Aki e Gandalf hanno imparato a usare la gattaiola per entrare e uscire dalla cucina verso il giardino sulla parte anteriore della casa.
Gandalf ha anche imparato a uscire dalle sbarre della recinzione, mostrando una totale incoscienza: prima ha attraversato la strada e si è infilato allegramente sotto la mia auto, che era parcheggiata dal lato opposto, poi ha fatto un giretto sotto la macchina con il motore acceso di un vicino che si era fermato davanti a casa nostra per fare due chiacchiere. Valutata la situazione, abbiamo deciso di chiudere immediatamente la gattaiola.
Gandalf era inconsolabile, continuava a cercare di uscire di nuovo, così abbiamo proposto a lui e ad Aki un giretto nel giardino posteriore, più grande e ricco di attrazioni feline come cespugli, foglie e la catasta della legna da ardere, ma soprattutto affacciato sui campi e dotato di recinzione con rete a maglie troppo piccole perché Gandalf le possa attraversare.
Dopo un po' sono uscita a dare un'occhiata, per vedere come se la stavano cavando.
Non erano in vista, né sul prato né sotto il portico.
Ho immaginato che si fossero infrattati sotto i viburni. No.
Sotto il mirto? No.
Sotto l'iperico? No.
La potentilla? No.
Li ho chiamati più volte. Nessuna risposta e nessun musetto che faceva capolino.
Sempre più preoccupata, sono andata a controllare in fondo al giardino, scoprendo che il fosso che si trova appena al di là della rete, solitamente secco, era invece colmo d'acqua per le piogge dei giorni scorsi.
Ho iniziato ad agitarmi: che avessero già imparato a scavalcare la rete e fossero finiti in acqua? So che per un gatto adulto non è un problema arrampicarsi sulla rete, ma escono in giardino due o tre volte al giorno e non li avevo mai visti nemmeno tentare...
Intanto continuavo a chiamarli e a guardare nel campo.
Magari in mezzo alle stoppie? No.
Panicopanicopanico.
Andare a cercarli nel campo? Ok, vado a prendere gli stivali.
Intanto Jack, il boxer dei vicini, mi guardava dall'altra parte della rete.
Jack, dove sono? Li hai visti tu?
Jack mi guardava. Anzi, no.
Non guardava me, guardava alle mie spalle, un po' più in alto...
Sospiro di sollievo. Ma accidenti a voi, gattume, almeno un miao per farvi trovare, no?
Mi sembravano in difficoltà, così sono andata a recuperare la scaletta per aiutarli. Dopo averla piantata saldamente nel terreno fangoso, sono salita per acchiapparli e dopo qualche tentativo a vuoto, sono riuscita a far scendere prima Gandalf e poi Aki.
Il tempo di scendere dalla scaletta e disincastrarla dal fango ed entrambi si erano già arrampicati sull'altro albero.
A quel punto ho deciso di lasciarli lì: scendessero da soli!
Aki ci è riuscito dopo pochi minuti, Gandalf ci ha messo un po' di più, ma alla fine è sceso anche lui e poi è risalito, sceso, risalito...
Entrambi hanno deciso che gli alberi veri sono un bellissimo luna-park, quasi meglio di quelli finti.
Ah, felice 2014 a tutti!
Se vi porta anche solo metà della gioia e dell'amore che ci stanno regalando questi due pelosetti, sarà fantastico!
Entro in doccia. C'è qualcosa di diverso dal solito, ma non capisco cosa.
Il portaoggetti? Sì, è nuovo, ma ormai è qui da una decina di giorni, non può essere quello ad avermi colpito.
Gandalf all'esterno della cabina doccia che si spalma contro il vetro? No, nemmeno questa è una novità.
E allora, cosa? Cos'è questa differenza, questa stranezza che solletica in modo vago ma deciso le mie percezioni?
Sono indecisa se complimentarmi con me stessa per il mio acume, perché effettivamente c'era qualcosa di strano, oppure biasimare la mia distrazione per essere entrata in doccia con gli occhiali...
Un piccolo bilancio di questo primo mese o poco più di convivenza con i due minifelini, che ci ha portato diverse scoperte interessanti.
Il mondo è bello perché è vario
Non esistono due esseri viventi uguali: ognuno ha il proprio carattere, le proprie inclinazioni, la propria indole. I due gattini non fanno eccezione, a partire dall'aspetto fisico, che rispecchia piuttosto fedelmente anche le loro attitudini caratteriali.
Gandalf è un po' più grosso e ha il pelo più lungo, che lo fa assomigliare a un dolcissimo peluche. E in effetti è un micio assolutamente dolce, che fa amicizia con tutti. Ci sommerge quotidianamente di baci e carezze, alla maniera felina, strofinando il musetto e le zampine contro il nostro viso, con la ronronatrice accesa al massimo. Cerca continuamente la nostra compagnia e adora essere preso in braccio. Quando si accorge che ci prepariamo ad uscire entra in modalità "no via", piazzandosi sopra i nostri piedi e implorandoci con espressione desolata di non abbandonarlo; al nostro ritorno ci accoglie con effusioni morbide e calde. Quando dorme si abbandona al più completo relax; avete presente Sid, il bradipo che nel cartone animato L'era glaciale si addormenta sopra un masso nelle posizioni più improbabili? Uguale. Gandalf quando dorme si spalma, cosa che gli è valsa il soprannome di gatto-Nutella.
Aki invece è più snello, con il pelo liscio e lucido; è iperattivo, sempre in movimento, ma anche timido e riservato e quando ci sono estranei per casa va a nascondersi sotto al divano. Ha gli occhi sempre sgranati, in un'espressione di perenne curiosità e sorpresa. È agile e veloce, un cacciatore nato, che promette di sterminare a breve tutta la fauna dei dintorni di dimensioni compatibili con le sue. Gandalf è un gattino pulito, ma Aki è molto di più: è pulitissimo, un vero maniaco della pulizia, un ossessivo compulsivo dell'igiene. In questo momento è in un'altra stanza, ma se dovessi indovinare cosa sta facendo, la risposta che avrebbe la maggiore probabilità statistica di essere vera è "si sta lavando". Aki si lava in ogni momento della giornata: prima di mangiare e dopo mangiato, dopo ogni utilizzo della lettiera, tra un pisolino e l'altro, tra un gioco e l'altro. Si lava anche durante le lotte con suo fratello: basta un secondo di tregua e zac! Lui si dà una leccata alla zampina e la passa sul musetto. E se non basta, ogni tanto si mette a lavare anche Gandalf. E pure noi, se capitiamo a tiro. Sospetto che anche i suoi frequenti tentativi di avvicinare il Ciccio abbiano come obiettivo principale quello di dargli una bella lavata.
(PS: cinque minuti dopo aver scritto il precedente capoverso sono scesa al piano inferiore per preparare la cena e ho visto Aki. Indovinate cosa stava facendo? Ecco, appunto.)
Le mie gambe sono impresentabili
Sai che novità... Di certo l'unica cosa che hanno in comune con quelle di Gisele Bundchen o di Charlize Theron, tanto per citarne due che le possono esibire con orgoglio, è il fatto di chiamarsi gambe. Ma in questo non c'è nulla di nuovo, non l'ho certo imparato dai due pelosetti. Intendevo dire che adesso sono più impresentabili del solito.
No, non sono ingrassata. E il mio epilatore, dopo ventitré anni di onorato servizio, funziona ancora perfettamente.
Semplicemente, Gandalf utilizza le mie gambe come una palestra di arrampicata, soprattutto quando vuole essere preso in braccio per una dose di coccole, e questo capita piuttosto spesso. Aki invece ogni tanto le usa come tiragraffi.
Vi prego quindi di testimoniare, nel caso in cui si rendesse necessario, che gli arabeschi di graffi, tagli e buchi che ornano i miei arti inferiori non sono frutto di violenze domestiche né di autolesionismo.
La ciotola del vicino è sempre più interessante
Si tratta evidentemente di una legge universale, per cui ciò che hanno gli altri appare sempre più buono di quello che abbiamo noi. Anche se i due micetti ricevono uguali dosi degli stessi cibi in ciotole individuali, è un continuo rubarsele uno con l'altro, tirandole alternativamente con la zampetta in un esilarante tira e molla.
Per qualche imperscrutabile ragione, questo vale anche per le ciotole dell'acqua. Ce ne sono quattro sempre a disposizione, posizionate in diversi punti della casa e contengono tutte semplicissima acqua di rubinetto. Per quale motivo Gandalf deva rubare la ciotola ad Aki ogni volta che lo vede bere, rimane un mistero.
La nostra casa è piena di mostri
I gatti, si sa, vedono cose che per noi umani sono invisibili.
Aki, in particolare, trova nemici nascosti nei posti più impensabili e li aggredisce con la ferocia di una tigre. Cosa che peraltro fa ben sperare per un futuro da grande cacciatore.
È iniziato tutto con il mostro della ciotola dell'acqua.
Dopo aver provocato il ribaltamento di una delle ciotole dell'acqua con uno dei soliti tira-e-molla con Gandalf, Aki ha iniziato ad attaccarla selvaggiamente, con il pelo gonfio ed una serie impressionante di zompi, soffi e zampate. Solo che sul pavimento si era formato un sottile strato d'acqua e lui continuava a scivolarci sopra, con un effetto comicamente simile a quello di Bambi sul lago ghiacciato.
Successivamente Aki ha scoperto il mostro della lavatrice, che ha la tana nello spazio tra la lavatrice e il muro, lo stuzzicadente mannaro, che vive nella scatola delle cose che servono per accendere il fuoco nel caminetto e il mostro del divano nello studio. Si tratta di creature mitologiche, invisibili all'occhio umano ma che evidentemente non sfuggono all'implacabile predatore felino.
Il regalo di Natale più bello per un gattino è... l'albero di Natale!
Non ho mai fatto l'albero di Natale tante volte come quest'anno. E non ho mai avuto un albero di Natale così sbilenco, asimmetrico e spelacchiato.
Seguendo una tradizione che ha avuto un'unica eccezione nel 2007, quando ero sotto chemio e radio le difese immunitarie erano così compromesse da impedirmi di ricevere ospiti, l'otto dicembre, i miei nipoti sono venuti ad aiutarmi a decorare l'albero di Natale. Come sempre, da insopportabile perfettina, ho richiesto di prestare la massima attenzione alla disposizione armoniosa e simmetrica di tutte le decorazioni: palline grandi e piccole, lucide, opache e coperte di lustrini, pacchettini, campanelle, mele, catenelle... uno scintillio di rosso e oro illuminato da centinaia di lucine bianche. E poi i festoni verdi con le stelle di natale rosse e oro, avvolti sul corrimano della scala e tutt'intorno alla colonna del salotto.
Il Ciccio non ha mai mostrato un particolare interesse per le decorazioni natalizie, ma nel dubbio di come avrebbero reagito i due piccoli pelosi, ho preferito lasciare almeno temporaneamente nelle loro scatole tutte le decorazioni fragili, come gli orsetti di Harrods che avevo comperato a Londra.
Benedetta quella botta di saggezza!
Durante l'allestimento Gandalf aveva mostrato qualche interesse, mentre Aki si era limitato ad osservare a distanza.
Per le prime sei/otto ore dopo il completamento dell'opera mi ero quasi illusa che i minifelini si sarebbero limitati a qualche amichevole colpetto di zampa sulle decorazioni che pendevano dai rami più bassi, o anche a metà altezza, approfittando dello schienale della poltrona.
Invece la mattina del nove dicembre c'erano palline, pacchettini, catenelle e aghi finti di abete in giro per tutto il salotto.
Ho pazientemente raccolto tutto e ricomposto il capolavoro. Credo sia durato circa mezz'ora.
Nel frattempo, i due teppisti hanno rivolto le loro attenzioni ai festoni avvolti intorno alla colonna... che nel giro di cinque minuti non erano più avvolti ma tristemente penzolanti. Li ho dovuti risistemare in modo da ricoprire solo la parte più alta, fermandosi a circa un metro e venti da terra.
Il giorno dopo, Aki ha scoperto che sull'albero di Natale ci si può anche arrampicare...
L'albero di Natale è diventato il loro luna park, una fonte inesauribile di divertimento: ieri sono riusciti addirittura a rovesciarlo. Io continuo a raccogliere e risistemare le decorazioni, ma so già che è una battaglia persa. Almeno però gli orsetti di Harrods sono al sicuro nella loro scatola.
Contratti bestiali
Sabato, durante un pranzo di nozze, si parlava di animali domestici con i vicini di tavolo. Uno diceva di avere un contratto preciso con il proprio cane: l'umano provvede a cibo, riparo (rigorosamente fuori casa) e cure veterinarie; in cambio, il cane deve fare la guardia. Patti chiari, amicizia lunga.
È giusto: quando si sceglie di avere un animale bisogna sapere cosa ci si aspetta e definire le regole; lo abbiamo fatto anche noi, solo che le clausole del nostro contratto con i felini domestici sono diverse.
Ci siamo impegnati a considerarli parte della nostra famiglia.
Ci siamo impegnati ad accoglierli in casa, lasciandoli liberi di andare dove vogliono, consapevoli che ogni tanto combineranno qualche guaio e che avrò sempre la casa un po' meno pulita e meno in ordine di come vorrei.
Ci siamo impegnati a nutrirli con cibo adatto a loro, sapendo che non possono mangiare i nostri avanzi, perché loro non sono onnivori e hanno bisogno di mangiare carne ad ogni pasto.
Ci siamo impegnati a tutelare la loro salute, anche se ogni visita dal veterinario è un salasso.
Ci siamo impegnati a giocare con loro e a coccolarli, anche se questo significa ritrovarci con peli di gatto ovunque e pieni graffi lasciati dalle loro unghiette affilate come rasoi.
Ne riceviamo in cambio una quantità infinita di amore, coccole sorrisi e allegria.
E siamo felici, immensamente felici del nostro contratto.
Sapevo che il compagno luminoso di Anna-Wide doveva essere per forza una persona speciale, lo sapevo anche prima di conoscerlo di persona; lo si capiva dalle parole di Anna, quando raccontava di come percorrevano insieme quel cammino così difficile che riuscivano, nonostante tutto, a riempire anche di felicità. Solo un uomo straordinario avrebbe potuto camminare al fianco di una donna così straordinaria.
Ne ho avuto abbondanti e ripetute conferme, soprattutto in queste ultime settimane.
Dalle parole splendide e strazianti che ha pronunciato al funerale, in cui ha saputo mettere tutta la gioia di averla avuta vicina, senza nascondere nulla della fatica della malattia e del dolore della separazione.
Dai visi di Sara e Lea, le cui espressioni raccontavano al di là di ogni parola il grande, meraviglioso e sicuramente difficilissimo lavoro che lui e Anna hanno compiuto perché la vita delle loro bambine fosse - e sia ancora - il più possibile serena.
Dal post di ieri, in cui ha voluto ricordare che dietro alle parole di Anna, sempre piene di saggezza, di ironia e di luce, in questi sei anni di convivenza con la malattia c'è stata anche tanta fatica, c'è stato anche tanto dolore. Perché forse qualcuno, leggendo il blog di Wide, potrebbe pensare che quelle parole spesso lievi raccontassero un cammino altrettanto lieve, ma non è così.
Dalla risposta che ha dato alla domanda su come ricordare Anna. Avrebbe potuto indicare qualche ente o associazione a cui destinare donazioni alla memoria, sarebbe stato sicuramente più facile, per lui e per noi: uno o due nomi, un bonifico e la coscienza è a posto.
Angelo invece ha voluto raccogliere l'eredità di Anna in modo vero e profondo e ha chiesto ad ognuno di noi un progetto, un impegno da portare avanti nel tempo, qualcosa attraverso cui prenderci cura di noi stessi e/o di altri.
Ci sto pensando, molto seriamente. Ci sono alcune cose che dovrei o vorrei fare per me stessa, per il mio benessere fisico e psicologico. Ci sono cose che potrei fare per gli altri e nelle quali esito ad impegnarmi. Forse questa è l'occasione giusta per raccogliere questi fili di idee, per vincere la pigrizia e iniziare a trasformarne almeno uno in qualcosa di vero.
Nel suo post, Angelo ci ha regalato anche la foto di Anna che era esposta vicino alla bara durante il funerale, questa foto.
L'avevo notata subito, appena entrata all'Aranciera di San Sisto, e mi aveva colpito perché mi era parsa insolita, priva di quella punta di ironia birichina che ho sempre associato allo sguardo di Anna. Ma poi ho pensato a quando parlava delle sue bimbe e di suo marito e allora mi sono detta sì, anche questa donna fatta di assoluta dolcezza è Anna, la mamma e moglie che ha amato immensamente la sua famiglia.