Pagine

giovedì 22 dicembre 2016

Chi ha paura della notte?

Mi avevano annunciato l'ecografia per oggi, invece ieri mattina, a sorpresa, si sono presentati nella mia camera quattro medici e un'apparecchiatura eco-doppler. L'esame è durato più di mezz'ora ed è stato molto approfondito: hanno verificato che ci sono ancora un paio di piccole sacche, i residui del linfocele, ma dopo la rimozione del drenaggio non sono aumentate di volume, quindi la dispersione rilevata con la linfoscintigrafia si è fermata e/o il sistema linfatico residuo riesce a riassorbirla. Ottima notizia.
L'eco-doppler ha rilevato anche una fistola artero-venosa, cioè un'arteria collegata direttamente a una vena, senza il tramite dei capillari, nella zona inguinale; presumibilmente si tratta di una complicazione legata all'intervento di ottobre. Questa è una notizia meno buona, perché le arterie lavorano con portate e pressioni maggiori rispetto alle vene e con il tempo questa sollecitazione può comportare l'alterazione delle pareti della vena o la formazione di una rete di varici e richiedere un nuovo intervento chirurgico. Come se non ne avessi già abbastanza...
La situazione attuale comunque non è tale da richiedere un'operazione, quindi hanno deciso di rimandarmi a casa. Il primario inizialmente aveva proposto di dimettermi oggi, poi mi ha chiesto se preferivo anticipare: certo che sì! Un paio d'ore dopo avevo già raccolto armi e bagagli ed ero pronta.
Dopo quaranta giorni consecutivi di ricovero, non vedevo l'ora di andarmene dall'ospedale, non vedevo l'ora di tornare a casa.
Casa. Una parola così piccola per un concetto così grande.
Casa non significa solo pareti, pavimenti e soffitti, ma affetti, familiarità, conforto, sicurezza...
Non ero mai stata lontana da casa per un tempo così lungo e avevo quasi paura di non ritrovarla come la ricordavo, di sentirla estranea, Invece è stato come se fossi uscita pochi minuti prima: ogni cosa come la ricordavo, i suoni, gli odori familiari. Casa mia.
Gandalf mi ha ignorato per qualche ora, probabilmente voleva farmi pagare la lunga assenza. Aki si è comportato come se non me ne fossi mai andata: non è venuto a cercarmi, ma quando mi sono avvicinata ha accettato di buon grado una dose di coccole. Quello che mi ha dato più soddisfazione immediata, tra i felini, è stato senza dubbio Shadow, che mi ha rivolto diversi miagolii di benvenuto e si è avvicinato a mangiare dalla mia mano, lasciando che gli sfiorassi la guancia con il pollice, il contatto più ravvicinato che sia disposto a concedere. Qualche ora dopo anche Gandalf ha deciso di perdonarmi ed è venuto ad acciambellarsi sul divano con me.

Il ritorno a casa però ha avuto anche un lato difficile, che non avevo previsto: l'uscita dall'ambiente protetto dell'ospedale mi ha messo brutalmente di fronte ai miei limiti fisici.
Stare male in ospedale è normale. I dolori, la debolezza, le difficoltà di movimento sono cose che ti aspetti durante un ricovero, in fondo sei lì per quello. A casa risultano molto più pesanti e difficili da accettare.
Ieri, appena arrivata, mi ero istintivamente accucciata per salutare Shadow: lo faccio sempre quando mi avvicino a lui, per rassicurarlo portandomi più vicino al suo livello. Solo che questa volta non sono stata in grado di rialzarmi, i muscoli non rispondevano; mi sono dovuta mettere in ginocchio e tirarmi su goffamente, appoggiandomi al muro. Più tardi, quando ho tentato di salire le scale, ho scoperto che non mi è possibile appoggiarmi sulla gamba destra: devo fare i gradini uno alla volta, caricando solo sulla gamba sinistra, oppure appoggiarmi pesantemente sul corrimano. Ho difficoltà a chinarmi e a sollevare da terra qualcosa che pesi più di un fazzoletto. Non riesco a stare in piedi né seduta su una sedia rigida per più di una decina di minuti. Non ho resistenza, mi stanco subito. A volte la gamba mi fa male e l'inguine è ancora terribilmente rigido.


E poi c'è la notte.
Amo la notte. Di notte posso dormire saporitamente oppure esprimere al meglio la mia creatività: che fosse per riposare o per lavorare, la notte per me è sempre stata un rifugio sicuro.
Nei lunghi giorni di ricovero, invece, la notte è diventata una nemica.
Nelle prime settimane al CRO ho avuto problemi di insonnia: lunghi risvegli notturni, ore passate a guardare il buio fuori dalla finestra. E quando finalmente mi appisolavo, l'oppiaceo disturbava il sonno con vertigini e sogni inquietanti, al confine con le allucinazioni. Dopo è arrivata la nausea. Poi i crampi addominali. Infine, a Mestre, il letto scomodo, la difficoltà di trovare una posizione che non fosse dolorosa, i rumori del reparto e delle compagne di stanza.
Le notti in ospedale non finivano mai. Quattro, cinque, sei, dieci risvegli, guardando l'orologio per scoprire che erano trascorse solo poche decine di minuti dal precedente, aspettando che il cielo iniziasse a impallidire nell'alba.
Ho paura della notte, adesso. Paura di non dormire, di dormire male, di svegliarmi mille volte, di non trovare una posizione comoda, di sentire dolore.
Ieri, paradossalmente, l'avvicinarsi della notte è stato ancora più difficile, perché ero a casa. Avevo il mio letto, il mio materasso comodo, Renato, i gatti... tutto il necessario per una buona notte. E se non fosse bastato? Forse avevo riposto troppe aspettative nel ritorno a casa?
Alla fine è andata sicuramente meglio che in ospedale, non mi sono svegliata con le anche indolenzite, ma non è stata certo quella che si più definire una buona notte di riposo. Mi sono svegliata spesso, a volte solo per pochi secondi, il tempo necessario per cambiare posizione, altre per qualche minuto, una per almeno un'ora.
Sono felicissima di essere tornata a casa, davvero. Però non credevo che sarebbe stato così difficile.

12 commenti:

  1. Congratulazioni Mia!è vero rientrare a casa non è mai semplice..l'ospedale per quanto odiato ci da un senso di protezione.. quantomeno è tollerabile non sentirsi 100%.ma il cammino è in salita..una volta tornati a casa si recupera velocemente (te lo dice una che a vent'anni a causa di un'infezione rara quanto improbabile si fece 6 mesi)e che la colite ulcerosa ha costretto a tanti..ma tanti ricoveri.Natale a casa!!!!evvai!!!!valentina

    RispondiElimina
  2. Evviva!!!Finalmente a casa Mia, tra i tuoi affetti e le tue abitudini. Incrocio le dita affinché vada ogni giorno meglio. Un abbraccio, Isa.

    RispondiElimina
  3. Bentornata a casa, e buone feste!!!

    RispondiElimina
  4. Sono felice del tuo ritorno a casa. Sarai scombussolata, piano piano vedrai che ti riprenderai!!!
    Per il sonno, un consiglio personale: la paura di non dormire è l'ingrediente dell'insonnia. Se hai paura di non dormire, stai sicura che non dormirai. Io quando ho paura (più che altro perchè il giorno dopo devo alzarmi presto) non dormo di sicuro. So che è di poco aiuto ma...:))))
    Un abbraccio
    A.

    RispondiElimina
  5. Credo che 40 notti passate a dormire malissimo ti abbiano scombinato il ritmo sonno-veglia. Vedrai che in pochi gg tutto tornerà alla normalità.

    RispondiElimina
  6. Mia, sono (stra)felice che tu sia finalmente a casa... e per aver vissuto qualcosa di molto simile a suo tempo, dopo 31 giorni di ricovero e complice il troppo cortisone, anche la paura della notte fa parte del pacchetto "back to home".
    Tutto quello che hai descritto, l'angoscia della notte, le lancette che non si spostano mai, la solitudine, e -per me, almeno- anche la paura di uscire dal quadro protetto dell'ospedale e ritrovarmi tra i normali senza nessun segno fisico evidente ma più fragile di prima e con tanti dubbi sul futuro- mi sono cosi' familiari e non sono un bel ricordo... ma è una situazione che non durerà, pian piano riprenderai a dormire, troverai i tuoi (a volte nuovi) ritmi, e un sacco di strategie per soffrire il meno possibile delle difficoltà fisiche siano momentanee o a più' lungo termine. Promesso!
    Io scompaio nella nebbia virtuale (ma non solo) per qualche giorno, vado dai miei suoceri nel nord-est della Francia (la famosa nebbia!!!).
    Un abbraccio, e i miei più cari auguri a tutti voi, da tutti noi
    Michela

    RispondiElimina
  7. Cara Mia, spero che le tue tribolazioni siano alla fine, intanto ti auguro un Natale che ti porti tanta serenità e sollievo, un abbraccio!

    RispondiElimina
  8. Auguri di Buon Natale Verde come la speramza!

    RispondiElimina
  9. Un abbraccio,
    come stai??

    RispondiElimina
  10. Mia, sono sei giorni che non scrivi. Mi manchi.

    RispondiElimina