Giovedì scorso. Un giorno come tanti altri: svegliarsi faticosamente alle sette e un quarto, stendere una lavatrice, preparare il thermos di tè da portare al lavoro, fare colazione con la partecipazione di Gandalf che allunga la zampa su qualsiasi cosa io stia mangiando o bevendo, preparare la borsa frigo con il pranzo, riempire le ciotole dei felini, una grattatina di saluto per Aki che dorme sul tiragraffi, caricare in macchina computer, borsetta, borsa con il thermos e lo scialle, borsa frigo e Gandalf, inserire l'allarme, portare l'auto fuori dal garage e dal cancello, far scendere Gandalf e partire per andare al lavoro.
Solita strada, quella che faccio almeno tre volte a settimana da circa un anno. Ormai la so a memoria e il piede si solleva automaticamente dall'acceleratore in corrispondenza dei limiti di velocità. In poco più di venti chilometri si attraversano cinque centri abitati e allora è meglio andare piano, perché la gente che vive lì ha il diritto di attraversare la strada senza rischiare la vita.
Superato il primo gruppo di case, una frazione di un piccolo Comune al confine tra Veneto e Friuli, c'è una serie di curve separate da brevi tratti rettilinei. Il limite qui è 90 km/h, ma io vado più piano, perché la strada è stretta e la visibilità limitata e in più oggi piove.
Alla terza curva sento una leggera sbandata del retrotreno. Forse un tratto di asfalto reso viscido dalla pioggia? Ma anche alla curva successiva qualcosa non va, una perdita di aderenza quasi impercettibile, ma che sommata alla precedente mi mette in allerta. Rallento: forse l'auto ha qualcosa che non va.
Ora c'è un tratto rettilineo abbastanza lungo. Sulla destra vedo il treno che passa e calcolo mentalmente che a questa velocità dovrei arrivare al passaggio a livello proprio quando si apre: inutile affrettarsi.
E poi tutto si confonde nel terrore, mentre la strada impazzisce e la macchina fuori controllo avanza a zig-zag invadendo ripetutamente la corsia opposta. Ma c'è anche l'adrenalina che lucida la mente e risveglia lontani ricordi di quando ho preso la patente: non toccare il freno, rallenta ma non perdere trazione, evita le sterzate brusche.
Pochi secondi, forse cinque, poi riprendo il controllo dell'auto, con il cuore che batte a mille e le mani che tremano, e piano piano raggiungo un parcheggio lì vicino.
Ho scoperto più tardi che un autocarro aveva perso gasolio per quasi dieci chilometri, trasformando quel tratto di strada in una pista di pattinaggio: quattro auto fuori strada, un tamponamento, alcuni feriti, secondo quanto riportato dalla stampa locale.
C'è mancato poco che finissi anch'io in quelle pagine di cronaca. Se quando la mia auto ha sbandato selvaggiamente sulla corsia opposta ci fosse stato qualche altro veicolo, sarebbe potuta finire in tragedia.
Sono stata fortunata.
Ma non solo.
Se fossi andata più veloce o se non avessi conservato la lucidità necessaria per ricordarmi che non dovevo frenare, quasi certamente sarei uscita di strada. E per questo devo ringraziare la mia prudenza e il mio ossessivo e pedante rispetto delle regole. Forse, questa volta, mi hanno salvato la vita.
meno male! Rispettare le regole non sempre significa essere "un passo indietro rispetto agli altri" ma avere rispetto per se stessi e per gli altri.
RispondiEliminaBrava Mia!
Hai proprio ragione!
EliminaChe batticuore Mia! Felice per la tua prudenza e complimentosissimi per i nervi saldi. Sei super!
RispondiEliminaNervi saldi neanche tanto, è stato qualcosa di inconscio, una sorta di imprinting mentale che si è rivelato spontaneamente, la dimostrazione dell'efficacia dell'addestramento: se riesci a recepire qualcosa in modo profondo, non hai bisogno di ragionare per tirarlo fuori, esce da solo quando serve.
EliminaMinkia ! che paura ... Per fortuna è andata bene, hai seguito le regole stradali (cose che io faccio di rado .. hahahahah) Ciao Mia <3
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