essere rassicurati. Loro.
I menagramo sono fortunatamente una minoranza. Sono quelli che aspettano voracemente le cattive notizie, pronti poi a divulgarle (ma in confidenza, mi raccomando!) con un'aria sapientemente afflitta che maschera a fatica la soddisfazione per il fatto che la disgrazia sia capitata a qualcun altro e non a loro. Vampiri che si nutrono dell'altrui sofferenza. Questi sotto sotto godono a sentirsi rispondere "Male", quindi l'unica risposta possibile diventa "Benissimo, alla grande!". Con un sorrisone a trentadue denti.
Pussa via, vade retro, va' a succhiare il dolore di qualcun altro!
E poi ci sono le persone come voi che state leggendo, quelli che davvero vogliono sapere come sto, pieni di sincera speranza e pronti a rallegrarsi se le cose vanno bene, ma capaci anche di accettare risposte negative, di capire che posso stare male e avere paura. E che magari non ho sempre la forza di rassicurare tutti.
Anche a queste persone si fa fatica a rispondere che non stai bene, perchè sai che ci tengono, che ci restano davvero male. E allora cerchi di proteggerle, di minimizzare, di tenere per te tutta la negatività, perchè è inutile far preoccupare anche loro, soprattutto quando la paura è solo teoria.
Ma chi mi chiede sinceramente "Come stai?" merita una risposta sincera.
Non sto bene in questi giorni. L'addome mi dà fastidio, a volte mi fa male, la gamba destra s'informicola e si intorpidisce. Può darsi che sia ipocondria, oppure solo la palla che fa i capricci. Oppure no.
Così continuo ad oscillare tra piccoli progetti che sanno di futuro (offerte per nuovi lavori, canzoni da imparare per i saggi di fine anno, un corso di teatro...) e prudenza scaramantica (aspettiamo a rinnovare la tessera annuale che non si sa mai...).
C'è di buono che le cose da fare sono sempre tante e le giornate passano veloci, mi sembra di aver fatto ieri la risonanza, invece sono già passati cinque giorni. Ne mancano solo quattro.
Però non tutti lo chiedono allo stesso modo e non tutti ricevono la stessa risposta.
Ci sono le persone che si vedono ogni tanto, un incontro casuale per strada o al supermercato, entrambi in altre faccende affaccendati e con sì e no il tempo per un saluto frettoloso. Chiedono "Come stai?", è normale, è quello che si dice sempre quando ci si rivede, soprattutto se è passato molto tempo dall'ultima volta. Si aspettano di sentirti dire "Tutto bene, grazie!" e per la verità non gli passa nemmeno per l'anticamera del cervello che la risposta possa essere un'altra, non sono minimamente preparati ad affrontare qualcosa del tipo "Così così, sai, ho avuto il cancro...". E ti pare davvero una scortesia sbattergli in faccia una cosa del genere, però "Bene" ti pare una bugia troppo grossa (e se poi lo vengono a sapere da qualcun altro?) e allora magari te la cavi con "Non c'è male, ho avuto qualche problemino di salute, ma adesso va meglio".
Poi ci sono quelli che conoscono la storia, ma ti chiedono "Come stai?" solo per sentirsi rispondere "Bene". Non vogliono un'altra risposta, se appena appena accenni a qualcosa che non va, un disturbo, un sospetto, tagliano subito corto: "Ah, no, vedrai che non è niente." Non vogliono sapere, solo essere rassicurati. Loro.
I menagramo sono fortunatamente una minoranza. Sono quelli che aspettano voracemente le cattive notizie, pronti poi a divulgarle (ma in confidenza, mi raccomando!) con un'aria sapientemente afflitta che maschera a fatica la soddisfazione per il fatto che la disgrazia sia capitata a qualcun altro e non a loro. Vampiri che si nutrono dell'altrui sofferenza. Questi sotto sotto godono a sentirsi rispondere "Male", quindi l'unica risposta possibile diventa "Benissimo, alla grande!". Con un sorrisone a trentadue denti.
Pussa via, vade retro, va' a succhiare il dolore di qualcun altro!
E poi ci sono le persone come voi che state leggendo, quelli che davvero vogliono sapere come sto, pieni di sincera speranza e pronti a rallegrarsi se le cose vanno bene, ma capaci anche di accettare risposte negative, di capire che posso stare male e avere paura. E che magari non ho sempre la forza di rassicurare tutti.
Anche a queste persone si fa fatica a rispondere che non stai bene, perchè sai che ci tengono, che ci restano davvero male. E allora cerchi di proteggerle, di minimizzare, di tenere per te tutta la negatività, perchè è inutile far preoccupare anche loro, soprattutto quando la paura è solo teoria.
Ma chi mi chiede sinceramente "Come stai?" merita una risposta sincera.
Non sto bene in questi giorni. L'addome mi dà fastidio, a volte mi fa male, la gamba destra s'informicola e si intorpidisce. Può darsi che sia ipocondria, oppure solo la palla che fa i capricci. Oppure no.
Così continuo ad oscillare tra piccoli progetti che sanno di futuro (offerte per nuovi lavori, canzoni da imparare per i saggi di fine anno, un corso di teatro...) e prudenza scaramantica (aspettiamo a rinnovare la tessera annuale che non si sa mai...).
C'è di buono che le cose da fare sono sempre tante e le giornate passano veloci, mi sembra di aver fatto ieri la risonanza, invece sono già passati cinque giorni. Ne mancano solo quattro.
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riflessioni (quasi) serie
Comunicazione di servizio
Una buon notizia per chi deve affrontare la chemioterapia ed ha un rapporto con i propri capelli meno conflittuale del mio, per cui si dispiace di perderli.
L'Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione n° 9/E del 16/02/2010, ha stabilito che la spesa per l'acquisto di una parrucca "utilizzata per superare le difficoltà psicologiche derivanti dalla caduta dei capelli, provocata da trattamenti chemioterapici" è detraibile dal reddito come spesa sanitaria.
Per fruire della detraibilità ci sono però alcune condizioni.
Innanzitutto la situazione di "difficoltà psicologica" deve essere supportata da certificazione medica, ma credo che questo non sia un problema, perchè per la maggior parte delle persone perdere i capelli è davvero un grave disagio che un medico non avrà difficoltà a certificare.
Poi la parrucca deve essere "marcata CE ai sensi e per gli effetti della Direttiva 93/42/CEE", quindi fabbricata e messa in commercio come dispositivo medico; su questo punto ho parecchi dubbi, non so se le parrucche che si trovano comunemente in commercio riportino la marcatura CE come dispositivi medici: meglio informarsi bene prima dell'acquisto.
Infine, come per tutte le spese sanitarie, è necessario che l'acquisto sia documentato con fattura o scontrino da cui risulti il codice fiscale dell'acquirente (che ovviamente deve essere la persona sottoposta a chemioterapia!).
PS: cercando in rete informazioni (che non ho trovato) sulla marcatura CE delle parrucche, mi sono imbattuta in una tale varietà di stili, tagli e colori che, anche senza chemio, un pensierino quasi quasi ce lo farei!
L'Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione n° 9/E del 16/02/2010, ha stabilito che la spesa per l'acquisto di una parrucca "utilizzata per superare le difficoltà psicologiche derivanti dalla caduta dei capelli, provocata da trattamenti chemioterapici" è detraibile dal reddito come spesa sanitaria.
Per fruire della detraibilità ci sono però alcune condizioni.
Innanzitutto la situazione di "difficoltà psicologica" deve essere supportata da certificazione medica, ma credo che questo non sia un problema, perchè per la maggior parte delle persone perdere i capelli è davvero un grave disagio che un medico non avrà difficoltà a certificare.
Poi la parrucca deve essere "marcata CE ai sensi e per gli effetti della Direttiva 93/42/CEE", quindi fabbricata e messa in commercio come dispositivo medico; su questo punto ho parecchi dubbi, non so se le parrucche che si trovano comunemente in commercio riportino la marcatura CE come dispositivi medici: meglio informarsi bene prima dell'acquisto.
Infine, come per tutte le spese sanitarie, è necessario che l'acquisto sia documentato con fattura o scontrino da cui risulti il codice fiscale dell'acquirente (che ovviamente deve essere la persona sottoposta a chemioterapia!).
PS: cercando in rete informazioni (che non ho trovato) sulla marcatura CE delle parrucche, mi sono imbattuta in una tale varietà di stili, tagli e colori che, anche senza chemio, un pensierino quasi quasi ce lo farei!
mercoledì 3 marzo 2010
Frenesia
La scorsa settimana è stata straordinariamente intensa: la docenza per un corso di formazione, il lavoro dai clienti, il bilancio di un'associazione di volontariato, le prove di gruppo per i saggi di fine anno della scuola di musica, qualche serata con gli amici e naturalmente lo straordinario raduno di Bologna. Tutto questo affastellarsi di impegni ha avuto alcune conseguenze:
1. una stanchezza devastante e la consapevolezza che non riesco più a reggere certi ritmi
2. la prospettiva di qualche soldino dopo un periodo di magra... ok, diciamo pure di carestia!
3. molte soddisfazioni
4. troppi strappi alla dieta
5. così poco tempo per pensare, che il giorno della risonanza magnetica è arrivato quasi senza che me ne accorgessi. Quasi.
Lunedì scorso ho mandato la mamma a ritirare le analisi del sangue: non avevo detto niente per scaramanzia, ma sotto sotto ero pronta a festeggiare i mitici 4.000 globuli bianchi... invece no. Siamo ancora a 3.100, niente di nuovo sul fronte immunitario. Delusione. Bisogna riconoscere che lo sparuto manipolo di eroici corpuscoli sta facendo egregiamente il suo lavoro e in questi due anni non ho avuto più malanni del solito, però... insomma, quanto ci mettono a tornare a posto? Ok, ho fatto una chemio pesante e la radioterapia era concentrata proprio nella zona del bacino, dove si produce la maggior parte delle cellule del sangue, ma sono passati due anni!
Anche le piastrine sono piuttosto basse, però entro i limiti di normalità. Tutti gli altri valori a posto, quelli del fegato addirittura stratosfericamente perfetti, mai avuti così belli, probabilmente è merito della dieta: son soddisfazioni!
Alla fine, i pochi pensieri che ho dedicato alla mia salute nei giorni scorsi erano concentrati soprattutto sulla palla, che ha continuato a farsi sentire, a volte anche pesantemente, con il suo corollario di formiche ed intorpidimento della gamba destra. L'impressione è che possa essersi ingrandita e/o spostata (c'è stato anche qualche sussulto di ipocondria pre-controlli che mi ha fatto considerare la possibilità che oltre palla di liquido ci sia dell'altro), di certo mi dà molto più fastidio ora rispetto a sei mesi fa, ma con un valore di globuli bianchi ancora così basso la prospettiva di poter finalmente intervenire per aspirarla rimane molto incerta.
Ieri ho dovuto per forza dedicare qualche pensiero alla risonanza di oggi, perché per evitare la reazione dell'ultima volta, ho fatto la premedicazione a base di cortisone e antistaminico.
Ma la vera tensione da controllo è arrivata solo stamattina, andando in macchina con Renato verso il Centro di Riferimento Oncologico: i pensieri che iniziano a correre, i muscoli che s'irrigidiscono, lo stomaco che si chiude.
Allo sportello dell'accettazione è arrivata una buona notizia: i referti saranno pronti il giorno 11, proprio quando è fissata la visita con l'oncologo. Perché è una buona notizia? Perché se fossero stati pronti prima avrei avuto la tentazione di andarli a ritirare e tra andata e ritorno sono circa 100km; così, invece, faccio un solo viaggio senza ansie aggiuntive.
Dopo aver consegnato le impegnative, mi hanno chiamata quasi subito per la radiografia al torace e poco dopo per la risonanza; l'infermiera è riuscita a centrare perfettamente la vena con l'ago a farfalla per il mezzo di contrasto, poi un giovane tecnico straordinariamente sollecito, evidentemente in addestramento, mi ha fatto accomodare sul lettino. Niente venticello fresco nel tunnel, questa volta: con addosso soltanto la biancheria e il camice corto temevo di avere freddo, così il tecnico ha staccato l'aria condizionata.
Ho cercato di sistemarmi comodamente, pur sapendo che dopo 20 minuti di immobilità assoluta, qualsiasi posizione diventa scomoda. Perchè l'esame riesca bene, è fondamentale non muoversi, ma il cuore batteva troppo veloce, il respiro era troppo frequente. Ma il brevetto di primo livello di apnea sarà ben servito a qualcosa, no? Mi sono concentrata sulla respirazione, cercando di spostarla sul torace, senza coinvolgere l'addome, e di controllarne il ritmo per ridurre il battito del cuore. Ha funzionato. I rumori dell'apparecchiatura, attutiti dai tappi per le orecchie, hanno avuto un effetto quasi ipnotico e nella pausa per l'infusione del mezzo di contrasto stavo quasi per addormentarmi.
Gli ultimi minuti sono stati fastidiosi perchè la palla si è fatta di nuovo sentire e le formiche hanno piantato l'accampamento nella zona dell'inguine, ma con un po' di pazienza sono arrivata in fondo, con un piccolo sollievo perché non c'è stata nessuna richiesta di esami aggiuntivi, mentre la prima volta che avevo fatto la risonanza la radiologa aveva richiesto anche alcune sezioni di TAC per valutare meglio la palla.
Lo specchio dello spogliatoio ha mostrato di nuovo qualche chiazza rossa sulla pelle di schiena, spalle e braccia, anche se meno della volta precedente, ma tutto si è risolto spontaneamente in meno di un'ora e siamo tornati a casa addirittura un po' in anticipo sull'ora di pranzo.
Sarà stato l'aver saltato la colazione o l'effetto del cortisone, ma avevo una fame da lupi: ho fatto il bis di tortellini in brodo, poi sono riuscita a tenermi lontana dal formaggio solo grazie ad una terrina di finocchi ed un grande sforzo di volontà.
Dopo mangiato, ho deciso di restare un po' stravaccata sul divano per smaltire il fastidio alla palla prima di rimettermi a lavorare alla scrivania e finalmente è arrivato il calo di tensione, mescolato alla stanchezza dei giorni precedenti: mi sono addormentata con il PC sulle ginocchia e la mano sul mouse!
Adesso mi aspettano altri giorni di attesa, ma ho ancora tante cose da fare, passeranno in fretta anche questi.
1. una stanchezza devastante e la consapevolezza che non riesco più a reggere certi ritmi
2. la prospettiva di qualche soldino dopo un periodo di magra... ok, diciamo pure di carestia!
3. molte soddisfazioni
4. troppi strappi alla dieta
5. così poco tempo per pensare, che il giorno della risonanza magnetica è arrivato quasi senza che me ne accorgessi. Quasi.
Lunedì scorso ho mandato la mamma a ritirare le analisi del sangue: non avevo detto niente per scaramanzia, ma sotto sotto ero pronta a festeggiare i mitici 4.000 globuli bianchi... invece no. Siamo ancora a 3.100, niente di nuovo sul fronte immunitario. Delusione. Bisogna riconoscere che lo sparuto manipolo di eroici corpuscoli sta facendo egregiamente il suo lavoro e in questi due anni non ho avuto più malanni del solito, però... insomma, quanto ci mettono a tornare a posto? Ok, ho fatto una chemio pesante e la radioterapia era concentrata proprio nella zona del bacino, dove si produce la maggior parte delle cellule del sangue, ma sono passati due anni!
Anche le piastrine sono piuttosto basse, però entro i limiti di normalità. Tutti gli altri valori a posto, quelli del fegato addirittura stratosfericamente perfetti, mai avuti così belli, probabilmente è merito della dieta: son soddisfazioni!
Alla fine, i pochi pensieri che ho dedicato alla mia salute nei giorni scorsi erano concentrati soprattutto sulla palla, che ha continuato a farsi sentire, a volte anche pesantemente, con il suo corollario di formiche ed intorpidimento della gamba destra. L'impressione è che possa essersi ingrandita e/o spostata (c'è stato anche qualche sussulto di ipocondria pre-controlli che mi ha fatto considerare la possibilità che oltre palla di liquido ci sia dell'altro), di certo mi dà molto più fastidio ora rispetto a sei mesi fa, ma con un valore di globuli bianchi ancora così basso la prospettiva di poter finalmente intervenire per aspirarla rimane molto incerta.
Ieri ho dovuto per forza dedicare qualche pensiero alla risonanza di oggi, perché per evitare la reazione dell'ultima volta, ho fatto la premedicazione a base di cortisone e antistaminico.
Ma la vera tensione da controllo è arrivata solo stamattina, andando in macchina con Renato verso il Centro di Riferimento Oncologico: i pensieri che iniziano a correre, i muscoli che s'irrigidiscono, lo stomaco che si chiude.
Allo sportello dell'accettazione è arrivata una buona notizia: i referti saranno pronti il giorno 11, proprio quando è fissata la visita con l'oncologo. Perché è una buona notizia? Perché se fossero stati pronti prima avrei avuto la tentazione di andarli a ritirare e tra andata e ritorno sono circa 100km; così, invece, faccio un solo viaggio senza ansie aggiuntive.
Dopo aver consegnato le impegnative, mi hanno chiamata quasi subito per la radiografia al torace e poco dopo per la risonanza; l'infermiera è riuscita a centrare perfettamente la vena con l'ago a farfalla per il mezzo di contrasto, poi un giovane tecnico straordinariamente sollecito, evidentemente in addestramento, mi ha fatto accomodare sul lettino. Niente venticello fresco nel tunnel, questa volta: con addosso soltanto la biancheria e il camice corto temevo di avere freddo, così il tecnico ha staccato l'aria condizionata.
Ho cercato di sistemarmi comodamente, pur sapendo che dopo 20 minuti di immobilità assoluta, qualsiasi posizione diventa scomoda. Perchè l'esame riesca bene, è fondamentale non muoversi, ma il cuore batteva troppo veloce, il respiro era troppo frequente. Ma il brevetto di primo livello di apnea sarà ben servito a qualcosa, no? Mi sono concentrata sulla respirazione, cercando di spostarla sul torace, senza coinvolgere l'addome, e di controllarne il ritmo per ridurre il battito del cuore. Ha funzionato. I rumori dell'apparecchiatura, attutiti dai tappi per le orecchie, hanno avuto un effetto quasi ipnotico e nella pausa per l'infusione del mezzo di contrasto stavo quasi per addormentarmi.
Gli ultimi minuti sono stati fastidiosi perchè la palla si è fatta di nuovo sentire e le formiche hanno piantato l'accampamento nella zona dell'inguine, ma con un po' di pazienza sono arrivata in fondo, con un piccolo sollievo perché non c'è stata nessuna richiesta di esami aggiuntivi, mentre la prima volta che avevo fatto la risonanza la radiologa aveva richiesto anche alcune sezioni di TAC per valutare meglio la palla.
Lo specchio dello spogliatoio ha mostrato di nuovo qualche chiazza rossa sulla pelle di schiena, spalle e braccia, anche se meno della volta precedente, ma tutto si è risolto spontaneamente in meno di un'ora e siamo tornati a casa addirittura un po' in anticipo sull'ora di pranzo.
Sarà stato l'aver saltato la colazione o l'effetto del cortisone, ma avevo una fame da lupi: ho fatto il bis di tortellini in brodo, poi sono riuscita a tenermi lontana dal formaggio solo grazie ad una terrina di finocchi ed un grande sforzo di volontà.
Dopo mangiato, ho deciso di restare un po' stravaccata sul divano per smaltire il fastidio alla palla prima di rimettermi a lavorare alla scrivania e finalmente è arrivato il calo di tensione, mescolato alla stanchezza dei giorni precedenti: mi sono addormentata con il PC sulle ginocchia e la mano sul mouse!
Adesso mi aspettano altri giorni di attesa, ma ho ancora tante cose da fare, passeranno in fretta anche questi.
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lunedì 1 marzo 2010
Raduno
Oggi a Bologna c'è stato un vero e proprio raduno di bloggheresse: ho finalmente conosciuto di persona ZiaCris (con il Ferrari), Sissi, AnnaStaccatoLisa e Julia (con relativo Principe) e rivisto con grande piacere Anna e Rosanna.
Incontro alla stazione, pranzo a base di piatti tipici (alla faccia della dieta!) e passeggiata in centro, il tutto condito da chiacchiere a ruota libera.
È stato bello dare finalmente un volto alle parole, a queste voci virtuali capaci di raccontare e di emozionare, ascoltare ciò che fino ad ora si era potuto soltanto leggere e riconoscere lo stile unico ed inconfondibile di ognuna di loro.
È stato bello trovarle proprio come me le aspettavo (beh, a parte Sissi che è mooolto più alta!): dietro a questi blog ci sono persone vere.
E molto speciali: Rosanna, questa è per te!
Incanto di un'anima chiara
sorriso che vede lontano
sguardi che leggono dentro
parole che scendono lievi
pensieri che sfiorano il cuore
come ali d'angelo.
Incontro alla stazione, pranzo a base di piatti tipici (alla faccia della dieta!) e passeggiata in centro, il tutto condito da chiacchiere a ruota libera.
È stato bello dare finalmente un volto alle parole, a queste voci virtuali capaci di raccontare e di emozionare, ascoltare ciò che fino ad ora si era potuto soltanto leggere e riconoscere lo stile unico ed inconfondibile di ognuna di loro.
È stato bello trovarle proprio come me le aspettavo (beh, a parte Sissi che è mooolto più alta!): dietro a questi blog ci sono persone vere.
E molto speciali: Rosanna, questa è per te!
Incanto di un'anima chiara
sorriso che vede lontano
sguardi che leggono dentro
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