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venerdì 31 dicembre 2010

Così parlò la Maria - ultimo

Ho avuto una buona vita
(Maria Gonella - 28/07/1934 - 23/12/2010)

giovedì 30 dicembre 2010

Così parlò la Maria - 9

Preferisco una bella morte, piuttosto che una brutta vita.

mercoledì 29 dicembre 2010

L'ultimo saluto

L'abbiamo salutata lunedì.
È arrivato per primo il sole a dirle addio, per ringraziarla di averlo portato sempre con sé e di averlo regalato a tante persone, con il suo sorriso.
Sono stata con lei al mattino, per guardarla ancora un po', per dirle grazie, per un'ultima carezza. Sapevo che non era più là, che quel corpo adagiato sul raso era solo il suo ricordo, che ormai se n'era già andata, lasciando su quel volto ancora l'ombra di un sorriso. Ma mi sono aggrappata all'illusione di poter condividere ancora quelle poche, ultime ore, di poterla salutare un'ultima volta.
L'avevano ricomposta, con l'abito nero che avevo trovato sul tavolino della sua camera il giorno dopo il ricovero, evidentemente lasciato in piena vista proprio per questo scopo, dato che non lo indossava da tempo. E la sua wiphala, la coloratissima sciarpa delle Ande. Tra le mani qualcuno le aveva messo un rosario, io ci ho aggiunto un fiore, un'orchidea che le avevano regalato gli amici del Club qualche giorno prima.
Le ore passavano troppo in fretta, come in quell'ultimo pomeriggio in unità coronarica in cui sapevo che se ne stava andando e non potevo fare nient'altro che cercare di renderle più dolce l'ultimo tratto di strada, riscaldando le sue mani con le mie.
Ma ormai non c'era più nulla da scaldare e quando l'addetto delle pompe funebri si è avvicinato per dirmi che era il momento di chiudere la bara, il pensiero è stato "No! Non ancora, non sono pronta!". Perché non importa quanto il distacco fosse previsto e accettato: quando il momento arriva, l'unico pensiero è "NO".
Lo è stato anche alle 2:30 di giovedì, quando è suonato il telefono e ho sperato contro ogni speranza che mi annunciassero che si era ripresa o anche solo che la trasferivano in un'altra stanza dove avrei potuto starle vicino. E quando la voce dall'altra parte ha detto "Sono il dottor N.", ho cercato di rinviare, dicendo che sì, mi ricordavo di lui, perché l'aveva visitata diverse volte in ambulatorio di cardiologia. E mentre parlavo, sapevo già quali parole avrei sentito subito dopo, e pensavo "NO".
Quando il coperchio si è chiuso, una parte di me è rimasta lì, strappata per sempre dal mio cuore.

E poi sono venuti in tanti, in tantissimi.
Qualcuno sicuramente ha partecipato solo per rispetto verso di me o gli altri parenti, ma quasi tutti erano lì per lei, perché l'avevano conosciuta di persona e la ricordano con affetto.
È proprio quello che abbiamo cercato di fare: ricordare la sua allegria, la sua generosità, la sua disponibilità.
Ci hanno aiutati loro, con l'intensa emozione di voci e musica, e i nipoti della "zia Maria" e gli amici che l'hanno voluta ricordare con parole piene di affetto, di tenerezza, di simpatia.
Siamo tutti addolorati per averla persa.
Ma siamo orgogliosi e felici di averla avuta con noi.

sabato 25 dicembre 2010

Ma tu sei forte

"Ma tu sei forte".
Me lo hanno detto o scritto in tanti in questi due giorni, facendomi le condoglianze.
Come se fosse un vantaggio.
Essere forte non ti fa soffrire di meno, ti permette soltanto di sopportare sofferenze ancora più grandi.

giovedì 23 dicembre 2010

Ciao, mamma!

Questa notte alle 2:30 il grande cuore della Maria ha smesso di battere.

Il funerale sarà celebrato lunedì 27 dicembre alle 14:30 nella Chiesa Parrocchiale di San Nicolò, in Viale Pordenone 28 a Portogruaro.

Ricordate che la Maria non vuole assolutamente fiori!

Chi desidera lasciare un segno tangibile del proprio affetto, può effettuare una donazione per attività di ricerca medica e/o per l'Associazione In Famiglia di Portogruaro.

mercoledì 22 dicembre 2010

Oltre il vetro

Oltre il vetro dell'unità coronarica c'è il mondo.
È una stanzetta d'angolo, dalle finestre si vede la strada, la gente che passa, la vita; dal vetro della parete divisoria interna si intravedono gli altri letti. Ma oggi quello che succede fuori non importa, il mio mondo è tutto lì dentro, nel bip delle macchine per il monitoraggio, nei respiri difficili, in quelle mani fredde che per tutto il pomeriggio ho cercato di scaldare con le mie, in quegli occhi ormai quasi ciechi, in quella voce ormai quasi muta, in quel viaggio ormai alla fine.
Vorrei poterla accompagnare fino in fondo, con tutta la dolcezza possibile.
Ma non si può rimanere in terapia intensiva, mi hanno già fatto un favore lasciandomi restare un po' nel pomeriggio.
Così adesso aspetto, sul divano, con le lacrime che scendono. Aspetto lo squillo del telefono, aspetto il tempo che passa.
E cerco di trovare la serenità per lasciarla andare.

Così parlò la Maria - 8

Medico - Signora, come si sente?
La Maria - Potrei stare meglio. Ma potrei anche stare peggio, quindi non va poi tanto male.

Così parlò la Maria - 7

Hanno spostato la mamma in terapia intensiva, che da un lato è un sollievo perché significa assistenza specializzata continua, dall'altro un dispiacere perché le possibilità di visita sono limitatissime.
Il rene - l'unico rimasto dopo un incidente stradale nel 1989 - sta cedendo, l'orizzonte si restringe sempre più.
E lei rimane sempre... la Maria!

Medico del Pronto Soccorso - Signora, ma noi ci siamo già visti, vero?
La Maria - Sì, ormai potete farmi l'abbonamento
Medico - Va bene, le faremo una tessera e ogni dieci bollini le regaliamo un soggiorno omaggio per una notte
La Maria - Ah no, se è per una notte non è un soggiorno, è una "sonnotte"! 

lunedì 20 dicembre 2010

Così parlò la Maria - 6

La mamma è stata ricoverata, per ora nell'astanteria del Pronto Soccorso perché i posti letto dei reparti sono tutti occupati.
Le hanno sospeso tutti i farmaci per il cuore, ma la pressione e il battito rimangono troppo bassi, spaventosamente bassi. È molto debole, stamattina mi sono davvero preoccupata, a tratti perdeva lucidità e faceva fatica a respirare, anche se dopo pranzo si è un po' ripresa.
È venuta a trovarla una delle sue sorelle, quella che ci ha invitate a pranzo per il giorno di Natale, proponendo un menù a base di pesce e (soprattutto) crostacei.
La Maria - Mi scoccerebbe perdermi il pranzo di Natale da voi: mi piacciono i crostacei. Il pesce invece non mi dice niente. D'altra parte, si dice appunto "muto come un pesce"!

Così parlò la Maria - 5

La mamma adora il tè solubile, quello che si trova di solito nei distributori automatici, per il quale io condivido la definizione "bevanda al gusto di tè" perché il tè vero è decisamente un'altra cosa. Ma dato che a lei piace tanto, ne ho comprato un pacco e ieri pomeriggio gliene ho preparato una bella tazza. Ma quando gliel'ho portato non si sentiva bene.
Le ho controllato pressione e battito cardiaco: erano entrambi decisamente troppo bassi, così ho deciso di portarla al Pronto Soccorso. Prima però ha voluto bere il suo tè.
Io - Com'è?
La Maria - Aaah, buono, ottimo! Come quello che fanno in ospedale. Sono contenta di andare in ospedale perché il tè che ti danno è buonissimo.

venerdì 17 dicembre 2010

Così parlò la Maria - 4

È arrivata la risposta da Bologna: c'è stato il consulto con i radiologi e la conclusione è che anche la radioembolizzazione non si può fare. In pratica, non si può fare niente se non proseguire le terapie di supporto per evitare quanto più possibile i disagi.
La Maria, che ha detto chiaro e tondo che non vuole che le sia nascosto nulla e che teme più di tutto i sussurri a mezza voce dietro le sue spalle, ha chiesto di sapere quanto tempo le resta.
Pochi mesi, forse anche meno.
Settimane o mesi? Bene, io pensavo addirittura giorni!

Così parlò la Maria - 3

In TV leggono l'oroscopo.
L'astrologa - Cari amici del Leone, nel fine settimana sarete piuttosto stanchi: evitate di uscire!
La Maria (che è del Leone e in questi giorni quasi non si regge in piedi): però, ci hanno azzeccato! Peccato, stasera pensavo di andare a ballare...

Così parlò la Maria - 3

Un'amica viene a trovare la mamma.
Amica - Come va, Maria?
La Maria - Insomma, così così. Io non mi sento tanto male, ma sembra che la cosa sia grave.
Amica - Cazzo! Oh, scusa...
La Maria - No, perché? Non me ne dispiacerebbe uno, prima di morire.

Così parlò la Maria - 2

"Non capisco perché la gente si faccia tanti problemi riguardo alla morte: cosa ci sarà mai da aver paura? Io non ho paura di morire, vivere è molto più pericoloso."

mercoledì 15 dicembre 2010

Esperienze di day-hospital

Lunedì ho accompagnato la mamma alla prima somministrazione di albumina e per la prima volta ho toccato con mano quello che prima avevo soltanto letto sui blog degli altri, in particolare le storie di Widepeak e Mamigà sui volontari ospedalieri e i compagni di chemio.

Le mie esperienze di day-hospital oncologico tutto sommato sono state piuttosto limitate: arrivavo, aspettavo un po' (o tanto) in sala d'attesa, facevo il cambio di serbatoio della chemio e/o la medicazione del CVC e arrivederci alla prossima settimana o addirittura a quella dopo. Solo un paio di volte mi sono fermata per le flebo idratanti e il cortisone, ma stavo così male che non ero assolutamente in grado di relazionarmi con gli altri pazienti e il mio contatto con le volontarie si è limitato ad una richiesta di informazioni sull'ubicazione dell'ambulatorio la prima volta che sono stata al CRO e un paio di visite durante il ricovero da parte della mamma di una mia amica.
Ma non è mai troppo tardi per vivere nuove esperienze...

Lunedì mattina, seguendo le indicazioni di questo post di Wide, ci siamo armate di abiti comodi, libro (per me), Settimana Enigmistica (per la mamma), bottigliette d'acqua (una per me e una per la mamma), penna e bloc notes (non si sa mai, vero Wide?), supermegasmartphone con MP3 e giochini (ho scoperto che c'è pure il solitario di carte che faceva sempre mio nonno), pazienza, sorrisi ed ironia (che con la Maria non mancano mai).
La mamma inizia ad avere grossi problemi di gonfiore, dovuto all'accumulo di liquidi nella pancia e nelle gambe, ormai le è molto difficile camminare o anche solo stare in piedi e in ospedale deve utilizzare la sedia a rotelle: la accompagno all'entrata del pronto soccorso, la parcheggio su una carrozzina in un angolo riparato, vado a cercare un posto per la macchina, poi torno a recuperarla e andiamo a fare i nostri giri.
Il day-hospital oncologico è al quarto piano. Nel corridoio ci ha accolto una delle volontarie dell'associazione In Famiglia, che si è subito preoccupata di trovare una sistemazione per la mamma in una delle due stanze, stipate di letti, poltrone e relativi chemioccupanti.

Speravamo in un letto per dare la possibilità alla mamma di tenere le gambe sollevate,  ma era disponibile soltanto una poltrona, fortunatamente dotata almeno di poggiapiedi. La volontaria ha aiutato la mamma ad accomodarsi, le ha procurato una coperta e le ha chiesto se desiderasse qualcosa da bere, un tè, un cappuccino, un bicchiere d'acqua... La mamma ha chiesto il tè, che pochi minuti dopo le è stato servito dalla volontaria, offerto dall'associazione In Famiglia. Più tardi, quando ha iniziato ad avere fame, sono arrivate anche fette biscottate e marmellata: un servizio a cinque stelle!

La giornata era critica: mancava uno dei medici e c'era stato qualche problema in laboratorio, tutte le analisi erano in forte ritardo, quindi molti pazienti stavano ancora aspettando le loro infusioni.
Nella poltrona vicina a quella della mamma c'era una signora ultraottantenne che voleva giocare a "chi-sta-peggio", convinta evidentemente che le spettasse la palma di più sfortunata del mondo, o almeno della stanza, posizione peraltro non facile da sostenere dato che era decisamente arzilla e l'unico tra gli altri pazienti che avesse un aspetto migliore del suo era un uomo che avrà avuto sì e no la mia età e - mi scuseranno gli anziani - se devo fare una classifica direi che avere il cancro a quarant'anni è decisamente peggio che averlo a ottanta. Ovviamente mia madre non è la persona più indicata a far da spalla per questo tipo di giochini: quando la vecchia le ha confidato di essere in cura ormai da tre anni, la Maria ha risposto candidamente che lei aveva appena cominciato, ma che di sicuro fra tre anni non ci sarebbe più stata perché il cancro l'avrebbe uccisa molto prima. Zittita la vecchia. Per cinque minuti. Poi ha proposto, un po' esitante: "Non potremmo dire un rosario tutti insieme?". Stavo per scoppiarle a ridere in faccia, il pensiero è volato istantaneamente al post di Wide, ma non c'è stato bisogno di rispondere, per fortuna uno degli altri pazienti ha stroncato la proposta con un secco "No, il rosario no".

Nel frattempo il mio cervello lavorava freneticamente per cercare di risolvere un dilemma che mi attanagliava ormai da tre anni: dove ho già visto quell'infermiera del day-hospital? L'avevo incontrata all'inizio del 2008, quando ero andata a farmi fare il lavaggio del CVC ed entrambe eravamo convinte di esserci già incontrate, ma dove? Oratorio? No. Scuola? Nemmeno. Volontariato? Neanche. Mah... Eravamo rimaste entrambe con il dubbio.
Lunedì, finalmente, la rivelazione: improvvisamente i pezzi sono andati al loro posto e ho ricordato che più di dieci anni fa era stata la ragazza di un compagno di squadra del mio ex. Reciproca soddisfazione per esserci finalmente tolte questo dubbio su come e quando ci fossimo conosciute.

Le cose andavano per le lunghe: il farmaco per la mamma non c'era, dovevano farlo arrivare da San Donà. Per fortuna nel frattempo lei si è addormentata e io ho diviso il tempo tra il libro e il solitario di carte del nonno, scambiando di tanto in tanto qualche parola con la volontaria e con gli altri pazienti.
Finalmente è arrivato il flacone di albumina e un'infermiera (non quella che conoscevo, un'altra) è entrata a chiedere conferma dell'identità della mamma. Le ho ripetuto nome e cognome, ma dopo qualche minuto è tornata, visibilmente incerta, a chiedermi: "Ma... la signora Maria... del 1934?". "Sì, certamente, 28 luglio 1934, perché?". "No, sa, è solo che sembra tanto più giovane..."
La mamma sentendo il suo nome si era svegliata, ma non era riuscita a cogliere lo scambio di battute. Ha chiesto cosa succedeva e le ho spiegato che l'infermiera non pensava che lei potesse avere 76 anni. Ha gongolato. Pochi minuti dopo, l'infermiera è entrata con la flebo, si è avvicinata a me e ha chiesto su quale braccio preferivo mettere l'ago. Io e la mamma abbiamo rischiato di soffocare dalle risate.

L'infusione è durata una ventina di minuti, poi ho ricaricato la mamma sulla sedia a rotelle e ripetuto l'iter al contrario: sistemazione in un angolo del pronto soccorso, recupero auto, recupero mamma. Siamo arrivate a casa poco dopo le 14: ci sono volute quasi 4 ore per un flaconcino di albumina. Però ci siamo divertite un sacco.



martedì 7 dicembre 2010

(Quasi) come il dottor House

Ieri con la mamma ci siamo concesse l'ennesima gita al Pronto Soccorso, per una nuova emorragia dalla lesione sulla gamba. Come ha detto oggi Cristina, ormai siamo clienti così affezionate che magari per Natale ci mandano una bella cesta, con il cotechino e il parmigiano.


L'episodio in sé non aveva niente di diverso rispetto alle volte precedenti, ma la reazione della mamma è cambiata. Imbarazzo, vergogna per essere stata di nuovo costretta a chiedere aiuto, paura di disturbare... sono sensazioni che ricordo fin troppo bene, pesano come macigni, forse più di ogni altra cosa creano la sensazione di malattia.
Ho cercato di sdrammatizzare, ci siamo anche fatte quattro risate mentre gli asciugamani che stavamo utilizzando per fermare il sangue si inzuppavano sempre più, ma so quanto è difficile sopportare l'idea di perdere la propria autonomia, di sentirsi costretti a dipendere dall'aiuto degli altri, anche se sono le persone più vicine, quelle con cui si ha maggiore confidenza.

Oggi l'ho portata a Bologna per la visita specialistica.
Viaggio tranquillo: poco traffico, appena un accenno di nebbia alla partenza, lei ha dormito per tutto il tempo, io ho ascoltato musica.
All'uscita del parcheggio dell'ospedale a Bologna ci è venuta incontro Cristina, la blogger di casa che è stata la nostra guida tra i padiglioni e i reparti del S. Orsola.
Eravamo un po' in anticipo, per strada non si sa mai cosa si trova e avevo preferito essere prudente, così ci siamo fatte quattro chiacchiere in corridoio in attesa del nostro turno.
Quando siamo entrate nell'ambulatorio... accidenti, sembrava una scena del dottor House! Al centro il professore e intorno ben quattro giovani assistenti, che ascoltavano, proponevano, registravano.
La mamma si è subito sentita a suo agio con questo medico così gentile, professionale e scrupoloso, che l'ha definitivamente conquistata quando per compilare una ricetta ha tirato fuori dal taschino una splendida penna stilografica, un segno di distinzione l'ha innalzato di almeno cento punti nella stima della mamma.



Ma veniamo alle conclusioni.
Confermata l'inapplicabilità del trattamento chirurgico: la parte sana di fegato è troppo piccola, il rischio di insufficienza epatica sarebbe troppo elevato. 
Per le terapie locoregionali, l'oncologo ha fatto copia del CD della TAC per valutarla insieme ad uno specialista radiologo, ma è dubbioso sulla possibilità di applicazione.
Fino a qui, niente di diverso da quello che mi aspettavo.
La sorpresa è arrivata parlando della terapia con il farmaco molecolare: il professore ritiene che in questo momento non sia praticabile, perché la piaga sulla gamba indica un problema di vasculite (tanto per non dimenticare il dottor House...) e il farmaco potrebbe seriamente peggiorarlo.
Ha proposto quindi una terapia di supporto, in attesa che la piaga guarisca., 
La mamma è stata contenta, in fondo quella lesione è la principale fonte di disagio per lei e non vede l'ora di liberarsene. Certo questo vuol dire ritardare l'inizio della terapia antitumorale vera e propria, ma nel frattempo il medico ha consigliato la somministrazione di albumina, per compensare la carenza legata alla sofferenza del fegato, e di un prodotto ricavato da un pesce, lo Zebrafish, che dovrebbe migliorare le condizioni generali e in alcuni casi si è rivelato efficace anche nella riduzione del tumore. Purtroppo il pesce-derivato è classificato come integratore e non viene fornito dal sistema sanitario, bisogna pagarlo interamente e costa pure una barca di soldi, ma se può essere utile, ben venga.


Dopo la visita, siamo andate a pranzo con Cristina e a pancia piena abbiamo ripreso la via di casa.
Ritorno un po' più trafficato e sotto la pioggia, siamo arrivate a casa verso le 17 e la mamma si è subito sistemata sulla poltrona, il viaggio l'aveva stancata più di quanto pensava.
Era il momento giusto per il tè... da gustare insieme al regalo di Cristina!

Oltreilcancro.it a Radio Capital

Per chi non fosse riuscito ad ascoltare in diretta la mia intervista su Radio Capital

martedì 30 novembre 2010

Sintonizzatevi!


Su Radio Capital, venerdì 3 dicembre tra le 10 e le 11 del mattino nel corso del programma Ladies & Capital, si parlerà di oltreilcancro.it con con Betty Senatore, Silvia Mobili e... me!

Si parla di noi!

Ho pubblicizzato il lancio di oltreilcancro.it con amici, parenti, contatti di lavoro, giornali... insomma, tutti i contatti che mi sono venuti in mente.
Naturalmente speravo di dare la massima visibilità al nostro progetto ed ho effettivamente ricevuto tanti messaggi di incoraggiamento e complimenti per l'iniziativa, ma anche alcune proposte di approfondimento dell'argomento che si stanno concretizzando in modi che vanno oltre le mie più rosee aspettative.

Venerdì sono stata contattata da Gianfranco Battiston, che gestisce un sito di informazione locale molto curato e ricco di contenuti. Sarei stata contenta se avesse anche soltanto parlato di oltreilcancro.it sul suo sito, ma è andato ben... oltre!







E non è ancora finita: restate sintonizzati (segnatevi questa parola, perché è importante) perché nei prossimi giorni c'è in preparazione un altro evento davvero speciale!

domenica 28 novembre 2010

Burocrazia sanitaria

Un malato di cancro e la sua famiglia hanno già una bella dose di problemi da gestire. Sarebbe carino se non ci si mettesse anche la sanità pubblica a complicare le cose.

Per il consulto specialistico, la mamma deve presentare tutta la documentazione, i referti e gli esami, quindi siamo andate in ospedale a richiedere la copia della cartella clinica.
Ora vorrei che qualcuno mi spiegasse perché:
1. servono DUE SETTIMANE per fare una trentina di fotocopie (e speriamo bene, perché non sono nemmeno sicuri di farcela, hanno detto di chiamare il giorno prima per verificare che siano pronte)
2. le suddette fotocopie costano 25 euro (poco meno di un euro a pagina)


In qualità di paziente oncologica, la mamma ha diritto all'esenzione dal ticket per tutti i farmaci e le prestazioni sanitarie (visite, esami, terapie) collegate alla patologia.
Sul sito della nostre USSL c'è una pagina con le indicazioni per richiedere l'esenzione: me la sono letta per bene e il giorno dopo la visita oncologica mi sono armata di certificazione rilasciata dall'oncologa dell'ospedale e tessere sanitarie della mamma, il badge con la banda magnetica, il codice a barre e il codice fiscale e la vecchia tessera di cartoncino, su cui vengono registrate le esenzioni, con l'obiettivo di utilizzare l'esenzione già per le analisi e i primi farmaci prescritti dall'oncologa.

Sono uscita di casa verso le dieci del mattino, pensando che fosse un orario "intelligente" per evitare il traffico di studenti e lavoratori. Errore.
Non so perché, ma a quell'ora del mattino per strada c'era almeno metà della popolazione locale, un traffico da esodo di agosto, un affollamento che mi fa pensare che in giro c'è un sacco di gente che non lavora oppure che lavora per strada.
Ci ho messo almeno venti minuti per fare quattro chilometri, ma alla fine sono riuscita ad arrivare alla sede degli uffici dell'USSL e ho trovato anche un buon parcheggio, all'estremità di una fila, dove è possibile aprire la portiera della macchina e uscire senza problemi, cosa che non è affatto garantita negli altri posti macchina, che sembrano dimensionati al massimo per una Smart.
Mi sono messa in coda allo sportello "anagrafe sanitaria", quello presso cui avevo ritirato a suo tempo il mio talloncino di esenzione. C'erano due persone davanti a me e l'impiegata si muoveva con l'energia di un bradipo sotto Valium, tanto che dopo dieci minuti ho iniziato a trasmetterle un messaggio telepatico: "Ok, signora, nessuno pretende che lei metta il turbo, ma almeno, per favore, TOLGA LA RETROMARCIA!".
Arrivato finalmente il mio turno, ho presentato il certificato dell'oncologa e le tessere sanitarie. Il bradipo ha dato un'occhiata e mi ha detto che dovevo rivolgermi all'ufficio esenzioni, la porta in fondo a destra, che però era chiuso, apre solo il lunedì, mercoledì e venerdì.
Ma accidenti, signora, ho guardato sul vostro sito e non c'era nessun riferimento al fatto che l'ufficio fosse aperto solo in alcuni giorni! Non potete far perdere tempo alla gente a girare inutilmente per gli uffici! E nel frattempo, me le pagate voi le prestazioni per cui la mamma avrebbe diritto all'esenzione?
Ovviamente il bradipo non sapeva nulla del sito, ha ripetuto che l'ufficio era chiuso, ma di fronte alla mia evidente alterazione ha aggiunto che avrebbe verificato se c'era la collega e se si poteva combinare lo stesso.
Altri dieci minuti di attesa, mentre scrivevo la bozza del reclamo da presentare all'USSL, poi la porta dell'ufficio si è aperta e un'altra impiegata visibilmente scocciata mi ha ribadito che il martedì è chiuso, che lei ha da fare lavoro interno e che anzi, avrebbe dovuto essere fuori sede, è stato solo un caso se l'ho trovata in ufficio, che gli orari dell'ufficio sono esposti sulla porta, che se fossi andata in banca avrei dovuto rispettare gli orari di apertura e allora perché lì pretendevo di trovare sempre aperto?
Signora, è vero che anche la banca ha i suoi orari, ma è aperta tutti i giorni per tutti i servizi, non è che il lunedì si fanno i bonifici e il martedì i mutui! Non sono mica venuta qui alle otto di sera, questo è orario di ufficio e mi aspetto di trovare gli uffici aperti, anche perché sul sito dell'USSL non c'è alcun riferimento a orari di apertura ridotti per le esenzioni ticket.
Lei ha risposto che non possono mica mettere gli orari sul sito, perché cambiano spesso, li hanno modificati anche di recente e sarei dovuta andare ad informarmi di persona.
Certo signora, come no! Perdo una mattina per venire a chiedere informazioni e un'altra per la pratica! Ma le pare?
Alla fine, sbuffando e brontolando, ha preso i documenti, li ha fotocopiati e... mi ha detto di tornare lunedì per ritirare l'esenzione.
Come, lunedì? C'è il certificato dell'oncologa con la diagnosi, perché non si può avere subito l'esenzione? E gli esami che la mamma deve fare nel frattempo me li pagate voi?
Allora ho scoperto che il certificato dell'oncologa non è sufficiente per ottenere automaticamente l'esenzione, avrebbe dovuto compilare una richiesta specifica. Così invece la pratica deve essere valutata (da chi? magari da quella stessa impiegata? e che ne sa lei di oncologia?) per verificare il diritto all'esenzione.

A questo punto ho altre due domande:
3. Perché un certificato rilasciato da un'oncologa della stessa USSL, con scritto chiaro e tondo "epatocarcinoma" non è sufficiente ad attestare il diritto all'esenzione per patologia oncologica? Cosa ci sarà mai da valutare?
4. Che bisogno c'è di un "ufficio esenzioni" per fare semplicemente due fotocopie? Non le può fare qualsiasi addetto di sportello (bradipo incluso) e poi passare la "pratica" all'ufficio esenzioni?

mercoledì 24 novembre 2010

"Prima visita" - di nuovo

Lunedì la mamma ha fatto la sua prima visita oncologica. E dato che l'ho accompagnata, si può dire che io ho fatto la mia seconda "prima visita".
L'oncologa ha esaminato tutta la documentazione della cartella clinica e ci ha fatto diverse domande, l'ha visitata e ha indicato alcuni farmaci per contenere la nausea ed il gonfiore, che sono i due aspetti che al momento le creano qualche disagio, oltre ai dolori alla gamba, che rimangono il problema più fastidioso e per i quali il medico di base ha dovuto prescrivere un analgesico più forte (e anche quello a volte non basta).

Per definire il programma di cura, l'oncologa ha richiesto una valutazione specialistica per verificare se è possibile applicare terapie locoregionali, che cercano di distruggere le cellule tumorali intossicandole attraverso l'iniezione di alcol direttamente all'interno dei noduli cancerosi (alcolizzazione) oppure facendole arrosto con aghi che riscaldano la zona malata (termoablazione).
Dopo qualche telefonata a vuoto, sono riuscita a mettermi in contatto con il gruppo di specialisti di epatocarcinomi del Policlinico S. Orsola - Malpighi di Bologna che ci hanno fissato un appuntamento per il 7 dicembre.

lunedì 22 novembre 2010

Così parlò la Maria - 1

Conversazione con la mamma di qualche settimana fa.
Io - È arrivato l'esito dell'istologico
La Maria - È un cancro?
Io - Sì, epatocarcinoma.
La Maria - Me lo aspettavo. Va bene: quello che si può fare faremo, il resto ciccia!

domenica 21 novembre 2010

Lieto evento


Finalmente è on-line oltreilcancro.it, la "creatura", il progetto che ho condiviso con un gruppo di cancer-bloggers, a cui stiamo lavorando ormai da mesi.
La nostra esperienza con la malattia ci ha insegnato che parlarne può essere di grande aiuto, soprattutto quando c'è la possibilità di confrontarsi con altri compagni di viaggio per scambiare informazioni, suggerimenti ed emozioni.
Abbiamo trovato sollievo e conforto nel condividere le nostre esperienze e la straordinaria rete di solidarietà che si è creata ci aiuta ogni giorno ad affrontare questo difficile percorso con una marcia in più, la consapevolezza di non essere soli.
Ognuno di noi ha il suo modo di affrontare il cancro e proprio in questa diversità c'è una straordinaria ricchezza, la possibilità di confrontarsi, di valutare altre strade, di andare... oltre. Perché nella nostra vita non c'è solo il cancro: ci sono famiglie, amici, lavoro, passioni, difficoltà, sorrisi e lacrime. E c'è tanta, tanta speranza.


oltreilcancro.it è il posto che abbiamo pensato e preparato per accogliere chi ha incontrato il cancro sulla propria strada, ma vuole continuare a camminare, per chi ha paura ma non rinuncia alla speranza, per chi non si accontenta di statistiche e protocolli, ma cerca suggerimenti pratici su come affrontare la convivenza con la malattia, le terapie e le piccole e grandi difficoltà che si possono presentare ad un malato oncologico.
Su oltreilcancro.it troverete alcuni dei nostri post, quelli che riteniamo più utili e interessanti per raccontare il nostro modo di affrontare il cancro, per aprire una finestra sulla vita quotidiana di chi ogni giorno si confronta con un'esperienza intensa e difficile, cercando sempre di guardare avanti

oltre il cancro, dentro la vita

giovedì 18 novembre 2010

Curare l'ansia?

Prima di tutto rassicuro tutti quelli che sono in pensiero per me dopo aver letto il post precedente: va meglio.
Ci è voluta ancora qualche mezza nottata in bianco, ma sono riuscita a preparare gli impegni di lavoro di questa settimana, che tra ieri e oggi mi hanno già dato qualche bella soddisfazione.
Ce l'ho fatta anche a organizzare la festa di compleanno di Renato, a preparargli le torte, a cucire l'abito di scena per il suo debutto teatrale di domenica, ad assistere al suddetto debutto (bravo m'amore!!!)... insomma, ho spuntato qualche voce dall'elenco. Certo, ce ne sono ancora molte che sono rimaste indietro: la legna per il caminetto ancora non c'è, la macchina aspetta il tagliando, devo impaginare il giornalino dell'associazione... Ma possono aspettare.

In tanti mi hanno consigliato di delegare, di chiedere aiuto. Non è sempre possibile.
Certo, ho trovato chi è andato dal medico a ritirare le ricette e poi in farmacia a prendere le medicine per la mamma, ma per quanto riguarda il lavoro non c'è nessuno che possa farlo al posto mio e non riesco nemmeno ad accettare di abbassare i miei standard professionali e di accontentarmi di qualcosa in meno di quello che sono abituata ad offrire ai miei clienti, è più forte di me, sono una perfezionista (leggi "pignola rompiballe") prima di tutto con me stessa.

Così può capitare che mi trovi a fare i conti con l'ansia da prestazione, la tensione che nasce dalla difficoltà di essere sempre all'altezza delle aspettative, non tanto degli altri, quanto mie.

Nota importante: ciò che segue sono semplicemente mie personali opinioni, che non hanno nessuna pretesa di universalità né di validità medica e/o scientifica. E che non è neppure detto che siano definitive, rappresentano il mio pensiero in questo momento, ma possono sempre essere rimesse in discussione.

Non credo che l'ansia sia una condizione patologica, o almeno questo tipo di ansia non lo è. È soltanto la normale reazione ad una situazione di stress, semplicemente uno stato d'animo, sgradevole, di cui prendere atto.
La soluzione quindi non sono né i rimedi omeopatici, sulla cui efficacia oggettiva ho molti dubbi, ho l'impressione che funzionino solo per chi ci crede, né tantomeno gli psicofarmaci, verso cui ho una diffidenza ancora maggiore, perché l'idea di alterare chimicamente il funzionamento del mio cervello mi dà i brividi, mi pare di consegnare ad una pastiglia il controllo sulla mia essenza più profonda, su ciò che mi identifica e mi definisce come persona. Posso accettare, sia pure controvoglia, di avere talvolta bisogno di una sostanza esterna per ripristinare una condizione fisica alterata, ma ho un'innata resistenza a ricorrere a qualsiasi tipo di terapia, a prescindere dal fatto che sia di origine naturale o di sintesi chimica, per recuperare l'equilibrio psicologico.
Dato che non considero l'ansia una malattia, non ha senso cercare una "cura", ma bisogna intervenire sulle cause e si può fare in due modi, di cui uno non esclude l'altro:
1. ridurre le aspettative, accontentandosi di prestazioni e risultati inferiori, per limitare la frustrazione legata al divario tra ciò che si vorrebbe e ciò che si ottiene: come ho già detto, questo mi riesce molto difficile, va contro la mia natura e riesco ad attuarlo in misura molto limitata;
2. adoperarsi al massimo delle proprie possibilità per raggiungere gli obiettivi e soprattutto per avere la consapevolezza di aver fatto del proprio meglio e accettare con serenità i risultati che si riescono ad ottenere, perché  il disagio nasce più che altro dal senso di colpa se si ha la convinzione che si sarebbe potuto fare di più, mentre - e questo l'ho imparato facendo sport - è possibile accettare anche una sconfitta quando c'è la consapevolezza di aver dato il massimo.

È quello che ho fatto negli ultimi giorni.
Ho accettato di lasciare indietro qualcosa che poteva essere rinviato, ho detto qualche "no" e ho concentrato tutte le energie sugli obiettivi importanti e/o improrogabili, accettando la tensione e cercando anzi di incanalarla in reazioni utili. Così, quando mi sono resa conto di aver perso quasi due ore di buon lavoro su un documento a causa di un errore nel salvataggio di un file, ho cacciato indietro le lacrime e mi sono detta: "Se l'hai fatto prima, puoi rifarlo adesso e non c'è tempo per piangere. Avanti!".
E lunedì sera, alla vigilia del primo appuntamento importante, ho chiuso la pratica con la serena consapevolezza di aver fatto un buon lavoro e mi sono potuta dedicare all'elaborazione grafica per il bloggers-progetto che sarà presentato tra pochi giorni (siete curiosi? bene!) e poi farmi un buon sonno.

Certo sono ancora stanca, ma tra qualche giorno riuscirò a riposarmi un po' e a riprendere fiato in vista di un'altra serie di impegni.
Probabilmente arriveranno altri momenti di sconforto, ma fanno parte della vita e bisogna accettarli, cercando di evitare che impediscano di godere di quelle piccole gioie che si possono raccogliere qua e là ogni giorno. 

sabato 13 novembre 2010

Sull'orlo di una crisi di nervi

Ho smesso di ripetermi che ce la posso fare e sono passata a dire che ce la devo fare.
Adesso vado solo avanti, in silenzio.
Metto un piede davanti all'altro e faccio un passo per volta, con un sospiro di sollievo quando riesco a spuntare una voce dalla lista delle cose da fare, anzi dalle liste, perché se metto tutto insieme viene fuori un elenco così lungo da mettermi l'angoscia e allora ogni giorno prendo un foglio bianco e scrivo poche cose, solo quello che mi propongo di portare a termine entro sera, ma sempre più spesso mi ritrovo alle due del mattino con il magone, a guardare le righe ancora inevase.

La settimana prossima ho tre scadenze di lavoro molto importanti e ho ancora una valanga di documenti da esaminare e sistemare e decine di email ancora da leggere, non ho ancora preso appuntamento per il consulto oncologico per la mamma, sto cercando informazioni sui possibili trattamenti per alleviare il problema della piaga sulla gamba, devo aggiornare la contabilità, ho la scrivania coperta di documenti da archiviare, un mucchio di roba da stirare, il tagliando della macchina che avrei dovuto fare due mesi fa, la legna per il caminetto che quest'anno non si trova...

Vado avanti a testa bassa, perché se appena provo ad alzarla e a guardare avanti mi sento travolgere dal peso di troppe responsabilità che non riesco a delegare.
E naturalmente c'è sempre qualcuno che continua allegramente a rifilarmene altre. Oh, certo, si scusano per il disturbo, ringraziano per l'aiuto, ma intanto me le scaricano. (nessuno di voi si senta chiamato in causa: mi riferisco a persone che non usano il computer e non leggono il blog)

Impegni da portare a termine, scadenze da rispettare e troppe ore di sonno perse. Non vado in piscina da due settimane, gli unici esercizi di canto che riesco a fare sono in macchina mentre vado dai clienti, lavoro ogni sera fino a tardi, dormo poco e male. Quando mi metto a letto cerco di rilassarmi e liberare la mente dalle tensioni della giornata, ma c'è sempre qualche pensiero che si intrufola, così finisco per girarmi e rigirarmi rimuginando.
E poi sono nervosa e mi mordo la lingua (e anche le dita sulla tastiera) mille volte al giorno, per non distribuire troppo veleno a chi magari non se lo merita.

Sì, lo so, volete sapere come sta la mamma.
Sostanzialmente stabile.
La cosa che le dà maggiore disturbo è la piaga sulla gamba: dopo le medicazioni ha sempre forti dolori, un po' meno quando le facciamo a casa anziché all'ospedale, ma richiedono sempre un analgesico.
Per il resto sta abbastanza bene, ma ha ridotto moltissimo le sue attività. Fa ancora da mangiare, ma dedica alla cucina molto meno tempo rispetto a prima, si occupa del bucato ma ha smesso di stirare, ha dovuto rinunciare ai suoi lunghi giri in bicicletta tra negozi e supermercati a caccia di occasioni e offerte speciali e ormai esce di casa praticamente solo per andare a fare visite o esami. Dorme molto, spesso anche durante il giorno, e passa il resto del tempo tra i fornelli, la Settimana Enigmistica, i solitari con le carte e la televisione.
L'appuntamento con l'oncologo del nostro ospedale è per lunedì 22, intanto vedo di fissare anche il consulto.

venerdì 12 novembre 2010

Non intendevo questo

Quando ho detto che stavo pensando di sostituire il mio notebook, avevo in mente qualcosa di diverso...

sabato 6 novembre 2010

Decisioni da prendere

Mercoledì ho dovuto organizzare un'altra spedizione al Pronto Soccorso, perchè appena ho rimosso la medicazione, la gamba della mamma ha ripreso a spruzzare sangue. Senza panico, ormai ci siamo abituate...
Ce la siamo cavata anche in fretta, non c'era quasi nessuno, l'hanno fatta entrare subito e le hanno semplicemente imbevuto la zona di disinfettante e rifatto la fasciatura, tanto il giorno seguente era prevista la medicazione nell'ambulatorio di chirurgia.

Se giovedì mattina verso le 9:30 avete sentito urla disumane provenire dal nord-est, era la mamma che faceva la medicazione. Un massacro inutile, perché subito dopo essere uscite dall'ambulatorio, la gamba ha ricominciato a sanguinare abbondantemente e siamo dovute tornare indietro in tutta fretta, lasciando una traccia di gocce di sangue nei corridoi. Solo allora il medico si è deciso a fare un'anestesia locale che ha consentito a lui di pulire a fondo la ferita e applicare alcuni punti per interrompere il sanguinamento e alla mamma di passare serenamente il resto della giornata.

I giorni successivi hanno richiesto qualche dose di analgesico, ma soprattutto mi ha preoccupato vederla saltare i pasti a causa della nausea.

Ieri è arrivata un'anticipazione sull'istologico: non ho ancora il referto, me lo consegneranno lunedì, ma il chirurgo che le aveva organizzato il ricovero per la biopsia mi ha anticipato telefonicamente che si tratta di epatocarcinoma, cancro del fegato.

Lei l'ha presa con filosofia, se lo aspettava. Spero solo che quello che mi mostra sia davvero il suo stato d'animo e non una maschera per rassicurarmi.

Ora bisogna decidere cosa fare, a chi rivolgersi per valutare le alternative terapeutiche.
Il chirurgo ha interpellato in via preliminare gli oncologi del nostro ospedale per avere qualche indicazione sulle possibilità di trattamento. Gli hanno indicato i farmaci biologici e in effetti da una prima ricerca in rete non mi pare che le opzioni praticabili siano molte perché la tipologia del tumore (noduli multipli con dimensioni anche superiori a 3cm), l'età e le condizioni generali (76 anni cardiopatia, cirrosi e mancanza di un rene) da quello che ho capito sono controindicazioni per le altre possibili terapie (trapianto, termoablazione, alcolizzazione, chemioembolizzazione e forse anche per la resezione chirurgica), quindi la scelta più probabile sembrano proprio i farmaci biologici.
Ritengo comunque necessario sentire almeno un altro parere e iniziano i dubbi. A chi rivolgersi?
Non ho intenzione di trascinare la mamma in una girandola senza fine tra un ospedale e l'altro per sentire tutto e tutti, vorrei solo selezionare un paio di strutture valide e confrontare le loro opinioni per decidere.
E poi, fidarmi.

martedì 2 novembre 2010

Del perchè è utile un corso di primo soccorso

Ieri pomeriggio sono stata allegramente impegnata a spignattare, avevo invitato a cena alcuni amici per un menu a tema:
- mousse di prosciutto di Parma con pane di segale e cereali fatto in casa
- pennette al prosciutto di Parma e funghi porcini
- crepes al prosciutto di Parma
- insalata mista
- plum cake allo yogurt (questo era fuori tema, ma non importa)
- crepes alla Nutella e banane (anche questo fuori tema, e anche fuori programma, ma mi avanzava un po' di pastella delle crepes: vorrai mica buttarla via?)

Domanda numero 1: indovinate qual'era il tema della cena?
Domanda numero 2: dato che a metà pomeriggio ero addirittura in anticipo sulla tabella di marcia, ho avuto il tempo di riposarmi prima dell'arrivo degli ospiti?

Vai con il blog-quiz!
Chi le indovina entrambe può venire a mangiare gli avanzi.

Mi rifiuto di fornire suggerimenti per la prima domanda, mentre per la seconda posso darvi "un aiutino".

Verso le 18:30 la mamma ha annunciato che sarebbe andata a farsi una doccia. Dopo circa mezz'ora Renato è piombato in cucina annunciando che la mamma dal bagno chiamava aiuto e chiedeva di me.
Mi sono precipitata e ho trovato spruzzi di sangue rosso vivo dappertutto e la mamma con un asciugamano imbevuto di sangue premuto sulla gamba, nella zona in cui ha la piaga più grande: probabilmente si era rotta una piccola arteria superficiale, creando un effetto geyser piuttosto impressionante.
Ancora una volta ho richiamato alla mente le nozioni base del primo soccorso: in caso di emorragia, comprimere la ferita. Ho passato alla mamma un altro asciugamano da tenere premuto sulla gamba e le ho procurato una sedia, ho verificato che non fosse sotto shock poi abbiamo controllato la ferita: fortunatamente l'emorragia era già cessata (e sottolineo "fortunatamente", perché la mamma è sempre in terapia anticoagulante per via del cuore), quindi ho potuto pulire la gamba, applicare una compressa di garza sterile e un bendaggio, aiutare la mamma a rivestirsi, spedirla a stendersi sulla poltrona con le gambe sollevate, ripulire la stanza dal sangue e lavare asciugamani, tappeto e accappatoio.

Per legge, in ogni azienda deve esserci un gruppo addestrato al primo soccorso. Per buon senso, un minimo di preparazione in questo senso dovrebbe essere previsto per tutti.
Come ho già osservato l'anno scorso, quando la mamma è svenuta a causa del cuore, l'addestramento al primo soccorso non mi è servito soltanto per aiutarla, ma soprattutto per mantenere un ragionevole grado di calma e lucidità: conoscere il comportamento giusto da tenere aiuta a non perdere la testa di fronte a un'emergenza.

Alle 20:10 ho servito puntualmente la cena (che per inciso è stata molto apprezzata).

La mamma ora sta discretamente, anche se dopo questo episodio la piaga sulla gamba le ha fatto parecchio male per alcune ore e ha dovuto prendere di nuovo l'analgesico di cui era riuscita a fare a meno nei giorni precedenti.
Siamo ancora in attesa dell'esito della biopsia, speriamo entro questa settimana.

venerdì 22 ottobre 2010

Ce la posso fare

È quello che mi ripeto continuamente, ossessivamente da qualche settimana a questa parte, un mantra per rassicurarmi, una diga contro l'alluvione di impegni, paure e sensi di colpa per tutto quello che non riesco a fare che rischia ogni giorno di sommergermi, un segnalibro tra le pagine di un'agenda troppo fitta di ospedali e ambulatori.
Ce la posso fare.

Abbiamo finalmente qualche risposta.

Non è un problema reumatico.
Non è una malattia autoimmune.
Non è un problema vascolare.

La TAC ha mostrato chiaramente che ci sono diverse lesioni nel fegato: una grande, di 8x7cm, un paio appena superiori al centimetro ed altre più piccole. Alla faccia delle DUE ecografie dell'addome fatte il mese scorso in cui si diceva esattamente il contrario.

Ieri mattina ha fatto la biopsia: adesso aspettiamo il risultato per capire cosa si può fare.

Ce la farò, ce la faccio sempre.

Però pesa.

domenica 17 ottobre 2010

Altalena

Stare male è duro.
Stare vicini a qualcuno che sta male è quasi altrettanto duro.
Gli ultimi giorni sono stati un'altalena di speranza e preoccupazione: la mamma ha avuto momenti buoni, in cui i dolori le davano tregua anche per diverse ore e le macchie rosse sbiadivano, tanto da farmi sperare che la situazione fosse in via di risoluzione; poi però le macchie rosse si riformavano e i dolori tornavano, intensi, lancinanti, talvolta resistenti anche all'analgesico che si è infine rassegnata a prendere anche due-tre volte al giorno, lei che detesta i medicinali e soprattutto odia l'idea di dover dipendere da un farmaco. A volte salta anche i pasti perchè ha la nausea: è una pena vederla così.
Martedì forse sapremo qualcosa dall'esito di TAC ed ecodoppler.
Vogliamo risposte, questa attesa è snervante e la mancanza di una diagnosi non permette di individuare una terapia, per ora ci limitiamo a contrastare i sintomi. Ma comincio a temere quello che potremmo scoprire.

domenica 10 ottobre 2010

Real Men Wear Pink!


La NFL, la maggiore lega professionistica del football americano, ha lanciato per ottobre, mese internazionale della prevenzione del cancro al seno, la campagna "Real men wear pink", i veri uomini vestono di rosa.
Tutti i giocatori, i tecnici e gli arbitri durante le partite di football di questo mese indossano qualcosa di rosa, una fascia elastica, un berretto, un asciugamano, i guanti, i calzini o addirittura le scarpe e negli stadi sono esposti striscioni, palloncini rosa e bandiere per ricordare che il cancro al seno colpisce milioni di donne e promuovere le campagne di prevenzione.
Fantastico!

sabato 9 ottobre 2010

Memoria olfattiva

Continua l'odissea della mamma: le macchie violacee della porpora sbiadiscono solo per essere sostituite da macchie nuove, oggi sono comparse anche sulle braccia, e i due ematomi sulla gamba destra si sono trasformati in piaghe dolorose.
Dalla medicina, ancora nessuna diagnosi.
Martedì l'avevo portata a fare l'ecodoppler alle gambe, ma la sonda dell'apparecchio era guasta e il ricambio che sarebbe dovuto arrivare da Genova è rimasto bloccato dal fango e dall'acqua dell'alluvione. Nulla di fatto.
Nel pomeriggio i dolori sono aumentati e siamo tornate in ospedale: una medicazione dal chirurgo, poi ancora una volta al Pronto Soccorso, perché c'era qualcosa di strano nell'addome. L'ecografia non ha dato risposte, ma un nuovo sospetto, un'anomalia nel fegato da verificare con una TAC martedì prossimo.
Nel frattempo, altre analisi, antibiotici e medicazioni quotidiane della gamba.

Sembra che i ricordi olfattivi siano i più potenti: un odore conosciuto riporta subito alla memoria il contesto in cui l'abbiamo sentito, nel bene e nel male.
Per la prima medicazione ho usato gli stessi prodotti che servivano per il mio CVC, in particolare il sapone disinfettante per le mani; dopo, mi sono lavata tre volte, con saponi diversi, ma mi è rimasta la nausea per ore.
Per le medicazioni successive mi sono lavata bene le mani, ma con il sapone normale: non ce la faccio ad affrontare di nuovo quell'odore.

Tardasanità

Venerdì, proprio mentre entravo in ospedale per le analisi della mamma, mi è arrivata una telefonata... dall'ospedale: era il reparto di fisioterapia che mi fissava l'appuntamento per i linfodrenaggi che mi avevano prescritto 15 mesi fa e che nel frattempo - ovviamente - ho fatto a pagamento.
Senza commento.

domenica 3 ottobre 2010

Frammenti di vita

I colori di un tramonto d'autunno, con il sole che ricama d'oro i bordi delle nuvole
Una persona che telefona per dirmi quanto sia rimasta colpita da questo blog
Soddisfazioni professionali
Inizia l'avventura del teatro
Una telefonata con ZiaCris
Un piatto di pasta alla carbonara
Una sessione di due ore in piscina
Un gatto che mi telefona
Il piumone sul letto
Aprire gli occhi presto al mattino, accorgersi che è domenica e rimettersi a dormire
Svegliarsi con il micio acciambellato accanto

Questa sì che è vita!

sabato 25 settembre 2010

Rientro a casa

Il Ciccio stanotte ha dormito con noi.
Non per un irrefrenabile impeto di affetto nei nostri confronti, semplicemente siamo la seconda scelta: la mamma è tornata ieri dall'ospedale e ha chiuso la porta della sua camera, così lui ha dovuto ripiegare sulla nostra.
Ancora nessuna diagnosi per la mamma, le analisi già completate non hanno evidenziato nessuna patologia, gli ultimi esiti richiederanno ancora diversi giorni, alcuni addirittura settimane; dovrà fare un ecodoppler alle gambe (non si sa quando perché chi dovrebbe farlo è assente - ma vi pare che in un ospedale ci possa essere una sola persona che sa fare un ecodoppler?), nel frattempo era inutile che rimanesse in ospedale, tanto non le facevano niente.
In compenso, nelle prime 12 ore a casa è già riuscita a ripristinare quasi completamente il disordine che io ero finalmente riuscita ad eliminare mentre lei era via.
Vado a farmi una nuotata, va', che è meglio.

giovedì 23 settembre 2010

Almeno una volta

Avete presente quegli ematomi che ogni tanto compaiono misteriosamente sulla pelle delle donne, soprattutto sulle gambe? Quelle patacche viola-tendende-al-giallo che non sai mai come giustificare e che qualche volta ti attirano sguardi di compatimento quando dici che non sai proprio come potresti essertele procurate, davvero! E quando ti dicono "sì, sì, certo..." ti rendi conto di sembrare una di quelle donne maltrattate e spaventate che trovano mille scuse per giustificare i lividi. Credetemi, mi è successo, avevo uno di questi ematomi molto evidente sulla gamba sinistra dieci anni fa, il giorno in cui, in spiaggia, ho annunciato agli amici la separazione dal mio ex: lo sguardo di tutti è andato istantaneamente lì, e hai voglia a spiegare che no, non c'entra niente, ci siamo lasciati senza litigare, restiamo in buoni rapporti...
Che poi te lo chiedi anche tu, da dove vengono. Le prime volte pensi che probabilmente hai urtato qualcosa senza farci caso, poi però ti dici che non puoi essere così distratta da sbattere continuamente a destra e a manca, e oltretutto dimenticartene. O sì?
Alla fine lo racconti al medico di base, che sorride e ti dice due parole: "fragilità capillare".
Che sollievo, cominciavo a pensare che fosse Alzheimer.

Che c'entra tutto questo con il blog?
Niente, è solo che ho un ematoma di circa 8 centimetri per 3 sulla gamba destra, una nuvola viola con puntini porpora, ma so esattamente come e quando me lo sono procurato: l'altroieri ho sbattuto contro lo spigolo del tavolo. Almeno una volta.

Ah, lo so che del mio ematoma non ve ne frega poi tanto e volete sapere come stanno quelli della mamma.
Beh, il mio questa volta è giustificato, i suoi ancora no: è ancora in ospedale, le hanno prelevato una valanga di provette di sangue, hanno fatto analisi su analisi, ma fino ad ora l'origine della porpora resta misteriosa.
L'ematoma più grosso che aveva sulla gamba si è ridotto di poco, ma almeno non le fa più tanto male, in compenso se n'è formato uno più piccolo sulla caviglia; le prime macchie rosse se ne sono andate ma sono state rimpiazzate da macchie nuove e ancora nessuno sa da cosa siano provocate.
Se vi capitasse di incontrare il dr. House, per favore fategli presente il caso, magari s'incuriosisce e cerca di venirne a capo.

Il Ciccio invece è tornato come nuovo, lunedì l'ho portato a togliere i punti, sta bene, ma adesso mi guarda con sospetto ogni volta che mi avvicino a lui, temendo di essere di nuovo infilato a forza nel trasportino per una spedizione dal veterinario.

domenica 19 settembre 2010

Sto migliorando

Stamattina, più di un'ora e mezza di piscina: 70 vasche a nuoto e poi esercizi di apnea per rilassarmi.
E non ho dimenticato a casa niente.

Dopo la piscina sono passata in ospedale a trovare la mamma, che è ancora ricoverata e in attesa di diagnosi.
Io: "Come stai?"
Lei: "Ah, oggi finalmente!"
Io: "Finalmente cosa? Ti hanno detto qualcosa delle analisi?"
Lei: "Analisi? No. A pranzo avevo chiesto gnocchi, invece mi hanno portato i tortellini, buoni però. E poi il pollo, proprio buono."
Con un sorriso da cospiratrice ha aperto l'anta del comodino e ha tirato fuori un pacchettino fatto con i tovaglioli di carta: "L'ho preparato proprio bene, già tagliato: gli piacerà, vedrai come se lo pappa, e sono sicura che si accorge che l'ho mandato io."
Secondo me se n'è accorto: ha spazzolato tutto, si è leccato ben bene i baffi, ha fatto un giretto in giardino, poi è andato ad acciambellarsi sul letto. Della mamma, ovviamente.

mercoledì 15 settembre 2010

Cercasi Dr. House

La mamma è in ospedale, l'hanno ricoverata sabato sera perché una delle macchie rosse che aveva sulle gambe si era trasformata in un grosso ematoma molto doloroso.
La stanno sottoponendo a vari esami per capire che cosa ha provocato la porpora e gli ematomi, potrebbe trattarsi di diverse patologie, alcune decisamente poco simpatiche. Ci vorrebbe proprio il dottor House, tantopiù che le ipotesi diagnostiche comprendono alcuni cavalli di battaglia che gli appassionati della serie ricordano sicuramente: vasculite e malattie autoimmuni.

Mi auguro che nello staff del reparto ci sia almeno qualcuno incuriosito da questi sintomi e che si stia dando da fare per capirci qualcosa: finora sono riuscita solo a scambiare due parole con un medico che non sapeva praticamente nulla del caso, spero di avere qualche risposta nei prossimi giorni, quando arriveranno i primi esiti delle analisi e degli esami.
Fortunatamente i dolori legati agli ematomi a gamba e addome si sono ridotti, quindi adesso la mamma sta abbastanza bene ed è comodamente sistemata in una stanza singola, cosa particolarmente gradita, perchè in un precedente ricovero nello stesso reparto la vicina di letto l'aveva involontariamente omaggiata anche dei suoi malanni ed era tornata a casa con la bronchite.
Vorrei poter dire che ho tirato un sospiro di sollievo, ma in realtà sono ancora con il fiato sospeso, nell'attesa di risposte precise.

Anche il micio sta meglio, l'antibiotico sta facendo il suo dovere, l'ascesso si è sgonfiato e non sembra dargli particolarmente fastidio. Su indicazione della veterinaria, abbiamo cercato di tenere la ferita aperta e pulita, in modo da lasciare uno sfogo ed evitare che si riformi la bolla di liquido; questo ha comportato qualche manovra dolorosa per il micio, con il risultato che i primi giorni, appena ci vedeva avvicinare...

venerdì 10 settembre 2010

Tempismo felino

Con un tempismo felinamente perfetto, la cosa sbagliata al momento sbagliato, il Ciccio ha scelto proprio questi giorni di caos domestico per rimediare una bella infezione da morso sul collo.
Ieri pomeriggio quindi la suddivisione della famiglia è stata: io con la mamma avanti e indietro tra ospedale e ambulatorio del medico di base e Renato con il gatto dal veterinario.
Risultati: dopo sei passaggi in ospedale e tre dal medico di base siamo finalmente riusciti a capire cos'ha la mamma: c'è un piccolo ematoma in un muscolo della parete addominale, non grave di per sé, ma potenzialmente critico per via della terapia anticoagulante a cui lei si sta sottoponendo in seguito ai problemi di cuore dell'anno scorso. Riposo, pazienza e una sospensione della terapia dovrebbero bastare a far riassorbire l'ematoma e martedì la faremo rivedere dal cardiologo per valutare la possibilità di interrompere definitivamente o almeno ridurre gli anticoagulanti.
Il Ciccio invece ha un bel buco sul collo, il pelo rasato e un paio di punti.
Entrambi passano molto tempo sul divano e si fanno coccolare. E va bene così.

mercoledì 8 settembre 2010

Non fate arrabbiare un blogger...

...perchè un blogger incazzato scrive.
Scrive su Internet, dove possono leggere tutti. E magari qualcuno non ci fa una bella figura.

Domenica sera la mamma ha osservato che le zanzare dovevano essere proprio agguerrite, perchè aveva le gambe piene di becconi. Ho dato un'occhiata: altro che zanzare! Si chiama "porpora", una devastazione di macchie rosso vivo, alcune talmente fitte da formare ematomi di 10-15 centimetri di diametro. Lunedì è andata dalla dottoressa, che le ha ordinato analisi urgenti per il giorno successivo.
Lunedì sera, al ritorno dal lavoro, l'ho trovata pronta ad uscire: mi stava aspettando per andare al Pronto Soccorso, aveva un dolore fortissimo in corrispondenza del fegato. Mi sono spaventata.

Dopo una batteria di analisi del sangue, una radiografia dell'addome e una consulenza chirurgica, l'hanno dimessa dal Pronto Soccorso con un sospetto di colecistite, la prescrizione per un antibiotico, due giorni di dieta liquida, la raccomandazione di un'ecografia addominale e l'ordine di tornare immediatamente in ospedale se il dolore fosse peggiorato (peggio di così? quasi non riusciva a respirare...) oppure fosse salita la febbre. Un salto alla farmacia di turno per prendere l'antibiotico e poi a casa.
Il giorno dopo l'ho portata di nuovo in ospedale per fare alcune analisi aggiuntive richieste dal medico di base e nel pomeriggio sono tornata in Pronto Soccorso per ritirare le radiografie e gli esami del sangue della sera precedente, che non mi avevano potuto rilasciare subito perchè ancora non vistati dai medici competenti. Sorpresa! Mi hanno dato le radiografie e il relativo referto, ma non le analisi con la motivazione che essendo state fatte il giorno precedente, per disposizione del primario non possono più essere rilasciate dal Pronto Soccorso, ma bisogna fare richiesta all'ufficio cartelle cliniche.
Se qualcuno di voi trova qualche logica in questa giustificazione, vi prego di illuminarmi, perchè a me sembra una totale, assoluta, completa idiozia.
L'ufficio in questione chiudeva cinque minuti dopo, per presentare la richiesta servivano la delega, un documento d'identità della paziente, la firma di un dirigente medico e un numero imprecisato di giorni di attesa.

Tutto qui? Ma quando mai...
Il medico di base, preoccupata per la strana coincidenza tra la porpora e la colica e per alcuni valori ematici alterati (durante la permanenza in Pronto Soccorso avevo letto il foglio delle analisi e mi ricordavo le anomalie), ha richiesto un'ecografia urgente.
Di nuovo in ospedale, ormai erano quasi le cinque del pomeriggio. Allo sportello delle prenotazioni mi hanno detto che per le urgenze non si fissano appuntamenti, sono appunto urgenze, quindi devono essere evase subito. L'addetto si è gentilmente offerto di verificare in radiologia quando avrebbero potuto eseguire l'indagine e gli è stato detto che dovevamo presentarci la mattina seguente, cioè oggi, alle 8,30. Ok, non proprio immediato, ma ragionevole.

Stamattina ho accompagnato la mamma in radiologia con l'intenzione di approfittare dell'attesa per andare a piantare un po' di casino alla Direzione Medica per la storia delle analisi non consegnate.
Ma perchè fare il viaggio fino al quinto piano solo per un problema? Meglio averne due...
Non hanno fatto l'ecografia. Hanno detto che anche per le urgenze bisogna prendere appuntamento.
Hanno preso nota del mio numero di telefono dicendo che mi avrebbero chiamato nel pomeriggio per indicarmi giorno e orario dell'esame.

Negli uffici della Direzione Medica ho parlato prima con una segretaria, poi con una dirigente che rispetto alla questione delle analisi mi ha snocciolato una serie di "perle" se possibile ancora più preziose di quelle del pronto soccorso.
1. Il Pronto Soccorso non è tenuto a rilasciare niente, eventuali analisi ed esami effettuati sono ad uso interno. Buono a sapersi: dovesse malauguratamente capitare di nuovo, il giorno dopo rifacciamo tutte le analisi in laboratorio, così almeno ce le consegnano. E all'USL costa almeno cinquanta volte di più, ma a questo punto sono problemi loro.
2. La documentazione che non è allegata al referto di dimissione deve sempre essere richiesta all'ufficio cartelle cliniche, con i relativi tempi di attesa. Davvero? E allora perchè al Pronto Soccorso mi hanno consegnato le radiografie?
3. Dato che la prestazione era stata classificata come codice verde, non c'è nessuna urgenza di avere questi referti, anzi addirittura non sarebbe stata di competenza del Pronto Soccorso, avreste dovuto pagare il ticket. Il ticket per un codice verde? Dottoressa, ha presente il codice bianco? È quello che si usa per le prestazioni che non sono di competenza del Pronto Soccorso e per le quali si paga il ticket... No? Mai sentito? Davvero? Certo, chiami pure il Pronto Soccorso e chieda a loro cos'è...

Per fortuna - della dirigente - a quel punto è intervenuto il Direttore che si è scusato per l'incresciosa situazione, spiegando che si tratta di un problema di coordinamento tra i diversi reparti ed invitandomi a presentare un reclamo scritto, in modo che la cosa venga formalizzata e portata all'attenzione dei responsabili per trovare una soluzione. Non nutro troppe speranze che serva a qualcosa, ho la sensazione che all'origine di tutto ci sia qualche ripicca tra primari, ma lo farò.
Ho approfittato per segnalare anche il teatrino della mancata ecografia, forse questo ha avuto qualche effetto, perchè mi hanno chiamato meno di un'ora dopo, dandomi appuntamento per domani mattina.

Un'ultima chicca: ho chiesto alla segreteria della Direzione Medica un modulo per i reclami; quando sono tornata a casa però ho pensato che forse è meglio presentare due reclami distinti, uno per le analisi non consegnate e uno per la storia dell'ecografia. Ho guardato sul sito dell'USSL per vedere se c'era il modulo da scaricare, senza dover fotocopiare quello che mi aveva dato la segretaria. L'ho trovato, ed è diverso. Quello che mi hanno dato in ospedale è una versione superata. Quasi quasi di reclami ne presento tre.

Dopo aver riportato a casa la mamma, preparato il pranzo, sbrigato un po' di lavoro arretrato, fatto la spesa, e preparato la cena, finalmente me ne sono andata in piscina: è mercoledì, mi aspettavano le mie cinquanta vasche e le ho fatte tutte.
Questa volta ho dimenticato soltanto l'elastico per i capelli, il detergente intimo (di nuovo!) e - ovviamente - la biancheria di ricambio. Se qualcuno ha altri suggerimenti per le cose da dimenticare la prossima volta...

domenica 5 settembre 2010

Fidatevi delle sensazioni negative...

Quando preparate la borsa per la piscina che giaceva inutilizzata da oltre un anno e avete l'impressione che manchi qualcosa... fidatevi: probabilmente è vero!
E sicuramente vale la pena di perdere qualche minuto in più per verificare la fondatezza di quella sensazione, invece di trovarsi gocciolanti nello spogliatoio e scoprire che mancano: spugna, detergente intimo, salvietta per i piedi, pettine, deodorante e crema per il viso!
Anche se dopo un esordio con 50 vasche, filate via così tranquille da farmi pensare che probabilmente c'è margine per farne anche dieci o venti in più, chissenefrega della crema e del deodorante!

sabato 4 settembre 2010

A casa di Mamigà

A casa di Mamigà c'è il calore del tè e della famiglia.
A casa di Mamigà c'è il sapore dei biscotti e dei sorrisi.
A casa di Mamigà ci sono i colori dei ricami e dei sogni.
A casa di Mamigà ci sono fusa di gatti e giochi di bambino.
A casa di Mamigà c'è profumo di lavanda e di speranza.
A casa di Mamigà ogni tanto c'è qualche lacrima, ma c'è sempre tanta voglia di futuro.

lunedì 16 agosto 2010

Ostinatamente avanti

Dopo tre giorni di pioggia insistente, ieri mattina Giove pluvio sembrava aver deciso di concederci una tregua, così ci siamo armati di zaino (con dentro acqua, maglie pesanti e giacche impermeabili perchè - si sa - gli dei sono capricciosi), scarponcini da montagna e bastoncini da nordic walking e siamo partiti alla volta del santuario di Pietralba, accompagnati da un presagio beneaugurante.
Percorso su strada forestale in mezzo ai boschi, dislivello modesto, tempo di percorrenza circa un'ora e mezza per l'andata e altrettanto per il ritorno. Insomma, una cosa facile, che poteva essere alla mia portata.
Beh, non era proprio così facile. Il dislivello tra il punto di partenza e quello di arrivo è effettivamente modesto, circa 200 metri, però nel mezzo ci sono un bel po' di saliscendi, con qualche tratto di pendenza non indifferente, almeno rispetto alle mie scarse capacità atletiche.
Ma ce l'ho fatta.
Avanti, ostinatamente avanti, un passo dopo l'altro, piano piano in salita, pianissimo in discesa.
Con una piccola deviazione per vedere l'eremo di Leonardo.
Con una deviazione un po' più lunga per la Grotta di Lourdes, sotto uno scroscio di pioggia di dieci minuti, giusto il tempo di tirare fuori le giacche impermeabili e mettere al riparo la macchina fotografica.
Avanti.
Su per la salita e per le scale del santuario.
Avanti.
Giù dalla parte opposta, in mezzo ai prati e poi nel bosco.
Avanti.
Fino in fondo, guardando con sorpresa la mia gamba destra che si muoveva appena un po' più lenta e più debole della sinistra, ma l'ho capito solo alla fine, sentendo il braccio e la spalla destra indolenziti perchè ho usato il bastoncino un po' di più da quella parte per compensare.
Avanti, guardando l'orologio per scoprire che al ritorno abbiamo impiegato cinque minuti in meno rispetto al tempo indicato sul cartello del sentiero.
Avanti, quasi come se gli ultimi tre anni fossero stati solo un brutto sogno e quella passeggiata in Cansiglio di fine ottobre 2007, che credevo sarebbe stata la mia ultima escursione in montagna, fosse solo di pochi giorni fa.
Avanti, anche se stanotte ho dormito male per troppa stanchezza, anche se oggi i muscoli sono indolenziti. Ma è un dolore buono, che mi dice che finalmente mi sono mossa, che il vero limite non è la malattia, ma l'idea di essere malati.

PS: e oggi? Indovinate un po'? PIOVE!

giovedì 12 agosto 2010

Con la testa tra le nuvole

Oggi ho la testa tra le nuvole. Letteralmente.
Piove e alcune nuvole sono così basse da avvolgere il paese. Ma anche le giornate di pioggia hanno i loro vantaggi, ad esempio lasciano il tempo di aggiornare il blog, magari a rate retroattive perchè altrimenti ne esce un post troppo lungo.
E in una giornata grigia e umida possono arrivare raggi di sole così splendenti che non importa quanto sta piovendo, non importa se abbiamo dovuto annullare l'escursione prevista per oggi, non importa niente, perchè la luce e il calore dentro al cuore sono così intensi che non serve altro.

Il giardino delle rose

LA LEGGENDA DI RE LAURINO
La leggenda narra che sul Catinaccio si trovava il giardino delle rose di Re Laurino; da questo il nome tedesco del Catinaccio: Rosengarten (giardino delle rose).
Re Laurino era il monarca di un popolo di nani che attraverso scavi nella roccia delle montagne, trovava cristalli, oro e argento. Oltre a queste ricchezze, il re possedeva due armi magiche: una cintura che gli dava la forza pari a quella di 12 uomini e una cappa che lo rendeva invisibile.
Un giorno il Re dell'Adige decise di maritare la sua bellissima figlia Similde, e per questo decise di invitare per una gita di maggio, tutti i nobili delle vicinanze. Tutti tranne Re Laurino, che decise comunque di partecipare come ospite invisibile. Quando sul campo del torneo cavalleresco vide finalmente la bellissima Similde, se ne innamorò all'istante, la caricò in groppa al suo cavallo e fuggì con lei.
Tutti i nobili invitati si lanciarono all'inseguimento del fuggiasco, schierandosi poi all'ingresso del Giardino delle Rose per bloccargli il passaggio. Re Laurino allora indossò la cintura, che gli dava la forza di dodici uomini e decise di combattere. Quando si rese conto che non poteva battere tutti quegli uomini e stava per soccombere, indossò la cappa che lo rendeva invisibile e  si mise a saltellare qua e là nel giardino, convinto di non essere visto. Ma i cavalieri riuscirono ad individuarlo osservando il movimento delle rose sotto le quali Laurino cercava di nascondersi. Lo catturarono, tagliarono la cintura magica e lo fecero loro prigioniero.
Re Laurino, arrabbiato per il destino avverso, si girò verso il Rosengarten che lo aveva tradito e gli lanciò una maledizione: "né di giorno, né di notte alcun occhio umano potrà più ammirarti". Ma nell'enfasi della rabbia Re Laurino si dimenticò dell'alba e del tramonto e così, da allora, accade che il Catinaccio, all'alba e al tramonto, si colori come un giardino di ineguagliabile bellezza.
il Rosengarten martedì al tramonto

Amici da lontano

Martedì abbiamo passato la giornata con Lorenzo, Daniela e le loro bimbe, Giada e Sara.
Ho conosciuto Lorenzo e la sua famiglia attraverso il forum Mondo OT Disneyland e poi di persona durante le mie visite a Roma, sono persone deliziose con cui ho trovato subito un ottima affinità. Quando abbiamo saputo che ci saremmo trovati in vacanza nello stesso periodo a una sola valle di distanza (loro sono in Val di Fassa) abbiamo deciso che era sicuramente il caso di programmare almeno una giornata insieme, così martedì mattina ci siamo incontrati alla stazione di valle della funivia di Predazzo.
Per prima cosa abbiamo cercato di consolare la povera Sara che era appena stata punta al viso da una vespa, poi abbiamo preso la funivia e dopo la seggiovia fino a Passo Feudo, alle pendici del Latemar.
Una breve escursione guidata ci ha fatto scoprire le curiosità geologiche di questa zona e alcuni bellissimi panorami.
L'escursione era molto breve, ma con una salita piuttosto ripida che mi è servita per mettermi di nuovo alla prova. Ce la faccio. Piano, con calma, ma ce la faccio. Ed è più di quanto osassi sperare.
Finita l'escursione, abbiamo ripreso la seggiovia fino a Gardonè dove la sosta per gli appassionati come noi di parchi divertimento era d'obbligo: Alpine Coaster! Un'attrazione simpaticissima, slitte su rotaia che scendono velocissime tra curve e dossi.
Uno spuntino in baita, canederli in brodo e fragole con la panna, poi un altro giro sull'Alpine Coaster in attesa di poter scendere con la funivia, che era stata bloccata per il rischio di fulmini, dato che nella Val di Fassa imperversava un temporale con i fiocchi.
La funivia è ripartita giusto in tempo: recuperate le nostre auto abbiamo raggiunto il passo di Lavazè, dove le bambine hanno vissuto in prima persona l'esperienza emozionante della mungitura delle vacche e l'incontro con gli animali della malga.


Ormai era arrivato il momento di salutarsi, ma abbiamo portato con noi la gioia dell'incontro con questi amici così piacevoli e del meraviglioso sorriso delle loro bambine.