martedì 5 febbraio 2019

Macchina da guerra

Ieri mattina alle sei e mezza eravamo davanti all'ospedale a Milano.


L'appuntamento per il pre-ricovero era alle sette, ma non conoscendo bene la strada né le possibilità di parcheggio abbiamo preferito partire in anticipo... e abbiamo fatto benissimo. Il nutrito gruppo di pazienti già presente in sala d'attesa nel giro di un quarto d'ora si è trasformato in una moltitudine, una folla oceanica, con persone assiepate ovunque.
Alle sette in punto un'energica infermiera, dotata di voce stentorea, piglio autoritario e molto senso dell'umorismo ha iniziato ad arringare la folla, spiegando con la massima precisione l'iter da seguire.


Subito dopo, sono iniziate le chiamate e il mio nome è stato tra i primi: pochi minuti e molti sorrisi per l'elettrocardiogramma, con un'infermiera gentilissima, poi il prelievo di sangue, un po' meno felice dato che oggi ho due vistosi ematomi sul braccio, dove evidentemente è stata danneggiata la parete della vena.
A ogni paziente è stato consegnato un foglio con la sequenza dei successivi esami e le indicazioni per raggiungere i relativi reparti e ambulatori. Il mio era particolarmente ricco: radiografia del bacino, risonanza magnetica, TAC, ecocardiogramma con stress (e cosa sarà mai?) e visita anestesiologica.
Siamo scesi di un piano per la radiografia, poi ancora più giù per la risonanza, che ha subito un ritardo per un'urgenza a cui è stata data - giustamente - la priorità. Mentre aspettavo il mio turno, ho visto il "mio" chirurgo ortopedico, che stava seguendo l'esame urgente.
Mi rendo conto ora che nel resoconto della visita milanese avevo trascurato di parlare di questo personaggio. Facciamo dunque qualche passo indietro.
Il mio oncologo si era premurato di avvertirmi: "È una persona di grande umanità, ma... come dire... un po' ruvido." Un eufemismo, decisamente.
Al primo incontro mi aveva subito classificata come "una rogna" e mi aveva spedita "fuori dai maroni" mentre aspettavamo il chirurgo oncologico per la valutazione congiunta. E mi era piaciuto un sacco, perché è uno che dice le cose come stanno e poi la butta in vacca, proprio come me. Oltre a essere un chirurgo straordinario, ovviamente.


Ieri non si è smentito. "Ciao, Cicciabombacannoniere! Dopo guardo i tuoi esami e se non ci sono imprevisti, mercoledì della settimana prossima ti sventriamo." Lo adoro.
(no, voi non potete chiamarmi cicciabombacannoniere, toglietevelo dalla testa!)

Il tour de force è proseguito.
La risonanza è filata liscia, fortunatamente il rialzo sotto le ginocchia mi ha consentito una posizione comoda, che sono riuscita a mantenere facilmente per tutta la durata dell'esame. Dopo sono uscite le solite macchie rosse sulla pelle, ma non mi hanno creato fastidi e se ne sono andate nell'ora successiva. Anche la TAC è stata completata senza problemi.

Ci siamo spostati al primo piano, chiedendoci cosa fosse l'ecocardiogramma con stress farmacologico. Dal nome avevo immaginato che mi sarebbe stato somministrato qualche farmaco per sollecitare il cuore e valutarne le reazioni, un po' come l'elettrocardiogramma sotto sforzo che facevo in occasione delle visite per l'idoneità agonistica quando giocavo a pallavolo, ma senza bisogno di salire e scendere millemila gradini o pedalare sulla cyclette. Mi sono dovuta tenere la curiosità: in realtà era previsto un ecocardiogramma semplice, la dicitura "con stress" sul foglio di istruzioni serviva soltanto per indirizzarmi all'ambulatorio giusto.

L'attesa per il colloquio con l'anestesista è stata più lunga e faticosa.
Per prevenire le reazioni allergiche ai mezzi di contrasto, il giorno precedente mi ero imbottita di cortisone, che mi provoca insonnia, e avevo dormito solo due ore; al mattino avevo completato il protocollo farmacologico con l'antistaminico, che invece mi dà sonnolenza. Una combinazione micidiale.
La somma di stanchezza, sonno e sedia scomoda ha reso quell'ultima attesa un po' più difficile.
Alla fine comunque anche questa pratica è stata evasa, con un attimo di vertigine quando l'anestesista ha cercato nella cartella la durata prevista per l'intervento: 600 minuti. Dieci ore.
Io sarò addormentata e non me ne accorgerò neppure, ma per chi aspetterà fuori sarà una giornata molto, molto lunga.


Alle 14 il pre-ricovero era completo. Quell'ospedale è una struttura davvero efficiente, una vera macchina da guerra.

8 commenti:

  1. Gli ortopedici hanno il lessico della macelleria.

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  2. 600 minuti?!? sono infiniti, si... pero' il tuo chirurgo mi sta simpatico, assomiglia all'ortopedico che si è occupato del mio piede ('na cazzatina in confronto, hein, ma apparentemente ha lo stesso modo di fare: linguaggio schietto, poche maniere, ma è un artista nel suo campo)
    Mia, che posso dirti? Che ti penso, ti penso e ti penso ancora :-)
    Michela

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  3. E tu una combattente
    In bocca al lupo, di cuore.

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  4. Non so che dire... se non "In bocca al lupo!"

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  5. noi ti pensiamo ma tu tienici informati ok? Annalisa

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    1. Appena informano me... Al momento non mi hanno ancora confermato la data

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