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giovedì 29 dicembre 2016

Oltre le aspettative

La visita di controllo di ieri è andata oltre le aspettative.
Ero abbastanza ottimista, perché le misurazioni quotidiane della circonferenza della gamba in diversi punti non avevano mostrato nessun aumento. Ma è andata ancora meglio: l'ecografia ha evidenziato che il volume residuo del linfocele si è addirittura ridotto, a conferma del buon funzionamento di ciò che resta del sistema linfatico della mia gamba destra. Inoltre i medici hanno autorizzato l'inizio dei trattamenti di linfodrenaggio, che dovrebbero aiutare il ritorno a una dimensione normale.
Prossimo controllo tra un paio di mesi. Olè!

Naturalmente nel frattempo bisognerà anche riprendere in mano l'aspetto oncologico: c'è da verificare l'eventuale coinvolgimento delle ossa del bacino, oltre alla questione sempre aperta del nodulo del gluteo, però credo che non si possa fare granché fino a quando i tessuti rimangono infiammati, perché questa condizione falserebbe il risultato di esami come PET o scintigrafia. Ho mandato al mio oncologo e al chirurgo che mi ha operata una mail con gli ultimi aggiornamenti, attendo indicazioni da loro per il programma di controlli.

Dopo la visita ci siamo fermati a pranzo da Gabriella ed è stato come se ci conoscessimo da sempre, quasi fossimo parte della famiglia. L'incontro con Lella è stato uno splendido regalo, un raggio di sole che ha illuminato la mia degenza. È proprio vero che anche le situazioni più sgradevoli possono regalare opportunità meravigliose!

Il percorso di recupero, a casa, procede lentamente, ma con costanza.
La qualità del sonno è migliorata parecchio rispetto ai primi giorni, anche se mi manca ancora molto la possibilità di dormire a pancia in giù. Ci provo ogni notte, ma fino ad ora non ho trovato una posizione che riesca a mantenere per più di mezz'ora. Il problema è sempre l'inguine, ancora dolente e congestionato, credo principalmente  a causa della radioterapia intraoperatoria, che ha sicuramente irritato molto i tessuti. Spero che con il tempo questa situazione si risolva, perché è piuttosto invalidante, non solo durante la notte, ma anche e soprattutto di giorno, perché mi rende difficile stare in piedi, camminare e rimanere seduta dritta per più di pochi minuti.
A proposito di invalidità, la settimana scorsa ho presentato la richiesta per il contrassegno per l'auto, che dovrebbe arrivare da un giorno all'altro e sarà valido per due anni.

Il prossimo obiettivo ora è tornare al lavoro, ma servirà ancora un po' di pazienza, sia per la difficoltà a stare seduta, sia perché le mie energie sono ancora piuttosto scarse e basta poco per stancarmi, come ho avuto modo di sperimentare in questi giorni. Inoltre, non sono del tutto sicura di riuscire a guidare la macchina. Il problema potrebbe essere lo spostamento rapido del piede destro dall'acceleratore al freno e viceversa, perché l'asportazione di un muscolo e mezzo dalla coscia limita alcuni movimenti, ma spero che sia solo questione di tempo per ottenere un adeguato controllo dei pedali, senza bisogno di acquistare un'auto specificamente adattata.
Intanto però l'azienda mi ha rinnovato il contratto per un altro anno, cosa che non era scontata, dato che in dodici mesi sono stata assente per malattia per quasi tre mesi e mezzo e dovrò assentarmi sicuramente anche in futuro. Mi piace pensare di aver lavorato bene per meritare la loro fiducia.

giovedì 22 dicembre 2016

Chi ha paura della notte?

Mi avevano annunciato l'ecografia per oggi, invece ieri mattina, a sorpresa, si sono presentati nella mia camera quattro medici e un'apparecchiatura eco-doppler. L'esame è durato più di mezz'ora ed è stato molto approfondito: hanno verificato che ci sono ancora un paio di piccole sacche, i residui del linfocele, ma dopo la rimozione del drenaggio non sono aumentate di volume, quindi la dispersione rilevata con la linfoscintigrafia si è fermata e/o il sistema linfatico residuo riesce a riassorbirla. Ottima notizia.
L'eco-doppler ha rilevato anche una fistola artero-venosa, cioè un'arteria collegata direttamente a una vena, senza il tramite dei capillari, nella zona inguinale; presumibilmente si tratta di una complicazione legata all'intervento di ottobre. Questa è una notizia meno buona, perché le arterie lavorano con portate e pressioni maggiori rispetto alle vene e con il tempo questa sollecitazione può comportare l'alterazione delle pareti della vena o la formazione di una rete di varici e richiedere un nuovo intervento chirurgico. Come se non ne avessi già abbastanza...
La situazione attuale comunque non è tale da richiedere un'operazione, quindi hanno deciso di rimandarmi a casa. Il primario inizialmente aveva proposto di dimettermi oggi, poi mi ha chiesto se preferivo anticipare: certo che sì! Un paio d'ore dopo avevo già raccolto armi e bagagli ed ero pronta.
Dopo quaranta giorni consecutivi di ricovero, non vedevo l'ora di andarmene dall'ospedale, non vedevo l'ora di tornare a casa.
Casa. Una parola così piccola per un concetto così grande.
Casa non significa solo pareti, pavimenti e soffitti, ma affetti, familiarità, conforto, sicurezza...
Non ero mai stata lontana da casa per un tempo così lungo e avevo quasi paura di non ritrovarla come la ricordavo, di sentirla estranea, Invece è stato come se fossi uscita pochi minuti prima: ogni cosa come la ricordavo, i suoni, gli odori familiari. Casa mia.
Gandalf mi ha ignorato per qualche ora, probabilmente voleva farmi pagare la lunga assenza. Aki si è comportato come se non me ne fossi mai andata: non è venuto a cercarmi, ma quando mi sono avvicinata ha accettato di buon grado una dose di coccole. Quello che mi ha dato più soddisfazione immediata, tra i felini, è stato senza dubbio Shadow, che mi ha rivolto diversi miagolii di benvenuto e si è avvicinato a mangiare dalla mia mano, lasciando che gli sfiorassi la guancia con il pollice, il contatto più ravvicinato che sia disposto a concedere. Qualche ora dopo anche Gandalf ha deciso di perdonarmi ed è venuto ad acciambellarsi sul divano con me.

Il ritorno a casa però ha avuto anche un lato difficile, che non avevo previsto: l'uscita dall'ambiente protetto dell'ospedale mi ha messo brutalmente di fronte ai miei limiti fisici.
Stare male in ospedale è normale. I dolori, la debolezza, le difficoltà di movimento sono cose che ti aspetti durante un ricovero, in fondo sei lì per quello. A casa risultano molto più pesanti e difficili da accettare.
Ieri, appena arrivata, mi ero istintivamente accucciata per salutare Shadow: lo faccio sempre quando mi avvicino a lui, per rassicurarlo portandomi più vicino al suo livello. Solo che questa volta non sono stata in grado di rialzarmi, i muscoli non rispondevano; mi sono dovuta mettere in ginocchio e tirarmi su goffamente, appoggiandomi al muro. Più tardi, quando ho tentato di salire le scale, ho scoperto che non mi è possibile appoggiarmi sulla gamba destra: devo fare i gradini uno alla volta, caricando solo sulla gamba sinistra, oppure appoggiarmi pesantemente sul corrimano. Ho difficoltà a chinarmi e a sollevare da terra qualcosa che pesi più di un fazzoletto. Non riesco a stare in piedi né seduta su una sedia rigida per più di una decina di minuti. Non ho resistenza, mi stanco subito. A volte la gamba mi fa male e l'inguine è ancora terribilmente rigido.


E poi c'è la notte.
Amo la notte. Di notte posso dormire saporitamente oppure esprimere al meglio la mia creatività: che fosse per riposare o per lavorare, la notte per me è sempre stata un rifugio sicuro.
Nei lunghi giorni di ricovero, invece, la notte è diventata una nemica.
Nelle prime settimane al CRO ho avuto problemi di insonnia: lunghi risvegli notturni, ore passate a guardare il buio fuori dalla finestra. E quando finalmente mi appisolavo, l'oppiaceo disturbava il sonno con vertigini e sogni inquietanti, al confine con le allucinazioni. Dopo è arrivata la nausea. Poi i crampi addominali. Infine, a Mestre, il letto scomodo, la difficoltà di trovare una posizione che non fosse dolorosa, i rumori del reparto e delle compagne di stanza.
Le notti in ospedale non finivano mai. Quattro, cinque, sei, dieci risvegli, guardando l'orologio per scoprire che erano trascorse solo poche decine di minuti dal precedente, aspettando che il cielo iniziasse a impallidire nell'alba.
Ho paura della notte, adesso. Paura di non dormire, di dormire male, di svegliarmi mille volte, di non trovare una posizione comoda, di sentire dolore.
Ieri, paradossalmente, l'avvicinarsi della notte è stato ancora più difficile, perché ero a casa. Avevo il mio letto, il mio materasso comodo, Renato, i gatti... tutto il necessario per una buona notte. E se non fosse bastato? Forse avevo riposto troppe aspettative nel ritorno a casa?
Alla fine è andata sicuramente meglio che in ospedale, non mi sono svegliata con le anche indolenzite, ma non è stata certo quella che si più definire una buona notte di riposo. Mi sono svegliata spesso, a volte solo per pochi secondi, il tempo necessario per cambiare posizione, altre per qualche minuto, una per almeno un'ora.
Sono felicissima di essere tornata a casa, davvero. Però non credevo che sarebbe stato così difficile.

domenica 18 dicembre 2016

Cercasi fortuna.

Il foro del drenaggio si sta chiudendo bene, anche se resterà un avvallamento con un tratto di cicatrice più evidente, ma è solo una delle tante da aggiungere alla mia collezione, decisamente molto in basso nella lista dei miei problemi.
Ora sulla gamba c'è solo un piccolo cerotto, facile da proteggere, così ieri ho fatto la doccia e solo chi ci è passato può capire quanto un'attività così semplice possa rimetterti in pace con il mondo.

La linfoscintigrafia ha confermato che ci sono ancora canali linfatici funzionanti, ottima notizia e per nulla scontata, visto che la stazione linfatica dell'inguine è stata più volte danneggiata da chirurgia e radioterapia. C'è però anche una dispersione nella parte alta della coscia, dove si era formato il linfocele.
Il chirurgo mi ha chiesto di forzare un po' i movimenti per stimolare la circolazione linfatica, in modo da valutare se i vasi recisi si sono finalmente chiusi e se i canali ancora attivi sono sufficienti per evitare accumuli interni. L'idea è che se qualcosa deve succedere (leggi "linfocele che si riforma"), è meglio farlo succedere subito, per capire se si deve operare oppure no.
Sto quindi camminando molto più del solito e più velocemente, macinando giri di corridoio come una tartaruga zoppa.

Camminare non è particolarmente doloroso, ma l'inguine è ancora molto rigido e si sente la mancanza dei muscoli che non ci sono più, quindi la mia andatura è piuttosto sbilenca, anche se mi sforzo di mantenere una postura simmetrica ed eretta per evitare danni a schiena, anche e ginocchia. Chissà cosa pensano di me il personale ospedaliero e gli altri pazienti, che mi vedono arrancare in corridoio borbottando tra me e me cose come "Dritta con la schiena!" oppure "Occhio a quel ginocchio!".

Appena possibile, forse già domani, rifaremo l'ecografia, con lo stesso radiologo delle precedenti, per valutare la situazione: se non ci saranno accumuli, mi rimandano a casa, con un programma di controlli successivi, perché il problema potrebbe ripresentarsi anche dopo settimane o mesi. Come dice il chirurgo, i linfatici sono capricciosi!
Se il linfocele inizia a riformarsi, servirà un intervento, piuttosto complesso, per rimuoverlo e realizzare bypass linfatico.
Sì accettano dita incrociate, scongiuri, quadrifogli, amuleti, riti propiziatori e qualunque altro portafortuna vi venga in mente.

venerdì 16 dicembre 2016

Pochi aggiornamenti, ma buoni

Il referto della linfoscintigrafia non è ancora disponibile. Il chirurgo ha definito tutte le possibili opzioni, ma senza questo esito non è possibile prendere decisioni.
E siamo al trentaseiesimo giorno di ricovero.


Intanto però qualcosa succede.
Innanzitutto la capra è stata dimessa martedì sera. Alleluja!
Il ritorno di Gabriella era previsto per mercoledì pomeriggio. Nei tre giorni precedenti ho assillato infermieri e medici al limite dello stalking perché ci rimettessero in camera insieme, ho piazzato una coppia di coccodrilli davanti alla porta per impedire nuovi ingressi nella notte tra martedì e mercoledì e finalmente ce l'abbiamo fatta: Gabriella è qui!


La degenza con una compagna di stanza simpatica è tutta un'altra cosa. Si chiacchiera, si ride, si passeggia insieme e le giornate scorrono via più lievi.
Le notti, purtroppo, un po' meno. Nonostante il materassino aggiuntivo, il letto rimane scomodo e il nodulo fantasma del gluteo sembra risentirne in modo particolare, con dolori davvero fastidiosi. Non vedo l'ora di tornare sul mio materasso ortopedico, con un paio di gatti a contorno.


Nel frattempo la situazione della mia gamba è migliorata: liquido dal drenaggio sempre più scarso, dolori in diminuzione, movimenti più agevoli.
Ieri hanno sospeso i lavaggi e stamattina, a sorpresa, mi hanno tolto l'ultimo drenaggio. Ora ho solo un cerotto sulla parte interna della coscia, niente più tubi, sacche né punti. Quasi non mi sembra vero.
E domani, se tutto va bene, potrei anche riuscire a fare una doccia, la prima dopo 66 giorni.

Da ieri ho anche sospeso l'antibiotico, dopo più di un mese, per la gioia del mio apparato digerente, che anche con il supporto quotidiano dei fermenti lattici non ne poteva proprio più. Non oso pensare ai livelli di resistenza agli antibiotici che posso aver sviluppato in questo periodo.

L'attesa continua, non so ancora se sarà necessario un nuovo intervento chirurgico ed eventualmente con quale estensione (bypass linfatico? rimozione della capsula del linfocele? entrambi?), ma così è un po' più facile da sopportare.

lunedì 12 dicembre 2016

Puzzapuzzapuzzapuzza!

Capitano tutte a me.
La sesta compagna di stanza in quindici giorni, classe 1938, puzza come una capra. Non scherzo e non esagero: stamattina mi è passata accanto per andare in bagno e ho avuto conati di vomito. Per fortuna ero a digiuno.
So di avere un olfatto particolarmente sensibile, oltre a una fastidiosa predisposizione verso la nausea, ma vogliamo parlare dell'assorbente usato lasciato nel bidet? O delle mutande appese ad asciugare sopra la carta igienica? E del bagno ridotto a un porcile? E, soprattutto, delle infermiere che si stringono nelle spalle come a dire "Cosa possiamo farci?". Lavatela, cazzo!
(scusate il francesismo, ma quando ci vuole...)

Per fortuna stamattina sono stata via per quattro ore: tre scansioni di linfoscintigrafia più un'ecografia e la rimozione del drenaggio superiore, quello dell'inguine, che negli ultimi giorni mi dava parecchio fastidio.
Avevo qualche timore per la linfoscintigrafia: sapevo che il tracciante radioattivo va iniettato dal piede e non mi pareva una prospettiva allettante. Inoltre non ero certa che si potesse inserire un rialzo sotto il ginocchio durante l'esame e non sono in grado di restare distesa con le gambe dritte per più di dieci secondi prima di iniziare a ululare per il dolore.
Un timore era fondato: le prime due iniezioni sottocutanee sulla parte superiore dei piedi sono state dolorose. Le altre due, profonde, tra il primo e il secondo dito di ogni piede, ancora di più. Però sono stati dolori di breve durata, un minuto dopo erano già passati.
Nessun problema per le ginocchia, invece: un rialzo ha reso perfettamente sopportabili i tre passaggi sotto la gamma-camera.
Gli intervalli tra una scansione e l'altra sono state piacevoli occasioni di conversazione con gli altri pazienti in attesa. È confortante sapere che fuori dalla mia camera il mondo è pieno di persone normali e pulite.
Il chirurgo dopo la prima scansione era piuttosto soddisfatto: pare che nella mia gamba e nel mio inguine martoriati ci siano ancora alcuni canali linfatici funzionanti. Per i risultati completi bisogna aspettare fino a domani: dita incrociate!

Poco fa un'infermiera ha dato una spruzzata di deodorante in camera, forse perché stavo per vomitarle sui piedi. Spero di sopravvivere fino a quando dimetteranno la capra, con un po' di fortuna già domani. Altrimenti prendo il letto e mi sposto in corridoio.
E mercoledì rivoglio in camera con me Gabriella, che torna per l'operazione rinviata dieci giorni fa. Oppure faccio un putiferio.

venerdì 9 dicembre 2016

Se non riesci a uscire dal tunnel, arredalo!

Sono in ospedale da 29 giorni consecutivi, più di quattro settimane, quasi un mese: un'eternità.
I lavaggi quotidiani proseguono e sembrano efficaci, almeno a livello della coscia, e lunedì finalmente mi faranno la linfoscintigrafia, che servirà al chirurgo per valutare le possibilità di intervento.
Dato che le cose vanno per le lunghe e non si intravede all'orizzonte nemmeno l'ombra di dimissioni, conviene fare buon viso a cattivo gioco e organizzarsi in modo da rendere questo soggiorno meno sgradevole.

Comfort
Ho già avuto modo di dire che i letti qui sono scomodi: il materasso in lattice è troppo sottile e di qualità mediocre e con il mio dolce peso forma una fastidiosa buca al centro, attraverso la quale si sente la durezza della griglia metallica sottostante. Dopo troppi risvegli con le ossa del bacino doloranti, ho detto basta.
Ieri, con l'inestimabile aiuto di Laura mi sono procurata un materasso sottile da sovrapporre a quello dell'ospedale. Meglio, decisamente meglio! Non posso dire di dormire veramente bene, sarebbe impossibile senza Renato e qualche gatto, ma l'ultima notte è stata più accettabile delle precedenti.

Salvare la pelle
Dopo qualche tentativo, le medicazioni hanno raggiunto un livello di delicatezza ragionevole, con la riduzione delle zone incerottate (ho rivisto parti della mia coscia che non ricordavo più di avere!) e l'uso di cerotti di carta, meno aggressivi.
Purtroppo la doccia è ancora un miraggio lontano, devo accontentarmi dei lavaggi quotidiani con la spugna. Un buon sapone al burro di karitè e una crema idratante alla calendula mi aiutano a mantenere la pelle in condizioni accettabili.

Alimentazione
Il cibo dell'ospedale è buono e vario, ma necessita di qualche minima integrazione: nel comodino sono alloggiati i formaggini per la colazione, i grissini al mais con cui accompagno i formaggi teneri e le mandorle che sgranocchio durante la giornata.
Ci sono anche biscotti e cioccolatini che mi sono stati regalati, ma ancora non me la sento di affrontarli.

Forma fisica
Quando sono entrata in ospedale ero grassa e soda, ora sono un po' meno grassa e completamente flaccida. Non so esattamente quanti chili ho perso da quando sono stata ricoverata, ho il sospetto che si avvicinino alla doppia cifra, e sono tutti di muscoli. Sarà anche vero che il corpo umano è una macchina perfetta, ma questa faccenda che riducendo le calorie senza introdurre attività fisica, non si brucia nemmeno un grammo di ciccia, ma si demolisce il tessuto muscolare non mi pare una grande dimostrazione di efficienza.
Ogni giorno faccio qualche passeggiata in corridoio e  cerco di inserire qualche piccolo esercizio per la gamba sana, le spalle e le braccia, per cercare di non perdere proprio tutto il tono muscolare.
Il tutto con la massima calma: piano con la gamba per non tirare i punti dei drenaggi (ieri abbiamo dovuto comunque sostituire quelli della coscia che stavano cedendo), niente sforzi con gli addominali per non stuzzicare il laparocele, attenzione a non affaticare troppo la schiena, che risente molto dell'andatura sbilenca e zoppicante... Alla fine riesco a fare davvero poco, ma mi fa sentire meno in colpa.


Tempo libero
Ne ho tanto, troppo. Lavaggio e medicazione richiedono una ventina di minuti, aggiungiamone altrettanti per le misurazioni di temperatura e pressione sanguigna e la distribuzione dei farmaci, un'ora, forse una e mezza per i pasti e tutto quello che resta è noia.
Libri, Settimana Enigmistica, WhatsApp, Facebook, qualche telegiornale in streaming su Sky.
Un paio di giorni fa, Renato è arrivato con un bel regalo: il tablet con alcune puntate di Outlander: almeno riesco a riempire le serate!

Ieri Renato mi ha portato anche il PC: si avvicinano le scadenze fiscali di metà mese e dovevo assolutamente aggiornare la contabilità, pagare l'IVA, emettere le ultime fatture dell'anno e gestire alcuni adempimenti per le zie di cui sono Amministratore di Sostegno. Ne ho approfittato anche per scaricare oltre settecento mail e per scrivere questo post molto più comodamente di quanto si possa fare da un dispositivo mobile.

Amici
Non ho parole per ringraziare tutti quelli che stanno facendo qualcosa per me: la rete di affetto e di sostegno che mi circonda è semplicemente straordinaria. Grazie, grazie di cuore a tutti!

martedì 6 dicembre 2016

Ma ci sono anche...

È dura.
Le giornate lunghe, i dolori, il materasso scomodo, la difficoltà di movimento, gli orari di visita limitati, la nostalgia di casa...




Ma non va tutto male. Non va MAI tutto male.
Ogni giorno ci sono anche cose positive, cose buone, piccole o grandi, che regalano un sorriso.


Le visite di Renato, la mia ricarica quotidiana di sorrisi, che mi ricopre di coccole e  di attenzioni.
Ma anche tutti gli altri che sono venuti a trovarmi qui a Mestre: Martina, Andrea, Mario, Antonio, Paola, Chiara, Marta e Marco, Raffaela, Anna e Michelangelo.
E ZiaCris e Rita, che mi tengono compagnia ogni giorno su WhatsApp.
E i miei cugini, con la chat che hanno creato per me.
E tutti quelli che mi dedicano un pensiero, un messaggio, una telefonata, un commento sul blog o su Facebook.
E la mia sorellina che c'è sempre e fa il giro dei negozi per trovarmi un sapone con buoni ingredienti.
E la disponibilità di Chiara e Alessandra per aiutarci a casa con bucato e stiratura.
E il formaggino a colazione, idea geniale di ZiaCris che Renato ha reso possibile.
E il medico che mi segue, che mi fa il lavaggio e la medicazione con tutta la delicatezza possibile e si inventa tutti gli accorgimenti per fare in modo che i due tubi che mi escono dalla gamba mi creino il minore disagio possibile. Zero dolore e tanta gratitudine, altro che il dottor Mengele di domenica!
E la dottoressa sorridente che mi saluta in corridoio chiamandomi per nome.
E le infermiere e le OSS che si riferiscono a me come "la ragazza"... e questo dovrebbe darvi l'idea dell'età media dei pazienti in questo reparto!

Probabilmente non sarà una cosa breve.
Il medico vuole ridurre l'infiammazione prima di qualsiasi intervento, anche della linfoscintigrafia, che richiede di iniettare nel piede il tracciante radioattivo.
Il sistema di doppio drenaggio e lavaggi interni ha già migliorato un po' la situazione: il linfocele si è ammorbidito a livello della coscia e la pelle è meno tesa e arrossata rispetto a qualche giorno fa. L'inguine invece rimane ancora gonfio e dolente.
Ci vorrà tanta pazienza e il ritorno a casa è ancora un miraggio lontano.
Ma con il vostro aiuto ce la posso fare.

INFORMAZIONI PRATICHE
Sono ricoverata all'Ospedale dell'Angelo di Mestre, in Chirurgia vascolare, settore E, secondo piano, stanza 22.
Gli orari di visita nei giorni feriali sono 15-16 e 19-20, nei giorni festivi anche 10-11 e sono piuttosto rigidi: fuori orario non si può entrare.
Se volete venire a trovarmi, l'orario migliore è quello pomeridiano, in cui ci sono meno visite... e non portate via tempo a Renato, che di solito viene alla sera. A meno che non gli diate un passaggio in macchina, nel qual caso siete sempre due volte benvenuti.
Come sempre, virus e batteri NON sono invece i benvenuti. Evitate le visite se pensate di poter essere portatori, anche sani, di qualsiasi malanno contagioso.
Cercate di non telefonare durante gli orari di visita: sono molto limitati e preferisco dedicarli a chi viene di persona... soprattutto a Renato. Abbiate pazienza, siamo separati da 26 giorni, non è facile.

domenica 4 dicembre 2016

17 minuti

Le giornate qui sono noiosissime, il tempo scorre lento e pesante. Conto le ore, i minuti. Non passano mai.
Non ho alberi e montagne da guardare fuori dalla finestra, solo una zona industriale e commerciale sullo sfondo, tra le righe orizzontali delle veneziane e i rettangoli dell'intelaiatura delle vetrate esterne, come sbarre di una prigione.
Non c'è aria vera da respirare, solo quella filtrata e riciclata del sistema di climatizzazione.
La luce esterna è grigia e spenta, troppo spesso oscurata dalla tenda che separa i due letti della stanza. Di nuovo occupati entrambi, dopo un giorno e mezzo di gradita solitudine: stanotte è arrivata una signora, ovviamente anziana, con il femore fratturato. L'infermiera è passata verso le due a verificare che il letto fosse pronto, lei l'hanno portata forse un'ora dopo. Almeno mezz'ora per sistemarla, mentre io aspettavo paziente l'occasione per riprendere sonno, cercando con fatica una posizione comoda. Purtroppo lei si è addormentata prima di me, russando come un trombone. Alle cinque ero ancora sveglia.

L'unico momento felice è la visita quotidiana di Renato, almeno quando non mi viene rubata.
Ieri ha scoperto solo all'ultimo momento che, essendo sabato, non c'erano i treni che aveva preso durante la settimana per venire qui e tornare a casa. È arrivato più tardi e ha dovuto ripartire più presto. È rimasto con me esattamente 17 minuti, e io ne ho passato almeno la metà a piangere per la frustrazione.
Oggi è arrivato presto, per sfruttare l'ora supplementare di visita mattutina concessa nei giorni festivi. Dopo pochi minuti sono arrivati medico e infermiera per farmi il lavaggio interno disinfettante e la medicazione, oggi particolarmente dolorosa, con il medico che sembrava divertirsi a premere forte sui punti più sensibili. E poi un'altra infermiera per fare l'elettrocardiogramma alla compagna di stanza, con i visitatori costretti ad attendere in corridoio per mezz'ora buona. Organizzarsi per fare queste cose fuori dall'orario di visita pareva brutto?

Disagi grandi e piccoli che si sommano, si accumulano, mi sommergono. E io cedo ogni giorno un po'. E piango, piango tanto. Perché sono stanca, mi sento sola, ho nostalgia di casa, voglio i miei gatti, ho paura di questa storia che non finisce mai.

venerdì 2 dicembre 2016

Bucherellata

Verso mezzogiorno è venuto il chirurgo a spiegarmi come pensava di procedere. Un radiologo, sotto guida ecografica, avrebbe inserito due drenaggi nella zona del linfocele. In questo modo si dovrebbe favorire lo svuotamento, creando contemporaneamente un canale per i lavaggi antibiotici, che utilizza un drenaggio come entrata e l'altro come uscita.
Non ha nemmeno fatto in tempo a completare la spiegazione: sono venuti subito a prendermi per portarmi dal radiologo, nemmeno il tempo di infilare i pantaloni del pigiama!
Dopo un'ecografia preliminare, il radiologo si è armato di gilet antiradiazioni, camice sterile, cuffia, guanti e mascherina chirurgica.


Un po' di anestesia locale sull'inguine, una abbondante pennellata di disinfettante, poi ha iniziato a lavorare di bisturi, aghi e sonde, controllando spesso la situazione con l'apparecchiatura a raggi X o con l'ecografo e aiutandosi con un liquido di contrasto per evidenziare il percorso interno dei fluidi.
Nel frattempo,  io lavoravo sulla respirazione per mantenere i muscoli rilassati e il battito cardiaco lento, un modo piuttosto efficace per gestire il dolore, e resistevo alla tentazione di spiare le attività in corso attraverso il riflesso sul vetro del proiettore di raggi X, che non si sa mai che effetto potrebbe fare vedersi tagliare, bucare, infilare tubi...

Dopo aver posizionato il primo drenaggio sull'inguine, il radiologo si è fatto aiutare dal chirurgo per sistemare il secondo più in basso, sulla coscia, in modo che si incontrassero proprio nella zona del linfocele. Niente anestesia qui, ma non serviva: ha lavorato sui fori già esistenti, in una zona in cui ho perso quasi completamente la sensibilità superficiale con la radioterapia del 2008.
Dopo qualche aggiustamento, finalmente i due medici si sono dichiarati soddisfatti e il chirurgo si è occupato di fissare i due drenaggi con un punto di sutura ciascuno. Purtroppo nel frattempo l'effetto dell'anestesia all'inguine era cessato, ma si è confermata la mia teoria: un singolo punto a vivo fa meno male dell'iniezione di anestetico.
Nessun problema per il punto sull'altro drenaggio, non ho sentito quasi niente. Il chirurgo ha tentato di chiudere con un punto anche il tratto di ferita chirurgica che si era riaperto nei giorni scorsi, ma la pelle era talmente macerata da non reggere la sutura. Pazienza, speriamo che la nuova linea di drenaggio consenta a quella zona di asciugarsi e cicatrizzare.
La procedura in totale ha richiesto circa un'ora e mezza.

Adesso sono previsti alcuni giorni di lavaggi e monitoraggio della situazione.
Esiste la remota possibilità che questo apparato sia sufficiente a risolvere il problema, più probabilmente sarà preparatorio all'intervento di microchirurgia dei vasi linfatici.
Intanto però abbiamo fatto qualcosa.

PS: Alla prima nonnetta era seguita un'altra ultranovantenne in parcheggio da geriatria, fortunatamente solo per una notte, peraltro piuttosto movimentata. Temevo quindi molto l'arrivo della successiva compagna di stanza. Ieri invece è arrivata la signora Gabriella, una persona piacevolissima con cui ho conversato davvero volentieri. Doveva essere operata stamattina, ma ha avuto una brutta sorpresa: un ascesso dentale l'ha costretta a rinviare di un paio di settimane l'intervento ed è stata dimessa. Ogni volta che trovo una compagna di stanza simpatica, me la portano via subito. Uffa.

mercoledì 30 novembre 2016

Fiat lux!

Finalmente la nonnetta se n'è andata, trasferita in geriatria. Stava diventando pesantemente lamentosa e mi costringeva in uno stato di perenne prenombra a causa di una patologia degli occhi che le rende fastidiosa la luce.
Dieci secondi netti dopo la sua uscita, le veneziane erano finalmente aperte e le luci accese: sia fatta la luce!

Le giornate qui scorrono all'insegna della noia, in attesa della linfoscintigrafia che dovrebbe fornire ai chirurghi le informazioni necessarie per decidere come intervenire. È un esame lungo, capisco che sia difficile programmarlo da un giorno all'altro, ma vorrei almeno sapere quando è previsto.
Ieri pomeriggio, a sorpresa, mi hanno portato in oncologia per un consulto, il cui scopo non era chiaro né a me, né all'oncologa. Le ho raccontato la mia storia clinica, mi ha visitato e ha steso un referto piuttosto generico. Un diversivo rispetto alla monotonia delle ore in reparto, scandite dai passaggi del personale sanitario e ausiliario e consumate tra WhatsApp (grazie ZiaCris!), e-reader e tablet (grazie Pigna!), aspettando la visita quotidiana di Renato, che ogni giorno si sobbarca tre ore di viaggio per passare cinquanta minuti con me. Viene in treno. Sì, in auto sarebbe più veloce. Ma anche molto più faticoso, pericoloso e costoso: c'è un bel tratto di autostrada a due corsie, sempre affollato di mezzi pesanti e di deficienti che pensano di essere su un circuito di Formula 1, spesso teatro di incidenti, talvolta con conseguenze tragiche.

Io conto i minuti che mi separano dal suo arrivo, l'unico momento luminoso di queste giornate per il resto buie e tristi, in cui ogni giorno qualcosa va storto.
I crampi sì sono progressivamente attenuati fino quasi a scomparire. In compenso, ieri sera si è staccata la base del sacchetto di drenaggio, con relativo inzuppamento di lenzuola e biancheria. Mi sono dovuta arrangiare a sostituirla da sola, mentre l'infermiera di turno era impegnata con un paziente appena arrivato dalla rianimazione. Poi mi sono lavata e cambiata, ma ho dovuto attendere un bel po' per farmi cambiare le lenzuola. Sono tornata a letto stanca e avvilita, con le lacrime che non volevano fermarsi.
Oggi invece il mio intestino ha dichiarato di averne abbastanza. Credo che venti giorni di antibiotici siano oltre il suo livello di sopportazione, e non posso nemmeno dargli torto. Diarrea.
Che periodo di merda!

lunedì 28 novembre 2016

Orgoglio veneto

Da queste parti ci si annoia parecchio. La conversazione con la nonnetta novantenne è piuttosto limitata. In compenso, di notte si fa ben sentire, russando come un trombone, tanto che la sento anche con i tappi per le orecchie.
Dal mio letto guardo la finestra della camera. No, non è una finestra. È una vetrata sigillata,  che si affaccia sul gigantesco atrio dell'ospedale. Un po' triste.
Tra le veneziane e l'intelaiatura delle vetrate esterne, intravedo le bandiere issate di fronte all'ospedale. Oggi garrivano allegre al vento, di tanto in tanto illuminate da un raggio di sole.
Quella dell'Europa, blu con il cerchio di stelle.
Quella italiana. Almeno credo, perché riesco a vedere solo il bianco e il rosso, ma mi pare ragionevole che la parte che non vedo sia verde.
Una che non riesco a vedere, è completamente nascosta da uno dei montanti della vetrata esterna.
L'ultima è rossa e gialla, con il leone di San Marco: la splendida bandiera della Serenissima.

Ne deduco che quella intermedia che non riesco a vedere sia della Regione Veneto, ispirata a quella di Venezia ma con più colori e con gli stemmi delle province.

Un'esplosione di orgoglio veneto, sicuramente giustificata dalla qualità di questo ospedale, però...

Però facciamo che il Veneto esca dalla preistoria informatica e abiliti i suoi ospedali alla trasmissione telematica all'INPS dei certificati di ricovero? Perché nel 2016 è veramente ridicolo dover gestire ancora certificati cartacei.
E facciamo che la televisione in camera si possa utilizzare senza pagare 3,50 euro al giorno?
E che magari ci sia il WiFi gratuito?
Ecco, questo darebbe un certo impulso al mio "orgoglio veneto", che in questo momento è decisamente surclassato da una certa "invidia friulana". Perché "di là da l'aghe" queste cose ci sono.

Rapido aggiornamento medico.
Nessuna novità di rilievo. I medici hanno iniziato a valutare il mio caso e spero che in un paio di giorni prendano una decisione.
Io combatto ancora con i crampi addominali, a volte dolorosissimi, altre più leggeri, a intervalli di diverse ore o di pochi minuti. Temo che possano essere collegati a un problema identificato con l'ultima TAC: un laparocele, una lacerazione della parete addominale da cui fuoriesce un'ansa intestinale. Con questo si vince un altro giro in sala operatoria. Potete immaginare quanto mi entusiasmi questa prospettiva.

domenica 27 novembre 2016

Odori

La partenza per l'ospedale di Mestre, prevista verso le 9, è stata forzatamente ritardata di un paio d'ore, che ho trascorso vomitando anche l'anima e piegata in due dal dolore di una colica addominale.
Dopo molta sofferenza e tre flebo, finalmente siamo riusciti a partire.
Appena la sedia a rotelle con cui mi hanno portato fino alla macchina ha superato le porte a vetri del CRO, ho respirato. Aria, aria vera. Odore di foglie, di erba, di pioggia, di autunno, di montagna, di umidità. Odori veri, vivi, così diversi da quelli del reparto.
Ero affamata di odori. L'asfalto umido, l'interno dell'auto. La bocchetta dell'aria aperta e lo scialle addosso, per fare entrare l'aria esterna e i suoi odori senza raffreddarmi.

Il viaggio in macchina è durato circa un'ora. Ho tenuto a portata di mano il sacchetto per le emergenze, ma fortunatamente non ce n'è stato bisogno. Ho evitato di parlare più dello stretto indispensabile, ignorato i messaggi sul cellulare e guardato avanti, concentrandomi su alcuni elementi del paesaggio. Non indovinerete mai quali.


Tralicci.
Ho passato il tempo a guardare tralicci. Con un certo interesse professionale, dato che il mio primo cliente, con cui collaboro ormai da quasi vent'anni, produce tralicci. Da loro ho imparato che quello nella foto è un "palo gatto", perché la forma ricorda quella di un gatto. O che si può determinare se una linea elettrica è a bassa, media o alta tensione dal numero di isolatori installati.

Traliccio dopo traliccio, siamo arrivati alla tangenziale di Mestre. C'era un cartello che indicava la via per il mare è quando l'ho visto mi è sembrato di sentire il profumo della sabbia umida di salsedine.
Il navigatore e la segnaletica stradale, chiarissima, ci hanno portato senza esitazione all'Ospedale dell'Angelo.
Un po' di traffico per recuperare una carrozzina, dato che sono in grado di camminare solo per tratti molto brevi, poi l'accesso al reparto, con una breve attesa dovuta al nostro ritardo, ci aspettavano due ore prima.
L'odore del reparto di chirurgia vascolare è abbastanza gradevole, mi ricorda un po' le caramelle alla frutta.
Mi hanno sistemato in una stanza con vista sul giardino interno, una specie di serra gigante. Il mio letto però non è vicino alla finestra, dove c'è invece un'arzilla novantenne molto gentile.
Unico neo: qui non ci sono i letti a comando elettrico. Potrebbe sembrare una sciocchezza, ma per me al CRO è stata una grandissima comodità. Poter regolare facilmente e in autonomia l'inclinazione dello schienale e il rialzo sotto alle ginocchia mi è stato di grandissimo aiuto per dormire comodamente ed evitare il mal di schiena.

Sembra che la nausea abbia mollato un po' là presa. Io sono convinta che la scorpacciata di odori buoni sia stata di aiuto.
La nuova avventura è iniziata. Speriamo porti buoni frutti.

sabato 26 novembre 2016

Cronache dal CRO 17 - Si cambia

La nausea mi ha dato tregua per qualche giorno, ma ieri sera e stamattina si è ripresentata, ospite quanto mai sgradita.
Non so perché sia così affezionata a me. Io la odio.
Ho sospeso l'analgesico, dato che i dolori si sono ridotti a un livello perfettamente sopportabile, almeno per me. Ormai prendo solo l'antibiotico, che per i primi tre giorni non mi ha dato problemi, e l'antiemetico, inizialmente quando non riuscivo più a sopportare la nausea, ma ora il medico me l'ha inserito a intervalli fissi, per prevenirla. Solo che non sappiamo perché viene.

Forse, semplicemente, non ne posso più. Di questi fori nella gamba che spurgano, di questa grossa palla, tesa, dolente e infiammata, appena sotto l'inguine. Dell'odore, dei sapori, di stare male, di stare qui. Anche se le persone che mi assistono sono davvero meravigliose e si fanno in quattro per aiutarmi a stare meglio. Dovreste vedere le espressioni costernate quando entrano in camera e mi trovano con il sacchetto per il vomito in mano.


È ora di cambiare.
Domani mi trasferisco in un altro ospedale in cui c'è un'equipe di microchirurgia dei vasi linfatici che ritiene di potermi essere di aiuto per "chiudere i rubinetti" e risolvere il problema del gocciolamento una volta per tutte.
Spero che sia vero.
Perché voglio tornare a casa.

mercoledì 23 novembre 2016

Cronache dal CRO 16 - Cammino impervio

Sono stata davvero male negli ultimi giorni.
Il piccolo foro che si era aperto domenica lungo la cicatrice si è allargato. Stamattina mi hanno dovuto togliere l'ennesimo drenaggio, perché ormai il tubo fuoriusciva dalla ferita.
Nausea e vomito non mi hanno dato tregua, mi sembrava di essere tornata agli ultimi giorni di chemioterapia, quando non riuscivo nemmeno più a bere. Ieri ho dovuto chiedere una flebo idratante, oltre all'antiemetico.
Sono arrivata al limite della sopportazione, e poi oltre. Credo di aver pianto più negli ultimi cinque giorni che nei precedenti cinque anni, se si escludono i funerali.



Ieri sera però c'è stata una svolta. La nausea era iniziata quando mi avevano cambiato antibiotico, era ragionevole pensare che le due cose fossero collegate. Il medico di turno ha scelto nuovo antibiotico tra quelli che l'antibiogramma aveva indicato come efficaci. Sembra che ci abbiamo azzeccato.
Una buona notte di sonno, disturbata solo un po' dai gorgoglii del drenaggio, e poi sono rinata. Risveglio senza nausea. Ho fatto un po' di colazione e chiacchierato piacevolmente con una mia coetanea, che ha diviso con me la camera solo per qualche ora. Un peccato, perché è veramente una persona piacevole.
Ho pranzato. Un pasto leggero e scarso, ma più di quanto fossi riuscita a trattenere nello stomaco nei due giorni precedenti. Ho ricevuto alcune visite, fatto un pisolino, guardato Masha e Orso, bevuto il tè. Ancora niente nausea. Un sogno.

Certo i problemi non sono finiti, ma almeno ora posso tornare a ragionare con un minimo di lucidità e a guardare avanti.

E grazie, grazie di cuore a chi mi è stato vicino in mille modi.
Auguro a tutti voi di essere circondati da persone come quelle che mi stanno tenendo per mano, fisicamente e virtualmente, in questo tratto così impervio del mio viaggio.

domenica 20 novembre 2016

Cronache dal CRO 15 - Di simpatia, genio e disastri

Ieri stavo facendo qualche battuta sulla mia compagna di stanza, che è un po' lamentosa. Però poi ci ho ragionato su. Anche lei è al quarto intervento chirurgico e negli ultimi due anni è passata da una chemio all'altra. Insomma, il diritto di lamentarsi un po' se l'è ben guadagnato.
E chi sono io per giudicare?
Dai messaggi che ricevo, mi sono convinta che molti lettori che mi conoscono solo attraverso il blog, abbiano un'idea di me decisamente troppo benevola. Non sono poi così simpatica.
Il blog è una forma di comunicazione mediata: scrivo, rileggo, correggo... E inevitabilmente cerco di dare una buona immagine di me. Non racconto balle, ma di certo evito di mettere in evidenza le mie meschinità. Quindi prendetemi con le pinze: non è tutto oro quello che luccica.

Figuratevi che quando ho la nausea arrivo a starmi antipatica da sola... e in questi giorni ne ho avuta parecchia e ringrazio davvero di cuore chi mi sta sopportando con infinita pazienza.

Tra tutti questi straordinari supporter, una ieri si è distinta in particolare.
Dopo una settimana di lavoro, tra i mille impegni di una famiglia numerosa, ha trovato il tempo di dedicarsi a me.
Ieri sera è arrivata qui con un pacchetto, frutto di una solida esperienza personale in tema di nausea,  maturata con tre gravidanze e diversi cicli di chemioterapia: prosciutto crudo.
E non uno qualsiasi, ma quello straordinario di un piccolo produttore locale.
Io stavo faticosamente cercando di trattenere nello stomaco il poco che avevo mangiato a cena e sono rimasta un po' perplessa, ma lei mi ha invitato a provare: un cibo salato poteva essere di aiuto.
Un boccone. Due. Tre. Mezza fetta. Una fetta. E la nausea non si è più fatta sentire per almeno dieci ore.
Un genio e basta.

Stamattina non sono stata altrettanto fortunata.
Mentre mi tiravo su per la colazione, ho sentito la gamba umida. Il sacchetto del drenaggio era quasi vuoto, ma poco più in alto si era aperto un nuovo foro sulla pelle, che gocciolava abbondantemente.
Ho suonato il campanello per chiedere aiuto, ma la cosa è andata per le lunghe, perché l'infermiera aveva decisamente sottovalutato la situazione, riferendo al medico solo che c'era da rifare una medicazione. Dopo quattro gentili solleciti a intervenire e due episodi di vomito, ormai inzuppata e tremante, sono passata al turpiloquio.
Ho vinto subito la flebo di antiemetico, idratazione con elettroliti e mascherina dell'ossigeno.
Come avevo immaginato, il drenaggio era completamente otturato e la pressione interna aveva fatto riaprire un piccolo tratto della ferita chirurgica. Tolto anche questo tubicino e lasciati i fori aperti, ben coperti di garze.
Più tardi è stato necessario l'intervento di un anestesista per piazzare una nuova agocannula, dopo che la terza in dieci giorni aveva dato forfait e l'infermiera, dopo avermi massacrato la mano senza successo, aveva rinunciato.
Io sarei stanca.

sabato 19 novembre 2016

Cronache dal CRO 14 - Miraggi

Quando l'eccezione diventa quotidianità, la normalità inizia ad apparire come un miraggio.
Dopo tre giorni di faticosa convivenza con nausea e vomito, di ostinato impegno per mandare giù qualcosa di leggero e trattenerlo nello stomaco, la possibilità  di trarre qualche piacere dal cibo mi sembra quasi un'utopia aliena. Eppure di solito sono ben più di una buona forchetta. Un buon forcone, direi.

(l'immagine sarebbe più aderente alla realtà se al posto della torta ci fosse un pezzo di formaggio o una pizza, ma qui non ho a disposizione adeguati mezzi informatici per modificarla) 

So che è una situazione transitoria e che prima o poi recupererò il gusto per il cibo. È successo anche nove anni fa, quando ho fatto la chemioterapia: la nausea era così debilitante che non riuscivo quasi a immaginare di poter mangiare di nuovo con gusto, invece già tre giorni dopo la fine dell'infusione la situazione era tornata, se non proprio normale, più che accettabile.
Confido che accadrà di nuovo e la nausea tornerà ad essere un orribile ricordo.

L'emocoltura ha identificato l'ospite indesiderato, il batterio E-Coli. Lunedì il laboratorio dovrebbe fornire l'antibiogramma, il prospetto di efficacia di diversi tipi di antibiotici rispetto a questo batterio, che permetterà di scegliere il farmaco più adatto per debellarlo.

Nel frattempo,  il drenaggio lavora senza sosta e la circonferenza della gamba si riduce un pochino ogni giorno, anche se la pelle rimane piuttosto arrossata e calda.

Andiamo avanti, piano, un giorno alla volta, un'ora alla volta.

giovedì 17 novembre 2016

Cronache dal CRO 13 - Finirà?

Oggi brutta giornata.
Risveglio con febbre e malessere generale. Ho passato la mattina a sudare freddo.
Mi hanno aspirato un paio di siringhe di liquido dalla gamba e inserito un nuovo drenaggio, operazione non particolarmente dolorosa, ma evidentemente stressante per il mio fisico già pesantemente provato.
Il resto della giornata è passato alle prese con problemi di vertigini, nausea e vomito.
Ho un pessimo rapporto con la nausea, fisico e psicologico. Mi distrugge.
E sono tanto stanca.

PS: per favore, evitate perle di saggezza del tipo "Coraggio, prima o poi passerà". Certo che passerà, alla fine tutto passa, se non altro quando si muore. Ma io sto male adesso. Oggi. E ieri. E il giorno prima,  e quello prima ancora...

martedì 15 novembre 2016

Cronache dal CRO 12 - Alti e bassi

Ieri ho avuto una buona giornata, la prima senza febbre, dopo una notte di sonno ristoratore. La gamba sembrava un po' meno gonfia e riuscivo a muovermi con relativa facilità.
La TAC ha confermato la presenza di una voluminosa sacca di liquido nell'inguine. Il foro del drenaggio continua a produrre abbondantemente, a livelli ormai confrontabili con quando c'era ancora il tubicino interno.

Ieri è arrivata la nuova compagna di stanza, da Catania. Discreta e silenziosa lei, molto meno i figli, appassionati spettatori di TV spazzatura e poco rispettosi degli orari di visita e dei volumi di conversazione appropriati per un ospedale.

Oggi giornata più difficile. Notte quasi insonne, gamba piuttosto rigida e qualche dolore in più all'inguine. Che se magari il medico evita di premerci anche sopra, è meglio.
Ci vuole tanta pazienza. La mia, inizia a incrinarsi e,  qualche volta, ci scappa una lacrima.

sabato 12 novembre 2016

Cronache dal CRO 11 - Venere

Rimane l'invito a evitare visite e telefonate, ma con un po' di pazienza, dovrei riuscire a spiegare come sono finita di nuovo qui.
Tra lunedì e martedì, il drenaggio si è bloccato definitivamente, trasformando la notte in un incubo di dolore e gonfiore. Martedì mattina prima delle otto ero già al CRO, in modo che il chirurgo potesse vedermi prima di entrare in sala operatoria. Preso atto della situazione, ha sfilato il tubo dalla gamba e ho passato le successive due ore a zampillare come una fontana, mentre il dolore veniva sostituito dal sollievo.
Dopo aver inzuppato quattro o cinque grossi pacchi di garze, mi hanno applicato un sacchetto da stomia, soluzione meno efficace del drenaggio perché raccoglie solo i liquidi superficiali che escono spontaneamente dal foro, senza aspirare in profondità.

Sono tornata a casa, ma nel pomeriggio, si è bloccato anche il sacchetto e ha iniziato a salirmi la febbre. A furia di camminare e massaggiare, sono riuscita a rimuovere il grumo di fibre filamentose che aveva provocato l'ostruzione e ho fatto scendere la febbre con l'aiuto di un antipiretico, ma nel frattempo la gamba aveva cominciato a gonfiarsi dolorosamente. Mercoledì ho cercato di gestire la situazione camminando e massaggiando, per facilitare il deflusso della linfa. Alla sera la febbre è salita parecchio, accompagnata da brividi di freddo. Ho passato la notte battendo i denti sotto al piumone. Più due coperte. Più una trapunta.

Giovedì mattina Renato mi ha riportato al CRO, febbricitante e in preda a nausea, conati di vomito, brividi e dolori lancinanti. Già, perché nel frattempo anche il nodulo del gluteo aveva deciso di unirsi alla festa, probabilmente irritato dal gonfiore della gamba, coinvolgendo anche il nervo sciatico, per cui il dolore arrivava ormai dappertutto, dall'inguine alle dita del piede, davanti e dietro, e non riuscivo quasi più a muovere la gamba. La coscia era bollente, gonfia, congestionata e arrossata, l'inguine rigido come un pezzo di legno.
I medici sono rimasti colpiti: non mi avevano mai visto così sofferente e hanno deciso di ricoverarmi... nello stesso letto del mese scorso. In camera ho ritrovato una delle compagne di tavolo del precedente ricovero, anche lei rientrata a causa di problemi con un drenaggio. Finalmente una compagna di stanza simpatica e più o meno della mia età...  infatti è stata dimessa il giorno seguente.
Hanno iniziato subito a somministrarmi soluzioni idratanti con elettroliti, antibiotico e antipiretico. Nel pomeriggio è venuto a visitarmi un anestesista, che dopo un esame scrupoloso mi ha prescritto una terapia del dolore a base di un potente oppiaceo, che ho accolto con gratitudine, nonostante la mia storica riluttanza ad assumere analgesici. Tanto per dare un'idea di che cosa sto parlando,  si tratta di un farmaco più potente della morfina, che non mi annulla i dolori, li rende solo sopportabili.
In tarda mattinata ho fatto un'ecografia. Indovina, indovinello? C'è un linfocele di dieci centimetri nei tessuti profondi dall'inguine! Tanto per non perdere le vecchie abitudini...

Riepilogando.
La febbre sale e scende nel corso della giornata in modo apparentemente casuale, con punte oltre 39°. 
L'oppiaceo mi aiuta a sopportare il dolore, al prezzo di forte sonnolenza, vertigini, nausea e rischio di sviluppare dipendenza, perché qui non si prospettano soluzioni a breve. 
Il foro del drenaggio spurga molto poco, meno di un quarto rispetto a quando c'era il tubicino. Tutto il resto si accumula nella gamba, che ha una circonferenza di oltre 90 centimetri e sembra un blocco di marmo. Chiamatemi Venere.


giovedì 10 novembre 2016

Cronache dal CRO 10 - Di nuovo

Giorni impegnativi. Difficili. Pesanti.
Giorni di merda, per essere precisi.
Dolore, febbre, dolore, brividi, dolore, nausea, dolore, vomito, dolore.
E sono di nuovo ricoverata.
Non telefonate, non venite a trovarmi, abbiate pazienza se non rispondo ai messaggi.
Grazie.

venerdì 4 novembre 2016

Cronache dal divano 5 - Il bastone e la carota

La medicazione domestica di ieri ha confermato il sospetto del giorno precedente: garza sporca, arrossamento, infiammazione, dolore: infezione intorno al foro del drenaggio.


Stamattina avevo appuntamento per la medicazione.
Per prima cosa, il chirurgo ha rimosso tutti i punti. Operazione un po' dolorosa, ma poi il sollievo è stato immediato e ho apprezzato subito una maggiore facilità di movimento, Sto facendo il conto alla rovescia per la rimozione definitiva dei cerotti dall'inguine, che potrà avvenire domani o dopodomani.


Il medico ha confermato il principio di infezione sul drenaggio, ma a suo parere non è preoccupante, da trattare semplicemente con applicazione di crema antibiotica. La medicazione è stata rifatta con cerotti ipoallergenici, nella speranza di risparmiare un poco la mia pelle martoriata.


L'esito dell'esame istologico è pronto, anche se non me l'hanno ancora consegnato perché manca la validazione del patologo.
Abbiamo una new entry: il tumore che è stato rimosso era un sarcoma a cellule fusate, diverso da tutti i precedenti: un nuovo pezzo per la mia collezione! Che conferma il mio sospetto di un difetto di fabbrica nel mio codice genetico: le mie cellule degenerano in sarcomi con inquietante facilità.
Grado di malignità 2, un livello intermedio in una scala da 1 a 3.


Confermata anche l'infiltrazione sull'osso del bacino, che è decisamente una pessima notizia.
Martedì l'equipe sarcomi del CRO discuterà il mio caso nella riunione multidisciplinare per definire un programma terapeutico, poi mi daranno appuntamento con il mio oncologo per discuterne.

 


Usciti dal CRO, io e Renato ci siamo concessi un pasto consolatorio in un ristorante poco lontano, in cui avevamo già avuto diverse buone esperienze gastronomiche. Mi sono costruita un menu autunnale assolutamente delizioso: tortino di Montasio con funghi porcini, ravioli di patate e speck conditi con burro e ricotta affumicata e per finire funghi trifolati con una deliziosa polenta semi integrale. Nel caso qualcuno non se ne fosse accorto, io adoro i funghi!


Lo stress combinato della medicazione e delle notizie non proprio incoraggianti sul fronte istologico si è fatto sentire: subito dopo pranzo mi è precipitata addosso una cappa di stanchezza pesante come piombo e appena arrivata a casa sono crollata sul divano e mi sono addormentata. Credo sia stata una risposta difensiva del mio organismo: dopo le bastonate ricevute, il cervello aveva bisogno di spegnersi per un po'.
Ora... Non lo so.
Non guardo troppo avanti, affronto un problema per volta. Intanto c'è da gestire il drenaggio, che supera ancora abbondantemente il mezzo litro al giorno, e la relativa infezione. Poi sentirò cosa mi propongono i medici.
Eventualmente, posso sempre tornare a dormire.

mercoledì 2 novembre 2016

Cronache dal divano 4 - Vorrei...

Fare una doccia.
Una doccia vera, con l'acqua che mi scorre addosso. Sono tre settimane che non la faccio e mi manca.
Mi lavo ogni giorno con la spugna, Renato mi aiuta a raggiungere i punti più difficili e a lavarmi i capelli. Sono pulita, ma non è la stessa cosa.
Zoppicare con dignità.
Non pretendo un portamento elegante, che comunque non mi appartiene, e nemmeno il mio consueto passo da bersagliere, lungo e deciso. Zoppicare è accettabile, ma zoppicare a gambe larghe, come una papera claudicante che se l'è fatta addosso, no. È brutto, è faticoso, è dannoso per la schiena e per le ginocchia. Ma con i punti e il drenaggio sulla parte interna della coscia, non riesco a fare di meglio.


Fare da sola.
Mi pesa tanto dover chiedere aiuto anche per le cose più banali. Lo so che chi si offre di aiutarmi - e sono tanti - lo fa volentieri e con il cuore, ma preferirei non dover approfittare così spesso di questa generosità.


Sganciarmi dal guinzaglio.
Muoversi con la sacca del drenaggio è scomodo. Devo fare attenzione a non schiacciare il tubo, a non attorcigliarlo, a non farlo impigliare su qualsiasi sporgenza, a non inciamparci su quando cammino. Non ho mai le mani completamente libere, devo raccogliere e posare la sacca cento volte al giorno e sistemarla oltre il bordo del letto alla sera.


Salvare la pelle.
In senso letterale, non figurato. Be', anche figurato, in effetti.
I punti tirano. Non me ne hanno tolti altri: il chirurgo che mi ha visitata lunedì ha ritenuto più prudente lasciarli, visto che a volte il drenaggio si interrompe e la gamba si gonfia, mettendo in tensione la ferita.
I cerotti tirano. Ormai anche le salviette emollienti hanno un'efficacia limitata, la pelle è arrossata, screpolate, dolente e la medicazione è un momento sempre più doloroso.
Ieri sera abbiamo scoperto un arrossamento sospetto nella zona del foro del drenaggio, a cui oggi si è aggiunto un dolore pungente, che sussurra una parola inquietante: infezione.

L'esito dell'istologico.
Sono passate tre settimane dall'intervento e ancora non ho notizie dell'esame istologico del nodulo e dei tessuti circostanti. Che magari sarà una bastonata, come i tre precedenti, ma preferisco comunque sapere come stanno le cose, piuttosto che macerarmi nell'attesa.


Dormire serena.
Il drenaggio disturba il mio sonno e non solo fisicamente. Le posizioni possibili non sono molte e ogni spostamento è un traffico, perché devo fare attenzione a non schiacciare né tirare il tubo e a non sollecitare la ferita. E poi c'è l'ansia perché potrebbe gocciolare, bloccarsi o entrambe le cose, quindi mi sveglio diverse volte ogni notte per controllarlo.

Una ricarica di energia.
Oggi ho lavorato al PC per circa quattro ore, un po' al mattino e un po' al pomeriggio, e sono stanchissima. All'ora di cena, spesso non riesco più a tenere gli occhi aperti. Questa debolezza mi fa sentire malata e non è una bella sensazione.


Un trend al ribasso.
La produzione del drenaggio non cala. A volte un po' di più, altre un po' meno, ma nell'ultima settimana non è mai scesa sotto i 500 ml, con una punta di 900. Con questi valori, bisogna fare attenzione al rischio di disidratazione, relativamente facile da gestire, basta bere molto, ma anche alla perdita di minerali e proteine. Domani vado a fare un prelievo di controllo.
Ma, soprattutto, finché non cala, non si comincia nemmeno a intravedere la fine.

Vorrei...
Vorrei un po' di piatta, banale, monotona, noiosa... meravigliosa normalità!

sabato 29 ottobre 2016

Cronache dal divano 3 - Dissesto idrico

Il chirurgo che mi ha visitata giovedì ha rimosso più o meno una dozzina di graffe, tra cui quella che mi faceva male, regalandomi un sollievo immediato. Lunedì ho un nuovo appuntamento, spero che si possano togliere tutti gli altri punti.

Nel tardo pomeriggio di giovedì ho iniziato ad avvertire un fastidio crescente, che dall'inguine si è esteso alla coscia, trasformandosi rapidamente in dolore. Non riuscivo più a stare distesa né seduta, così mi sono alzata dal divano per fare qualche passo, sperando di trovare un po' di sollievo. Appena ho raggiunto il bagno, è iniziata l'alluvione: liquido che colava a fiotti lungo la gamba, raccogliendosi in una pozza sul pavimento. Una cascata da far impallidire il Niagara!


Ho individuato subito la causa del disastro nel tubicino del drenaggio bloccato. Ripristinata la normale circolazione, lo sversamento è cessato. Ho tolto il pigiama e la biancheria inzuppati e mi sono lavata per bene, mentre Renato asciugava e ripuliva il bagno, poi abbiamo sostituito la medicazione bagnata.

La giornata di venerdì è andata meglio: nessun particolare fastidio, medicazione pulita e asciutta, produzione di liquido abbondante, ma regolare, che mi ha permesso una breve uscita nel pomeriggio e l'esperimento di stirare stando seduta: è un po' più lento rispetto alla tradizionale posizione eretta, ma funziona.
All'ora di cena,  potevamo festeggiare le prime 24 ore senza cambio di medicazione.
Al momento di andare a letto, però, la sacca era piena e il drenaggio si è bloccato di nuovo: zampilli che, a confronto, la fontana di Trevi è roba da dilettanti! 



Ancora un pigiama da lavare e una medicazione da rifare. E un macigno di parecchie tonnellate sull'ipotesi di rimuovere il drenaggio che aveva ventilato il chirurgo giovedì: la mia gamba non può assolutamente smaltire da sola un simile volume di liquido. A 14 ore dall'ultima manutenzione, siamo già a 550 ml. E io inizio a pensare che forse  avrei fatto meglio a scegliere ingegneria idraulica.

PS: grazie a Rita per le metafore idrauliche!