lunedì 30 gennaio 2017

Io non lo so

È venuto a trovarmi un amico qualche giorno fa. Un amico che è salito, suo malgrado, sulla giostra del cancro.
Non mi piace avere compagnia, su questa giostra. Anche a Disneyland Paris ci sono sempre andata in inverno, nei giorni con meno visitatori, perché preferisco le giostre vuote, in modo da averle tutte per me. Mi conoscete ormai: sono egoista, voglio tutto io.
Sono certa che anche il mio amico avrebbe preferito restare a terra, magari vicino, per guardarmi girare facendo il tifo per me, ma senza salire. Saremmo stati più contenti entrambi. Non ha avuto scelta.
Mentre mi raccontava il suo percorso, ha detto: "Tu sai cosa vuol dire".
Ci ho pensato parecchio, dopo, e sono arrivata alla conclusione che non è vero.

Io non lo so.
So cosa vuol dire per me avere il cancro, ma non so cosa significa per lui o per chiunque altro.
Io conosco le mie difficoltà, le mie paure, le mie esigenze, le mie speranze... che non sono necessariamente le stesse degli altri. Ognuno vive questa situazione in modo diverso e anche se ci sono situazioni ed emozioni comuni, non è mai la stessa cosa.
Il cancro non ci rende tutti uguali.

È importante ricordarlo e non dare per scontato che la mia esperienza sia un modello universale, soprattutto quando mi relaziono con altri pazienti oncologici, altrimenti corro il rischio di non capire, di sbagliare, di ferire. Se prendessi me stessa come unico punto di riferimento, ad esempio, non potrei capire il disagio per la perdita dei capelli, perché per me non è stato un problema, e sarebbe un errore minimizzare ciò che per qualcuno è fonte di angoscia.
Ciò che ho vissuto può aiutarmi a comprendere meglio gli altri malati di cancro, ma non è sufficiente per conoscerli davvero, per sapere cosa provano, cosa temono o cosa può aiutarli. Per questo, è necessario ascoltare. Ascoltare con le orecchie, con gli occhi, con la mente e con il cuore; sentire l'emozione dell'altro, prestare attenzione alla sua storia e accettare che possa essere diversa dalla mia. Solo così posso sperare di essere di aiuto, come altri lo sono stati per me.

Non è facile, soprattutto in questo periodo in cui sono molto concentrata su me stessa e mi rendo conto che spesso rimango sorda a tutto ciò che non mi riguarda direttamente.
È stato facile aiutare il mio amico: mi ha chiesto solo qualche riferimento di strutture specializzate e sono stata in grado di fornirli in poche ore. Ma se penso a tutto l'aiuto che ho ricevuto io negli ultimi mesi, mi rendo conto di quanto sia stato impegnativo per chi me l'ha offerto.
Ci sono persone che mi sono state vicine ogni singolo giorno della mia degenza in ospedale; sicuramente in quel periodo hanno avuto anche loro giornate difficili, ma hanno sempre trovato un po' di tempo e di energie da dedicare a me.
Non so quanto sia costato a Renato esserci sempre e cercare di portarmi ogni giorno un sorriso, nonostante la stanchezza e la preoccupazione.
Non so quanto sia stato difficile accompagnare tutte le mie giornate su WhatsApp, dalle cinque del mattino alle dieci di sera, inventando sempre qualcosa di divertente per tirarmi su.
Non so quali salti mortali siano stati necessari per venire trovarmi, ritagliando ogni scampolo dagli impegni di lavoro e di famiglia, per portarmi esattamente ciò di cui avevo bisogno.
Ci sono persone che hanno fatto queste cose e le ringrazio di cuore.

venerdì 27 gennaio 2017

Conversazioni domestiche - 14

Trovo in fondo al frigorifero una confezione di tortellini scaduti. Mannaggia!
Detesto buttare il cibo. Li mostro a Renato: "Dici che siano ancora mangiabili?"
Lui: "Mmm... Non direi. Oggi è il 27."
Io, che per qualche strano motivo mi ero messa in testa che oggi fosse il 20: "Oh, accidenti, è vero: è il 27!"
Silenzio.
Io, colpita da improvvisa illuminazione: "'More! Oggi è il 27!!!"
Lui, folgorato dalla mia illuminazione: "Il 27!!!"
SMACK!         SMACK!!!
Ci scambiamo un bacio, a distanza perché lui è raffreddato e non vuole contagiarmi.

Quindici anni di noi.
Grazie amore!



mercoledì 25 gennaio 2017

Ripresa

Oltre al lavoro, ho ripreso anche altre attività.
Ho ripreso in mano i pastelli e i libri da colorare. Ho finito un disegno iniziato mesi fa, prima dell'intervento.


E ne ho completato un altro, il primo esperimento sul libro Secret Garden, che credo mi darà grandi soddisfazioni.


Questa settimana riprende anche l'attività teatrale, con le prime prove per le uscite di fine febbraio e inizio marzo. Fortunatamente in ruoli in cui non importa se zoppico, anzi, per uno dei personaggi lo facevo già prima, intenzionalmente.

Qualche esperimento in cucina, con esiti alterni. Buoni gli involtini di verza con carne, la lonza di maiale al caramello con porri stufati, l'arrosto di vitello alle noci e le carote saltate con mandorle e zenzero. Così così il vitello marinato all'arancia, da dimenticare la verza all'arancia. Ottimo il risotto al radicchio, ma mediocri i primi esperimenti di riso al salto: Carlo Cracco e Gordon Ramsay mi avrebbero cacciata immediatamente da Hell's Kitchen. Ben riusciti invece i muffin di compleanno per i colleghi dell'ufficio: ai mirtilli, alle pere e cioccolato, alle mele e cannella e con gocce di cioccolato in versione vegana, senza uova né burro, ma con sapore e consistenza più che dignitosi. Appena passabile la torta al profumo di limone, molto scenografica invece, e molto buona, la cioccococcociambella.



Due spedizioni dal veterinario per le vaccinazioni dei felini, perché alla prima visita Gandalf aveva i linfonodi un po' ingrossati e la veterinaria ha preferito rinviare. Veterinaria che spero di non incontrare mai più. Molto zelante, ma poco esperta e piuttosto insicura, ci ha tenuti in ambulatorio per quasi un'ora e mezza, sottoponendo le povere bestie a un eccesso di manipolazioni fastidiose. Gandalf ha cercato di sventrare tutti i presenti mentre tentavamo di tenerlo fermo per misurargli la temperatura, mentre il povero Aki ha avuto la schiuma alla bocca per ore dopo aver leccato le gocce per le orecchie che gli erano scivolate lungo le guance e ha pianto disperato per tutto il viaggio di ritorno.

(foto scattata prima che iniziasse la visita)

Fortunatamente la seconda volta ho trovato un'altra veterinaria, la stessa dell'anno scorso, che ha gestito meglio la situazione: appurata l'impossibilità di immobilizzare Gandalf o di fargli l'iniezione senza tenerlo fermo, lo ha ridotto all'impotenza semplicemente tenendolo sospeso per la collottola, mentre l'assistente iniettava il vaccino e lui lanciava sguardi assassini. Nonostante il carattere poco docile, Gandalf non è tipo da serbare rancore: il tempo di pagare il conto e si stava già tranquillamente dedicando alle pulizie. Ce la siamo cavata in meno di un quarto d'ora.

Qualche faccenda domestica compatibile con la mobilità ridotta: riordinare, passare l'aspirapolvere, spolverare, caricare lavatrici e stendere i panni, stirare.
Stirare è un compito particolarmente gravoso: non riesco a farlo restando in piedi, perché ho una postura sbilanciata e le articolazioni ne soffrono, soprattutto a livello di anche e schiena. Allora mi ingegno; dopotutto sono ingegnere, no? Apro l'asse da stiro ad altezza ridotta, ci piazzo davanti una sedia con un cuscino e lavoro seduta. È un po' meno efficace, perché è più difficile dare pressione sul ferro, non è comodissimo perché dopo un po' la coscia mi dà fastidio e devo spostarmi sul bordo della sedia, ma funziona.
Renato cerca di ridurre al minimo il mio carico di lavoro, soprattutto quando mi vede stanca... cosa che ultimamente capita piuttosto spesso. In particolare, si impegna per abbassare il Monte Stiro (splendida definizione di Mamigà) sia occupandosi in prima persona delle stirature semplici (tovaglie, tovaglioli, canovacci...), sia togliendo alcuni capi che si accontenta di indossare non stirati, ad esempio le t-shirt che usiamo come canottiere oppure i camici da lavoro. Io sono un po' più esigente: le t-shirt, anche se non si vedono, mi piacciono stirate e almeno una passatina al camice ci vuole. Ne risulta un tira-e-molla, con lui che cerca di tirare via i capi prima che io ci metta sopra le mani... e il ferro da stiro.


Domenica mattina avevo iniziato da poco a stirare e stavo per affrontare una felpa nuova, ordinata on line insieme ad altre, alcune per me e altre per Renato. Appena l'ho presa dallo stendino è partita la missione antistiro.
Lui: "Questa non serve stirarla!"
Io: "Questa è mia!"
Lui: "Questa serve stirarla."
L'importante è capirsi.

martedì 17 gennaio 2017

Ordinaria amministrazione

Le due visite non hanno riservato particolari sorprese.
Il mio oncologo radioterapista è stato contento di vedermi in discreta forma anche se, osservando la mia andatura claudicante, ha consigliato un po' di fisiokinesiterapia riabilitativa, per migliorare la postura e prevenire problemi all'anca.
L'oncologa medica era giovane, attenta e gentile. È stato un incontro conoscitivo, in cui ha raccolto una sintesi della mia storia clinica.
Il coinvolgimento dell'oncologia medica proseguirà, ma senza escludere il radioterapista: in pratica farò le visite di follow-up a coppie, come oggi.
La cosa mi pare ragionevole. Se ci dovessero essere ulteriori sviluppi oncologici - o più probabilmente quando ci saranno ulteriori sviluppi oncologici* - si dovrà lavorare d'equipe ed è meglio che tutte le figure coinvolte conoscano direttamente la situazione. E tutto sommato non mi dispiace avere più professionisti che si occupano del mio caso, perché valutare le cose da punti di vista diversi può essere vantaggioso e offrire più possibilità di soluzione.

Intanto si ricomincia con i controlli: una super TAC il 20 febbraio: torace, addome e coscia, praticamente dal collo al ginocchio; prossima doppia visita il 7 marzo.
Considerando che 5/6 giorni prima della TAC devo fare il prelievo per le analisi del sangue, ho meno di un mese di libera uscita e ho intenzione di godermelo, archiviando la pratica "cancro" per le prossime quattro settimane.

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* Per favore, non tirate fuori la menata del "pensa positivo". Credere che la mia avventura oncologica sia finita non è "pensare positivo", è pensare ottuso. 
Ho avuto quattro sarcomi. Quattro. C'è stata un'infiltrazione ossea. Il mio addome è pieno di noduletti. Ho una situazione incerta nel gluteo.
Non intendo nascondere la testa sotto la sabbia. È estremamente probabile che deva di nuovo fare i conti con il cancro, prima o poi. Meglio poi. Meglio mai, se posso scegliere. Di solito non posso.

lunedì 9 gennaio 2017

Rientro con doppio "OOPS!"

Stamattina, come previsto, sono tornata in ufficio. È andato tutto liscio, nessuna particolare difficoltà né per il tragitto in auto, né durante l'orario di lavoro.
All'arrivo ho trovato l'ufficio piacevolmente caldo: una sorpresa, perché essendo in ufficio da sola e soltanto per venti ore a settimana, di solito quando esco spengo il termoconvettore, per evitare sprechi. Mi aspettavo quindi una temperatura poco più che polare, considerando che all'esterno c'erano sei gradi sotto zero, invece c'era un bel calduccio non solo nell'ufficio vero e proprio, ma anche nell'anticamera, la stanza che lo separa dall'esterno, nella quale io non accendo mai il riscaldamento. Mistero risolto dopo pochi minuti, quando il mio capo è entrato per salutarmi: è venuto lui, ieri, ad accendere tutto per non farmi trovare la stanza fredda. Un gesto che scalda il cuore, oltre a mani e piedi.

Ho dedicato questa prima mezza giornata di lavoro a riprendere contatto con la situazione, esaminare le problematiche aperte, evadere le mail, archiviare i documenti ricevuti durante il periodo di assenza.
Diversi colleghi, vedendo la luce accesa in ufficio, si sono fermati a salutarmi e a farmi gli auguri per un 2017 pieno di salute. Anche queste sono cose che scaldano il cuore.
Sono passata a salutare il responsabile del personale, che dopo avermi dato il bentornata ed essersi informato sulle mie condizioni, mi ha ordinato di presentarmi al medico del lavoro, mercoledì mattina, per una rivalutazione della mia capacità lavorativa.

Non ci avevo proprio pensato, ma la cosa è perfettamente logica: l'azienda deve verificare che l'aggravamento della mia disabilità sia ancora compatibile con le mie mansioni. Non fa una piega. Però fa un certo effetto...

Verso metà mattina è arrivata una telefonata dal CRO per comunicarmi gli appuntamenti per le visite di controllo: martedì 17 alle 10:30 visita radioterapica e alle 12:30... Visita chirurgica?
No.
Visita oncologica.

Per chi non avesse familiarità con il pianeta cancro, ci possono essere diversi medici specialisti coinvolti nella gestione di un paziente:
- l'oncologo medico si occupa di terapie farmacologiche: chemioterapia, anticorpi monoclonali, immunoterapia, ecc.
- il radioterapista oncologo si occupa di terapie con radiazioni ionizzanti: radioterapia esterna, brachiterapia, IORT...
- il chirurgo esegue gli interventi di rimozione o riduzione delle masse tumorali solide
- l'ematologo si occupa della cura dei linfomi e delle leucemie
Ci sono poi le figure di supporto per le attività diagnostiche e il trattamento delle patologie concomitanti: radiologo, medico nucleare, patologo, cardiologo, anestesista, palliativista, ecc.

Sono passati più di nove anni dalla mia ultima visita in oncologia medica al CRO, da allora sono stata presa in carico dal mio medico, un radioterapista, e seguita nei reparti di radioterapia e chirurgia, che sono le terapie principali per i sarcomi, mentre i trattamenti farmacologici nella maggior parte dei casi non danno grandi risultati e vengono utilizzati solo come rinforzo per le terapie principali oppure a scopo palliativo.
Il fatto che adesso ritengano necessario coinvolgere di nuovo l'oncologia medica è... molto OOPS!
Sarà per le recidive multiple? Per il nodulo fantasma del gluteo? Per il possibile coinvolgimento dell'osso? Comunque sia, non mi sembra una buona notizia.
O magari, a furia di sentir parlare di me nelle riunioni multidisciplinari settimanali dell'equipe che si occupa di sarcomi, vogliono semplicemente conoscermi. Hai visto mai...

sabato 7 gennaio 2017

Conversazioni domestiche - 13

"Era una coda quella che ho visto sparire dentro al cassetto della tovaglia?" 
"Sì."
"Gaaandaaalf!!!"

giovedì 5 gennaio 2017

In ripresa

Il percorso di recupero ha avuto un'impennata nell'ultima settimana e in pochi giorni ho riguadagnato una discreta dose di mobilità. Sono meno impacciata nei movimenti, riesco a stare in piedi più a lungo e ho ripreso un po' di tono muscolare.
Il 31 dicembre ho addirittura azzardato una breve, ma suggestiva passeggiata: niente di troppo impegnativo, ma un'ottima occasione per respirare a pieni polmoni e guardare lontano.


L'inguine mi sembra un po' più morbido e trattabile; rimane qualche fastidio e doloretto, ma meno di prima. Il taglio chirurgico si è cicatrizzato molto bene, anche se nella parte iniziale si è creata una piccola piega: probabilmente per riuscire a dare il primo punto è stato necessario sovrapporre i due lembi di pelle. Magari chiederò al chirurgo se è possibile eliminarla in occasione dell'intervento per il laparocele.
Sulla coscia rimangono segni di pannicolite, l'infiammazione del tessuto sottocutaneo, e la zona è ancora un po' arrossata e molto sensibile a qualsiasi contatto: ogni minima piega o cucitura dei pantaloni lascia il segno a lungo.
Nel complesso però la situazione è molto buona. Naturalmente zoppico ancora, ma lo faccio con molta disinvoltura!

Lunedì voglio tornare al lavoro.
Ho fatto qualche prova: riesco a restare seduta per alcune ore sulla sedia da ufficio e sono in grado di guidare la macchina, quindi posso andare in ufficio e restarci almeno per mezza giornata. Non sono sicura di reggere la giornata intera del mercoledì, ma se mi risultasse troppo pesante, prenderò qualche ora di permesso, in fondo la legge 104 serve proprio per quello.

La parte più difficile da gestire per il rientro al lavoro mi sembra... Gandalf.
Da quando sono tornata dall'ospedale, ha un atteggiamento molto protettivo nei miei confronti. Ogni giorno, da metà pomeriggio fino al mattino seguente, mi rimane vicino: acciambellato sulle mie gambe quando sono sul divano, sulla scrivania se sono nel mio studio e sul letto quando vado a dormire.
Stamattina, quando ha visto che mi preparavo a uscire, ha iniziato ad agitarsi. Mi seguiva dappertutto, non mi mollava un attimo. Ho dovuto chiuderlo in casa per riuscire ad allontanarmi. Sono stata fuori poco meno di mezz'ora e al mio ritorno si è di nuovo francobollato, ignorando addirittura la ciotola appena riempita di cibo pur di non perdermi d'occhio.
Ieri ha inaugurato una nuova forma di protesta: non potendo acciambellarsi sulle mie gambe sul divano, perché stavo utilizzando il PC, ha trovato una sistemazione alternativa...