domenica 30 ottobre 2011

A caccia di bufale

Ai navigatori della rete capita ormai quasi quotidianamente di imbattersi in segnalazioni di virus pericolosissimi che distruggono l'hard disk, appelli strappalacrime che promettono donazioni alla ricerca sul cancro per ogni mail inviata, cuccioli in cerca di adozione, alimenti e detergenti contenenti sostanze tossiche, promesse di cellulari in regalo o ricompense in denaro se si inoltra una certa mail a tutti i contatti della rubrica o, al contrario, di disgrazie e sfortuna se non la si inoltra... e chi più ne ha, più ne metta.
Inizialmente arrivavano soltanto attraverso le e-mail, poi si sono diffusi anche gli SMS, adesso invadono i social network.

Hanno una cosa in comune
sono, quasi sempre, BUFALE

Da quando ho iniziato ad utilizzare la posta elettronica ne ho ricevute moltissime e alla prima ho anche abboccato, se non sbaglio era il 1999, girando a tutti i miei contatti e-mail un avviso che raccomandava di cancellare un certo file dal PC perché era un virus. Avevo ricevuto la segnalazione da una persona che si occupava di informatica, non mi era nemmeno passato per l'anticamera del cervello che potesse essere falsa e l'avevo subito inoltrata, ma uno dei destinatari, anche lui informatico, ma evidentemente più esperto, mi aveva subito avvertito che si trattava di una bufala.
Dopo averlo ringraziato, piena di vergogna, avevo scritto una nuova mail a tutti i destinatari della precedente, scusandomi per l'errore e allegando il file ingiustamente incriminato, in modo che chi l'aveva cancellato potesse ripristinarlo (era un elemento di Windows, "colpevole" soltanto di avere un'icona dall'aspetto minaccioso).
Ero rimasta talmente mortificata, per la mia ingenuità e soprattutto perché aveva coinvolto altre persone, che da allora in poi ho cercato di verificare scrupolosamente l'attendibilità di tutti gli allarmi, appelli e segnalazioni di qualunque genere prima di inoltrarli. E, se non ricordo male, nessuno dei molti ricevuti da allora ha mai superato questo esame.

Non sempre si tratta di falsi, qualcuno in origine è anche autentico, ma nel tempo perde validità: è il caso dei sette cuccioli di Golden Retriver che cercano adozione da più di dieci anni e faranno in tempo a morire di vecchiaia prima che l'appello smetta di circolare, oppure, più tragicamente, di alcuni appelli di ricerca di informazioni mediche relativi a persone affette da patologie rare che nel frattempo sono purtroppo decedute.

La maggior parte delle volte però si tratta semplicemente di catene di S. Antonio, nella migliore delle ipotesi inutili, ma spesso dannose.
Già, perché non è vero che nel dubbio è meglio inoltrare, che tanto non fa male: la diffusione di questi appelli può essere dannosa.
Innanzitutto perché poi qualcuno ci crede, e se sono false questa è già una brutta cosa.
Alcuni poi costituiscono una vera e propria diffamazione perché diffondono notizie false su prodotti, aziende o persone, talvolta vere e proprie calunnie.
Molti sono una violazione delle norme sulla privacy, perché chi li inoltra inserisce "in chiaro", visibili a tutti, gli indirizzi dei destinatari, spesso anche senza cancellare quelli precedenti. Mi è capitato di ricevere mail di questo tipo che contenevano diverse centinaia di indirizzi e-mail, una vera manna quando capitano in mano agli spammer, quelli che diffondono le e-mail pubblicitarie che ormai intasano tutte le caselle di posta elettronica.
Gli appelli medici poi finiscono spesso per generare una miriade di contatti inutili ed indesiderati: dal 2007 il centralino di un ospedale è sommerso da telefonate riguardanti l'esigenza urgente di sangue per un bambino di 17 mesi malato di leucemia. L'emergenza in realtà non c'è mai stata, il sangue per le trasfusioni è sempre stato disponibile e nel frattempo il bambino è stato curato, è tornato a casa, è cresciuto e sta bene. Il messaggio però continua a girare e ogni tanto viene modificato, un po' come nel vecchio gioco del telefono senza fili, per cui ora ne esistono diverse varianti, in cui cambiano il nome dell'ospedale, i numeri di telefono ed anche il nome del bambino è stato storpiato in vari modi.

Come mai stasera mi è saltato il ghiribizzo di sproloquiare di bufale nel mio blog?
Perché nelle ultime settimane a questo proposito mi sono trovata di fronte ad un paio di situazioni abbastanza sconcertanti.

Premetto che da quella prima, imbarazzante esperienza del 1999 mi sono sempre preoccupata di avvertire le persone che mi inviavano messaggi-bufala, per evitarne l'ulteriore inopportuna diffusione e metterle in guardia da ulteriori errori da ingenuità. Lo so, sono pedante, ma credo che sia davvero importante cercare di bloccare o almeno limitare la diffusione di questi messaggi.

Di solito segnalo semplicemente che si tratta di una bufala, allegando qualche riferimento per verificarne l'inattendibilità e qualche volta ci aggiungo anche la raccomandazione di verificare in futuro prima di inoltrare messaggi dello stesso genere. In questi casi per lo più ricevo in risposta un messaggio di scuse e ringraziamento per l'informazione.
Qualche volta però mi spazientisco e sono meno diplomatica. Succede quando lo stesso mittente continua allegramente a diffondere bufale nonostante precedenti avvertimenti, oppure se la bufala è così palesemente assurda che ci vuole davvero una buona dose di superficialità per inoltrarla, o ancora quando ricevo mail contenenti indirizzi "in chiaro" di altri mittenti e destinatari. Spesso in questi casi si scopre che tra i divulgatori di bufale ci sono insegnanti, pubblici amministratori, direttori di banca, professionisti, personale sanitario... figure insomma da cui ci si aspetterebbe un po' di senso critico e che spesso inoltrano addirittura queste mail dall'indirizzo di lavoro, che viene quindi associato alla bufala, al punto che l'ente o l'azienda diventano involontari "garanti" della sua autenticità. In questi casi spesso scrivo anche a tutti i precedenti mittenti sottolineando l'assurdità del messaggio e mettendoli in guardia rispetto a questi comportamenti inopportuni. In genere non ricevo risposta, ma non importa: spero solo che queste persone facciano più attenzione, in futuro, a non cacciare se stessi ed i loro datori di lavoro in altre situazioni imbarazzanti.

I casi a cui mi riferivo comunque rientrano nella categoria delle risposte garbate.
Qualche settimana fa un mio contatto Facebook ha pubblicato un avviso in cui si diceva non accettare richieste di amicizia da un certo utente perché si trattava di un pedofilo che cercava di accedere a foto di bambini o di adescare ragazzini in rete
Ho commentato che probabilmente quell'avviso era semplicemente uno scherzo di pessimo gusto nei confronti di quell'utente, una diffamazione priva di fondamento. Come risposta, la persona che aveva pubblicato l'avviso ha scritto "Non so se è falso, io l'ho solo condiviso" e mi ha tolto l'amicizia su Facebook. Perdita modesta, non era nemmeno qualcuno che conoscevo di persona, solo un contatto di gioco, ma mi ha lasciato perplessa non tanto la diffusione del messaggio, che immagino sia nata da un impulso emotivo legato al fatto che si parlava di bambini, quanto l'incapacità di riconoscere la gravità di una simile accusa e delle conseguenze che potrebbe avere sull'interessato e il rifiuto di assumersi la responsabilità di averla divulgata: aveva solo riportato quanto scritto da altri, non si riteneva in dovere di verificare se corrispondeva a verità. Mah...

In un caso simile, sempre su Facebook, la bufala era tutto sommato abbastanza innocua, il solito annuncio che "da domani" Facebook diventerà a pagamento. Anche in questo caso ho avvertito con un commento l'utente che l'aveva pubblicata, questo mi ha ringraziato e... l'ha lasciata lì, dove altri continueranno a leggerla e a diffonderla.
Boh, magari sono strana io, ma se mi accorgessi di aver pubblicato qualcosa di falso, lo cancellerei, non solo per limitare l'ulteriore diffusione, ma anche per evitarmi la figuraccia... no?

A proposito, c'è un modo semplicissimo per capire se avete per le mani una bufala, e sarebbe sempre il caso di usarlo prima di inoltrare messaggi di dubbia affidabilità: digitate alcune parole significative del messaggio su Google e guardate cosa ne esce. Di solito si capisce subito che si tratta di un falso.
Per maggiori informazioni e dettagli, in genere io vado direttamente a consultare l'archivio del mio cacciatore di bufale preferito, Paolo Attivissimo, il cui Servizio Antibufala è una delle fonti più autorevoli del Web.

venerdì 21 ottobre 2011

Malinconia e fantasia

Oggi mi aspettava (finalmente!) un pomeriggio da passare a casa. La giornata era probabilmente la prima della stagione a potersi definire autunnale: pioveva a dirotto, l'aria era fredda e umida. E non so se sia per via della menopausa, della chemio o semplicemente dell'età che avanza, ma da quattro anni a questa parte il freddo io lo patisco proprio tanto.
I termosifoni in casa sono ancora spenti, oggi mi sono rassegnata di malavoglia a riaccendere la caldaia, ma solo per scaldare l'acqua per la doccia, dopo sei mesi in cui ci avevano pensato egregiamente da soli i pannelli solari. Stamattina ho messo i jeans pesanti, un maglione di pile e i calzettoni, ma all'ora di pranzo ero già surgelata e per il pomeriggio avevo programmi più interessanti che tremare e battere i denti. C'era una sola scelta possibile: accendere il caminetto.
Subito dopo pranzo ho affrontato l'impresa, munita di accendino, legnetti e dell'ultima barretta accendifuoco rimasta dall'anno scorso. All'inizio sembrava che il fuoco avesse preso, avevo messo un paio di pezzi di legna più sottili che iniziavano già a consumarsi e le fiamme avevano attaccato il ciocco più grosso, ma dopo qualche minuto si è spento.

Il senso di perdita può saltare fuori nei momenti e nei modi più impensati.
Quando sono andata a prendere un'altra manciata di legnetti e un paio di fogli di giornale per riaccendere il fuoco, ho ricordato che la Maria non aveva mai avuto bisogno di barrette accendifuoco né di carta. Lei sistemava nel focolare un paio di stecche più sottili e due pezzi grossi, li accendeva con uno stuzzicadenti e via, il fuoco prendeva subito e non si spegneva più. E lei ci prendeva sempre in giro perché a noi invece servivano almeno un paio di tentativi e diverse barrette prima di riuscirci.
Mi è presa un po' di malinconia...

Alla fine però sono riuscita ad accendere il fuoco e dopo un po' in casa si è diffuso un delizioso tepore. Il Ciccio si è piazzato sul pouf vicino al caminetto, girandosi spesso da una parte e dall'altra per rosolarsi in modo uniforme, mentre io mi sono sistemata a lavorare sul divano, con il PC sulle ginocchia, in modo da tenere la gamba destra sollevata per aiutare la caviglia a sgonfiarsi.
E a proposito della caviglia, apprezzo molto l'idea lanciata de Romina e appoggiata da Wolkerina, di paragonarmi ad ghepardo zoppicante però, ragazze, siamo realiste: per vedere qualche somiglianza  tra me e un animale così snello e agile ci vuole tanta, ma tanta fantasia!

Forse c'è andato più vicino qualcun altro, che di Fantasia se ne intendeva parecchio...

mercoledì 19 ottobre 2011

A piccoli passi

La caviglia continua a migliorare, anche se rimane gonfia e colorata: ieri mi è sbucato un nuovo ematoma, color mattone, sulla parte superiore del piede.
Ma l'aspetto estetico come sempre mi interessa poco, l'importante è che riesco a camminarci sopra con prudenza, ma ogni giorno un po' più veloce: insomma, zoppico... ma molto atleticamente!

sabato 15 ottobre 2011

Di ortaggi, successi ed altre sciocchezze

La mia caviglia non assomiglia più ad un pompelmo.
Il gonfiore si è distribuito abbastanza equamente tutto intorno e stanno comparendo due grossi ematomi viola, uno all'interno e uno all'esterno, più un terzo sul ginocchio (sì, ho sbattuto pure quello!). Insomma, direi che adesso sembra più una melanzana.
Però non fa troppo male e oggi riesco a zoppicare per casa anche senza usare le stampelle, che è già un bel successo e mi restituisce una certa autonomia: almeno non ho bisogno di chiedere aiuto per fare cose semplici come portare un libro dalla camera al salotto.
Devo evitare di stare in piedi a lungo, altrimenti la melanzana potrebbe raggiungere le dimensioni di una zucca, ma sono abbastanza soddisfatta di come procede il recupero.
Quand'è la prossima maratona di New York?

giovedì 13 ottobre 2011

Ma intanto...

Ovviamente non ho ancora l'esito dell'accertamento, posso dire però che la commissione era molto efficiente, non più di dieci minuti per ogni colloquio. Dalle quattro chiacchiere scambiate in sala d'attesa, ho dedotto che eravamo tutti pazienti oncologici, probabilmente ci avevano raggruppati in modo da avere una commissione adeguata al tipo di patologia (ho riconosciuto almeno un'oncologa).
Una volta accertato che la mia malattia è in remissione, si sono soffermati soprattutto sulla palla, che è l'effetto collaterale più evidente che mi è rimasto. Ho mostrato la documentazione relativa al tentativo di aspirazione dell'anno scorso e gli esami successivi che ne dimostrano la ricomparsa, ho spiegato che la sento e che mi dà pure fastidio. Arrivederci e grazie.

Ma intanto posso affermare con assoluta sicurezza di essere quasi completamente invalida.
Come faccio ad esserne così sicura?
Perché stasera mi sono scapicollata su uno scalino del teatro comunale, dove ero andata ad assistere alla presentazione della nuova stagione teatrale, e mi sono procurata l'ennesima distorsione alla caviglia destra (sesta? settima? boh...).
Al momento quindi sono dotata di:
- caviglia dolente e gonfia come un pompelmo
- impacco di ghiaccio sulla suddetta caviglia
- stampelle per camminare
- una discreta incazzatura con me stessa, perché lo so che ho la caviglia traballante e dovrei stare più attenta a dove - e come - metto i piedi
Invalida quindi. E pure tonta.

mercoledì 12 ottobre 2011

Curiosa

Domani ho la visita di revisione dell'invalidità civile, dello stato di handicap (legge 104) e del collocamento al lavoro (legge 68/99), la prima dopo l'introduzione delle nuove procedure.
Dato che il risultato, qualunque sia, dal punto di vista pratico mi cambia poco o nulla, sono solo curiosa.

Curiosa di vedere quale percentuale di invalidità mi assegneranno. Fino ad oggi è stata il 100%: forse la riducono, dato che dopo l'ultimo intervento non ci sono state recidive, ma forse no, perché la prognosi per il tipo di tumore che ho avuto è statisticamente negativa.

Curiosa di vedere quanto tempo ci metteranno a mandarmi l'esito, viste le passate esperienze e le odissee di altre amiche cancer-bloggers.

Curiosa di vedere se questa volta mi mandano il verbale all'indirizzo giusto.

martedì 4 ottobre 2011

Ciao, Nina!

Non ditemi che è stata sconfitta
Le sono stati concessi troppo pochi giorni,
ma li ha riempiti tutti di vita

Non ditemi che non ce l'ha fatta
Ha regalato amore e gioia
e ha illuminato il mondo con il suo sorriso
Non ditemi che si è arresa
Il fisico alla fine ha ceduto, 
l'anima invece mai

Non ditemi che se n'è andata 
Lei rimane sempre nel mio cuore
non se ne andrà mai
Ma potete dire che è mancata
Che mi manca e mi mancherà 
sempre.


sabato 1 ottobre 2011

Le mamme che lavorano

Ho sempre avuto tanta stima e rispetto per le mamme che lavorano.
Non me ne vogliano le donne che non hanno figli né le mamme casalinghe, ma conciliare maternità e lavoro è un'impresa davvero straordinaria, soprattutto quando il lavoro impegna fuori casa per sei-otto ore al giorno (o anche di più) e c'è più di un figlio da gestire, magari senza il supporto dei nonni.
Osservando alcune amiche che vivono questa condizione, ho elaborato alcune considerazioni.

Le mamme che lavorano sono sempre a spasso
Al mattino accompagnano i bambini a scuola, all'asilo o al nido... oppure in tutti e tre i posti, organizzando i percorsi con l'abilità dei migliori rappresentanti di commercio. Lasciano i più grandicelli davanti al cancello, insieme agli altri bambini e alle loro mamme, quelle che hanno il tempo di restare fino al suono della campanella e che le guardano con disapprovazione perché non si fermano fino all'arrivo delle maestre.
Poi corrono al lavoro, pregando di non trovare tutti i semafori rossi, perché all'orologio dell'ufficio o della fabbrica non importa proprio niente né dei tuoi figli, né del traffico, e se timbri un minuto dopo, ti scala un quarto d'ora dalla giornata.
All'uscita dal lavoro, altro giro per recuperare la prole, pregando di nuovo il dio dei semafori, perché se arrivano un minuto dopo l'orario di chiusura, trovano la maestra o la bidella inferocite per essere dovute rimanere con il bambino fino al loro arrivo; oppure trovano il pargolo che le aspetta sconsolato sulle scale, che fa ancora più male. Se il loro orario di lavoro finisce dopo la chiusura della scuola/asilo/nido, il recupero va fatto presso la baby-sitter, dai nonni o da qualche altra mamma che gentilmente ha accettato di tenersi a casa il bimbo per qualche ora. Ma dato che i figli hanno età diverse, è possibile che uno sia all'asilo, uno dai nonni e l'altro a casa di un amichetto.
Quando finalmente hanno finito di raggruppare le creature, è già ora di smistarle di nuovo: uno va a nuoto, l'altra a danza oppure a musica. Se tutto va bene, mentre i figli sono a lezione le mamme riescono a fare la spesa, ma di solito gli orari sono incastrati in modo tale che tra uno e l'altro restano 10-15 minuti che non bastano nemmeno per arrivare al negozio e allora si va dopo, tutti insieme, cercando di mantenere la lucidità mentre pilotano il carrello tra gli scaffali, con una che si lamenta che è tardi e deve fare i compiti e l'altro che frigna perché vuole la merenda.

Le mamme che lavorano sono ipertecnologiche
Quando finalmente le mamme che lavorano arrivano a casa è ormai tardo pomeriggio.
Aiutano i figli a fare i compiti.
E intanto preparano la cena.
E intanto caricano la lavatrice.
E intanto annaffiano le piante.
E intanto controllano la posta.
E intanto fanno la lista della spesa.
E intanto apparecchiano la tavola.
E intanto si fanno raccontare dai bambini quello che hanno fatto oggi. E li ascoltano.
I computer di nuova generazione riescono ad eseguire più di operazioni contemporaneamente, ma in confronto alle mamme che lavorano, sono dei dilettanti.

Le mamme che lavorano fanno spesso le ore piccole
Alla sera, le mamme che lavorano lavano i figli, li mettono a letto e leggono loro una storia.
Poi sistemano la cucina, raccolgono i giocattoli, stirano, attaccano un bottone al grembiulino, preparano il pranzo da portarsi in ufficio il giorno dopo, le cartelle per i bambini e la presentazione per la riunione di lavoro. A volte riescono anche a scambiare qualche parola con il padre dei loro figli prima di crollare addormentate, molto dopo la mezzanotte. E al mattino dopo alle sei e mezza sono in piedi per stendere i panni, preparare la colazione, svegliare e vestire i bambini.

Le mamme che lavorano giocano tutto il giorno.
Le mamme che lavorano giocano tutto il giorno a rincorrersi con il tempo.
E giocano a fare i puzzle, per incastrare le ferie con i giorni di chiusura di scuole e asili.
E siccome sono mamme, trovano anche il tempo di giocare con i loro bambini.

Le mamme che lavorano fanno un sacco di sport
- Corsa ad ostacoli con il passeggino su strade e marciapiedi che sembrano campi minati.
- Salto del giocattolo che ci si trova tra i piedi nei posti più impensati.
- Sollevamento pesi: bambini +  borse della spesa.
- Tuffi, per prendere al volo il pargolo (o un oggetto fragile) prima che cada.
- Equitazione; la mamma è il cavallo.
- Lotta libera, per lavare e vestire i figli.
- Arrampicata sugli specchi, per giustificare i ritardi e le assenze alle riunioni scolastiche (che sono sempre, rigorosamente, in orario di lavoro).
- Ginnastica artistica, per trovare l'equilibrio fra tutti gli impegni.
- Pallacanestro, per centrare il cesto della biancheria sporca dalla porta della lavanderia.
- Apnea, per trattenere il fiato e non far uscire quel "ma vaff..." che nasce spontaneo quando l'amica senza figli (e stronza) dice: "Dovresti proprio venire anche tu in palestra, ti farebbe tanto bene!"

Le mamme che lavorano si godono il weekend
Nel fine settimana, le mamme che lavorano fanno le pulizie.
E dato che il sabato e la domenica sono gli unici giorni in cui si riesce a pranzare a casa, preparano qualcosa di speciale.
E dal momento che non devono andare al lavoro, potranno ben andare a salutare i genitori e/o i suoceri, che ma-insomma-non-ti-si-vede-mai!
E il sabato è anche l'unico giorno in cui non lavorano e i negozi sono aperti, quindi vanno a fare le spese per i figli, che hanno sempre bisogno di qualcosa, e li portano a tagliarsi i capelli.
E siccome la domenica è l'unico giorno in cui si può fare qualcosa tutti insieme, portano i bambini in gita.

Le mamme che lavorano...
Hanno una mano sul mouse e l'altra sul biberon.
Hanno una macchia di pappa sul tailleur o un giocattolo che sbuca dalla tasca del camice da officina.
Hanno le foto dei figli come sfondo sul desktop del computer e i loro disegni appesi in ufficio o in reparto.
Hanno un vagone di pazienza sempre in tasca.
Hanno una vita così piena che non si accorgono nemmeno di non avere nemmeno un secondo da dedicare a se stesse.
Hanno sempre mille sensi di colpa perché vorrebbero fare di più.
Non hanno più visto l'estetista dal giorno del loro matrimonio e vanno dal parrucchiere due volte l'anno, ma...
Le mamme che lavorano sono sempre bellissime


Per Catia e Maria Cristina: sì, sto parlando anche di voi. Soprattutto di voi.



AGGIORNAMENTO
Ho scoperto che più di qualcuno ha frainteso questo post, interpretandolo come una critica alle mamme casalinghe oppure ai papà.
Mi dispiace, non pensavo che un elogio per qualcuno potesse essere letto come un'offesa per altri.
In realtà volevo solo evidenziare la differenza tra me che lavoro, oltretutto con molta flessibilità, ma non sono mamma e le donne che lavorano, anche con orari molto più rigidi dei miei, e che in più sono mamme attente e presenti con i loro figli e per questo hanno tutta la mia più sincera ammirazione.