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sabato 18 giugno 2011

Appunti di viaggio 3 - Puglia, Campania e Lazio

Questa volta si vola.
L'aereo decolla da Venezia e ho previsto di partire da casa con molto anticipo, perché non si sa mai: il traffico, il parcheggio nuovo, perché in quello in cui avevo lasciato l'auto l'ultima volta cercano di fare i furbetti e non rilasciare la ricevuta, i controlli di sicurezza, il rischio di overbooking... Meglio essere prudenti.
Ma non ho fatto i conti con la tecnologia.
Non posso viaggiare con il mio gigantesco notebook da 17" che sarebbe già da solo un bagaglio a mano, mi sono appena comprata un trolley nuovo nuovo, leggerissimo e maneggevole, e dentro ci deve stare tutto quello che mi serve per questi tre giorni, quindi mi porto "il piccoletto", il netbook che mi ha regalato Renato in occasione della vacanza in Islanda, perfetto come computer da viaggio. Solo che ci devo caricare tutti i files che mi servono per il lavoro e la cosa si rivela molto più lunga del previsto: l'archivio è grande e la velocità di copia limitata. Finisce che parto da casa con mezz'ora di ritardo rispetto a quanto avevo programmato, ma niente paura: mi ero lasciata davvero un buon margine, mentre trasferivo i files sul netbook ho fatto il check-in online e per fortuna non si verifica nessuno dei "non si sa mai"; in aeroporto ho addirittura il tempo di accendere il piccoletto e lavorare per una ventina di minuti prima dell'imbarco.
Il volo fino a Bari è tranquillo, l'atterraggio un po' meno: probabilmente c'è vento forte, perché balliamo un po' appena prima di toccare terra. Per un momento rimpiango di non aver preso la Xamamina, ma fortunatamente finisce in fretta.

Trovo ad aspettarmi il mio referente locale e partiamo subito per Lecce.
È il mio primo viaggio in Puglia e mi guardo attorno cercando di assorbire le immagini di questa terra: fichi d'india, fiori e ulivi, tantissimi ulivi, enormi, antichi, monumentali. Questo è il loro posto, non i nostri giardini del nord, dove ogni inverno è una scommessa contro il gelo e dove mai potranno raggiungere la maestosità delle loro terre.

Ma le olive qui non sono l'unico frutto prezioso: si vedono ovunque foreste di tronchi altissimi, bianchi e lisci, e campi con foglie rettangolari, lucide come specchi: sono le pale eoliche e i pannelli fotovoltaici che trasformano il vento e il sole in energia pulita. E sono tanti, tantissimi: le colline dell'entroterra sono disseminate di turbine eoliche, i nuovi campi fotovoltaici si alternano ai tradizionali uliveti, ai frutteti e ai campi coltivati e tutte le tettoie delle stazioni di servizio sono coperte di pannelli solari. La Puglia ha scommesso sulle energie rinnovabili e può soltanto vincere.
A sinistra si vede il mare, una tavola di zaffiro che sussurra di acque limpide e fondali da esplorare, e la costa con i villaggi turistici sparsi a pizzichi, ancora lontani dall'organizzatissimo turistificio dell'alto Adriatico, con le sue schiere ordinate e ininterrotte di alberghi e ombrelloni, dal Friuli alle Marche.

A Lecce ci accolgono una serata grigia e piovigginosa e uno splendido hotel, modernissimo, con una doccia grande più o meno come l'intero bagno di casa mia.
Dopo la riunione di lavoro, prima di cena abbiamo giusto il tempo per una breve passeggiata in centro, dove scopro ben due teatri romani, e una collezione di gioielli di architettura barocca che culmina nella piazza del Duomo, uno splendore che mi lascia a bocca aperta.
Tra i garriti dei rondoni che sfrecciano tra i palazzi raggiungiamo il ristorante giusto in tempo per evitare la pioggia. Gli "assaggi" dell'antipasto sono già da soli una cena: un susseguirsi di delizie, un tripudio di gusto, con tante verdure saporitissime. E poi le sagne 'ncannulate al pomodoro e cacioricotta, che segnano definitivamente l'inizio del mio idillio con la cucina pugliese.

La mattina seguente è dedicata al lavoro, poi si parte per Napoli. Ripercorriamo la strada verso Bari, tra gli uliveti e il mare, poi svoltiamo verso l'entroterra; una sosta in autogrill per uno spuntino e poi scavalchiamo l'Appennino, scivolando tra le valli dell'Irpinia fino ad avvistare il Vesuvio.
Alla periferia di Napoli aggiriamo cumuli di rifiuti per raggiungere l'ufficio di zona, dove ci attende il responsabile locale.
Questo mio primo incontro con Napoli scalfisce un bel po' di pregiudizi: mi rendo conto che l'apparente caos di questa città ha in realtà una sua logica e una sua coerenza: è vero che non sarei capace di districarmi in questo traffico, ma ho la sensazione che ci sia una sorta di codice cavalleresco tra gli automobilisti, per cui si cerca di passare avanti, ma mai con cattiveria, è una specie di gioco in cui vince il più svelto, ma chi perde non se la prende e ci ride su. Bisogna venirci di persona per respirare la grande carica di umanità dei napoletani, perché da lontano si vedono solo i problemi, che ci sono e sono tanti e gravi, ma Napoli è molto di più ed è difficile capirlo guardandola alla televisione.
Il responsabile di zona ha particolarmente a cuore la buona riuscita del mio soggiorno e ha deciso di viziarmi. Ci tiene a farmi dare almeno un'occhiata veloce alla città, un giretto in macchina per vedere i posti più caratteristici: il Maschio Angioino, piazza Plebiscito, la Villa Comunale, Castel dell'Ovo, la via Marina. E lo stadio San Paolo, che per un napoletano rientra senz'altro tra i gioielli della città.

Il nostro hotel è a Bacoli, una villa in stile inglese, praticamente una bomboniera sulla riva del lago, da cui si scorge in lontananza l'isola di Procida. Un ristorante tipico aspetta proprio noi: sarebbe il giorno di chiusura, ma hanno aperto per farci un favore e ci deliziano con una cena a base di pesce, coronata dai dolci tipici della tradizione napoletana, di cui assaggio solo la pastiera, respingendo cortesemente il babà intriso di liquore e il gelato all'amaretto che non mi piace (sì, lo so, con i dolci sono una vera piaga, ce ne sono un sacco che non mangio, ma abbiate pazienza, vuol dire che ne restano di più per voi).

Il mattino seguente ci spostiamo a Frosinone per una lunga e intensa mattinata di lavoro, che termina dopo le 14, davanti ad una mozzarella di bufala e una pizza napoletana, quella vera, con i bordi alti e la pasta morbida, completamente diversa da quella che si fa dalle mie parti. Un errore: la rimpiangerò per sempre. Dopo questa esperienza, per me la pizza non sarà più la stessa.

Nel tardo pomeriggio riprendo l'aereo per tornare a Venezia; l'addetto al parcheggio che viene a prendermi con la navetta ha già pronte le ricevute fiscali per tutti i clienti, confermando che questa volta ho scelto bene: sulla mia c'è anche l'appunto "segue fattura", mi spiegano che la invieranno a fine mese, in modo da raccogliere in un unico documento eventuali altre soste. E già che ci sono, prenoto il posto per la settimana successiva, perché mi aspetta la Sicilia!

2 commenti:

  1. Che brava che sei Mia! E che bel post! Hai saputo rendere benissimo le atmosfere, i sapori e, perchè no, i profumi delle mie parti.

    Lina

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  2. Mia, ho deciso, devi ritagliarti uno spazio di tempo per intraprendere seriamente la professione di reporter di viaggi perché:

    1) mi fai sempre sognare ad occhi aperti.
    2) mi fai venire voglia di lasciare tutto e partire.
    3) mi fai venire voglia di fare un viaggio con te!!
    4) i tuoi racconti sono semplicemente perfetti!!

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