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giovedì 18 novembre 2010

Curare l'ansia?

Prima di tutto rassicuro tutti quelli che sono in pensiero per me dopo aver letto il post precedente: va meglio.
Ci è voluta ancora qualche mezza nottata in bianco, ma sono riuscita a preparare gli impegni di lavoro di questa settimana, che tra ieri e oggi mi hanno già dato qualche bella soddisfazione.
Ce l'ho fatta anche a organizzare la festa di compleanno di Renato, a preparargli le torte, a cucire l'abito di scena per il suo debutto teatrale di domenica, ad assistere al suddetto debutto (bravo m'amore!!!)... insomma, ho spuntato qualche voce dall'elenco. Certo, ce ne sono ancora molte che sono rimaste indietro: la legna per il caminetto ancora non c'è, la macchina aspetta il tagliando, devo impaginare il giornalino dell'associazione... Ma possono aspettare.

In tanti mi hanno consigliato di delegare, di chiedere aiuto. Non è sempre possibile.
Certo, ho trovato chi è andato dal medico a ritirare le ricette e poi in farmacia a prendere le medicine per la mamma, ma per quanto riguarda il lavoro non c'è nessuno che possa farlo al posto mio e non riesco nemmeno ad accettare di abbassare i miei standard professionali e di accontentarmi di qualcosa in meno di quello che sono abituata ad offrire ai miei clienti, è più forte di me, sono una perfezionista (leggi "pignola rompiballe") prima di tutto con me stessa.

Così può capitare che mi trovi a fare i conti con l'ansia da prestazione, la tensione che nasce dalla difficoltà di essere sempre all'altezza delle aspettative, non tanto degli altri, quanto mie.

Nota importante: ciò che segue sono semplicemente mie personali opinioni, che non hanno nessuna pretesa di universalità né di validità medica e/o scientifica. E che non è neppure detto che siano definitive, rappresentano il mio pensiero in questo momento, ma possono sempre essere rimesse in discussione.

Non credo che l'ansia sia una condizione patologica, o almeno questo tipo di ansia non lo è. È soltanto la normale reazione ad una situazione di stress, semplicemente uno stato d'animo, sgradevole, di cui prendere atto.
La soluzione quindi non sono né i rimedi omeopatici, sulla cui efficacia oggettiva ho molti dubbi, ho l'impressione che funzionino solo per chi ci crede, né tantomeno gli psicofarmaci, verso cui ho una diffidenza ancora maggiore, perché l'idea di alterare chimicamente il funzionamento del mio cervello mi dà i brividi, mi pare di consegnare ad una pastiglia il controllo sulla mia essenza più profonda, su ciò che mi identifica e mi definisce come persona. Posso accettare, sia pure controvoglia, di avere talvolta bisogno di una sostanza esterna per ripristinare una condizione fisica alterata, ma ho un'innata resistenza a ricorrere a qualsiasi tipo di terapia, a prescindere dal fatto che sia di origine naturale o di sintesi chimica, per recuperare l'equilibrio psicologico.
Dato che non considero l'ansia una malattia, non ha senso cercare una "cura", ma bisogna intervenire sulle cause e si può fare in due modi, di cui uno non esclude l'altro:
1. ridurre le aspettative, accontentandosi di prestazioni e risultati inferiori, per limitare la frustrazione legata al divario tra ciò che si vorrebbe e ciò che si ottiene: come ho già detto, questo mi riesce molto difficile, va contro la mia natura e riesco ad attuarlo in misura molto limitata;
2. adoperarsi al massimo delle proprie possibilità per raggiungere gli obiettivi e soprattutto per avere la consapevolezza di aver fatto del proprio meglio e accettare con serenità i risultati che si riescono ad ottenere, perché  il disagio nasce più che altro dal senso di colpa se si ha la convinzione che si sarebbe potuto fare di più, mentre - e questo l'ho imparato facendo sport - è possibile accettare anche una sconfitta quando c'è la consapevolezza di aver dato il massimo.

È quello che ho fatto negli ultimi giorni.
Ho accettato di lasciare indietro qualcosa che poteva essere rinviato, ho detto qualche "no" e ho concentrato tutte le energie sugli obiettivi importanti e/o improrogabili, accettando la tensione e cercando anzi di incanalarla in reazioni utili. Così, quando mi sono resa conto di aver perso quasi due ore di buon lavoro su un documento a causa di un errore nel salvataggio di un file, ho cacciato indietro le lacrime e mi sono detta: "Se l'hai fatto prima, puoi rifarlo adesso e non c'è tempo per piangere. Avanti!".
E lunedì sera, alla vigilia del primo appuntamento importante, ho chiuso la pratica con la serena consapevolezza di aver fatto un buon lavoro e mi sono potuta dedicare all'elaborazione grafica per il bloggers-progetto che sarà presentato tra pochi giorni (siete curiosi? bene!) e poi farmi un buon sonno.

Certo sono ancora stanca, ma tra qualche giorno riuscirò a riposarmi un po' e a riprendere fiato in vista di un'altra serie di impegni.
Probabilmente arriveranno altri momenti di sconforto, ma fanno parte della vita e bisogna accettarli, cercando di evitare che impediscano di godere di quelle piccole gioie che si possono raccogliere qua e là ogni giorno. 

6 commenti:

  1. brava ragazza, sei un tornado!
    per quanto scrivi sull'ansia, proprio l'altro giorno ragionavo su qualcosa di simile...ma credo che lo elaborerò in un post
    intanto ti abbraccio e ti mando la forza che posso per le cose ancora da fare

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  2. Matu sei unaroccia, tieni testa a tutto e a tutto, e lo fai egregiamente.

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  3. Eh no, cara Mia, non sono d'accordo. L'ansia può essere ad un livello gestibile, oppure ad uno patologico. Te lo dico per esperienza diretta - lo sai che non mi sono fatta mancare niente, nemmeno una bella sindrome depressivo reattiva post partum?
    E quindi sì, mi faccio di Ignatia, all'occorrenza, ma sono stata anche costretta a prendermi ansiolitici e antidepressivi (psicofarmaci, insomma). Quando la chimica del nostro sistema nervoso salta è necessario ripristinarlo con altrettanta chimica. Ovvio, non è il tuo caso, come non lo è stato più per me dopo quell'episodio patologico. Che mi ha insegnato a non avere paura di dover ricorrere a certi aiuti.
    Detto ciò, ancora grazie per quanto sei riuscita a fare anche per noi

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  4. Sull'ansia abbiamo opinioni molto simili, ma è anche vero che io, non so se per una semplice questione di carattere o per qualche ragione fisico-chimica, posso avere un attacco concentrato di angoscia per motivi contingenti, ma difficilmente soffro di ansia per lunghi periodi....Però non escluderei di poter usare qualche calmante se un mio eventuale stato di agitazione eccessiva dovesse nuocere alla serenità della mia famigliola, per esempio. Non credo neanche all'omeopatia, in generale mi fido (se proprio devo) solo di farmaci approvati dalle agenzie internazionali, sperimentati in doppio cieco e con un bugiardino di effetti positivi/collaterali ben documentati. Inoltre ho buttato a mare molto del mio perfezionismo di un tempo e ammetto che non tendo più a fare proprio il massimo, se non mi viene richiesto. Ho anche imparato a delegare qualcosa per sopravvivenza (mancanza di forze?), e confermo che abbattere il senso di colpa è stato l'ostacolo più grosso. Detto questo...sei davvero brava!:-*

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  5. Sono in sintonia perfetta con quanto scritto da Giorgia.
    Ahimè, pure io ho conosciuto la depressione, ma non quella di livello gestibile, ma l'altra nella quale non sai proprio più chi sei e cosa ti sta succedendo.
    Ho resistito a lungo senza antidepressivo, consigliatomi dal mio medico, ho fatto un sacco di esami, gastroscopie per quella maledetta nausea 24 ore su 24 e i conati di vomito, dimagrimento, perchè il cibo mi faceva schifo, non ero più padrona delle mie azioni, ero fuori come un balcone, piangevo perchè avevo paura a sentirmi così, il panico, non volevo uscire, perchè mi vergognavo dei conati di vomito, senza mai vomitare. Non dormivo, seduta in mezzo al letto, sentivo un nervosismo che partiva dalle gambe e abbracciava tutto il mio corpo, non ti dico cara Mia, è stato il periodo più brutto della mia vita, non collegavo la mente col corpo, mi sentivo strana.
    Volevo sempre dormire, ma non ci riuscivo, ero sempre in agitazione. Ma non ho mai mollato le mie abitudini, con grande fatica, credimi, riordinavo casa, pulivo il bagno, rifacevo i letti, caricavo la lavatrice, ma sempre stando male. Finchè un bel giorno, dopo accertamenti vari, voluti esclusivamente da me e non dal medico, l'ho ascoltato e ho preso l'antidepressivo.Piano, piano sono tornata a vivere. Lo sto prendendo tutt'ora, e con l'anno nuovo sempre se il mio amato doct, è daccordo, scalerò e lo riporrò nel cassettino dei brutti ricordi.
    Questo è stato il mio regalino coi fiocchi e contronastri della menopausa. Ognuno è libero di scegliere, come in tutte le cose, ma le opportunità e le garanzie devono essere a disposizione per tutti coloro che ne hanno necessità, senza mai avere la presunzione di giudicare, nè tanto meno far sentire, o far provare vergogna a coloro che sono estremamente in difficoltà.
    Scusami lo sfogo, ma l'amicizia, seppur virtuale, è sempre uno scambio costruttivo di opinioni. Tanto ci vogliamo bene comunque, bacio a te e un abbraccio alla tua mamma.
    4p

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  6. @Giorgia & 4P: nel post ho precisato che la MIA ansia non era una malattia, ma una reazione legata ad una particolare situazione.
    La depressione è un'altra cosa e può avere origini assolutamente fisiche, come nel caso del post-partum, in cui è legata a sconvolgimenti ormonali. È chiaro che si tratta di qualcosa di completamente diverso dall'ansia da prestazione che mi ha assalito nelle scorse settimane, che era puramente psicologica e che è sparita nel momento in cui si sono ridotte le cause che la provocavano (impegni e scadenze).

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