Eravamo rimasti in attesa dell'appuntamento per la biopsia.
Cambio di programma: il primario di radiologia ha voluto prima una risonanza magnetica del bacino con mezzo di contrasto, richiesta più che sensata, perché la RM "vede" cose che la TAC non vede e viceversa, quindi è un completamento di indagine assolutamente appropriato.
Appuntamento velocissimo, già il 28 dicembre. Ottimo: Renato era in ferie e poteva accompagnarmi.
Ho vissuto la situazione con assoluta serenità fino al momento di infilarmi nel tunnel, anzi, anche per i successivi venti minuti.
Poi è iniziato il dolore.
Prima sordo, poi sempre più intenso, alla fine lancinante. Dall'inguine al ginocchio, la mia gamba destra era solo dolore. Per la prima volta in tredici anni di onorata carriera oncologica, ho dovuto suonare il campanello per chiedere una pausa: avevo assolutamente bisogno di cambiare posizione almeno per un po', non ce la facevo davvero più.
I tecnici sono riusciti a risolvere temporaneamente la situazione inserendo un ulteriore rialzo sotto al ginocchio, poi hanno avviato l'infusione del mezzo di contrasto e completato rapidamente l'esame. Sono stati gentilissimi e comprensivi, ma io ero mortificata per non essere riuscita a resistere fino in fondo. Sicuramente l'interruzione mi ha fatto saltare almeno una sequenza di indagine, forse anche più di una, ma mi hanno assicurato che la parte che siamo riusciti a completare sarebbe stata sufficiente.
Mentre mi rivestivo, sono comparse le solite macchie rosse sul petto, spalle e schiena, che mi hanno fatto vincere una flebo di soluzione fisiologica, per accelerare lo smaltimento del mezzo di contrasto, e una dose supplementare di antistaminico, oltre a quello che avevo già preso due ore prima dell'esame. Ho dormito come un sasso per sedici delle successive venti ore.
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domenica 30 dicembre 2018
venerdì 21 dicembre 2018
Regali sotto l'albero
Ieri ho iniziato ad aprire i primi regali di Natale.
Erano in una busta con il logo del Centro di Riferimento Oncologico, bruttina, niente di che, certo non uno di quei pacchetti infiocchettati e sbrilluccicanti che conquistano già prima dell'apertura.
Dentro la busta, un CD e due fogli; sui fogli, le risposte della TAC:
Con le festività natalizie imminenti, difficilmente riusciranno a programmare la biopsia prima di fine anno, è più probabile che venga fissata a inizio gennaio, mi faranno sapere.
Non è un dramma, o almeno non ancora; può essere una recidiva, al momento è l'ipotesi più probabile, ma non è detto, quindi non fatene una tragedia. Non sono in punto di morte: la mia dipartita è certa, come quella di chiunque altro, ma non imminente e ho cose più divertenti da fare che consolarvi per la mia (possibile) malattia.
Non sto nemmeno tanto male, anzi. La frattura del bacino non mi sta creando particolari problemi, è sostanzialmente una crepa dell'osso, probabilmente presente già da qualche mese e quasi asintomatica.
Negli ultimi giorni anche il ginocchio mi ha dato tregua, qualche doloretto, ma non le stilettate feroci delle settimane precedenti. Non che non voglia dargli fiducia, apprezzo la buona volontà che dimostra in questi giorni, ma ho prenotato una risonanza magnetica per capire perché mi ha fatto vedere le stelle per quasi un mese.
Nel frattempo mi godo i regali veri; quelli ricevuti e quelli da fare, tantissimi, che ho iniziato a sistemare sotto l'albero già da qualche settimana e che riempiono di allegria il mio salotto.
E quelli, ancora più belli, che non si possono incartare: l'affetto di familiari e amici, le fusa di Aki e Gandalf, le giornate che da domani inizieranno di nuovo ad allungarsi, i sorrisi su cui capita sempre di inciampare.
Sarà un Natale bellissimo.
Erano in una busta con il logo del Centro di Riferimento Oncologico, bruttina, niente di che, certo non uno di quei pacchetti infiocchettati e sbrilluccicanti che conquistano già prima dell'apertura.
Dentro la busta, un CD e due fogli; sui fogli, le risposte della TAC:
- peggioramento ed estensione delle alterazioni nella zona inguinale
- frattura spontanea del bacino e osso quasi sbriciolato intorno all'inserzione del femore
- il nodulo al polmone leggermente ridotto, ma con nuove strie fibrotiche
Con le festività natalizie imminenti, difficilmente riusciranno a programmare la biopsia prima di fine anno, è più probabile che venga fissata a inizio gennaio, mi faranno sapere.
Non è un dramma, o almeno non ancora; può essere una recidiva, al momento è l'ipotesi più probabile, ma non è detto, quindi non fatene una tragedia. Non sono in punto di morte: la mia dipartita è certa, come quella di chiunque altro, ma non imminente e ho cose più divertenti da fare che consolarvi per la mia (possibile) malattia.
Non sto nemmeno tanto male, anzi. La frattura del bacino non mi sta creando particolari problemi, è sostanzialmente una crepa dell'osso, probabilmente presente già da qualche mese e quasi asintomatica.
Negli ultimi giorni anche il ginocchio mi ha dato tregua, qualche doloretto, ma non le stilettate feroci delle settimane precedenti. Non che non voglia dargli fiducia, apprezzo la buona volontà che dimostra in questi giorni, ma ho prenotato una risonanza magnetica per capire perché mi ha fatto vedere le stelle per quasi un mese.
E quelli, ancora più belli, che non si possono incartare: l'affetto di familiari e amici, le fusa di Aki e Gandalf, le giornate che da domani inizieranno di nuovo ad allungarsi, i sorrisi su cui capita sempre di inciampare.
mercoledì 19 dicembre 2018
Il buono dell'attesa
Sono in attesa dell'esito della TAC.
Fin dall'inizio del mio viaggio sul pianeta cancro ho patito le attese.
Attesa per gli esami, per gli esiti degli esami, per le visite, per gli interventi... Giorni, settimane, a volte mesi. Non per niente ci chiamano "pazienti"!
L'attesa alimenta l'incertezza e la paura: è una enorme fonte di ansia.
Non è possibile sopportare una simile tensione così spesso per così tanti anni, quindi già in occasione della prima ricaduta ho cominciato a elaborare qualche strategia per gestire questo tipo di stress.
"Non ci pensare" non è una soluzione praticabile.
È impossibile non pensare a qualcosa che condiziona profondamente la propria vita. Anzi, secondo me è necessario pensarci, è l'unico modo per scendere a patti con la malattia, per trovarle un posto in cui dia meno fastidio possibile. Ma non si può lasciare che questi pensieri invadano tutto, altrimenti non c'è più spazio per vivere.
La prima strategia che ho messo a punto, già in occasione della prima recidiva, è stata quella di delimitare gli spazi da dedicare all'attesa: ogni giorno mi ritagliavo un po' di tempo per pensare a cosa sarebbe potuto succedere, di solito mentre guidavo l'auto durante gli spostamenti di lavoro oppure alla sera, prima di addormentarmi. Al di fuori di quegli spazi, cercavo di pensare ad altro.
All'inizio mi è servita parecchia disciplina per rispettare i limiti che mi ero posta, ma con il tempo è diventato sempre più facile, al punto che sono arrivate intere giornate in cui il pensiero di ciò che stavo aspettando non mi sfiorava nemmeno.
Negli ultimi tre anni, con due recidive molto vicine tra loro e tutti i problemi successivi, le attese si sono affollate e moltiplicate. I controlli molto ravvicinati mi hanno lasciato pause brevissime tra la fine di un ciclo di esami e visite e l'inizio del successivo e spesso anche queste pause sono state cariche di attesa per i risultati incerti dei controlli precedenti. Eppure queste attese non sono state difficili come temevo.
La cosa più importante che ho imparato nei miei tredici anni a braccetto con il cancro è stata che devo cercare di raccogliere ogni briciola di ciò che di buono incontro nel mio cammino. Finalmente ho trovato qualcosa di buono anche nell'attesa.
È vero che l'attesa è incertezza, ma nell'attesa si può sperare in un esito positivo, si può sognare un futuro luminoso.
Finché dura l'attesa, tutto è ancora possibile.
Fin dall'inizio del mio viaggio sul pianeta cancro ho patito le attese.
Attesa per gli esami, per gli esiti degli esami, per le visite, per gli interventi... Giorni, settimane, a volte mesi. Non per niente ci chiamano "pazienti"!
L'attesa alimenta l'incertezza e la paura: è una enorme fonte di ansia.
Non è possibile sopportare una simile tensione così spesso per così tanti anni, quindi già in occasione della prima ricaduta ho cominciato a elaborare qualche strategia per gestire questo tipo di stress.
"Non ci pensare" non è una soluzione praticabile.
È impossibile non pensare a qualcosa che condiziona profondamente la propria vita. Anzi, secondo me è necessario pensarci, è l'unico modo per scendere a patti con la malattia, per trovarle un posto in cui dia meno fastidio possibile. Ma non si può lasciare che questi pensieri invadano tutto, altrimenti non c'è più spazio per vivere.
La prima strategia che ho messo a punto, già in occasione della prima recidiva, è stata quella di delimitare gli spazi da dedicare all'attesa: ogni giorno mi ritagliavo un po' di tempo per pensare a cosa sarebbe potuto succedere, di solito mentre guidavo l'auto durante gli spostamenti di lavoro oppure alla sera, prima di addormentarmi. Al di fuori di quegli spazi, cercavo di pensare ad altro.
All'inizio mi è servita parecchia disciplina per rispettare i limiti che mi ero posta, ma con il tempo è diventato sempre più facile, al punto che sono arrivate intere giornate in cui il pensiero di ciò che stavo aspettando non mi sfiorava nemmeno.
Negli ultimi tre anni, con due recidive molto vicine tra loro e tutti i problemi successivi, le attese si sono affollate e moltiplicate. I controlli molto ravvicinati mi hanno lasciato pause brevissime tra la fine di un ciclo di esami e visite e l'inizio del successivo e spesso anche queste pause sono state cariche di attesa per i risultati incerti dei controlli precedenti. Eppure queste attese non sono state difficili come temevo.
La cosa più importante che ho imparato nei miei tredici anni a braccetto con il cancro è stata che devo cercare di raccogliere ogni briciola di ciò che di buono incontro nel mio cammino. Finalmente ho trovato qualcosa di buono anche nell'attesa.
È vero che l'attesa è incertezza, ma nell'attesa si può sperare in un esito positivo, si può sognare un futuro luminoso.
Finché dura l'attesa, tutto è ancora possibile.
giovedì 6 dicembre 2018
Conversazioni domestiche - 18
Io: "Se ti mangi anche i miei biscotti, me ne devi comperare di più."
Lui: "Li ho mangiati perché i miei erano finiti."
Io (paziente): "D'accordo, allora comprane di più dei tuoi."
Lui: "No! Se ne compero di più, poi li mangio!"
Ineccepibile logica maschile.
Lui: "Li ho mangiati perché i miei erano finiti."
Io (paziente): "D'accordo, allora comprane di più dei tuoi."
Lui: "No! Se ne compero di più, poi li mangio!"
Ineccepibile logica maschile.
domenica 2 dicembre 2018
Circolo vizioso
Non mi faccio mai mancare niente.
Non bastavano le formiche, le fitte da neurite, i crampi muscolari e l'intorpidimento che nelle ultime settimane mi hanno reso particolarmente difficile muovermi. Un paio di settimane fa si è aggiunto anche un dolore molto intenso al ginocchio.
Nessun sovraccarico, nessun movimento strano: ero sul divano, ho piegato leggermente la gamba per alzarmi ed è partita una pugnalata appena sotto la rotula. Dopo un paio di giorni il dolore si è ridotto, ma poi è peggiorato di nuovo, senza motivo apparente.
Tra una decina di giorni ho la TAC, vedremo di cosa si tratta.
Nel frattempo, zoppico abbondantemente e dormo male.
Di notte, se non cambio spesso posizione, mi fanno male l'inguine e la schiena. Ogni volta che cambio posizione, mi fa male il ginocchio.
Non bastavano le formiche, le fitte da neurite, i crampi muscolari e l'intorpidimento che nelle ultime settimane mi hanno reso particolarmente difficile muovermi. Un paio di settimane fa si è aggiunto anche un dolore molto intenso al ginocchio.
Nessun sovraccarico, nessun movimento strano: ero sul divano, ho piegato leggermente la gamba per alzarmi ed è partita una pugnalata appena sotto la rotula. Dopo un paio di giorni il dolore si è ridotto, ma poi è peggiorato di nuovo, senza motivo apparente.
Tra una decina di giorni ho la TAC, vedremo di cosa si tratta.
Nel frattempo, zoppico abbondantemente e dormo male.
Di notte, se non cambio spesso posizione, mi fanno male l'inguine e la schiena. Ogni volta che cambio posizione, mi fa male il ginocchio.