A marzo ho festeggiato i cinque anni liberi da malattia. Che magicamente, a ottobre, sono diventati sei e mezzo.
Da dove è spuntato quell'anno in più? Mistero!(*)
E mica me ne sono accorta subito, noooo! Mi ci è voluto quasi un mese per realizzare che 2013 meno 2008 fa cinque e non sei.
Ecco, intanto vado a correggere il post del 30 ottobre, da sei e mezzo a cinque e mezzo, perché con un errore del genere la sufficienza proprio non me la merito.
Ho fatto due conti anche con l'oncologo, oggi.
La visita era prevista due settimane fa, ma era stata rinviata perché il medico era assente, quindi tutti i pazienti di quel giorno sono stati ridistribuiti tra giovedì scorso e oggi e questo ha fatto aumentare a dismisura i tempi di attesa, già solitamente lunghi: sono entrata in ambulatorio più di tre ore dopo l'orario dell'appuntamento.
Ero ben attrezzata con e-reader e tablet perché conosco bene il mio oncologo, so che è sempre in ritardo con le visite, soprattutto quelle previste in tarda mattinata e non perché sia poco efficiente: semplicemente, lui dedica ad ogni paziente tutto il tempo necessario.
Visibilmente soddisfatto, ha preso visione dei risultati degli ultimi esami e ha sottolineato che mi trova veramente bene, nonostante ci sia sempre una punta di preoccupazione per la palla, che negli ultimi controlli sembra leggermente aumentata di volume. Non è soltanto lui, praticamente tutti i medici che mi hanno visitata in questi anni hanno storto un po' il naso di fronte a questo corpo estraneo che potrebbe diventare fonte di future complicanze. Radiologi, ginecologi, chirurghi, ortopedici... forse gli unici che non hanno detto nulla sono stati l'otorino e l'oculista, ma tutti gli altri mi hanno chiesto se non abbiamo tentato di eliminarla. Sì, abbiamo tentato. E no, non ha funzionato.
Mi ha fissato il prossimo controllo tra sei mesi. Pensavo che passati i cinque anni mi avrebbe concesso una libera uscita un po' più lunga, ma evidentemente preferisce essere prudente e tutto sommato mi va bene così, sono più tranquilla anch'io.
Gli ho chiesto conferma del fatto che il mio follow-up durerà dieci anni. Sembrava quasi in imbarazzo, forse pensava che dopo cinque anni io mi aspettassi di aver finito e fossi delusa, così mi sono affrettata a rassicurarlo. "Guardi, lo so che i sarcomi sono piuttosto insidiosi ed è meglio controllarli un po' più a lungo rispetto ad altre forme tumorali...". Ma avevo frainteso.
Il suo disagio nasceva dal dovermi comunicare che anche se va tutto bene, il mio follow-up durerà più di dieci anni.
Forse per via della recidiva o forse perché ho partecipato ad una sperimentazione clinica e vogliono monitorare la situazione più a lungo, fatto sta che hanno in programma di continuare a tenermi sotto controllo ancora per molto tempo. Prospettiva che tutto sommato mi pare accettabile, dato che implica che io viva ancora per "molto tempo".
La visita si è conclusa con una prova concreta dell'attenzione del medico verso di me. Nonostante in tutti i documenti clinici io sia identificata come Lazzarini Camilla, nella comunicazione per il mio medico di base l'oncologo ha scritto La sig.ra Lazzarini Mia. Perché lui ascolta. Ascolta sul serio, presta attenzione a ciò che gli viene detto. Magari può dimenticare i dati della cartella clinica, ma si ricorda di quello che gli racconto di me, del lavoro, dei miei hobby... E si ricorda del mio nome, quello vero.
(*) Ma che mistero d'Egitto! Lo so benissimo da dove arriva quell'anno in più: suo padre si chiama Ottimismo e sua madre Speranza.