mercoledì 29 gennaio 2020

Sistema di gestione per la qualità

Sono una persona pigra, pigrissima. E proprio per questo, sono una maniaca dell'organizzazione.
Le due cose non son affatto in contraddizione: un'attività ben organizzata produce risultati migliori in meno tempo e con meno fatica. Ai pigri conviene tantissimo essere organizzati e io ho sempre cercato di organizzare al meglio i miei doveri - lo studio, il lavoro, le incombenze domestiche - per avere più tempo a disposizione per lo svago e il riposo.

Già da bambina avevo capito che una buona organizzazione poteva aiutarmi a coltivare al meglio la mia pigrizia. Alle elementari uscivo da scuola a mezzogiorno e mezzo e alle due e mezza, massimo le tre, i miei compiti per casa erano già finiti e verificati dalla nonna Ester, così potevo dedicare tutto il resto del pomeriggio al gioco. Era fondamentale fare bene i compiti al primo colpo, perché la nonna non mi aiutava e non mi correggeva: li controllava e, se erano sbagliati - o anche solo in disordine - li dovevo rifare. Quindi era opportuno prestare attenzione alle spiegazioni della maestra, leggere con attenzione i libri di testo e tenere bene in ordine i quaderni, in modo da avere poi la maggiore quantità possibile di tempo libero. È stata una scuola di vita straordinaria, mi ha insegnato un principio fondamentale che ha profondamente influenzato tutta la mia esistenza: conviene sempre fare le cose per bene.
Non è nemmeno stata molto lunga, come lezione. Il primo giorno di scuola media, dopo aver fatto i compiti ho preso i miei quaderni e li ho portati alla nonna per la consueta verifica, ma lei non li ha nemmeno guardati: "Sono una maestra elementare, non una professoressa. Questo non è di mia competenza". Altra grandissima lezione: bisogna imparare a camminare con le proprie gambe. Oppure con il le stampelle o il deambulatore, ma quello l'ho scoperto parecchi anni dopo.


Con il passare degli anni, allo studio si sono affiancate le prime faccende domestiche e anche lì ho capito presto che conveniva organizzarsi: che si trattasse di cucinare, di stirare o fare le pulizie, era tutto più facile e veloce se prima di cominciare si faceva un programma di lavoro e si preparavano tutte le attrezzature necessarie. Quella in cui vivo ora è la mia quarta casa e quando ho progettato la cucina, avevo già perfettamente chiara la destinazione d'uso di ogni ripiano o cassetto: lì i piatti, qui le pirofile, là le padelle, qua le casseruole... In diciassette anni ho fatto solo qualche piccolo aggiustamento, l'ultimo dopo essere uscita dall'ospedale, quando per cause di forza maggiore il ripiano dei bicchieri ha dovuto cedere un po' di spazio ai medicinali, che ormai non ci stanno più nello spazio che fino all'anno scorso era più che sufficiente per contenerli.


Con il tempo, ho trasformato la mia mania per l'organizzazione in un lavoro: da più di vent'anni faccio consulenze di organizzazione aziendale.
Tutti i miei clienti sono stati tormentati fino allo sfinimento dalle mie raccomandazioni di definire procedure e istruzioni operative, di tenere in ordine le postazioni di lavoro, di documentare le attività svolte e i risultati ottenuti, di registrare e analizzare tutte le non conformità, per trovare soluzioni e  analizzare le cause e adottare azioni correttive per evitare di ripetere gli stessi errori. Sistemi di gestione per la qualità, li chiamano; io dico sempre che è semplice buon senso.
Qualche anno fa sono anche tornata all'università, addirittura due volte, per approfondire il metodo lean, che mira a eliminare tutti gli sprechi e organizzare ogni processo per ottenere i risultati richiesti nel più breve tempo e con il minimo impiego di risorse: praticamente la mia filosofia di vita! Una postazione di lavoro lean è ordinatissima: un posto per ogni cosa e ogni cosa al suo posto, tutto quello che serve a portata di mano, niente spazio sprecato per ciò che che non serve.



L'inizio del lavoro in azienda come dipendente per me è stata una sfida: sarei stata capace di mettere in pratica tutto quello che avevo predicato per anni ai miei clienti?
La risposta è sì.
Ho scritto procedure per tutte le principali attività, registro ed elaboro tutti i dati che possono essere utili per controllare i processi e misurare le prestazioni e i livelli di servizio, pianifico il lavoro attraverso bacheche virtuali per il visual management... Non mi pesa, è il mio modo naturale di lavorare e mi ci trovo bene.*


Sono abituata da tempo all'idea che questa mia maniacale ossessione per l'organizzazione mi dia da vivere. Negli ultimi mesi però, mi sono resa conto che mi permette anche di sopravvivere.
La programmazione delle attività, l'ordine e la precisione dei gesti non sono più solo una questione di efficacia ed efficienza, di pigrizia o di risparmio: sono diventati uno strumento indispensabile per la mia sicurezza.
Vestirmi, lavarmi, cucinare, salire e scendere le scale, spostarmi dentro e fuori casa, usare il bagno... per qualsiasi attività quotidiana devo seguire sequenze precise di movimenti e avere a portata di mano tutto quello che mi serve, altrimenti rischio seriamente di farmi male.
Ci ho messo diversi giorni per identificare la migliore procedura di entrata e uscita dalla doccia, quella che riduce al minimo il rischio di cadere, e devo comunque applicarla sempre con la massima attenzione perché è un'operazione al limite della stabilità. Naturalmente devo anche avere il mio sgabello con i braccioli e il deambulatore, altrimenti diventa un suicidio. Il pavimento del bagno deve essere sempre asciutto e la zona di passaggio libera da tappeti, altrimenti le stampelle o il deambulatore potrebbero scivolare o impigliarsi.
Dopo aver rischiato un incidente, ho capito che posso usare le creme per il viso, il corpo o le mani soltanto quando vado a letto, e intendo dire proprio quando sono sul materasso e non ho in programma di alzarmi almeno per le successive due ore, perché usare il deambulatore o le stampelle con le mani anche solo un pochino unte, è davvero pericoloso. È il motivo per cui mi servivano le penne capacitive (graziegrazie!): mi permettono di usare l'e-reader o il cellulare anche dopo aver messo la crema senza ungere lo schermo.


Trasportare oggetti è molto difficile per me, a volte impossibile, se sono ingombranti e/o devo trasferirli da un piano all'altro della casa; una cosa apparentemente banale come spostare un foglio A4 senza piegarlo può trasformarsi in un'impresa davvero ardua. È il motivo per cui ho bisogno di tante cose doppie, da tenere a portata di mano in diverse posizioni: i due deambulatori, diverse paia di stampelle, i caricabatterie e gli auricolari per i telefoni...
Prima di iniziare a cucinare qualsiasi cosa, devo preparare sul piano di lavoro tutto quello che può servire e pianificare la sequenza delle attività per ridurre al minimo gli spostamenti. Se mentre sto lavorando in piedi mi accorgo che mi manca qualcosa che si trova un metro più in là, non posso semplicemente fare due passi di lato per prenderlo: devo sedermi sulla carrozzina, sbloccarla, spostarmi di fronte al punto in cui si trova quello che mi serve, bloccare la carrozzina, alzarmi, prendere il necessario, sedermi, sbloccare la carrozzina, tornare al punto iniziale, bloccare, e alzarmi di nuovo. Devo anche essere sicura che ogni cosa sia esattamente al suo posto, altrimenti potrei non riuscire a raggiungerla; per esempio, il sale grosso e l'olio devono essere non solo sullo scaffale giusto, ma anche nelle posizioni giuste, perché quando sono davanti ai fornelli, per evitare di spostarmi li devo prendere alla cieca, senza vederli.

In sostanza, anche a casa ho bisogno di pianificazione, procedure, ordine e gestione di non conformità e azioni correttive: il mio sistema di gestione per la qualità domestico.



*Nota per i miei clienti: è la dimostrazione che non vi chiedo cose impossibili!

venerdì 24 gennaio 2020

Diario felino 8 - Nella nuova casa

Caro diario,
ormai sono in questa casa da circa un mese e mezzo e mi trovo molto bene.
Gli umani qui mi fanno un sacco di coccole e sono davvero molto buoni, talmente buoni che cerco sempre di mangiarli.



Ho imparato il significato di alcune parole: "no", "via" e "giù".
Invece non sono tanto sicuro del mio nome: dovrebbe essere "Fergusbasta!" oppure "Smettilafergus!", non so.
Mi danno da mangiare ogni volta che lo chiedo, se la ciotola degli umidi è vuota; se invece c'è ancora qualcosa, me lo fanno vedere e io lo mangio. Poi ne chiedo ancora.
Li tengo d'occhio, sempre. Di notte vado spesso a controllare che stiano bene: zompo sul letto e rosicchio qualche dito, così, per sicurezza.
Ogni tanto li sento dire che non mi spengo mai, ma non è assolutamente vero.


Quando sono arrivato, in salotto c'era un luna park, mi hanno detto che si chiama albero di Natale; ci ho giocato tantissimissimo, era pieno di palline luccicanti che facevano un bellissimo rumore quando le portavo in giro. E anche i pacchetti, con tanti fiocchi e nastri da rosicchiare. Dopo qualche settimana però l'hanno tolto, peccato. Adesso è un po' più difficile trovare cose con cui giocare, ma con un po' di impegno, salta sempre fuori qualcosa: la pallina da tennis, una carta di cioccolatino, il piede dell'umana, la coda di Aki, la mia coda, il tappetino da ginnastica, un paio di mutande da lavare, i mostri invisibili... E la tastiera del computer, che mi piace tantotanto perché è anche un po' calda e ci si sta benissimo, sopra. Solo che l'umana non mi lascia, dice che apro cose strane, oggi ho creato una cartella sul desktop, che non so cosa vuol dire, ma mi sono divertito.


Vado sempre in bagno con gli umani, ci sono tante cose interessanti, un sacco di posti da ispezionare. Guardo sempre nella tazza del WC; quando ci sono gli umani seduti sopra è un po' più difficile, ma trovo sempre qualche spiraglio in cui infilare il muso per controllare.
Anche il lavandino è divertente, l'acqua che scende mi piace molto, anche se ogni tanto mi bagno.
Il piatto doccia è bellissimo, cerco sempre di fare almeno un giretto a controllare se ci sono mostri. Gli umani, quando ci entrano, chiudono la porta e io rimango ad aspettarli fuori, raspando contro il vetro per assicurarmi che siano ancora vivi; appena aprono torno a infilarmi dentro, mi bagno un po' le zampe e poi timbro tutto il pavimento con le mie impronte umide: è fantastico!
Qualche giorno fa ho scoperto il campanello della doccia, un pezzetto di plastica appeso a una corda che fa un meraviglioso rumore quando lo faccio sbattere contro il muro: clic-clac, clic-clac. Dopo che una sera ci ho giocato per quasi un'ora mentre l'umana era a letto nella stanza vicina, lei ha capito che era troppo facile da raggiungere per me, allora l'ha sollevato un bel po', per farmi fare esercizio. L'ha messo proprio in alto, ma io, che sono bravissimo, sono riuscito quasi subito a raggiungerlo di nuovo, saltando come una cavalletta: è ancora più divertente, con gli zompi. Clic-clac, clic-clac!

Il gatto grande, Aki, è abbastanza simpatico, ma un po' noioso, se devo proprio dirla tutta: non ha mai voglia di giocare con me. Vado sempre a chiederglielo: quando dorme sul tiragraffi, sul letto o sul divano, quando mi passa vicino, quando va in cucina, quando sale le scale, quando le scende... Gli umani continuano a dirgli "Reagisci Aki, dagliele!", ma lui è buono, al massimo mi tira qualche zampata senza cattiveria. Quando gli faccio gli assalti risponde per un po', ma poi si stanca subito e va via. Gli umani hanno detto che serve urgentemente un altro micetto più o meno della mia età, così forse la smetto di fargli dispetti. Spesso si infila in un buco nel muro e sparisce: ci ho guardato, c'è una specie di porta trasparente; ho spinto un po' con la zampa, sembra che si muova, ma non ho ancora capito come funziona questa magia.
Vabbè, intanto ci dormo su.



 Fergus




lunedì 20 gennaio 2020

Breve storia triste

Ore 10:30 circa, sono a casa, concentratissima sul lavoro per completare un importante adempimento burocratico.
Suona il campanello.
Mannaggia, proprio adesso?
Probabilmente è il corriere con gli integratori che ho ordinato on-line, perché se continuo a prenderli a prezzo pieno in farmacia, mi tocca fare un mutuo. Speriamo sia uno di quelli che mi conoscono e hanno la pazienza di aspettare: ci metto un po' di più per raggiungere la porta rispetto ai bipedi.


Sposto la tastiera del PC fuori dalla portata di Fergus. Sto eseguendo una procedura di comunicazione ufficiale di dati su un sito istituzionale, se il piccoletto preme il tasto sbagliato, chissà cosa mi combina.
Cerco la ciabatta: non c'è. Fergus deve averla spostata giocando, chissà dov'è finita. Non posso camminare sulle piastrelle del salotto solo con il calzino caldopeloso (uno di quelli di Betta), perché rischierei di scivolare; per fortuna vicino al divano ho anche una scarpa e per fortuna è una scarpa larga, altrimenti non riuscirei a infilarla sopra al calzino, che è bello spesso.
Metto la scarpa, mi alzo con i soliti guaiti che accompagnano quasi sempre i passaggi posturali (passa subito, però per qualche secondo fa parecchio male), agguanto il deambulatore, zompetto fino al citofono per aprire il cancello e poi apro la porta pregando mentalmente che il corriere non si sia stancato di aspettare, rinunciando alla consegna.
Sono i testimoni di Geova.
Fine.




Cronache dal bagno

Bagno della mia camera, una sera qualunque.
Entro in bagno con Fergus che sfreccia avanti e  indietro.
Mi avvicino al water con Fergus che zompa sulla tavoletta e guarda giù. Sposto Fergus per sedermi.


Espleto le funzioni corporali con Fergus che mi gira intorno e cerca di infilare il muso dentro la tazza per vedere meglio cosa sto facendo.
Faccio la doccia con Fergus che raspa sul vetro della cabina per entrare.
Mi asciugo con Fergus seduto sull'asciugamano per i piedi.
Mi lavo i denti con Fergus che si arrampica sul deambulatore e poi cammina sul bordo del lavandino controllando le mie attività.
Alla faccia della privacy.

giovedì 16 gennaio 2020

Rientri

Domenica ho fatto qualcosa che sognavo da mesi, letteralmente e in senso figurato: tornare in piscina.
Non so quante volte, nell'ultimo anno, ho immaginato il momento in cui sarei potuta rientrare in acqua, la sensazione di benessere e leggerezza, il relax di abbandonarsi completamente fino a perdere la percezione di dove finisce il mio corpo e inizia l'acqua, i muscoli che lavorano nei movimenti del nuoto, le capriole sott'acqua...
Ma volevo tornare in acqua anche per un altro motivo. Di una cosa sono sempre stata certa, sia quando avevo il quarto di manzo, sia dopo l'amputazione: in acqua, la mia disabilità sarebbe scomparsa e sarei stata soltanto una grossa lontra felice.


La piscina del mio Comune è chiusa da mesi per lavori di restauro, ma sapevo che in un paese poco distante c'è una piscina in cui fanno anche attività di riabilitazione in acqua, quindi ero ragionevolmente sicura che fosse accessibile ai disabili. Per sicurezza, qualche giorno prima ho telefonato per chiedere informazioni e mi hanno confermato di avere uno spogliatoio a misura di carrozzina, un bagno con maniglioni di sostegno e doccia con seggiolino e addirittura un sollevatore per il trasferimento dalla carrozzina alla vasca, utilizzabile però soltanto nella vasca piccola in cui fanno le attività di riabilitazione. Per l'eventuale accesso alla vasca grande, quella da nuoto, avrei dovuto essere autonoma, ma ritenevo di potercela fare.
Nei giorni successivi ho elaborato mentalmente il piano d'azione. Per entrare in acqua, avvicinare la carrozzina alla vasca, scendere, sedendomi per terra, e raggiungere il bordo ragnando*. È una piscina a sfioro, l'acqua arriva fino al bordo: gamba in acqua, una piccola spinta e sono dentro. Per uscire, percorso contrario: issarsi sul bordo, eventualmente usando i corrimano della scaletta e risalire in carrozzina. Niente accappatoio, troppo scomodo da mettere e togliere stando seduta, meglio un telo. Anzi, due: uno da mettere sulla carrozzina per non bagnarla. E una salvietta per il piede. Solita lista delle cose da portare: doccia schiuma, shampoo, spugna, biancheria di ricambio, cuffia, occhialini, costume...
Già, il costume. Bisogna modificarlo un po' per evitare di che si sposti in modo indecente, non essendoci più l'inguine a destra per tenerlo fermo; e poi il moncone fa impressione, meglio coprirlo. Sabato sera mi sono dedicata a lavori di cucito: ho chiuso completamente il foro per la gamba destra. Non fidandomi troppo delle mie abilità sartoriali, che sono limitate a rammendare calzini e attaccare bottoni, ho preferito provare con un vecchio costume molto economico, per non rischiare di fare danni su quello di migliore qualità. Ci ho messo un'eternità, ma il risultato è stato molto soddisfacente: ero pronta.
Domenica ho martirizzato Renato per farmi preparare la borsa: è andato su e giù non so quante volte per prendere tutto quello che ritenevo potesse servirmi (e che mi è effettivamente servito: nulla è rimasto inutilizzato).
Mezz'oretta di strada in macchina in un misto di aspettativa e timore. Sarei riuscita a entrare in acqua facilmente? E poi a uscire? E l'arto fantasma si sarebbe fatto sentire? E la schiena? E avevo preso tutto? E la carrozzina avrebbe patito l'ambiente umido?

L'addetta alla biglietteria mi ha accompagnato allo spogliatoio, dimensionato in modo da poter entrare e uscire agevolmente con la carrozzina. Mi sono cambiata e ho raggiunto il bordo vasca. Tutto come previsto: discesa, avvicinamento, spinta e via, finalmente in acqua!
E sì, avevo ragione: la mia disabilità è rimasta sul bordo della vasca. In acqua non importa se mi manca una gamba, mi muovo senza alcuna difficoltà.
Renato è rimasto per un po' a sorvegliarmi dal bordo, mentre saggiavo le mie possibilità: un breve passaggio sott'acqua, una capriola, una vasca a stile libero per sentire come va. Tutto a posto.
Ho provato anche rana e dorso, ci riesco ma il corpo lavora in modo molto asimmetrico e temo che la schiena ne risenta, meglio non esagerare.
Non volevo rischiare di ritrovarmi affaticata e dolorante più tardi, così sono stata bene attenta a non stancarmi e dopo forse una ventina di vasche, intervallate da pause, ci siamo spostati nella piscina piccola, che è a temperatura più alta, non adatta al nuoto, ma ottima per rilassarsi. Qualche apnea statica e un po' di sguazzamento senza impegno.
Doccia nel bagno attrezzato. Renato è venuto con me per aiutarmi, ha spostato la carrozzina lontano dalla doccia mentre ero sotto l'acqua e di nuovo vicino per farmi risalire quando ho finito, per il resto ho fatto da sola: come sempre, cerco di capire fin dove riesco ad arrangiarmi.

Dopo aver finalmente realizzato un sogno, era ora di passare al successivo: mercoledì sono tornata a lavorare in ufficio.
Per ora sarà solo mezza giornata alla settimana, il mercoledì mattina, che mi serve per gestire lo Sportello Clienti, confrontarmi con i colleghi sulle cose da fare e le problematiche da gestire e sistemare l'archivio cartaceo.
L'ufficio è perfettamente accessibile e reggo le quattro ore senza particolare difficoltà, l'unico problema è che la sede di lavoro è a circa 8,5 km da casa mia: devo chiedere ancora il vostro aiuto.
Si tratta di accompagnarmi al mattino oppure di venirmi a prendere all'ora di pranzo alla sede delle Industrie Zignago a Villanova di Fossalta di Portogruaro, via Ita Marzotto 8 (coordinate GPS 45°46'07.0"N 12°54'07.6"E - Google Maps 45.768618, 12.902108); la strada è piuttosto scorrevole, ci si impiega una decina di minuti.
Renato dovrebbe riuscire ad accompagnarmi o venire a prendermi a settimane alterne, ma non ha ancora i turni per il mese prossimo, eventualmente toglierò qualche data.

  • Mercoledì 22 gennaio ore 8:10 a casa mia   ASSEGNATO Zara!
  • Mercoledì 29 gennaio ore 12:35 in Zignago (va bene anche più tardi)   ASSEGNATO Serena!
  • Mercoledì 5 febbraio ore 8:10 a casa mia   ASSEGNATO Giorgio!
  • Mercoledì 5 febbraio ore 12:35 in Zignago (va bene anche più tardi)  ASSEGNATO Chiara!
  • Mercoledì 12 febbraio ore 08:10  a casa mia  ASSEGNATO Patrizia!
  • Mercoledì 12 febbraio ore 12:35 in Zignago (va bene anche più tardi)   ASSEGNATO Renato F!
  • Mercoledì 19 febbraio ore 8:10 a casa mia  ASSEGNATO Micaela!
  • Mercoledì 26 febbraio ore 12:35 in Zignago (va bene anche più tardi) ASSEGNATO Fabia!

Grazie di cuore a tutti quelli che vorranno aiutarmi!


*ragnare: muoversi su più zampe come un ragno tenendo il corpo sollevato; in realtà il ragno cammina su otto zampe con la pancia rivolta verso il basso, mentre io la tengo verso l'alto e mi appoggio solo su tre zampe, però l'effetto visivo è abbastanza simile.



mercoledì 8 gennaio 2020

Istinti primordiali

La notte scorsa ho dormito bene, cosa per nulla scontata in queste ultime settimane, in cui troppo spesso mi sono ritrovata a girarmi e rigirarmi per ore, cercando invano una posizione comoda, in attesa di un sonno che non arrivava.


In effetti verso le sei e mezza c'è stata l'incursione di un pazzo furioso che correva su e giù per la camera, zompava sul letto e assaliva qualunque cosa si muovesse... o stesse ferma. Ho adottato la tattica dell'opossum, fingendomi morta; vedendomi assolutamente immobile, dopo un po' il peloso matto ha desistito, lasciandomi dormire ancora un po'.


Quando è suonata la sveglia, sarei rimasta molto volentieri a dormire ancora, ma il mercoledì è giorno di lavoro a tempo pieno, bisognava proprio alzarsi. E se già non avevo una gran voglia di uscire dal letto, scoprire che fuori dal piumone faceva freddo non è stato di nessun aiuto.


Il freddo mi è rimasto addosso anche dopo aver indossato pantaloni, maglione in pile e calzettoni pelosi, così ho deciso che era il momento giusto per la prima accensione di stagione del caminetto.
La paura del fuoco è atavica negli animali: ne riconoscono istintivamente il pericolo e generalmente ne sono spaventati; possono apprezzarne il calore, ma di solito badano a tenersene ben lontani per non rischiare incidenti.


Il gatto, a differenza del cane, è solo parzialmente addomesticato e mantiene molti degli istinti ancestrali dei felini selvatici. Ci si aspetterebbe quindi una certa diffidenza verso il fuoco.

Sequenza di accensione:
  1. Sistemare il carrello della legna vicino al caminetto.
  2. Togliere Fergus dal carrello della legna
  3. Prendere la scatola con le attrezzature per accendere il fuoco.
  4. Togliere Fergus dalla scatola.
  5. Piazzare nel caminetto qualche legnetto sottile e un cubetto accendifuoco.
  6. Togliere Fergus dal caminetto.
  7. Accendere il cubetto con l'accendino e uno stuzzicadenti.
  8. Togliere Fergus dal caminetto.
  9. Usare un rametto per diffondere meglio la fiamma.
  10. Togliere Fergus dal caminetto.
  11. Aggiungere al fuoco un'assicella più grande.
  12. Togliere Fergus dal caminetto.
  13. Congratularmi con me stessa per aver ottenuto una bella fiamma al primo tentativo.
  14. Togliere Fergus dal caminetto.
  15. Aggiungere un grosso ciocco di legno.
  16. Togliere Fergus dal caminetto.
  17. Abbassare il vetro del caminetto, badando che Fergus non resti all'interno
  18. Godersi il fuoco acceso con Fergus
E tanti cari saluti agli istinti primordiali.

martedì 7 gennaio 2020

A voi

A Renato, il mio cuore.
Alla zia, il mio angelo custode.
A Cristina e Rita che mi hanno fatto tanta compagnia.
A Chiara B, Isabella, Mila, e Mariarosa che ci sono sempre. E a Chiara A che, oltre a esserci, stira.
Ai miei medici al telefono (e non solo) Maria, Nello, Serena, Giuliana, Chiara e Antonella.
Ai colleghi dell'ufficio Andrea, Stefano, Paola, Vita, Eva ed Elisa che sono venuti a trovarmi ovunque fossi e hanno fatto anche il mio lavoro per tanti mesi.
A Fabia e Federica che hanno sbrigato un bel po' di burocrazia per me.
A chi si è sciroppato un sacco di strada per venire a trovarmi, soprattutto Lella, Paola S, Andrea B, Michela di Ginevra, Claudia e Maurizio e la tribù dei miei cugini. E Beppe, che lavora in Germania e non so come abbia fatto.
Ai miei spacciatori di generi di prima necessità in terra milanese Maria Cristina, Lorenzo, Edi e Franco.
Ai miei contrabbandieri di cibo di conforto: Carla, Renato e Angela, Anna e Miche, Ignazio, Laura, Maria, Jole, Anna e Serena.
Ai miei autisti: Giorgio e Andrea F, Renato F, Filippo, Monica, Serena, Massimo, Micaela, Alessandra B, Catia, Roberto, Claudia Z, Antonio, Luciano S, Tzvetozara, Maria Grazia e Roberta. E a quelli che si sono offerti come autisti ma non ho (ancora) avuto occasione di chiamare: Luciano G, Federica, Isabella M, Claudia B, Paola S, Anna C, Giorgio A, Susanna, Diana, Gloria, Paola D, Isabella B, Chiara, Lucia, Patrizia, Francesca e Sandra.
A Gio, Catia, Paola DA, Irma, ZiaCris, Renato, Roberta M, Claudia/Luca/Laura/Giancarlo/Maria/Sergio che hanno scelto i regali dalla mia wishing list.
A tutti quelli che mi sono stati vicini in mille modi e che non ho citato perché siete tantissimi.


giovedì 2 gennaio 2020

Diario felino 7 - Il piccoletto

Caro diario,
Sono passate più di tre settimane dall'arrivo del piccoletto e devo ancora abituarmi alla sua presenza.

Quando entra in modalità gioca-gioca, è incontenibile, non si ferma un attimo, è un uragano. Corre, salta, si arrampica, rotola, fa gli agguati a qualsiasi cosa, anche quelle che vede solo lui, come i mostri che vivono dentro le cabine doccia. Ha devastato l'albero di Natale, ormai i rami più bassi sono desolatamente spogli perché gli umani hanno rinunciato a cercare di rimettere le decorazioni nella loro posizione originale e le riattaccano un po' più in alto, in modo che lui non ci arrivi. Tanto lui si arrampica e ci arriva lo stesso.
È particolarmente affezionato a un gioco che mi avevano regalato l'anno scorso per Natale, una specie di coda di piume colorate attaccata a un elastico. In poche settimane è riuscito quasi a distruggerlo.


Alla sera gli umani hanno sonno e vorrebbero dormire, mentre lui continua a zompare sul letto, giù dal letto, sopra le coperte, sotto le coperte, dentro e fuori dal bagno... Si sono chiesti tante volte come si faccia a spegnerlo. Alla fine si tranquillizza e diventa tutto un concentrato di fusa e coccole, fa tenerezza.
Ogni tanto mi viene la tentazione di giocare con lui o di dargli una lappatina amichevole, ma mi trattengo: non sarebbe dignitoso.


È terribilmente disordinato. Ha portato oggetti in ogni angolo della casa: alcuni pacchetti che erano sotto l'albero Natale hanno fatto lunghe gite sul pavimento del salotto, sabato ha portato giù dallo studio una pallina da tennis che lei utilizza per i suoi esercizi di ginnastica, ieri c'era una decorazione natalizia nel mio vassoio del cibo, oggi ha trascinato un tovagliolo di carta fin sotto il tavolino del salotto e ci sono ancora nastri colorati dei pacchetti natalizi che girano tra bagno e lavanderia. Ha tentato più volte anche l'assalto alle matrioske sul comò in camera da letto, ottenendo sonore sgridate. In bagno, si accanisce aggattisce contro il tappeto, lasciandolo tutto appallottolato.

Ha una faccia un muso di bronzo straordinario. Quando gli umani lo sgridano perché sta combinando qualcosa, assume subito un atteggiamento contrito. Salvo poi ricominciare a fare danni come niente fosse dopo cinque secondi. Quando lo ammoniscono perché mi fa gli agguati, in un decimo di secondo la sua postura e la sua espressione passano da sono-un-feroce-guerriero-pronto-ad-assalire-il-nemico a sono-un-tenerissimo-micetto-che-vuole-tante-coccole. Ipocrita!


Mangia come un lupo, anzi come un branco di lupi. Gli umani stanno valutando di vendere un rene per mantenerlo. Ogni volta che qualcuno entra in cucina, lui lo segue e, appena varcata la soglia, si accorge di essere terribilmente affamato, praticamente in punto di morte per inedia, e chiede a gran voce altro cibo, non importa se ha mangiato cinque minuti prima. È di bocca buona, mangia anche quello che io avanzo, ma pretende che ogni pasto abbia almeno tre portate, meglio quattro, tutte abbondanti. Per lui ci vorrebbe una trattoria per gatti camionisti. Chissà quanta fame ha patito nelle prime settimane di vita.


Mi perseguita. Appena entro in casa, si avvicina e ci annusiamo, naso contro naso, poi io vorrei andarmene per i fatti miei, ma lui mi sta alle costole, mi segue in cucina, sulle scale, sul letto, sul divano, sul tiragraffi, mi fa gli agguati dietro ogni angolo. Uno stalker. Quando dormo sull'amaca, cerca di mordicchiarmi da sotto e qualche volta reagisco, gli tiro due o tre zampate, ma senza cattiveria, non uso mai le unghie, è ancora un cucciolo e so che bisogna avere pazienza.


Che poi è anche amichevole: spesso si mette vicino a me con la pancia per aria, per segnalarmi che non ha cattive intenzioni, vuole solo fare 'micizia e giocare con me, magari rimediare anche qualche coccola. Probabilmente è stato separato troppo presto dalla sua mamma.


È assolutamente indiscreto. Accompagna quasi sempre gli umani in bagno, spesso ne approfitta anche per fare i suoi bisogni nella lettiera, ma è interessato soprattutto al water e cerca continuamente di guardare dentro la tazza mentre gli umani la stanno usando. Devono stare attenti, prima di sedersi, e controllare che non ci sia già lui sulla tavoletta, intento a guardare giù. Secondo me, prima o poi ci cade dentro.

Ha la stessa passione che avevo io da piccolo per la tastiera del computer, ci sale sopra e apre finestre, programmi, invia messaggi.... Prima o poi riuscirà a ordinare qualcosa su Amazon.


È molto pulito: si lava, si rilava, si lava di nuovo. Mi ricorda me quando avevo la sua età.
Forse, dopotutto, possiamo diventare a-mici.

 Aki