Finalmente ci siamo: l'appuntamento per la biopsia è stato fissato per martedì 1 dicembre.
Me lo ha comunicato l'oncologo con una mail inviata lunedì alle 19:51. Tanto per capire fino a che ora lavora.
Quando ho letto la mail, un paio d'ore dopo, la situazione si è fatta di colpo concreta. Certo, sapevo anche prima qual era il programma, ma senza una data di riferimento non era un vero piano, rimaneva qualcosa di astratto, un'idea non completamente definita. Di colpo, si sono materializzate scadenze precise da rispettare, con tempi anche piuttosto stretti.
Per l'esame sono richieste alcune analisi del sangue e non ho avuto nemmeno bisogno di controllare l'agenda per sapere che dovevo organizzarmi in fretta per riuscire a incastrare il prelievo tra gli impegni di lavoro. Mi serviva prima di tutto l'impegnativa del medico di base, che ho richiesto con un SMS (viva la tecnologia!); ieri mattina sono andata a ritirarla e poi subito in ospedale per il prelievo. Fortunatamente non c'era molta gente e me la sono cavata abbastanza velocemente, rientrando in ufficio relativamente presto.
Poco fa ho scaricato dal sito dell'USSL il referto e...
Erano anni - letteralmente - che non mi capitava di trovarlo completamente privo di asterischi. Robe da non credere, persino i globuli bianchi sono normali.
Ehm... Lo ammetto, sto barando un po'.
È vero che tutti i valori sono perfettamente nella norma, ma è anche vero che sono solo una piccola parte di quelli che controllo di solito e mancano proprio quelli che più spesso sono alterati. Ma io sono contenta lo stesso.
giovedì 26 novembre 2015
domenica 8 novembre 2015
Io non penso positivo
Capisco la buona intenzione e la apprezzo sinceramente, ma a me questa espressione non piace.
Pensare positivo mi dà l'idea di un ottimismo forzato, di un'ottusa negazione della possibilità che qualcosa vada storto, di un'artificiosa fuga in una dimensione ideale.
Sembra quasi che pensare positivo serva in qualche modo a fare in modo che non accada mai nulla di brutto, mentre se non pensi positivo ti chiami addosso le disgrazie, o quasi.
È una rappresentazione molto significativa di una cultura contemporanea in cui tutti devono essere perennemente sani, belli e felici. Guai a parlare di invecchiamento, di malattia e (non sia mai!) di morte, guai anche solo a pensare a queste cose! Sono tabù, vanno tenute nascoste, sono i panni sporchi da lavare in casa, la polvere da nascondere sotto il tappeto.
Questo non mi appartiene.
Non vedo alcun vantaggio nel cercare di convincersi che le cose andranno sempre per il meglio, credo sia molto più utile imparare a fare i conti con la possibilità che si verifichino anche situazioni negative.Questo non vuol dire aspettarsi sempre il peggio, men che meno sprofondare nell'autocommiserazione e nel piagnisteo, ma semplicemente accettare l'idea che può accadere qualcosa di sgradevole e proprio grazie a questa consapevolezza, apprezzare tutte le cose belle che si incontrano ogni giorno. Significa dare maggior valore a ciò che accade di buono, proprio perché non è scontato. Significa vivere pienamente.
Io non penso positivo.
Io vivo positivo.
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giovedì 5 novembre 2015
Programma
Sono una maniaca della pianificazione.
Ho un bisogno compulsivo di programmare, di organizzare le mie attività. Compilo liste su liste di cose da fare, raggruppate per argomento, per importanza, per priorità. Lo schermo del mio PC è invaso da post-it virtuali, sulla mia scrivania non manca mai un foglio riciclato con un elenco di voci parzialmente spuntate.
Dopo ogni riunione preparo una tabella con gli impegni assegnati a ciascuno dei partecipanti. Non vado mai a fare la spesa senza una lista di articoli da acquistare, non riempio mai una valigia senza avere in mano la lista delle cose da metterci dentro, non parto per una vacanza senza una lista di cose da vedere.
Ma non significa che io poi segua questi programmi.
La pianificazione per me è sempre flessibile, è una linea guida, mai una gabbia.
Le mie liste vengono continuamente riorganizzate, riassegnando le priorità in base a quello che succede giorno per giorno, ora per ora. Torno sempre dalla spesa con qualcosa in più e qualcosa in meno di quello che avevo in lista e in vacanza faccio sempre qualcosa di diverso da quello che avevo previsto.
Non sono mai schiava dei miei programmi, però mi aiutano a gestire il mio tempo, mi danno una traccia da seguire e, paradossalmente, mi permettono di affrontare meglio gli imprevisti. So che può sembrare strano, ma il fatto stesso di realizzare una pianificazione richiede di analizzare situazioni, tempi, risorse e alternative e questa conoscenza torna molto utile per gestire gli imprevisti.
I programmi sono rassicuranti.
Al contrario, l'incertezza sulle cose da fare mi mette a disagio, mi fa temere di perdere il controllo della situazione, di finire in balia degli eventi.
Ho accolto quindi con discreta buona grazia il responso della TAC.
Il lipoma, la palla di lardo, è cresciuto di alcuni centimetri rispetto all'inizio di giugno e comprime visibilmente l'intestino: i medici dell'equipe sarcomi del CRO hanno concordato che è il caso di toglierlo, ma prima dell'intervento, preferiscono effettuare una biopsia, giusto per non avere sorprese in sala operatoria (ricordate? pianificare!).
La settimana prossima dovrebbero comunicarmi la data della biopsia, verosimilmente nella seconda metà di novembre, mentre l'intervento sarà indicativamente a dicembre.
Mi pare un programma ragionevole, corrisponde a quello che il mio buon senso suggeriva.
Però non lo trovo rassicurante come al solito. Chissà perché...
Ho un bisogno compulsivo di programmare, di organizzare le mie attività. Compilo liste su liste di cose da fare, raggruppate per argomento, per importanza, per priorità. Lo schermo del mio PC è invaso da post-it virtuali, sulla mia scrivania non manca mai un foglio riciclato con un elenco di voci parzialmente spuntate.
Dopo ogni riunione preparo una tabella con gli impegni assegnati a ciascuno dei partecipanti. Non vado mai a fare la spesa senza una lista di articoli da acquistare, non riempio mai una valigia senza avere in mano la lista delle cose da metterci dentro, non parto per una vacanza senza una lista di cose da vedere.
Ma non significa che io poi segua questi programmi.
La pianificazione per me è sempre flessibile, è una linea guida, mai una gabbia.
Le mie liste vengono continuamente riorganizzate, riassegnando le priorità in base a quello che succede giorno per giorno, ora per ora. Torno sempre dalla spesa con qualcosa in più e qualcosa in meno di quello che avevo in lista e in vacanza faccio sempre qualcosa di diverso da quello che avevo previsto.
Non sono mai schiava dei miei programmi, però mi aiutano a gestire il mio tempo, mi danno una traccia da seguire e, paradossalmente, mi permettono di affrontare meglio gli imprevisti. So che può sembrare strano, ma il fatto stesso di realizzare una pianificazione richiede di analizzare situazioni, tempi, risorse e alternative e questa conoscenza torna molto utile per gestire gli imprevisti.
I programmi sono rassicuranti.
Al contrario, l'incertezza sulle cose da fare mi mette a disagio, mi fa temere di perdere il controllo della situazione, di finire in balia degli eventi.
Ho accolto quindi con discreta buona grazia il responso della TAC.
Il lipoma, la palla di lardo, è cresciuto di alcuni centimetri rispetto all'inizio di giugno e comprime visibilmente l'intestino: i medici dell'equipe sarcomi del CRO hanno concordato che è il caso di toglierlo, ma prima dell'intervento, preferiscono effettuare una biopsia, giusto per non avere sorprese in sala operatoria (ricordate? pianificare!).
La settimana prossima dovrebbero comunicarmi la data della biopsia, verosimilmente nella seconda metà di novembre, mentre l'intervento sarà indicativamente a dicembre.
Mi pare un programma ragionevole, corrisponde a quello che il mio buon senso suggeriva.
Però non lo trovo rassicurante come al solito. Chissà perché...
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