Finalmente la nonnetta se n'è andata, trasferita in geriatria. Stava diventando pesantemente lamentosa e mi costringeva in uno stato di perenne prenombra a causa di una patologia degli occhi che le rende fastidiosa la luce.
Dieci secondi netti dopo la sua uscita, le veneziane erano finalmente aperte e le luci accese: sia fatta la luce!
Le giornate qui scorrono all'insegna della noia, in attesa della linfoscintigrafia che dovrebbe fornire ai chirurghi le informazioni necessarie per decidere come intervenire. È un esame lungo, capisco che sia difficile programmarlo da un giorno all'altro, ma vorrei almeno sapere quando è previsto.
Ieri pomeriggio, a sorpresa, mi hanno portato in oncologia per un consulto, il cui scopo non era chiaro né a me, né all'oncologa. Le ho raccontato la mia storia clinica, mi ha visitato e ha steso un referto piuttosto generico. Un diversivo rispetto alla monotonia delle ore in reparto, scandite dai passaggi del personale sanitario e ausiliario e consumate tra WhatsApp (grazie ZiaCris!), e-reader e tablet (grazie Pigna!), aspettando la visita quotidiana di Renato, che ogni giorno si sobbarca tre ore di viaggio per passare cinquanta minuti con me. Viene in treno. Sì, in auto sarebbe più veloce. Ma anche molto più faticoso, pericoloso e costoso: c'è un bel tratto di autostrada a due corsie, sempre affollato di mezzi pesanti e di deficienti che pensano di essere su un circuito di Formula 1, spesso teatro di incidenti, talvolta con conseguenze tragiche.
Io conto i minuti che mi separano dal suo arrivo, l'unico momento luminoso di queste giornate per il resto buie e tristi, in cui ogni giorno qualcosa va storto.
I crampi sì sono progressivamente attenuati fino quasi a scomparire. In compenso, ieri sera si è staccata la base del sacchetto di drenaggio, con relativo inzuppamento di lenzuola e biancheria. Mi sono dovuta arrangiare a sostituirla da sola, mentre l'infermiera di turno era impegnata con un paziente appena arrivato dalla rianimazione. Poi mi sono lavata e cambiata, ma ho dovuto attendere un bel po' per farmi cambiare le lenzuola. Sono tornata a letto stanca e avvilita, con le lacrime che non volevano fermarsi.
Oggi invece il mio intestino ha dichiarato di averne abbastanza. Credo che venti giorni di antibiotici siano oltre il suo livello di sopportazione, e non posso nemmeno dargli torto. Diarrea.
Che periodo di merda!
Pagine
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mercoledì 30 novembre 2016
lunedì 28 novembre 2016
Orgoglio veneto
Da queste parti ci si annoia parecchio. La conversazione con la nonnetta novantenne è piuttosto limitata. In compenso, di notte si fa ben sentire, russando come un trombone, tanto che la sento anche con i tappi per le orecchie.
Dal mio letto guardo la finestra della camera. No, non è una finestra. È una vetrata sigillata, che si affaccia sul gigantesco atrio dell'ospedale. Un po' triste.
Tra le veneziane e l'intelaiatura delle vetrate esterne, intravedo le bandiere issate di fronte all'ospedale. Oggi garrivano allegre al vento, di tanto in tanto illuminate da un raggio di sole.
Quella dell'Europa, blu con il cerchio di stelle.
Quella italiana. Almeno credo, perché riesco a vedere solo il bianco e il rosso, ma mi pare ragionevole che la parte che non vedo sia verde.
Una che non riesco a vedere, è completamente nascosta da uno dei montanti della vetrata esterna.
L'ultima è rossa e gialla, con il leone di San Marco: la splendida bandiera della Serenissima.
Ne deduco che quella intermedia che non riesco a vedere sia della Regione Veneto, ispirata a quella di Venezia ma con più colori e con gli stemmi delle province.
Un'esplosione di orgoglio veneto, sicuramente giustificata dalla qualità di questo ospedale, però...
Però facciamo che il Veneto esca dalla preistoria informatica e abiliti i suoi ospedali alla trasmissione telematica all'INPS dei certificati di ricovero? Perché nel 2016 è veramente ridicolo dover gestire ancora certificati cartacei.
E facciamo che la televisione in camera si possa utilizzare senza pagare 3,50 euro al giorno?
E che magari ci sia il WiFi gratuito?
Ecco, questo darebbe un certo impulso al mio "orgoglio veneto", che in questo momento è decisamente surclassato da una certa "invidia friulana". Perché "di là da l'aghe" queste cose ci sono.
Rapido aggiornamento medico.
Nessuna novità di rilievo. I medici hanno iniziato a valutare il mio caso e spero che in un paio di giorni prendano una decisione.
Io combatto ancora con i crampi addominali, a volte dolorosissimi, altre più leggeri, a intervalli di diverse ore o di pochi minuti. Temo che possano essere collegati a un problema identificato con l'ultima TAC: un laparocele, una lacerazione della parete addominale da cui fuoriesce un'ansa intestinale. Con questo si vince un altro giro in sala operatoria. Potete immaginare quanto mi entusiasmi questa prospettiva.
Dal mio letto guardo la finestra della camera. No, non è una finestra. È una vetrata sigillata, che si affaccia sul gigantesco atrio dell'ospedale. Un po' triste.
Tra le veneziane e l'intelaiatura delle vetrate esterne, intravedo le bandiere issate di fronte all'ospedale. Oggi garrivano allegre al vento, di tanto in tanto illuminate da un raggio di sole.
Quella dell'Europa, blu con il cerchio di stelle.
Quella italiana. Almeno credo, perché riesco a vedere solo il bianco e il rosso, ma mi pare ragionevole che la parte che non vedo sia verde.
Una che non riesco a vedere, è completamente nascosta da uno dei montanti della vetrata esterna.
L'ultima è rossa e gialla, con il leone di San Marco: la splendida bandiera della Serenissima.
Ne deduco che quella intermedia che non riesco a vedere sia della Regione Veneto, ispirata a quella di Venezia ma con più colori e con gli stemmi delle province.
Un'esplosione di orgoglio veneto, sicuramente giustificata dalla qualità di questo ospedale, però...
Però facciamo che il Veneto esca dalla preistoria informatica e abiliti i suoi ospedali alla trasmissione telematica all'INPS dei certificati di ricovero? Perché nel 2016 è veramente ridicolo dover gestire ancora certificati cartacei.
E facciamo che la televisione in camera si possa utilizzare senza pagare 3,50 euro al giorno?
E che magari ci sia il WiFi gratuito?
Ecco, questo darebbe un certo impulso al mio "orgoglio veneto", che in questo momento è decisamente surclassato da una certa "invidia friulana". Perché "di là da l'aghe" queste cose ci sono.
Rapido aggiornamento medico.
Nessuna novità di rilievo. I medici hanno iniziato a valutare il mio caso e spero che in un paio di giorni prendano una decisione.
Io combatto ancora con i crampi addominali, a volte dolorosissimi, altre più leggeri, a intervalli di diverse ore o di pochi minuti. Temo che possano essere collegati a un problema identificato con l'ultima TAC: un laparocele, una lacerazione della parete addominale da cui fuoriesce un'ansa intestinale. Con questo si vince un altro giro in sala operatoria. Potete immaginare quanto mi entusiasmi questa prospettiva.
domenica 27 novembre 2016
Odori
La partenza per l'ospedale di Mestre, prevista verso le 9, è stata forzatamente ritardata di un paio d'ore, che ho trascorso vomitando anche l'anima e piegata in due dal dolore di una colica addominale.
Dopo molta sofferenza e tre flebo, finalmente siamo riusciti a partire.
Appena la sedia a rotelle con cui mi hanno portato fino alla macchina ha superato le porte a vetri del CRO, ho respirato. Aria, aria vera. Odore di foglie, di erba, di pioggia, di autunno, di montagna, di umidità. Odori veri, vivi, così diversi da quelli del reparto.
Ero affamata di odori. L'asfalto umido, l'interno dell'auto. La bocchetta dell'aria aperta e lo scialle addosso, per fare entrare l'aria esterna e i suoi odori senza raffreddarmi.
Il viaggio in macchina è durato circa un'ora. Ho tenuto a portata di mano il sacchetto per le emergenze, ma fortunatamente non ce n'è stato bisogno. Ho evitato di parlare più dello stretto indispensabile, ignorato i messaggi sul cellulare e guardato avanti, concentrandomi su alcuni elementi del paesaggio. Non indovinerete mai quali.
Tralicci.
Ho passato il tempo a guardare tralicci. Con un certo interesse professionale, dato che il mio primo cliente, con cui collaboro ormai da quasi vent'anni, produce tralicci. Da loro ho imparato che quello nella foto è un "palo gatto", perché la forma ricorda quella di un gatto. O che si può determinare se una linea elettrica è a bassa, media o alta tensione dal numero di isolatori installati.
Traliccio dopo traliccio, siamo arrivati alla tangenziale di Mestre. C'era un cartello che indicava la via per il mare è quando l'ho visto mi è sembrato di sentire il profumo della sabbia umida di salsedine.
Il navigatore e la segnaletica stradale, chiarissima, ci hanno portato senza esitazione all'Ospedale dell'Angelo.
Un po' di traffico per recuperare una carrozzina, dato che sono in grado di camminare solo per tratti molto brevi, poi l'accesso al reparto, con una breve attesa dovuta al nostro ritardo, ci aspettavano due ore prima.
L'odore del reparto di chirurgia vascolare è abbastanza gradevole, mi ricorda un po' le caramelle alla frutta.
Mi hanno sistemato in una stanza con vista sul giardino interno, una specie di serra gigante. Il mio letto però non è vicino alla finestra, dove c'è invece un'arzilla novantenne molto gentile.
Unico neo: qui non ci sono i letti a comando elettrico. Potrebbe sembrare una sciocchezza, ma per me al CRO è stata una grandissima comodità. Poter regolare facilmente e in autonomia l'inclinazione dello schienale e il rialzo sotto alle ginocchia mi è stato di grandissimo aiuto per dormire comodamente ed evitare il mal di schiena.
Sembra che la nausea abbia mollato un po' là presa. Io sono convinta che la scorpacciata di odori buoni sia stata di aiuto.
La nuova avventura è iniziata. Speriamo porti buoni frutti.
Dopo molta sofferenza e tre flebo, finalmente siamo riusciti a partire.
Appena la sedia a rotelle con cui mi hanno portato fino alla macchina ha superato le porte a vetri del CRO, ho respirato. Aria, aria vera. Odore di foglie, di erba, di pioggia, di autunno, di montagna, di umidità. Odori veri, vivi, così diversi da quelli del reparto.
Ero affamata di odori. L'asfalto umido, l'interno dell'auto. La bocchetta dell'aria aperta e lo scialle addosso, per fare entrare l'aria esterna e i suoi odori senza raffreddarmi.
Il viaggio in macchina è durato circa un'ora. Ho tenuto a portata di mano il sacchetto per le emergenze, ma fortunatamente non ce n'è stato bisogno. Ho evitato di parlare più dello stretto indispensabile, ignorato i messaggi sul cellulare e guardato avanti, concentrandomi su alcuni elementi del paesaggio. Non indovinerete mai quali.
Tralicci.
Ho passato il tempo a guardare tralicci. Con un certo interesse professionale, dato che il mio primo cliente, con cui collaboro ormai da quasi vent'anni, produce tralicci. Da loro ho imparato che quello nella foto è un "palo gatto", perché la forma ricorda quella di un gatto. O che si può determinare se una linea elettrica è a bassa, media o alta tensione dal numero di isolatori installati.
Traliccio dopo traliccio, siamo arrivati alla tangenziale di Mestre. C'era un cartello che indicava la via per il mare è quando l'ho visto mi è sembrato di sentire il profumo della sabbia umida di salsedine.
Il navigatore e la segnaletica stradale, chiarissima, ci hanno portato senza esitazione all'Ospedale dell'Angelo.
Un po' di traffico per recuperare una carrozzina, dato che sono in grado di camminare solo per tratti molto brevi, poi l'accesso al reparto, con una breve attesa dovuta al nostro ritardo, ci aspettavano due ore prima.
L'odore del reparto di chirurgia vascolare è abbastanza gradevole, mi ricorda un po' le caramelle alla frutta.
Mi hanno sistemato in una stanza con vista sul giardino interno, una specie di serra gigante. Il mio letto però non è vicino alla finestra, dove c'è invece un'arzilla novantenne molto gentile.
Unico neo: qui non ci sono i letti a comando elettrico. Potrebbe sembrare una sciocchezza, ma per me al CRO è stata una grandissima comodità. Poter regolare facilmente e in autonomia l'inclinazione dello schienale e il rialzo sotto alle ginocchia mi è stato di grandissimo aiuto per dormire comodamente ed evitare il mal di schiena.
Sembra che la nausea abbia mollato un po' là presa. Io sono convinta che la scorpacciata di odori buoni sia stata di aiuto.
La nuova avventura è iniziata. Speriamo porti buoni frutti.
sabato 26 novembre 2016
Cronache dal CRO 17 - Si cambia
La nausea mi ha dato tregua per qualche giorno, ma ieri sera e stamattina si è ripresentata, ospite quanto mai sgradita.
Non so perché sia così affezionata a me. Io la odio.
Ho sospeso l'analgesico, dato che i dolori si sono ridotti a un livello perfettamente sopportabile, almeno per me. Ormai prendo solo l'antibiotico, che per i primi tre giorni non mi ha dato problemi, e l'antiemetico, inizialmente quando non riuscivo più a sopportare la nausea, ma ora il medico me l'ha inserito a intervalli fissi, per prevenirla. Solo che non sappiamo perché viene.
Forse, semplicemente, non ne posso più. Di questi fori nella gamba che spurgano, di questa grossa palla, tesa, dolente e infiammata, appena sotto l'inguine. Dell'odore, dei sapori, di stare male, di stare qui. Anche se le persone che mi assistono sono davvero meravigliose e si fanno in quattro per aiutarmi a stare meglio. Dovreste vedere le espressioni costernate quando entrano in camera e mi trovano con il sacchetto per il vomito in mano.
È ora di cambiare.
Domani mi trasferisco in un altro ospedale in cui c'è un'equipe di microchirurgia dei vasi linfatici che ritiene di potermi essere di aiuto per "chiudere i rubinetti" e risolvere il problema del gocciolamento una volta per tutte.
Spero che sia vero.
Perché voglio tornare a casa.
Non so perché sia così affezionata a me. Io la odio.
Ho sospeso l'analgesico, dato che i dolori si sono ridotti a un livello perfettamente sopportabile, almeno per me. Ormai prendo solo l'antibiotico, che per i primi tre giorni non mi ha dato problemi, e l'antiemetico, inizialmente quando non riuscivo più a sopportare la nausea, ma ora il medico me l'ha inserito a intervalli fissi, per prevenirla. Solo che non sappiamo perché viene.
Forse, semplicemente, non ne posso più. Di questi fori nella gamba che spurgano, di questa grossa palla, tesa, dolente e infiammata, appena sotto l'inguine. Dell'odore, dei sapori, di stare male, di stare qui. Anche se le persone che mi assistono sono davvero meravigliose e si fanno in quattro per aiutarmi a stare meglio. Dovreste vedere le espressioni costernate quando entrano in camera e mi trovano con il sacchetto per il vomito in mano.
È ora di cambiare.
Domani mi trasferisco in un altro ospedale in cui c'è un'equipe di microchirurgia dei vasi linfatici che ritiene di potermi essere di aiuto per "chiudere i rubinetti" e risolvere il problema del gocciolamento una volta per tutte.
Spero che sia vero.
Perché voglio tornare a casa.
mercoledì 23 novembre 2016
Cronache dal CRO 16 - Cammino impervio
Sono stata davvero male negli ultimi giorni.
Il piccolo foro che si era aperto domenica lungo la cicatrice si è allargato. Stamattina mi hanno dovuto togliere l'ennesimo drenaggio, perché ormai il tubo fuoriusciva dalla ferita.
Nausea e vomito non mi hanno dato tregua, mi sembrava di essere tornata agli ultimi giorni di chemioterapia, quando non riuscivo nemmeno più a bere. Ieri ho dovuto chiedere una flebo idratante, oltre all'antiemetico.
Sono arrivata al limite della sopportazione, e poi oltre. Credo di aver pianto più negli ultimi cinque giorni che nei precedenti cinque anni, se si escludono i funerali.
Ieri sera però c'è stata una svolta. La nausea era iniziata quando mi avevano cambiato antibiotico, era ragionevole pensare che le due cose fossero collegate. Il medico di turno ha scelto nuovo antibiotico tra quelli che l'antibiogramma aveva indicato come efficaci. Sembra che ci abbiamo azzeccato.
Una buona notte di sonno, disturbata solo un po' dai gorgoglii del drenaggio, e poi sono rinata. Risveglio senza nausea. Ho fatto un po' di colazione e chiacchierato piacevolmente con una mia coetanea, che ha diviso con me la camera solo per qualche ora. Un peccato, perché è veramente una persona piacevole.
Ho pranzato. Un pasto leggero e scarso, ma più di quanto fossi riuscita a trattenere nello stomaco nei due giorni precedenti. Ho ricevuto alcune visite, fatto un pisolino, guardato Masha e Orso, bevuto il tè. Ancora niente nausea. Un sogno.
Certo i problemi non sono finiti, ma almeno ora posso tornare a ragionare con un minimo di lucidità e a guardare avanti.
E grazie, grazie di cuore a chi mi è stato vicino in mille modi.
Auguro a tutti voi di essere circondati da persone come quelle che mi stanno tenendo per mano, fisicamente e virtualmente, in questo tratto così impervio del mio viaggio.
Il piccolo foro che si era aperto domenica lungo la cicatrice si è allargato. Stamattina mi hanno dovuto togliere l'ennesimo drenaggio, perché ormai il tubo fuoriusciva dalla ferita.
Nausea e vomito non mi hanno dato tregua, mi sembrava di essere tornata agli ultimi giorni di chemioterapia, quando non riuscivo nemmeno più a bere. Ieri ho dovuto chiedere una flebo idratante, oltre all'antiemetico.
Sono arrivata al limite della sopportazione, e poi oltre. Credo di aver pianto più negli ultimi cinque giorni che nei precedenti cinque anni, se si escludono i funerali.
Ieri sera però c'è stata una svolta. La nausea era iniziata quando mi avevano cambiato antibiotico, era ragionevole pensare che le due cose fossero collegate. Il medico di turno ha scelto nuovo antibiotico tra quelli che l'antibiogramma aveva indicato come efficaci. Sembra che ci abbiamo azzeccato.
Una buona notte di sonno, disturbata solo un po' dai gorgoglii del drenaggio, e poi sono rinata. Risveglio senza nausea. Ho fatto un po' di colazione e chiacchierato piacevolmente con una mia coetanea, che ha diviso con me la camera solo per qualche ora. Un peccato, perché è veramente una persona piacevole.
Ho pranzato. Un pasto leggero e scarso, ma più di quanto fossi riuscita a trattenere nello stomaco nei due giorni precedenti. Ho ricevuto alcune visite, fatto un pisolino, guardato Masha e Orso, bevuto il tè. Ancora niente nausea. Un sogno.
Certo i problemi non sono finiti, ma almeno ora posso tornare a ragionare con un minimo di lucidità e a guardare avanti.
E grazie, grazie di cuore a chi mi è stato vicino in mille modi.
Auguro a tutti voi di essere circondati da persone come quelle che mi stanno tenendo per mano, fisicamente e virtualmente, in questo tratto così impervio del mio viaggio.
domenica 20 novembre 2016
Cronache dal CRO 15 - Di simpatia, genio e disastri
Ieri stavo facendo qualche battuta sulla mia compagna di stanza, che è un po' lamentosa. Però poi ci ho ragionato su. Anche lei è al quarto intervento chirurgico e negli ultimi due anni è passata da una chemio all'altra. Insomma, il diritto di lamentarsi un po' se l'è ben guadagnato.
E chi sono io per giudicare?
Dai messaggi che ricevo, mi sono convinta che molti lettori che mi conoscono solo attraverso il blog, abbiano un'idea di me decisamente troppo benevola. Non sono poi così simpatica.
Il blog è una forma di comunicazione mediata: scrivo, rileggo, correggo... E inevitabilmente cerco di dare una buona immagine di me. Non racconto balle, ma di certo evito di mettere in evidenza le mie meschinità. Quindi prendetemi con le pinze: non è tutto oro quello che luccica.
Figuratevi che quando ho la nausea arrivo a starmi antipatica da sola... e in questi giorni ne ho avuta parecchia e ringrazio davvero di cuore chi mi sta sopportando con infinita pazienza.
Tra tutti questi straordinari supporter, una ieri si è distinta in particolare.
Dopo una settimana di lavoro, tra i mille impegni di una famiglia numerosa, ha trovato il tempo di dedicarsi a me.
Ieri sera è arrivata qui con un pacchetto, frutto di una solida esperienza personale in tema di nausea, maturata con tre gravidanze e diversi cicli di chemioterapia: prosciutto crudo.
E non uno qualsiasi, ma quello straordinario di un piccolo produttore locale.
Io stavo faticosamente cercando di trattenere nello stomaco il poco che avevo mangiato a cena e sono rimasta un po' perplessa, ma lei mi ha invitato a provare: un cibo salato poteva essere di aiuto.
Un boccone. Due. Tre. Mezza fetta. Una fetta. E la nausea non si è più fatta sentire per almeno dieci ore.
Un genio e basta.
Stamattina non sono stata altrettanto fortunata.
Mentre mi tiravo su per la colazione, ho sentito la gamba umida. Il sacchetto del drenaggio era quasi vuoto, ma poco più in alto si era aperto un nuovo foro sulla pelle, che gocciolava abbondantemente.
Ho suonato il campanello per chiedere aiuto, ma la cosa è andata per le lunghe, perché l'infermiera aveva decisamente sottovalutato la situazione, riferendo al medico solo che c'era da rifare una medicazione. Dopo quattro gentili solleciti a intervenire e due episodi di vomito, ormai inzuppata e tremante, sono passata al turpiloquio.
Ho vinto subito la flebo di antiemetico, idratazione con elettroliti e mascherina dell'ossigeno.
Come avevo immaginato, il drenaggio era completamente otturato e la pressione interna aveva fatto riaprire un piccolo tratto della ferita chirurgica. Tolto anche questo tubicino e lasciati i fori aperti, ben coperti di garze.
Più tardi è stato necessario l'intervento di un anestesista per piazzare una nuova agocannula, dopo che la terza in dieci giorni aveva dato forfait e l'infermiera, dopo avermi massacrato la mano senza successo, aveva rinunciato.
Io sarei stanca.
E chi sono io per giudicare?
Dai messaggi che ricevo, mi sono convinta che molti lettori che mi conoscono solo attraverso il blog, abbiano un'idea di me decisamente troppo benevola. Non sono poi così simpatica.
Il blog è una forma di comunicazione mediata: scrivo, rileggo, correggo... E inevitabilmente cerco di dare una buona immagine di me. Non racconto balle, ma di certo evito di mettere in evidenza le mie meschinità. Quindi prendetemi con le pinze: non è tutto oro quello che luccica.
Figuratevi che quando ho la nausea arrivo a starmi antipatica da sola... e in questi giorni ne ho avuta parecchia e ringrazio davvero di cuore chi mi sta sopportando con infinita pazienza.
Tra tutti questi straordinari supporter, una ieri si è distinta in particolare.
Dopo una settimana di lavoro, tra i mille impegni di una famiglia numerosa, ha trovato il tempo di dedicarsi a me.
Ieri sera è arrivata qui con un pacchetto, frutto di una solida esperienza personale in tema di nausea, maturata con tre gravidanze e diversi cicli di chemioterapia: prosciutto crudo.
E non uno qualsiasi, ma quello straordinario di un piccolo produttore locale.
Io stavo faticosamente cercando di trattenere nello stomaco il poco che avevo mangiato a cena e sono rimasta un po' perplessa, ma lei mi ha invitato a provare: un cibo salato poteva essere di aiuto.
Un boccone. Due. Tre. Mezza fetta. Una fetta. E la nausea non si è più fatta sentire per almeno dieci ore.
Un genio e basta.
Stamattina non sono stata altrettanto fortunata.
Mentre mi tiravo su per la colazione, ho sentito la gamba umida. Il sacchetto del drenaggio era quasi vuoto, ma poco più in alto si era aperto un nuovo foro sulla pelle, che gocciolava abbondantemente.
Ho suonato il campanello per chiedere aiuto, ma la cosa è andata per le lunghe, perché l'infermiera aveva decisamente sottovalutato la situazione, riferendo al medico solo che c'era da rifare una medicazione. Dopo quattro gentili solleciti a intervenire e due episodi di vomito, ormai inzuppata e tremante, sono passata al turpiloquio.
Ho vinto subito la flebo di antiemetico, idratazione con elettroliti e mascherina dell'ossigeno.
Come avevo immaginato, il drenaggio era completamente otturato e la pressione interna aveva fatto riaprire un piccolo tratto della ferita chirurgica. Tolto anche questo tubicino e lasciati i fori aperti, ben coperti di garze.
Più tardi è stato necessario l'intervento di un anestesista per piazzare una nuova agocannula, dopo che la terza in dieci giorni aveva dato forfait e l'infermiera, dopo avermi massacrato la mano senza successo, aveva rinunciato.
Io sarei stanca.
sabato 19 novembre 2016
Cronache dal CRO 14 - Miraggi
Quando l'eccezione diventa quotidianità, la normalità inizia ad apparire come un miraggio.
Dopo tre giorni di faticosa convivenza con nausea e vomito, di ostinato impegno per mandare giù qualcosa di leggero e trattenerlo nello stomaco, la possibilità di trarre qualche piacere dal cibo mi sembra quasi un'utopia aliena. Eppure di solito sono ben più di una buona forchetta. Un buon forcone, direi.
(l'immagine sarebbe più aderente alla realtà se al posto della torta ci fosse un pezzo di formaggio o una pizza, ma qui non ho a disposizione adeguati mezzi informatici per modificarla)
So che è una situazione transitoria e che prima o poi recupererò il gusto per il cibo. È successo anche nove anni fa, quando ho fatto la chemioterapia: la nausea era così debilitante che non riuscivo quasi a immaginare di poter mangiare di nuovo con gusto, invece già tre giorni dopo la fine dell'infusione la situazione era tornata, se non proprio normale, più che accettabile.
Confido che accadrà di nuovo e la nausea tornerà ad essere un orribile ricordo.
L'emocoltura ha identificato l'ospite indesiderato, il batterio E-Coli. Lunedì il laboratorio dovrebbe fornire l'antibiogramma, il prospetto di efficacia di diversi tipi di antibiotici rispetto a questo batterio, che permetterà di scegliere il farmaco più adatto per debellarlo.
Nel frattempo, il drenaggio lavora senza sosta e la circonferenza della gamba si riduce un pochino ogni giorno, anche se la pelle rimane piuttosto arrossata e calda.
Andiamo avanti, piano, un giorno alla volta, un'ora alla volta.
Dopo tre giorni di faticosa convivenza con nausea e vomito, di ostinato impegno per mandare giù qualcosa di leggero e trattenerlo nello stomaco, la possibilità di trarre qualche piacere dal cibo mi sembra quasi un'utopia aliena. Eppure di solito sono ben più di una buona forchetta. Un buon forcone, direi.
(l'immagine sarebbe più aderente alla realtà se al posto della torta ci fosse un pezzo di formaggio o una pizza, ma qui non ho a disposizione adeguati mezzi informatici per modificarla)
So che è una situazione transitoria e che prima o poi recupererò il gusto per il cibo. È successo anche nove anni fa, quando ho fatto la chemioterapia: la nausea era così debilitante che non riuscivo quasi a immaginare di poter mangiare di nuovo con gusto, invece già tre giorni dopo la fine dell'infusione la situazione era tornata, se non proprio normale, più che accettabile.
Confido che accadrà di nuovo e la nausea tornerà ad essere un orribile ricordo.
L'emocoltura ha identificato l'ospite indesiderato, il batterio E-Coli. Lunedì il laboratorio dovrebbe fornire l'antibiogramma, il prospetto di efficacia di diversi tipi di antibiotici rispetto a questo batterio, che permetterà di scegliere il farmaco più adatto per debellarlo.
Nel frattempo, il drenaggio lavora senza sosta e la circonferenza della gamba si riduce un pochino ogni giorno, anche se la pelle rimane piuttosto arrossata e calda.
Andiamo avanti, piano, un giorno alla volta, un'ora alla volta.
giovedì 17 novembre 2016
Cronache dal CRO 13 - Finirà?
Oggi brutta giornata.
Risveglio con febbre e malessere generale. Ho passato la mattina a sudare freddo.
Mi hanno aspirato un paio di siringhe di liquido dalla gamba e inserito un nuovo drenaggio, operazione non particolarmente dolorosa, ma evidentemente stressante per il mio fisico già pesantemente provato.
Il resto della giornata è passato alle prese con problemi di vertigini, nausea e vomito.
Ho un pessimo rapporto con la nausea, fisico e psicologico. Mi distrugge.
E sono tanto stanca.
PS: per favore, evitate perle di saggezza del tipo "Coraggio, prima o poi passerà". Certo che passerà, alla fine tutto passa, se non altro quando si muore. Ma io sto male adesso. Oggi. E ieri. E il giorno prima, e quello prima ancora...
Risveglio con febbre e malessere generale. Ho passato la mattina a sudare freddo.
Mi hanno aspirato un paio di siringhe di liquido dalla gamba e inserito un nuovo drenaggio, operazione non particolarmente dolorosa, ma evidentemente stressante per il mio fisico già pesantemente provato.
Il resto della giornata è passato alle prese con problemi di vertigini, nausea e vomito.
Ho un pessimo rapporto con la nausea, fisico e psicologico. Mi distrugge.
E sono tanto stanca.
PS: per favore, evitate perle di saggezza del tipo "Coraggio, prima o poi passerà". Certo che passerà, alla fine tutto passa, se non altro quando si muore. Ma io sto male adesso. Oggi. E ieri. E il giorno prima, e quello prima ancora...
martedì 15 novembre 2016
Cronache dal CRO 12 - Alti e bassi
Ieri ho avuto una buona giornata, la prima senza febbre, dopo una notte di sonno ristoratore. La gamba sembrava un po' meno gonfia e riuscivo a muovermi con relativa facilità.
La TAC ha confermato la presenza di una voluminosa sacca di liquido nell'inguine. Il foro del drenaggio continua a produrre abbondantemente, a livelli ormai confrontabili con quando c'era ancora il tubicino interno.
Ieri è arrivata la nuova compagna di stanza, da Catania. Discreta e silenziosa lei, molto meno i figli, appassionati spettatori di TV spazzatura e poco rispettosi degli orari di visita e dei volumi di conversazione appropriati per un ospedale.
Oggi giornata più difficile. Notte quasi insonne, gamba piuttosto rigida e qualche dolore in più all'inguine. Che se magari il medico evita di premerci anche sopra, è meglio.
Ci vuole tanta pazienza. La mia, inizia a incrinarsi e, qualche volta, ci scappa una lacrima.
La TAC ha confermato la presenza di una voluminosa sacca di liquido nell'inguine. Il foro del drenaggio continua a produrre abbondantemente, a livelli ormai confrontabili con quando c'era ancora il tubicino interno.
Ieri è arrivata la nuova compagna di stanza, da Catania. Discreta e silenziosa lei, molto meno i figli, appassionati spettatori di TV spazzatura e poco rispettosi degli orari di visita e dei volumi di conversazione appropriati per un ospedale.
Oggi giornata più difficile. Notte quasi insonne, gamba piuttosto rigida e qualche dolore in più all'inguine. Che se magari il medico evita di premerci anche sopra, è meglio.
Ci vuole tanta pazienza. La mia, inizia a incrinarsi e, qualche volta, ci scappa una lacrima.
sabato 12 novembre 2016
Cronache dal CRO 11 - Venere
Rimane l'invito a evitare visite e telefonate, ma con un po' di pazienza, dovrei riuscire a spiegare come sono finita di nuovo qui.
Tra lunedì e martedì, il drenaggio si è bloccato definitivamente, trasformando la notte in un incubo di dolore e gonfiore. Martedì mattina prima delle otto ero già al CRO, in modo che il chirurgo potesse vedermi prima di entrare in sala operatoria. Preso atto della situazione, ha sfilato il tubo dalla gamba e ho passato le successive due ore a zampillare come una fontana, mentre il dolore veniva sostituito dal sollievo.
Dopo aver inzuppato quattro o cinque grossi pacchi di garze, mi hanno applicato un sacchetto da stomia, soluzione meno efficace del drenaggio perché raccoglie solo i liquidi superficiali che escono spontaneamente dal foro, senza aspirare in profondità.
Sono tornata a casa, ma nel pomeriggio, si è bloccato anche il sacchetto e ha iniziato a salirmi la febbre. A furia di camminare e massaggiare, sono riuscita a rimuovere il grumo di fibre filamentose che aveva provocato l'ostruzione e ho fatto scendere la febbre con l'aiuto di un antipiretico, ma nel frattempo la gamba aveva cominciato a gonfiarsi dolorosamente. Mercoledì ho cercato di gestire la situazione camminando e massaggiando, per facilitare il deflusso della linfa. Alla sera la febbre è salita parecchio, accompagnata da brividi di freddo. Ho passato la notte battendo i denti sotto al piumone. Più due coperte. Più una trapunta.
Giovedì mattina Renato mi ha riportato al CRO, febbricitante e in preda a nausea, conati di vomito, brividi e dolori lancinanti. Già, perché nel frattempo anche il nodulo del gluteo aveva deciso di unirsi alla festa, probabilmente irritato dal gonfiore della gamba, coinvolgendo anche il nervo sciatico, per cui il dolore arrivava ormai dappertutto, dall'inguine alle dita del piede, davanti e dietro, e non riuscivo quasi più a muovere la gamba. La coscia era bollente, gonfia, congestionata e arrossata, l'inguine rigido come un pezzo di legno.
I medici sono rimasti colpiti: non mi avevano mai visto così sofferente e hanno deciso di ricoverarmi... nello stesso letto del mese scorso. In camera ho ritrovato una delle compagne di tavolo del precedente ricovero, anche lei rientrata a causa di problemi con un drenaggio. Finalmente una compagna di stanza simpatica e più o meno della mia età... infatti è stata dimessa il giorno seguente.
Hanno iniziato subito a somministrarmi soluzioni idratanti con elettroliti, antibiotico e antipiretico. Nel pomeriggio è venuto a visitarmi un anestesista, che dopo un esame scrupoloso mi ha prescritto una terapia del dolore a base di un potente oppiaceo, che ho accolto con gratitudine, nonostante la mia storica riluttanza ad assumere analgesici. Tanto per dare un'idea di che cosa sto parlando, si tratta di un farmaco più potente della morfina, che non mi annulla i dolori, li rende solo sopportabili.
In tarda mattinata ho fatto un'ecografia. Indovina, indovinello? C'è un linfocele di dieci centimetri nei tessuti profondi dall'inguine! Tanto per non perdere le vecchie abitudini...
Riepilogando.
Il foro del drenaggio spurga molto poco, meno di un quarto rispetto a quando c'era il tubicino. Tutto il resto si accumula nella gamba, che ha una circonferenza di oltre 90 centimetri e sembra un blocco di marmo. Chiamatemi Venere.
Tra lunedì e martedì, il drenaggio si è bloccato definitivamente, trasformando la notte in un incubo di dolore e gonfiore. Martedì mattina prima delle otto ero già al CRO, in modo che il chirurgo potesse vedermi prima di entrare in sala operatoria. Preso atto della situazione, ha sfilato il tubo dalla gamba e ho passato le successive due ore a zampillare come una fontana, mentre il dolore veniva sostituito dal sollievo.
Dopo aver inzuppato quattro o cinque grossi pacchi di garze, mi hanno applicato un sacchetto da stomia, soluzione meno efficace del drenaggio perché raccoglie solo i liquidi superficiali che escono spontaneamente dal foro, senza aspirare in profondità.
Sono tornata a casa, ma nel pomeriggio, si è bloccato anche il sacchetto e ha iniziato a salirmi la febbre. A furia di camminare e massaggiare, sono riuscita a rimuovere il grumo di fibre filamentose che aveva provocato l'ostruzione e ho fatto scendere la febbre con l'aiuto di un antipiretico, ma nel frattempo la gamba aveva cominciato a gonfiarsi dolorosamente. Mercoledì ho cercato di gestire la situazione camminando e massaggiando, per facilitare il deflusso della linfa. Alla sera la febbre è salita parecchio, accompagnata da brividi di freddo. Ho passato la notte battendo i denti sotto al piumone. Più due coperte. Più una trapunta.
Giovedì mattina Renato mi ha riportato al CRO, febbricitante e in preda a nausea, conati di vomito, brividi e dolori lancinanti. Già, perché nel frattempo anche il nodulo del gluteo aveva deciso di unirsi alla festa, probabilmente irritato dal gonfiore della gamba, coinvolgendo anche il nervo sciatico, per cui il dolore arrivava ormai dappertutto, dall'inguine alle dita del piede, davanti e dietro, e non riuscivo quasi più a muovere la gamba. La coscia era bollente, gonfia, congestionata e arrossata, l'inguine rigido come un pezzo di legno.
Hanno iniziato subito a somministrarmi soluzioni idratanti con elettroliti, antibiotico e antipiretico. Nel pomeriggio è venuto a visitarmi un anestesista, che dopo un esame scrupoloso mi ha prescritto una terapia del dolore a base di un potente oppiaceo, che ho accolto con gratitudine, nonostante la mia storica riluttanza ad assumere analgesici. Tanto per dare un'idea di che cosa sto parlando, si tratta di un farmaco più potente della morfina, che non mi annulla i dolori, li rende solo sopportabili.
In tarda mattinata ho fatto un'ecografia. Indovina, indovinello? C'è un linfocele di dieci centimetri nei tessuti profondi dall'inguine! Tanto per non perdere le vecchie abitudini...
Riepilogando.
La febbre sale e scende nel corso della giornata in modo apparentemente casuale, con punte oltre 39°.
L'oppiaceo mi aiuta a sopportare il dolore, al prezzo di forte sonnolenza, vertigini, nausea e rischio di sviluppare dipendenza, perché qui non si prospettano soluzioni a breve. Il foro del drenaggio spurga molto poco, meno di un quarto rispetto a quando c'era il tubicino. Tutto il resto si accumula nella gamba, che ha una circonferenza di oltre 90 centimetri e sembra un blocco di marmo. Chiamatemi Venere.
giovedì 10 novembre 2016
Cronache dal CRO 10 - Di nuovo
Giorni impegnativi. Difficili. Pesanti.
Giorni di merda, per essere precisi.
Dolore, febbre, dolore, brividi, dolore, nausea, dolore, vomito, dolore.
E sono di nuovo ricoverata.
Non telefonate, non venite a trovarmi, abbiate pazienza se non rispondo ai messaggi.
Grazie.
Giorni di merda, per essere precisi.
Dolore, febbre, dolore, brividi, dolore, nausea, dolore, vomito, dolore.
E sono di nuovo ricoverata.
Non telefonate, non venite a trovarmi, abbiate pazienza se non rispondo ai messaggi.
Grazie.
venerdì 4 novembre 2016
Cronache dal divano 5 - Il bastone e la carota
La medicazione domestica di ieri ha confermato il sospetto del giorno precedente: garza sporca, arrossamento, infiammazione, dolore: infezione intorno al foro del drenaggio.
Stamattina avevo appuntamento per la medicazione.
Per prima cosa, il chirurgo ha rimosso tutti i punti. Operazione un po' dolorosa, ma poi il sollievo è stato immediato e ho apprezzato subito una maggiore facilità di movimento, Sto facendo il conto alla rovescia per la rimozione definitiva dei cerotti dall'inguine, che potrà avvenire domani o dopodomani.
Il medico ha confermato il principio di infezione sul drenaggio, ma a suo parere non è preoccupante, da trattare semplicemente con applicazione di crema antibiotica. La medicazione è stata rifatta con cerotti ipoallergenici, nella speranza di risparmiare un poco la mia pelle martoriata.
L'esito dell'esame istologico è pronto, anche se non me l'hanno ancora consegnato perché manca la validazione del patologo.
Abbiamo una new entry: il tumore che è stato rimosso era un sarcoma a cellule fusate, diverso da tutti i precedenti: un nuovo pezzo per la mia collezione! Che conferma il mio sospetto di un difetto di fabbrica nel mio codice genetico: le mie cellule degenerano in sarcomi con inquietante facilità.
Grado di malignità 2, un livello intermedio in una scala da 1 a 3.
Confermata anche l'infiltrazione sull'osso del bacino, che è decisamente una pessima notizia.
Martedì l'equipe sarcomi del CRO discuterà il mio caso nella riunione multidisciplinare per definire un programma terapeutico, poi mi daranno appuntamento con il mio oncologo per discuterne.
Usciti dal CRO, io e Renato ci siamo concessi un pasto consolatorio in un ristorante poco lontano, in cui avevamo già avuto diverse buone esperienze gastronomiche. Mi sono costruita un menu autunnale assolutamente delizioso: tortino di Montasio con funghi porcini, ravioli di patate e speck conditi con burro e ricotta affumicata e per finire funghi trifolati con una deliziosa polenta semi integrale. Nel caso qualcuno non se ne fosse accorto, io adoro i funghi!
Lo stress combinato della medicazione e delle notizie non proprio incoraggianti sul fronte istologico si è fatto sentire: subito dopo pranzo mi è precipitata addosso una cappa di stanchezza pesante come piombo e appena arrivata a casa sono crollata sul divano e mi sono addormentata. Credo sia stata una risposta difensiva del mio organismo: dopo le bastonate ricevute, il cervello aveva bisogno di spegnersi per un po'.
Ora... Non lo so.
Non guardo troppo avanti, affronto un problema per volta. Intanto c'è da gestire il drenaggio, che supera ancora abbondantemente il mezzo litro al giorno, e la relativa infezione. Poi sentirò cosa mi propongono i medici.
Eventualmente, posso sempre tornare a dormire.
Stamattina avevo appuntamento per la medicazione.
Per prima cosa, il chirurgo ha rimosso tutti i punti. Operazione un po' dolorosa, ma poi il sollievo è stato immediato e ho apprezzato subito una maggiore facilità di movimento, Sto facendo il conto alla rovescia per la rimozione definitiva dei cerotti dall'inguine, che potrà avvenire domani o dopodomani.
Il medico ha confermato il principio di infezione sul drenaggio, ma a suo parere non è preoccupante, da trattare semplicemente con applicazione di crema antibiotica. La medicazione è stata rifatta con cerotti ipoallergenici, nella speranza di risparmiare un poco la mia pelle martoriata.
L'esito dell'esame istologico è pronto, anche se non me l'hanno ancora consegnato perché manca la validazione del patologo.
Abbiamo una new entry: il tumore che è stato rimosso era un sarcoma a cellule fusate, diverso da tutti i precedenti: un nuovo pezzo per la mia collezione! Che conferma il mio sospetto di un difetto di fabbrica nel mio codice genetico: le mie cellule degenerano in sarcomi con inquietante facilità.
Grado di malignità 2, un livello intermedio in una scala da 1 a 3.
Confermata anche l'infiltrazione sull'osso del bacino, che è decisamente una pessima notizia.
Martedì l'equipe sarcomi del CRO discuterà il mio caso nella riunione multidisciplinare per definire un programma terapeutico, poi mi daranno appuntamento con il mio oncologo per discuterne.
Usciti dal CRO, io e Renato ci siamo concessi un pasto consolatorio in un ristorante poco lontano, in cui avevamo già avuto diverse buone esperienze gastronomiche. Mi sono costruita un menu autunnale assolutamente delizioso: tortino di Montasio con funghi porcini, ravioli di patate e speck conditi con burro e ricotta affumicata e per finire funghi trifolati con una deliziosa polenta semi integrale. Nel caso qualcuno non se ne fosse accorto, io adoro i funghi!
Lo stress combinato della medicazione e delle notizie non proprio incoraggianti sul fronte istologico si è fatto sentire: subito dopo pranzo mi è precipitata addosso una cappa di stanchezza pesante come piombo e appena arrivata a casa sono crollata sul divano e mi sono addormentata. Credo sia stata una risposta difensiva del mio organismo: dopo le bastonate ricevute, il cervello aveva bisogno di spegnersi per un po'.
Ora... Non lo so.
Non guardo troppo avanti, affronto un problema per volta. Intanto c'è da gestire il drenaggio, che supera ancora abbondantemente il mezzo litro al giorno, e la relativa infezione. Poi sentirò cosa mi propongono i medici.
Eventualmente, posso sempre tornare a dormire.
mercoledì 2 novembre 2016
Cronache dal divano 4 - Vorrei...
Fare una doccia.
Una doccia vera, con l'acqua che mi scorre addosso. Sono tre settimane che non la faccio e mi manca.
Mi lavo ogni giorno con la spugna, Renato mi aiuta a raggiungere i punti più difficili e a lavarmi i capelli. Sono pulita, ma non è la stessa cosa.
Zoppicare con dignità.
Non pretendo un portamento elegante, che comunque non mi appartiene, e nemmeno il mio consueto passo da bersagliere, lungo e deciso. Zoppicare è accettabile, ma zoppicare a gambe larghe, come una papera claudicante che se l'è fatta addosso, no. È brutto, è faticoso, è dannoso per la schiena e per le ginocchia. Ma con i punti e il drenaggio sulla parte interna della coscia, non riesco a fare di meglio.
Fare da sola.
Mi pesa tanto dover chiedere aiuto anche per le cose più banali. Lo so che chi si offre di aiutarmi - e sono tanti - lo fa volentieri e con il cuore, ma preferirei non dover approfittare così spesso di questa generosità.
Sganciarmi dal guinzaglio.
Muoversi con la sacca del drenaggio è scomodo. Devo fare attenzione a non schiacciare il tubo, a non attorcigliarlo, a non farlo impigliare su qualsiasi sporgenza, a non inciamparci su quando cammino. Non ho mai le mani completamente libere, devo raccogliere e posare la sacca cento volte al giorno e sistemarla oltre il bordo del letto alla sera.
Salvare la pelle.
In senso letterale, non figurato. Be', anche figurato, in effetti.
I punti tirano. Non me ne hanno tolti altri: il chirurgo che mi ha visitata lunedì ha ritenuto più prudente lasciarli, visto che a volte il drenaggio si interrompe e la gamba si gonfia, mettendo in tensione la ferita.
I cerotti tirano. Ormai anche le salviette emollienti hanno un'efficacia limitata, la pelle è arrossata, screpolate, dolente e la medicazione è un momento sempre più doloroso.
Ieri sera abbiamo scoperto un arrossamento sospetto nella zona del foro del drenaggio, a cui oggi si è aggiunto un dolore pungente, che sussurra una parola inquietante: infezione.
L'esito dell'istologico.
Sono passate tre settimane dall'intervento e ancora non ho notizie dell'esame istologico del nodulo e dei tessuti circostanti. Che magari sarà una bastonata, come i tre precedenti, ma preferisco comunque sapere come stanno le cose, piuttosto che macerarmi nell'attesa.
Dormire serena.
Il drenaggio disturba il mio sonno e non solo fisicamente. Le posizioni possibili non sono molte e ogni spostamento è un traffico, perché devo fare attenzione a non schiacciare né tirare il tubo e a non sollecitare la ferita. E poi c'è l'ansia perché potrebbe gocciolare, bloccarsi o entrambe le cose, quindi mi sveglio diverse volte ogni notte per controllarlo.
Una ricarica di energia.
Oggi ho lavorato al PC per circa quattro ore, un po' al mattino e un po' al pomeriggio, e sono stanchissima. All'ora di cena, spesso non riesco più a tenere gli occhi aperti. Questa debolezza mi fa sentire malata e non è una bella sensazione.
Un trend al ribasso.
La produzione del drenaggio non cala. A volte un po' di più, altre un po' meno, ma nell'ultima settimana non è mai scesa sotto i 500 ml, con una punta di 900. Con questi valori, bisogna fare attenzione al rischio di disidratazione, relativamente facile da gestire, basta bere molto, ma anche alla perdita di minerali e proteine. Domani vado a fare un prelievo di controllo.
Ma, soprattutto, finché non cala, non si comincia nemmeno a intravedere la fine.
Vorrei...
Vorrei un po' di piatta, banale, monotona, noiosa... meravigliosa normalità!
Una doccia vera, con l'acqua che mi scorre addosso. Sono tre settimane che non la faccio e mi manca.
Mi lavo ogni giorno con la spugna, Renato mi aiuta a raggiungere i punti più difficili e a lavarmi i capelli. Sono pulita, ma non è la stessa cosa.
Zoppicare con dignità.
Non pretendo un portamento elegante, che comunque non mi appartiene, e nemmeno il mio consueto passo da bersagliere, lungo e deciso. Zoppicare è accettabile, ma zoppicare a gambe larghe, come una papera claudicante che se l'è fatta addosso, no. È brutto, è faticoso, è dannoso per la schiena e per le ginocchia. Ma con i punti e il drenaggio sulla parte interna della coscia, non riesco a fare di meglio.
Fare da sola.
Mi pesa tanto dover chiedere aiuto anche per le cose più banali. Lo so che chi si offre di aiutarmi - e sono tanti - lo fa volentieri e con il cuore, ma preferirei non dover approfittare così spesso di questa generosità.
Sganciarmi dal guinzaglio.
Muoversi con la sacca del drenaggio è scomodo. Devo fare attenzione a non schiacciare il tubo, a non attorcigliarlo, a non farlo impigliare su qualsiasi sporgenza, a non inciamparci su quando cammino. Non ho mai le mani completamente libere, devo raccogliere e posare la sacca cento volte al giorno e sistemarla oltre il bordo del letto alla sera.
Salvare la pelle.
In senso letterale, non figurato. Be', anche figurato, in effetti.
I punti tirano. Non me ne hanno tolti altri: il chirurgo che mi ha visitata lunedì ha ritenuto più prudente lasciarli, visto che a volte il drenaggio si interrompe e la gamba si gonfia, mettendo in tensione la ferita.
I cerotti tirano. Ormai anche le salviette emollienti hanno un'efficacia limitata, la pelle è arrossata, screpolate, dolente e la medicazione è un momento sempre più doloroso.
Ieri sera abbiamo scoperto un arrossamento sospetto nella zona del foro del drenaggio, a cui oggi si è aggiunto un dolore pungente, che sussurra una parola inquietante: infezione.
L'esito dell'istologico.
Sono passate tre settimane dall'intervento e ancora non ho notizie dell'esame istologico del nodulo e dei tessuti circostanti. Che magari sarà una bastonata, come i tre precedenti, ma preferisco comunque sapere come stanno le cose, piuttosto che macerarmi nell'attesa.
Dormire serena.
Il drenaggio disturba il mio sonno e non solo fisicamente. Le posizioni possibili non sono molte e ogni spostamento è un traffico, perché devo fare attenzione a non schiacciare né tirare il tubo e a non sollecitare la ferita. E poi c'è l'ansia perché potrebbe gocciolare, bloccarsi o entrambe le cose, quindi mi sveglio diverse volte ogni notte per controllarlo.
Una ricarica di energia.
Oggi ho lavorato al PC per circa quattro ore, un po' al mattino e un po' al pomeriggio, e sono stanchissima. All'ora di cena, spesso non riesco più a tenere gli occhi aperti. Questa debolezza mi fa sentire malata e non è una bella sensazione.
Un trend al ribasso.
La produzione del drenaggio non cala. A volte un po' di più, altre un po' meno, ma nell'ultima settimana non è mai scesa sotto i 500 ml, con una punta di 900. Con questi valori, bisogna fare attenzione al rischio di disidratazione, relativamente facile da gestire, basta bere molto, ma anche alla perdita di minerali e proteine. Domani vado a fare un prelievo di controllo.
Ma, soprattutto, finché non cala, non si comincia nemmeno a intravedere la fine.
Vorrei...
Vorrei un po' di piatta, banale, monotona, noiosa... meravigliosa normalità!