Dopo i primi giorni di lavoro di fisioterapia, la gamba si è gonfiata, rendendo difficili gli spostamenti, per via del peso, e il movimento, con il ginocchio particolarmente infastidito dall'edema. Uniche contente le formiche, che ballavano il samba su e giù neanche fossero al carnevale di Rio.
Inoltre l'inguine appariva molto infiammato, dolente nei punti in cui non è insensibile ed era comparsa anche lì una tumefazione.
A Milano non mi avevano rilasciato nient'altro che la lettera di dimissioni, senza nessuna immagine né referto radiologico. Avevo subito richiesto copia della cartella clinica, ma ci vogliono almeno un paio di settimane per ottenerla.
L'ortopedico qui ha quindi voluto una radiografia del bacino per capire con cosa aveva a che fare.
Sorpresa!
C'è una frattura dell'ala iliaca, cioè dell'unico osso che rimane del mio bacino di destra, quello su cui è stato riattaccato il femore.
Panico.
Del personale, che ha temuto di aver esagerato con il carico di lavoro. Mio e di Renato che abbiamo temuto una nuova frattura spontanea, potenziale indicatore di malattia.
Ho suggerito di contattare Milano per chiarimenti ed è saltato fuori che la frattura c'era già quando mi hanno dimessa.
Peccato che nessuno avesse ritenuto opportuno informarmi. O indicarlo nella lettera di dimissioni.
Domani mi faranno un'altra TAC, da confrontare con quella che nel frattempo dovrebbero aver spedito da Milano, per capire meglio di cosa si tratta, se è peggiorata e soprattutto se e come si può muovere la gamba per non fare danni. Nel frattempo, riposo assoluto. E i tempi si allungano ancora.
Quanto all'inguine, l'ecografia ha confermato la presenza di un versamento interno.
L'ortopedico ha ipotizzato che potesse trattarsi di un ematoma colliquato, una situazione che può verificarsi quando ci sono importanti emorragie: il sangue coagulato dopo un po' si scioglie, creando una sacca liquida.
Oggi nel primo pomeriggio giretto in sala operatoria per siringare il liquido.
Massima prudenza per il rischio di infezioni: ambiente sterile e tutte le precauzioni del caso, ma l'operazione in sé è stata semplice e per nulla dolorosa... Sopratutto perché è avvenuta nella zona in cui la pelle e i tessuti sottostanti sono quasi del tutto insensibili. Un paio di buchi con l'ago, un po' di ravanamento e via.
Alla fine, la parte più dolorosa è stato togliere le patch adesive del monitoraggio cardiaco.
Il liquido aspirato sarà esaminato in laboratorio per verificare che non ci sia infezione, ma siamo ottimisti: aveva un aspetto limpido.
Sono stanca.
Di tutti questi problemi e intoppi, del dolore, dell'immobilità forzata, delle prospettive sempre incerte.
Sono stanca di sopportare, di avere pazienza.
Sento il peso logorante di tutti i giorni, le settimane, i mesi e gli anni passati a lottare.
Ogni giorno raschio un po' il barile della speranza e cerco di andare avanti. Ma che fatica.
Hai ragione cara !!!e giustamente è una frase che fa incazzare.........faccio tante preghiere!Ok? Un abbraccio
RispondiEliminaTesoro mio, anche io sto seguendo il mio personale percorso di guerra doloroso fisicamente e psicologicamente e con il terrore ma anche la razionale consapevolezza di perdere terreno tutti i giorni un pochettino. Tiriamo fuori il coraggio che abbiamo, tu quello di un leone con le super palle, e andiamo avanti. Per fermarci abbiamo sempre tempo. Ho pianto per il tuo figliolo peloso, ti capisco benissimo, quando ho perso in momenti diversi due dei miei ho sofferto moltissimo molto piu'che per parenti o conoscenti. Ti accarezzo i capelli con delicatezza come una sorella
RispondiEliminaEh sì, ci chiamano pazienti non a caso, ce ne vuole davvero tanta di pazienza. 😠
RispondiEliminaNon so davvero cosa dirti che non risulti retorico o inadeguato. Ti sono vicina sinceramente. Un abbracio forte.
RispondiEliminaLina
Ciao Mia. Un bacio. Simona
RispondiEliminati penso tanto, Mia, spero che tutto vada un poco meglino...
RispondiEliminaMichela