Dato che oggi pomeriggio il mio PC più che lento era decisamente piantato, un paio d'ore fa ho deciso di smettere di insultarlo, che tanto è inutile perché non mi ascolta, mi sono presa una pausa e sono andata a piantare piante.
Ho posizionato i vasi nell'aiola, spostandoli e scambiandoli fino a trovare una disposizione che fosse allo stesso tempo bella e funzionale, dato che tra gli ultimi acquisti ci sono alcune aromatiche che voglio avere a portata di mano, ho eliminato qualche erbaccia e ho iniziato a interrare le prime dieci o dodici piantine. Ne restano ancora circa trentacinque.
E già, perché quando le gambe iniziano a fare giacomo-giacomo e davanti agli occhi passano tanti puntini luminosi, le possibilità sono due:
1. è il momento di cambiare spacciatore
2. è il momento di fermarsi e riposare
Nel mio caso, buona la seconda, anzi, probabilmente sarebbe stato meglio fermarsi un po' prima, dato che adesso pure la palla brontola. Perché questi cinque anni non son mica passati lisci lisci, hanno lasciato il segno, e bello profondo anche.
Poco male: è previsto bel tempo anche domani, se ce la faccio andrò avanti ancora un po'. Prima o poi tutte le piantine saranno a dimora e farò una bella foto all'aiola fiorita... prima che il Ciccio la devasti.
martedì 29 marzo 2011
domenica 27 marzo 2011
L'altra primavera
C'è la solita primavera, quella fatta di macchie gialle di forsythie e narcisi, piume verdi di germogli sui rami, nuvole rosa di fiori di pesco, aria profumata di sole. È bella, bellissima, come tutte le stagioni, ognuna delle quali ha il suo fascino.
Ma c'è anche un'altra primavera.
Il 27 marzo del 2006 sono stata ricoverata e per la prima volta, grazie ad un ecografista competente, è stata pronunciata la parola liposarcoma: i disturbi che mi tormentavano da oltre sette mesi avevano finalmente un nome, un nome di cui in quel momento non conoscevo il significato, sapevo solo che finiva per -oma quindi probabilmente era un tumore maligno, un cancro, e solo nelle settimane, nei mesi e negli anni successivi avrei scoperto il suo vero significato.
Sapevo anche che era grande, enorme, che occupava tutta la cavità addominale, e mentre tre giorni dopo un'infermiera spingeva il mio letto fuori dalla camera, verso la sala operatoria, sapevo anche che avrei potuto non risvegliarmi dall'anestesia, oppure svegliarmi con qualche organo in meno. E quando due settimane dopo è arrivato il referto istologico con la conferma della diagnosi, sapevo che quella sarebbe forse potuta essere la mia ultima primavera.
Questo accadeva esattamente cinque anni fa.
Non sono particolarmente legata agli anniversari, per la verità è un caso che mi sia messa a scrivere questo post proprio oggi, mi frullava in testa già da un po' e ad essere sincera sono dovuta andarmi a rileggere la cartella clinica per essere sicura delle date.
Cinque anni dalla diagnosi però sono un traguardo importante, uno di quelli che si utilizzano per le statistiche. Non sono stati cinque anni liberi da malattia, nel frattempo c'è stata la recidiva, con il suo pesante corollario di terapie e relativi effetti collaterali, ma per una curiosa coincidenza, anche il secondo intervento è stato in marzo, nel 2008, quindi sono comunque tre anni di remissione.
Questo doppio anniversario forse non vuole ancora dire guarigione, ma significa che sono ancora viva, e tutto sommato anche in buona salute. Significa che da quel giorno di cinque anni fa ho ammirato, annusato e assaporato ancora cinque primavere, cinque estati, cinque autunni e cinque inverni, cosa che in quel giorno di marzo non davo affatto per scontata e che mi fa parecchio piacere.
Mi auguro di poter godere ancora di tante stagioni, ma intanto sono grata, molto grata, di quelle che ho potuto assaporare, e non intendo solo gli ultimi cinque anni, ma anche i precedenti trentasette.
E se questa primavera ha riportato, oltre alle vampate, anche qualche movimento di formiche sulla gamba destra a qualche dolorino alla palla... beh, chissenefrega.
Io sono viva.
PS: dato che comunque siamo nel pieno della "solita" primavera, la spedizione di oggi al Mottaflor ha fruttato un po' di materiale per arricchire le mie aiole, giusto qualche piantina...
Ma c'è anche un'altra primavera.
Il 27 marzo del 2006 sono stata ricoverata e per la prima volta, grazie ad un ecografista competente, è stata pronunciata la parola liposarcoma: i disturbi che mi tormentavano da oltre sette mesi avevano finalmente un nome, un nome di cui in quel momento non conoscevo il significato, sapevo solo che finiva per -oma quindi probabilmente era un tumore maligno, un cancro, e solo nelle settimane, nei mesi e negli anni successivi avrei scoperto il suo vero significato.
Sapevo anche che era grande, enorme, che occupava tutta la cavità addominale, e mentre tre giorni dopo un'infermiera spingeva il mio letto fuori dalla camera, verso la sala operatoria, sapevo anche che avrei potuto non risvegliarmi dall'anestesia, oppure svegliarmi con qualche organo in meno. E quando due settimane dopo è arrivato il referto istologico con la conferma della diagnosi, sapevo che quella sarebbe forse potuta essere la mia ultima primavera.
Questo accadeva esattamente cinque anni fa.
Non sono particolarmente legata agli anniversari, per la verità è un caso che mi sia messa a scrivere questo post proprio oggi, mi frullava in testa già da un po' e ad essere sincera sono dovuta andarmi a rileggere la cartella clinica per essere sicura delle date.
Cinque anni dalla diagnosi però sono un traguardo importante, uno di quelli che si utilizzano per le statistiche. Non sono stati cinque anni liberi da malattia, nel frattempo c'è stata la recidiva, con il suo pesante corollario di terapie e relativi effetti collaterali, ma per una curiosa coincidenza, anche il secondo intervento è stato in marzo, nel 2008, quindi sono comunque tre anni di remissione.
Questo doppio anniversario forse non vuole ancora dire guarigione, ma significa che sono ancora viva, e tutto sommato anche in buona salute. Significa che da quel giorno di cinque anni fa ho ammirato, annusato e assaporato ancora cinque primavere, cinque estati, cinque autunni e cinque inverni, cosa che in quel giorno di marzo non davo affatto per scontata e che mi fa parecchio piacere.
Mi auguro di poter godere ancora di tante stagioni, ma intanto sono grata, molto grata, di quelle che ho potuto assaporare, e non intendo solo gli ultimi cinque anni, ma anche i precedenti trentasette.
E se questa primavera ha riportato, oltre alle vampate, anche qualche movimento di formiche sulla gamba destra a qualche dolorino alla palla... beh, chissenefrega.
Io sono viva.
PS: dato che comunque siamo nel pieno della "solita" primavera, la spedizione di oggi al Mottaflor ha fruttato un po' di materiale per arricchire le mie aiole, giusto qualche piantina...
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mercoledì 23 marzo 2011
La buona spesa
Ho già avuto modo più volte di sottolineare che non amo lo shopping. Figuriamoci quindi se mi può piacere andare a fare la spesa al supermercato. Ma il frigorifero non ha ancora imparato a rifornirsi da solo, quindi bisogna farsi carico di questa incombenza, cercando come sempre di trovare qualche lato positivo.
Da bravo ingegnere, in cucina tengo sempre a disposizione un foglietto per annotare le cose da acquistare via via che se ne presenta la necessità, poi consulto i volantini delle offerte speciali per identificare i prodotti che può essere vantaggioso comperare anche se non sono immediatamente necessari. Prima di uscire di casa, prendo la lista e un congruo numero di borse e sacchetti: ne ho ancora alcuni in plastica dell'anno scorso, abbondantemente riutilizzati.
All'interno dell'ipermercato, mi aggiro tra le corsie con la mia bella lista, ordinata in base alla posizione delle merci sugli scaffali (per chi non lo sapesse, "ingegnere" non è un mestiere: è un'anomalia genetica che colpisce alcune persone rendendole insopportabilmente meticolose, pignole e pedanti). Il che, ovviamente, non mi impedisce di far precipitare nel carrello anche articoli non compresi nella suddetta lista: prodotti con prezzi particolarmente interessanti oppure semplicemente cose che mi fanno gola.
Alla cassa, arriva il momento della verità.
No, non mi riferisco all'importo dello scontrino, tanto pago con la carta del supermercato e l'addebito finisce sul conto di Renato... (sogghigno malefico). È che quando arrivo alla cassa, mi diverto a confrontare la mia spesa con quella degli altri clienti, per vedere se sono stata più brava di loro, cioè se ho fatto una spesa migliore dal punto di vista nutrizionale.
Premetto che alcuni acquisti sono condizionati dal fatto che l'uomo di casa è una via di mezzo tra un T-Rex e una capra, nel senso che mangia carne ed insalata in quantità industriali; non che io sia erbivora, mangio anche la carne, ma preferisco di gran lunga pasta, riso, legumi e formaggi, quindi se proprio volete tentarmi a tavola, la bistecca non è la scelta ideale.
Per tornare alla "gara" di oggi, nel mio carrello c'erano una costata di manzo da sei etti e qualcosa (per il T-Rex di cui sopra) e un barattolo di ceci (che ingurgiterò con grande soddisfazione mentre il T-Rex si sbrana la bisteccona), un pollo arrosto, diversi chili di frutta e verdura (mele, banane, carote, insalata, sedano, peperoni, cavolfiore). E poi pane, bianco e integrale, piadine all'olio di oliva, pasta integrale biologica, pesce (surgelato, perché per oggi e domani ci sono già il pollo e la costata) e diversi vasetti di yogurt bianco.
Se oggi qualcuno mi ha visto sogghignare tra me e me mentre i due clienti che mi precedevano mettevano sul nastro della cassa la loro spesa, era perché avevano comperato esclusivamente patatine fritte, merendine, pasticcini, Nutella e Coca Cola.
Questa volta è stato davvero troppo facile, non c'è stato nemmeno il gusto della sfida...
Ah, se qualcuno in base al contenuto odierno del mio carrello si fosse fatto l'idea che io sia una maniaca salutista e/o che nella mia dispensa regni la depressione del cibo sano-ma-triste, toglietevelo dalla testa: niente di più sbagliato!
Io e Renato non siamo buone forchette... noi siamo direttamente due ottimi forconi, buongustai e golosi (nessun dubbio sull'origine della nostra stazza!), pronti a spazzolare allegramente anche il peggiore cibo-spazzatura.
Tanto per fare qualche esempio, nella nostra dispensa non mancano mai Nutella e Coca Cola, anche se con un vaso di Nutella io ci posso tranquillamente fare tutto l'inverno e la Coca Cola finisce in tavola solo quando invito qualcuno a mangiare la pizza. E ci sono anche biscotti, qualche merendina e ogni tanto pure le patatine.
La scelta di un'alimentazione sana non ci viene sempre spontanea, a volte ci costa rinunciare a cose che mangeremmo volentieri ma che non ci fanno bene: a me, ad esempio, piacerebbe mangiare quintali di formaggi, ma né il mio fegato né il mio sistema circolatorio ne sarebbero felici, quindi cerco di trattenermi.
Né sono una maniaca del biologico: in linea di massima non mi va di pagare di più per un prodotto che ha le stesse caratteristiche nutrizionali di quelli "normali", ma mi piace la pasta integrale e quella a marchio del supermercato è buona, più economica delle altre integrali, solo incidentalmente è anche biologica.
Insomma, nella mia spesa di solito ci sono tante cose buone e sane e qualcuna molto buona ma poco sana. Però devo ammettere che la sfida per "la buona spesa" la vinco spesso!
Da bravo ingegnere, in cucina tengo sempre a disposizione un foglietto per annotare le cose da acquistare via via che se ne presenta la necessità, poi consulto i volantini delle offerte speciali per identificare i prodotti che può essere vantaggioso comperare anche se non sono immediatamente necessari. Prima di uscire di casa, prendo la lista e un congruo numero di borse e sacchetti: ne ho ancora alcuni in plastica dell'anno scorso, abbondantemente riutilizzati.
All'interno dell'ipermercato, mi aggiro tra le corsie con la mia bella lista, ordinata in base alla posizione delle merci sugli scaffali (per chi non lo sapesse, "ingegnere" non è un mestiere: è un'anomalia genetica che colpisce alcune persone rendendole insopportabilmente meticolose, pignole e pedanti). Il che, ovviamente, non mi impedisce di far precipitare nel carrello anche articoli non compresi nella suddetta lista: prodotti con prezzi particolarmente interessanti oppure semplicemente cose che mi fanno gola.
Alla cassa, arriva il momento della verità.
No, non mi riferisco all'importo dello scontrino, tanto pago con la carta del supermercato e l'addebito finisce sul conto di Renato... (sogghigno malefico). È che quando arrivo alla cassa, mi diverto a confrontare la mia spesa con quella degli altri clienti, per vedere se sono stata più brava di loro, cioè se ho fatto una spesa migliore dal punto di vista nutrizionale.
Premetto che alcuni acquisti sono condizionati dal fatto che l'uomo di casa è una via di mezzo tra un T-Rex e una capra, nel senso che mangia carne ed insalata in quantità industriali; non che io sia erbivora, mangio anche la carne, ma preferisco di gran lunga pasta, riso, legumi e formaggi, quindi se proprio volete tentarmi a tavola, la bistecca non è la scelta ideale.
Per tornare alla "gara" di oggi, nel mio carrello c'erano una costata di manzo da sei etti e qualcosa (per il T-Rex di cui sopra) e un barattolo di ceci (che ingurgiterò con grande soddisfazione mentre il T-Rex si sbrana la bisteccona), un pollo arrosto, diversi chili di frutta e verdura (mele, banane, carote, insalata, sedano, peperoni, cavolfiore). E poi pane, bianco e integrale, piadine all'olio di oliva, pasta integrale biologica, pesce (surgelato, perché per oggi e domani ci sono già il pollo e la costata) e diversi vasetti di yogurt bianco.
Se oggi qualcuno mi ha visto sogghignare tra me e me mentre i due clienti che mi precedevano mettevano sul nastro della cassa la loro spesa, era perché avevano comperato esclusivamente patatine fritte, merendine, pasticcini, Nutella e Coca Cola.
Questa volta è stato davvero troppo facile, non c'è stato nemmeno il gusto della sfida...
Ah, se qualcuno in base al contenuto odierno del mio carrello si fosse fatto l'idea che io sia una maniaca salutista e/o che nella mia dispensa regni la depressione del cibo sano-ma-triste, toglietevelo dalla testa: niente di più sbagliato!
Io e Renato non siamo buone forchette... noi siamo direttamente due ottimi forconi, buongustai e golosi (nessun dubbio sull'origine della nostra stazza!), pronti a spazzolare allegramente anche il peggiore cibo-spazzatura.
Tanto per fare qualche esempio, nella nostra dispensa non mancano mai Nutella e Coca Cola, anche se con un vaso di Nutella io ci posso tranquillamente fare tutto l'inverno e la Coca Cola finisce in tavola solo quando invito qualcuno a mangiare la pizza. E ci sono anche biscotti, qualche merendina e ogni tanto pure le patatine.
La scelta di un'alimentazione sana non ci viene sempre spontanea, a volte ci costa rinunciare a cose che mangeremmo volentieri ma che non ci fanno bene: a me, ad esempio, piacerebbe mangiare quintali di formaggi, ma né il mio fegato né il mio sistema circolatorio ne sarebbero felici, quindi cerco di trattenermi.
Né sono una maniaca del biologico: in linea di massima non mi va di pagare di più per un prodotto che ha le stesse caratteristiche nutrizionali di quelli "normali", ma mi piace la pasta integrale e quella a marchio del supermercato è buona, più economica delle altre integrali, solo incidentalmente è anche biologica.
Insomma, nella mia spesa di solito ci sono tante cose buone e sane e qualcuna molto buona ma poco sana. Però devo ammettere che la sfida per "la buona spesa" la vinco spesso!
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martedì 22 marzo 2011
Liberi di scegliere
Qualche settimana fa, in occasione della presentazione del disegno di legge, si è riparlato di testamento biologico, facendo riferimento alla vicenda di Eluana Englaro e mi sono resa conto che di recente il mio punto di vista su questa storia si è modificato.
Intendiamoci, non è che abbia cambiato i miei punti fermi.
Sono sempre stata e rimango contraria all'eutanasia, intesa come decisione di qualcuno di porre fine alla vita di qualcun altro, perché credo che nessuno abbia il diritto di decidere l'altrui morte, mentre sono convinta che ognuno dovrebbe poter decidere per se stesso e che si dovrebbe rispettare la volontà di una persona in merito alle cure ed al trattamento di fine vita.
Ad esempio nel caso di Piergiorgio Welby, che nel pieno possesso delle proprie facoltà mentali aveva chiesto di porre fine alla propria vita, non avevo dubbi sul fatto che gli si sarebbe dovuto consentire di farlo.
La situazione di Eluana però era diversa: lei non era in grado di esprimere la sua opinione e io avevo tanti dubbi. C'era il padre che sosteneva che la figlia non avrebbe voluto vivere in stato vegetativo, ma io mi chiedevo: "Come fa ad esserne sicuro?".
Adesso lo so.
La mamma aveva espresso molto chiaramente la sua posizione sull'argomento: "Preferisco una buona morte piuttosto che una brutta vita", e l'ha ripetuto più volte nelle ultime settimane, anche nelle conversazioni con i medici. Si era raccomandata di evitare qualsiasi tipo di accanimento, non voleva essere sottoposta a terapie invasive o dolorose con l'unico scopo di prolungare di qualche settimana la sua esistenza, aveva chiesto di non mantenerla artificialmente in vita se si fosse trovata incapace di muoversi e di parlare.
Non ho dubbi su quale fosse la sua volontà e, se fosse stato necessario, avrei fatto tutto il possibile per rispettarla, perché l'aveva espressa in assoluta libertà, consapevolezza e lucidità. L'avrei fatto anche se non era quello che volevo, perché era quello che voleva lei.
Solo dopo aver vissuto sulla mia pelle questa esperienza ho iniziato davvero a capire il dramma di Beppino Englaro ed il senso della sua battaglia per dare a Eluana ciò che lei aveva chiesto, solo adesso capisco la sua sicurezza nell'interpretare la volontà della figlia, e intuisco il terribile prezzo di dolore ed angoscia che, da padre, ha dovuto pagare per farla rispettare.
In generale, non credo che sia giusto sospendere le cure ai malati terminali o ai pazienti in stato vegetativo.
Se lo hanno chiesto, però, sì.
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domenica 20 marzo 2011
Meteoropatica al contrario
Arriva la primavera.
Lo so con certezza.
Negli ultimi tre giorni, le vampate sono quintuplicate.
Lo so con certezza.
Negli ultimi tre giorni, le vampate sono quintuplicate.
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sabato 19 marzo 2011
Discorsi da bambini
In questi giorni è ospiti a casa nostra una mia cugina, con il marito e le due figlie, di 7 e 3 anni.
Oggi sono andati a Venezia. Hanno preso il treno e durante il viaggio Martina, la bimba più grande, per passare il tempo, si è messa a leggere il biglietto ferroviario.
Martina - Mamma, perché c'è scritto "2 adulti - 1 ragazzo"?
Mia cugina - I due adulti siamo io e papà e il ragazzo sei tu. Tua sorella non c'è perché è piccola e non paga il biglietto.
Martina - Mamma, ma come fanno a sapere che classe faccio?
Mia cugina - ???
Martina - Guarda, qui c'è scritto "CLASSE 2a"!
Oggi sono andati a Venezia. Hanno preso il treno e durante il viaggio Martina, la bimba più grande, per passare il tempo, si è messa a leggere il biglietto ferroviario.
Martina - Mamma, perché c'è scritto "2 adulti - 1 ragazzo"?
Mia cugina - I due adulti siamo io e papà e il ragazzo sei tu. Tua sorella non c'è perché è piccola e non paga il biglietto.
Martina - Mamma, ma come fanno a sapere che classe faccio?
Mia cugina - ???
Martina - Guarda, qui c'è scritto "CLASSE 2a"!
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giovedì 17 marzo 2011
Conversazioni domestiche
Io - Cosa voleva tuo fratello?
Renato - Mi ha chiesto se conosco un ragazzo di Oderzo, uno che ha circa la mia età
Io - Alla nostra età non direi che ci si possa definire "ragazzi"...
Renato - Come no? Non siamo mica vecchi rincoglioniti!
Io - Tra "ragazzi" e "vecchi rincoglioniti" ci sono un po' di stati intermedi...
Renato - Ragazzi rincoglioniti?
Io - ...
Renato - Mi ha chiesto se conosco un ragazzo di Oderzo, uno che ha circa la mia età
Io - Alla nostra età non direi che ci si possa definire "ragazzi"...
Renato - Come no? Non siamo mica vecchi rincoglioniti!
Io - Tra "ragazzi" e "vecchi rincoglioniti" ci sono un po' di stati intermedi...
Renato - Ragazzi rincoglioniti?
Io - ...
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giovedì 10 marzo 2011
Cimenti gastronomici
Uno degli aspetti pratici con cui mi sono dovuta confrontare dopo la morte della mamma è la cucina.
Intendiamoci, non è che abbia dovuto improvvisamente imparare a preparare una pastasciutta, la mia abilità culinaria è più che discreta e da sempre mi occupo dei menu quando abbiamo ospiti, soltanto che negli ultimi anni avevo rinunciato alla gestione quotidiana dei fornelli, pressoché monopolizzati dalla Maria.
E già, perché la Maria qui mica faceva la pacchia! Lei lavava, stirava, faceva la spesa e, soprattutto, cucinava. E ha spignattato fino alla fine: il giorno prima dell'ultimo ricovero, quando mi sono alzata l'ho trovata ai fornelli, alle prese con una zuppa, anche se ormai stare in piedi le era difficile a causa del gonfiore.
Preparare da mangiare e nutrire chiunque le capitasse a tiro era la sua missione nella vita, la cosa in cui metteva maggiore passione e a cui dedicava la maggior parte del suo tempo, e lo sanno bene tutti quelli che si sono trovati a passare, anche occasionalmente, dalla nostra casa.
Anche a me è sempre piaciuto cucinare e mi diverto a sperimentare nuove ricette, ma ci sono alcuni piatti con cui non mi ero mai confrontata, semplicemente perché lei li preparava così bene che... beh, erano "suoi".
Zuppa di ceci, pasta e fagioli, riso e lenticchie, carciofi alla romana, baccalà alla vicentina, uova al funghetto, riso e patate, vitello tonnato... piatti della tradizione, spesso presenti sulla nostra tavola, che ho sempre mangiato volentieri ma che non avevo mai cucinato.
Ci sono anche questi tra le mille cose che non avremo più occasione di fare insieme e decidere di imparare a prepararli forse è anche un modo per dare continuità alla sua passione, per raccogliere la sua eredità.
Così li sto affrontando, uno per volta, immergendomi nei suoi libri di cucina, pieni di segnalibri in corrispondenza delle pagine che consultava più spesso. Confronto le ricette, scavando nella memoria per identificare quella che utilizzava lei e le varianti che apportava, cerco gli ingredienti, provando, aggiustando le dosi per cercare di ricreare quei sapori che sono così ben radicati nella mia memoria.
E un po' per volta li riporto sulla tavola, sempre più simili agli originali, sempre caldi di ricordi.
Ma attingere al passato non significa rinunciare al futuro e la cucina è un contesto in cui amo dare sfogo alla mia creatività, quindi provo nuove ricette, sperimento, invento con quello che trovo in frigo, azzardo nuovi accostamenti. Di solito ne vengono fuori cose buone. A volte ottime. Ogni tanto, davvero speciali.
Per la prima volta nella mia vita, ieri mi sono lasciata trascinare ad una cena "tra donne" per l'8 marzo. Intendiamoci, non ho niente contro i momenti conviviali, ma non ho mai sentito la necessità di affermare la mia femminilità in questo modo (e poi diciamola tutta: se proprio vogliamo festeggiare, perché privarsi della compagnia maschile?) e, soprattutto, non ho bisogno dell'8 marzo né per ricordarmi di essere una donna, né per fare qualcosa di speciale.
Non avrei proprio retto una serata in qualche locale strapieno di signore e signorine convinte che la festa della donna sia l'occasione per sfogare frustrazioni e desideri più o meno trasgressivi, ma si trattava di una cena in casa (in casa di un uomo, per la precisione), in cui ognuno era invitato a contribuire al menù e allora ho colto l'occasione per un esperimento culinario che mi tentava da mesi: le decorazioni in pasta di zucchero.
Una spedizione in un negozio specializzato mi ha fornito gli ingredienti e l'attrezzatura necessaria (gentile omaggio dell'uomo di cui al precedente post, sempre a proposito di cose che non hanno prezzo...), finalmente ho trovato la ricetta giusta per un pan di spagna alto e soffice, l'ho spalmato di bagna alla vaniglia e poi farcito di crema chantilly, ho ricoperto il tutto di panna montata e rivestito con la pasta di zucchero bianca, ho colorato di giallo e di verde quella che rimaneva, ho lavorato un po' di fantasia e parecchio di pazienza... ed ecco il risultato!
Intendiamoci, non è che abbia dovuto improvvisamente imparare a preparare una pastasciutta, la mia abilità culinaria è più che discreta e da sempre mi occupo dei menu quando abbiamo ospiti, soltanto che negli ultimi anni avevo rinunciato alla gestione quotidiana dei fornelli, pressoché monopolizzati dalla Maria.
E già, perché la Maria qui mica faceva la pacchia! Lei lavava, stirava, faceva la spesa e, soprattutto, cucinava. E ha spignattato fino alla fine: il giorno prima dell'ultimo ricovero, quando mi sono alzata l'ho trovata ai fornelli, alle prese con una zuppa, anche se ormai stare in piedi le era difficile a causa del gonfiore.
Preparare da mangiare e nutrire chiunque le capitasse a tiro era la sua missione nella vita, la cosa in cui metteva maggiore passione e a cui dedicava la maggior parte del suo tempo, e lo sanno bene tutti quelli che si sono trovati a passare, anche occasionalmente, dalla nostra casa.
Anche a me è sempre piaciuto cucinare e mi diverto a sperimentare nuove ricette, ma ci sono alcuni piatti con cui non mi ero mai confrontata, semplicemente perché lei li preparava così bene che... beh, erano "suoi".
Zuppa di ceci, pasta e fagioli, riso e lenticchie, carciofi alla romana, baccalà alla vicentina, uova al funghetto, riso e patate, vitello tonnato... piatti della tradizione, spesso presenti sulla nostra tavola, che ho sempre mangiato volentieri ma che non avevo mai cucinato.
Ci sono anche questi tra le mille cose che non avremo più occasione di fare insieme e decidere di imparare a prepararli forse è anche un modo per dare continuità alla sua passione, per raccogliere la sua eredità.
Così li sto affrontando, uno per volta, immergendomi nei suoi libri di cucina, pieni di segnalibri in corrispondenza delle pagine che consultava più spesso. Confronto le ricette, scavando nella memoria per identificare quella che utilizzava lei e le varianti che apportava, cerco gli ingredienti, provando, aggiustando le dosi per cercare di ricreare quei sapori che sono così ben radicati nella mia memoria.
E un po' per volta li riporto sulla tavola, sempre più simili agli originali, sempre caldi di ricordi.
Ma attingere al passato non significa rinunciare al futuro e la cucina è un contesto in cui amo dare sfogo alla mia creatività, quindi provo nuove ricette, sperimento, invento con quello che trovo in frigo, azzardo nuovi accostamenti. Di solito ne vengono fuori cose buone. A volte ottime. Ogni tanto, davvero speciali.
Per la prima volta nella mia vita, ieri mi sono lasciata trascinare ad una cena "tra donne" per l'8 marzo. Intendiamoci, non ho niente contro i momenti conviviali, ma non ho mai sentito la necessità di affermare la mia femminilità in questo modo (e poi diciamola tutta: se proprio vogliamo festeggiare, perché privarsi della compagnia maschile?) e, soprattutto, non ho bisogno dell'8 marzo né per ricordarmi di essere una donna, né per fare qualcosa di speciale.
Non avrei proprio retto una serata in qualche locale strapieno di signore e signorine convinte che la festa della donna sia l'occasione per sfogare frustrazioni e desideri più o meno trasgressivi, ma si trattava di una cena in casa (in casa di un uomo, per la precisione), in cui ognuno era invitato a contribuire al menù e allora ho colto l'occasione per un esperimento culinario che mi tentava da mesi: le decorazioni in pasta di zucchero.
Una spedizione in un negozio specializzato mi ha fornito gli ingredienti e l'attrezzatura necessaria (gentile omaggio dell'uomo di cui al precedente post, sempre a proposito di cose che non hanno prezzo...), finalmente ho trovato la ricetta giusta per un pan di spagna alto e soffice, l'ho spalmato di bagna alla vaniglia e poi farcito di crema chantilly, ho ricoperto il tutto di panna montata e rivestito con la pasta di zucchero bianca, ho colorato di giallo e di verde quella che rimaneva, ho lavorato un po' di fantasia e parecchio di pazienza... ed ecco il risultato!
lunedì 7 marzo 2011
Cose che non hanno prezzo
Un uomo che quando alla sera ti infili a letto così ghiacciata da fare invidia alla Findus, invece di innalzare una (legittima) barriera di filo spinato per tenerti a distanza, viene ad abbracciarti e ti tiene stretta fino a che ti scongeli.
E che quando lavori fino a tarda notte o addirittura all'alba, e vai a dormire cercando di fare piano piano per non disturbarlo, perché poi lui si deve alzare alle sei e mezza, il giorno dopo ti rimprovera perché dovevi svegliarlo, perché lui ci teneva ad abbracciarti, a qualsiasi ora del giorno o della notte.
E che quando lavori fino a tarda notte o addirittura all'alba, e vai a dormire cercando di fare piano piano per non disturbarlo, perché poi lui si deve alzare alle sei e mezza, il giorno dopo ti rimprovera perché dovevi svegliarlo, perché lui ci teneva ad abbracciarti, a qualsiasi ora del giorno o della notte.
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venerdì 4 marzo 2011
Silenziosamente vostra
Non mi sono fatta sentire molto in questi giorni... e non è un modo di dire.
La voce ha iniziato a tornare solo martedì, è ancora piuttosto debole, ma lentamente migliora. Al momento sono nella fase "bassa, roca e sensuale". Ok, facciamo solo bassa e roca.
Il responso dell'otorino è stato ipotonia delle corde vocali: in pratica, sono solo "stanche" (vi prego, risparmiatemi le facili battute...). Terapia: 10 giorni di cortisone e lasciarle riposare, con il suggerimento di rivolgermi poi ad un logopedista per imparare alcune tecniche di gestione della voce che mi aiuterebbero ad utilizzarla riducendo l'affaticamento.
Per il momento quindi sono ancora piuttosto silenziosa (e ho una tale voglia di cantare che me lo sogno di notte, letteralmente) e dopata, almeno secondo quanto è riportato sulla confezione delle pastiglie di cortisone. Io non mi sento poi tanto Wonder Woman, anche se stamattina ho fatto 10, dico dieci, chilometri sulla cyclette. Che non è cosa da supereroi, ma per una che da più di tre anni non riusciva più ad andare in bicicletta a causa delle magagne post-intervento, non è nemmeno cosa da poco.
Ah, la visita all'outlet è stata interessante, ma non entusiasmante e mi ha confermato, una volta di più, che non sono un animale da shopping, proprio per niente. Che volete che vi dica? Si vede che non sono normale, probabilmente mi manca qualche gene femminile.
Il 90% dei negozi di abbigliamento non ha capi della mia taglia (e nemmeno cose di mio gusto), ma ce n'è uno da tenere in considerazione se e quando mi servirà qualcosa di elegante. Nei negozi di casalinghi mi pare che i prezzi non fossero poi così convenienti e la scelta abbastanza limitata. Però ho trovato finalmente l'appendiabiti per l'ingresso, che era in promozione ad un prezzo interessante.
Così, dopo 8 anni, ho finalmente liberato la cyclette da giacche e giubbotti dando loro una collocazione più idonea. E a me una scusa in meno per non fare movimento.
La voce ha iniziato a tornare solo martedì, è ancora piuttosto debole, ma lentamente migliora. Al momento sono nella fase "bassa, roca e sensuale". Ok, facciamo solo bassa e roca.
Il responso dell'otorino è stato ipotonia delle corde vocali: in pratica, sono solo "stanche" (vi prego, risparmiatemi le facili battute...). Terapia: 10 giorni di cortisone e lasciarle riposare, con il suggerimento di rivolgermi poi ad un logopedista per imparare alcune tecniche di gestione della voce che mi aiuterebbero ad utilizzarla riducendo l'affaticamento.
Per il momento quindi sono ancora piuttosto silenziosa (e ho una tale voglia di cantare che me lo sogno di notte, letteralmente) e dopata, almeno secondo quanto è riportato sulla confezione delle pastiglie di cortisone. Io non mi sento poi tanto Wonder Woman, anche se stamattina ho fatto 10, dico dieci, chilometri sulla cyclette. Che non è cosa da supereroi, ma per una che da più di tre anni non riusciva più ad andare in bicicletta a causa delle magagne post-intervento, non è nemmeno cosa da poco.
Ah, la visita all'outlet è stata interessante, ma non entusiasmante e mi ha confermato, una volta di più, che non sono un animale da shopping, proprio per niente. Che volete che vi dica? Si vede che non sono normale, probabilmente mi manca qualche gene femminile.
Il 90% dei negozi di abbigliamento non ha capi della mia taglia (e nemmeno cose di mio gusto), ma ce n'è uno da tenere in considerazione se e quando mi servirà qualcosa di elegante. Nei negozi di casalinghi mi pare che i prezzi non fossero poi così convenienti e la scelta abbastanza limitata. Però ho trovato finalmente l'appendiabiti per l'ingresso, che era in promozione ad un prezzo interessante.
Così, dopo 8 anni, ho finalmente liberato la cyclette da giacche e giubbotti dando loro una collocazione più idonea. E a me una scusa in meno per non fare movimento.
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