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lunedì 18 gennaio 2021

Niente conigli

Negli ultimi mesi gli attacchi delle elettroformiche si sono moltiplicati, da 2/3 al mese a 2 alla settimana, a volte resistenti ai farmaci; la gestione iniziava a diventare complicata.
L'anestesista dell'ambulatorio di terapia del dolore mi ha detto che non va bene prendere analgesici solo quando il dolore diventa ingestibile, dovrei assumere quotidianamente farmaci per prevenire gli episodi acuti.
Lo sapete, detesto prendere farmaci, mi sembra sempre una sconfitta, l'ammissione che il mio corpo non ce la fa ad affrontare il problema da solo. I farmaci per la sindrome da arto fantasma, in più, sono psicoattivi, possono influenzare l'umore, indurre sonnolenza, ridurre capacità di concentrazione e provocare assuefazione e dipendenza: una combinazione che me li rende particolarmente difficili da accettare.
Volevo quindi un secondo parere, nella speranza che un medico diverso potesse estrarre un coniglio dal cilindro e propormi una soluzione più gradita.


Avrei voluto affidarmi di nuovo all'anestesista con cui mi ero trovata tanto bene qualche anno fa, ma è andato in pensione. Su consiglio di un'amica che lavora nella stessa struttura, mi sono rivolta a un suo collega. Niente conigli: mi sono dovuta rassegnare a un trattamento quotidiano con due farmaci. 
Il medico ha capito la mia resistenza, ma è stato inflessibile: devo cambiare atteggiamento, modificare la mia cultura del dolore e imparare a considerarlo come una malattia cronica, come l'ipertensione o il diabete, da trattare quotidianamente per evitare episodi acuti. È un grande sforzo mentale, per me.
Il dosaggio è minimo, inferiore a quello standard per questo tipo di patologie, ma gli effetti si sono fatti sentire. Il primo giorno, sabato, ero uno zombie: stordimento, vertigini, vista annebbiata, voce impastata e una sonnolenza invincibile che conoscevo già come effetto dell'antistaminico, che mi rendeva impossibile tenere gli occhi aperti e mi ha fatto dormire per ore sul divano, immobile come un sasso, mentre Renato controllava ogni tanto che respirassi ancora.


Alla sera mi sono fatta accompagnare di sopra da Renato, non mi sentivo tranquilla ad affrontare le scale, e gli ho chiesto di restarmi vicino anche mentre facevo la doccia, poi mi sono infilata a letto, dove finalmente mi sono sentita al sicuro, senza il timore che una vertigine potesse farmi perdere l'equilibrio. 
Sono stata avvolta da una sensazione di benessere e mi sono chiesta se fosse sintetico, finto, effetto dei farmaci. Poi però ho abbracciato Penny, che era raggomitolata con me sotto al piumone, e ho deciso che non era importante, andava benissimo così.
L'anestesista mi ha detto che questi effetti generalmente spariscono dopo i primi 4/5 giorni di trattamento e già ieri stavo meglio, non ho avuto bisogno di dormire durante la giornata e sono anche riuscita a preparare la pizza e la torta. Già, perché oggi è il mio compleanno!


Cinquantadue anni conquistati, gustati, a volte sofferti, ma sempre vissuti. Spero di averne ancora tanti altri.

venerdì 8 gennaio 2021

Incredibile coincidenza

Oggi, ora di pranzo, cucina di casa mia. Sto celebrando il rito del carciofo.
Ciotola con delizioso carciofo "mamma", stufato a lungo in una pentola coperta, immerso fino a metà altezza nell'acqua e abbondantemente ricoperto di pangrattato con aglio, olio e prezzemolo, secondo la ricetta della Maria. Vicino, una ciotola più piccola per gli scarti e un'altra con stracchino cremoso. Una fetta di pane integrale fatto in casa. Un foglio di carta da cucina per pulirmi le mani, perché il carciofo si mangia assolutamente con le mani.
Stacco una foglia per volta - e io non ne tolgo nemmeno una prima di cuocerlo e non le spunto - e con i denti rimuovo delicatamente tutta la polpa, che in bocca si mescola con il pangrattato aromatico. Ogni tanto alterno con un pezzetto di pane spalmato di stracchino. Un paradiso.


Arriva una telefonata. Un'altra. Una terza. Ogni volta per rispondere devo interrompere il rito e pulirmi le mani.
Suona il campanello, c'è un furgone davanti a casa. Corriere? Non aspetto consegne, ma forse Renato ha ordinato qualcosa...
L'autista dice di essere venuto a ritirare la carrozzina. Sono sorpresa e infastidita: senza preavviso? Avrei voluto consegnarla ben pulita, senza impronte di gatto sui braccioli. E mettere nella tasca posteriore il manuale di istruzioni e le cinghie fermapiedi, che avevo tolto perché non mi servono.
Ma l'autista non vuole perdere tempo, dice che il manuale non serve. Almeno le cinghie, però, magari andrà a qualcuno che le utilizza! Per fortuna mi ricordo dove le avevo messe e le recupero in un minuto.
Un modulo, firmi qui, questa è la sua copia, arrivederci e grazie. 
Nemmeno il tempo di salutarla e di ringraziarla per i diciotto mesi di servizio, in cui è stata mia indispensabile e fedele compagna. Via, che l'autista ha fretta!

Torno al mio carciofo e lo finisco con grande soddisfazione. 
Sparecchio, metto i piatti in lavastoviglie e mi avvicino all'albero di Natale per togliere gli addobbi, con un filo di malinconia, ma sorridendo al pensiero che ha superato indenne tutto il periodo delle festività, nonostante la presenza di cinque giovani gatti. 
Quando erano piccoli, sia Aki che Fergus l'avevano quasi demolito, tanto che Renato aveva pensato di non farlo quest'anno, temeva che con quattro piccoli avremmo passato tutto il periodo natalizio a raccogliere addobbi in giro per casa, se non addirittura a raccogliere l'albero rovesciato. Ma io ci tengo tantissimo all'albero di Natale, così ho voluto provare. L'avevamo lasciato nudo per un paio di giorni, per vedere se avrebbero tentato di arrampicarsi, ma nessuno era sembrato particolarmente interessato. Quando ho sistemato le lucine e appeso gli addobbi, Ettore aveva fatto qualche tentativo di giocare, ma era stato sonoramente sgridato e dopo un po' aveva rinunciato. È rimasto addobbato per circa un mese e abbiamo dovuto raccogliere forse cinque volte un solo pendente, che si trovava in una posizione particolarmente sporgente e cadeva facilmente. È stato un trionfo.

Raccolgo tutti gli addobbi nella loro scatola, lascio le lampadine perché toglierle sarebbe molto faticoso, lo farà Renato stasera, quando torna dal lavoro. Appoggio la scatola sul pavimento e mi cade l'occhio sulla ricevuta del ritiro della carrozzina: c'è un errore nell'indirizzo, la via non è la nostra, ma quella parallela. Guardo meglio: il modulo è intestato a un'altra persona. 😲
L'autista ha sbagliato via e per una incredibile coincidenza allo stesso numero civico ha trovato un'altra persona a cui doveva essere ritirata una carrozzina.
A questo punto potrei pensare che vincere al Superenalotto non sia impossibile, dopotutto. Ok, per avere la possibilità di vincere dovrei almeno giocare, ma sono dettagli...


P.S. ritengo che la coincidenza sia stata ampiamente favorita dalla presenza sulla colonnina del cancello di questo biglietto:


mercoledì 6 gennaio 2021

Godersi la vita

Sono stata lontana dal blog per qualche giorno perché ero molto impegnata a godermi la vita, letteralmente. In questo periodo festivo, con più tempo libero a disposizione, ho apprezzato particolarmente il semplice fatto di essere viva e di stare (quasi sempre) bene.

Ho assaporato ogni minuto di benessere, e sono stati tanti. Mi sono incantata a guardare l'albero di Natale sbrilluccicante e a rivedere la saga di Harry Potter. Ho passato ore sul divano con Renato a seguire in TV film e programmi di cucina. Mi sono intenerita abbracciando Ettore e tuffando il naso nel pelo morbido di Fergus, mi sono persa mille volte negli occhioni dolci di Penny, ho sentito ogni notte il calore di Aki acciambellato dietro la mia gamba, ho sorriso alle pose buffe di Edison, sono rimasta rintanata fino a tardi sotto al piumone con Matilde. Ho bevuto tanto tè e mangiato meno pandoro di quanto avrei voluto. Ho cucinato cose buone.


Ho sopportato con filosofica pazienza i momenti di disagio, mi sono rassegnata ai farmaci per superare qualche notte di troppo infestata dalle elettroformiche, ho accettato i miei limiti con una buona dose di stoicismo.
Mi sono tenuta lontana da polemiche e discussioni. Ho ascoltato e osservato, in silenzio, una società in cui le difficoltà legate al coronavirus amplificano le polarizzazioni ed evidenziano gli estremi, facendo risaltare, in modi diversi, le persone straordinarie e quelle meschine. 

Ho lavorato nei giorni feriali e un po' anche il giorno di Natale, perché non può essere festa se una famiglia rimane al freddo.
Mi sono fermata ogni tanto senza fare nulla, solo ad ascoltare il tempo che passava, ma senza per questo perderlo, gustandone invece ogni minuto.
Ho vissuto intensamente pur senza muovermi da casa, perché sono così ricca, che non ho bisogno di uscire per sentirmi viva. Posso mangiare quando ho fame, bere quando ho sete, dormire (quasi sempre) quando ho sonno, curarmi quando sto male, scaldarmi se fa freddo. Ho qui con me Renato e i gatti. Posso leggere, scrivere, giocare, navigare in rete, guardare la televisione. Ho la fortuna di vivere in un'epoca in cui la tecnologia mi permette di mantenere i contatti con le persone care anche senza incontrarle di persona. Posso addirittura fare acquisti senza muovermi dal divano. 
Sono immensamente grata per tutto questo. 


Provo grande tristezza per coloro a cui il virus ha portato via familiari e amici, per chi è separato dai propri affetti e ha dovuto trascorrere queste settimane da solo, per chi ha perso il lavoro e si trova in condizioni economiche difficili. A tutti loro auguro di trovare la speranza.