Dopo cinque anni e mezzo dalla fine delle terapie, cominci anche ad essere ottimista, a pensare che se le cose sono andate bene fino ad oggi, ci sono buone probabilità che continuino così.
Cominci a credere che la situazione si sia stabilizzata, nel bene e nel male: ormai ti sei rassegnata a convivere anche con la palla, con la menopausa e le vampate che non se ne vogliono andare, con l'immunodeficienza, con la pelle della coscia che è rimasta insensibile, ma prude.
E poi arriva la mazzata.
Ti guardi allo specchio dopo la doccia e ti rendi conto che i capelli stanno decisamente, inequivocabilmente, irrimediabilmente, indiscutibilmente, implacabilmente, inesorabilmente tornando ricci.
Fine di un sogno.
(ma non gliela faccio passare liscia, eh! ho già preso appuntamento dalla parrucchiera...)
Pagine
▼
sabato 31 agosto 2013
sabato 24 agosto 2013
Sull'orlo del silenzio
Nelle ultime settimane ho sentito il bisogno di modificare la mia comunicazione.
Ho scritto di meno e telefonato di più.
Ho letto molto e risposto poco.
Ho evitato spesso di esprimere la mia opinione (ma questo non significa che non ne avessi una!).
Ci sono millemila strumenti e canali di comunicazione sempre a disposizione: incontri, telefonate, messaggi, social network, blog... Diventa facile credere che sia opportuno - o addirittura necessario - comunicare ogni cosa che ci passa per la testa ed ecco che si moltiplicano i messaggi fraintesi, le frasi pronunciate oppure scritte troppo precipitosamente, i commenti fatti con le persone sbagliate, le parole sprecate con chi non ha intenzione di ascoltarle.
Mi sono trovata immersa in questo torrente di parole che io stessa contribuivo a creare, ho visto relazioni infrangersi contro gli scogli di questa comunicazione senza controllo, io stessa ho riportato qualche graffio e ho deciso di allontanarmi per un po'
Avevo bisogno di ritrovare il valore delle mie parole, di capire quali meritano davvero di essere dette oppure scritte.
Avevo bisogno di silenzio, per ascoltare meglio alcune parole speciali.
Mi sono fermata sull'orlo del silenzio.
Ho capito che sto meglio se riesco ad tenermi fuori da alcune discussioni, che qualche volta posso evitare di commentare certe idiozie che leggo o ascolto e che non è sempre necessario dire come la penso, che ogni tanto fa bene fermarsi ad ascoltare e trarre le proprie conclusioni in silenzio. Addirittura qualche volta evito di confutare le notizie-bufala che tanti continuano allegramente a diffondere a cervello spento, senza sforzarsi nemmeno per un secondo di valutarne l'attendibilità.
Non mi viene spontaneo, no, per niente. Istintivamente sarei portata a dire sempre la mia, ma sto scoprendo che se qualche volta riesco farne a meno, ci guadagno in serenità.
Non so quanto durerà, magari tempo una settimana mi rituffo nel maelström comunicativo, ma per adesso va così.
Ho scritto di meno e telefonato di più.
Ho letto molto e risposto poco.
Ho evitato spesso di esprimere la mia opinione (ma questo non significa che non ne avessi una!).
Ci sono millemila strumenti e canali di comunicazione sempre a disposizione: incontri, telefonate, messaggi, social network, blog... Diventa facile credere che sia opportuno - o addirittura necessario - comunicare ogni cosa che ci passa per la testa ed ecco che si moltiplicano i messaggi fraintesi, le frasi pronunciate oppure scritte troppo precipitosamente, i commenti fatti con le persone sbagliate, le parole sprecate con chi non ha intenzione di ascoltarle.
Mi sono trovata immersa in questo torrente di parole che io stessa contribuivo a creare, ho visto relazioni infrangersi contro gli scogli di questa comunicazione senza controllo, io stessa ho riportato qualche graffio e ho deciso di allontanarmi per un po'
Avevo bisogno di ritrovare il valore delle mie parole, di capire quali meritano davvero di essere dette oppure scritte.
Avevo bisogno di silenzio, per ascoltare meglio alcune parole speciali.
Mi sono fermata sull'orlo del silenzio.
Non fuori, non nel silenzio, ma sulla riva, da dove posso scegliere quando e come entrare e quando uscire dal flusso, senza farmi trascinare completamente.
Non mi viene spontaneo, no, per niente. Istintivamente sarei portata a dire sempre la mia, ma sto scoprendo che se qualche volta riesco farne a meno, ci guadagno in serenità.
Non so quanto durerà, magari tempo una settimana mi rituffo nel maelström comunicativo, ma per adesso va così.
martedì 6 agosto 2013
Tradimento
Renato ha un nuovo amore.
Li ho sorpresi ieri, mentre salivano le scale insieme, sottobraccio, verso la mia camera da letto.
Me l'ha sbattuto in faccia, senza tanti giri di parole.
Ha detto che tra noi non è cambiato niente, ma che ora sta passando un periodo difficile e in questo momento ha bisogno di avere accanto qualcun altro, qualcuno che gli offra quello che io non sono in grado di dargli.
Stanotte hanno dormito insieme.
LUI si chiama Ariante.
PS: ho deciso che un menage a trois è una soluzione perfettamente accettabile.
giovedì 1 agosto 2013
Io e te da soli
Credo che siano passati più di dieci anni dall'ultima volta che ho dormito in questa casa da sola.
Mi ero trasferita qui appena completato l'allacciamento di acqua e gas, ancora con la corrente elettrica del cantiere. Avevo solo i mobili della cucina, un divano-letto e un materasso matrimoniale appoggiato sul pavimento della camera. Ma era casa mia, e non vedevo l'ora di entrarci.
Ricordo ancora il primo pasto, seduti sul divano, con i cartoni delle pizze da asporto appoggiati sul lettino estraibile ancora incellofanato, perché tavolo e sedie non erano ancora arrivati. Che poi - diciamocelo - la pizza mangiata sul divano è una delle gioie della vita.
La Maria mi ha raggiunto qualche giorno dopo, quando un'anima caritatevole ci ha prestato un furgone per il trasloco e abbiamo portato qui i mobili della sua camera e il resto delle masserizie.
Credo che quelle prime tre o quattro notti prima del suo arrivo siano state le uniche che ho trascorso qui da sola, perché dopo non ricordo che sia mai capitato che non ci fossero né lei né Renato.
Ora Renato è via per un paio di giorni, impegnato con il teatro e ieri sera mi è parso un po' strano fare il giro a chiudere i balconi, attaccare l'allarme e infilarmi a letto da sola.
Ecco, "sola" è una parola grossa...
Mi ero trasferita qui appena completato l'allacciamento di acqua e gas, ancora con la corrente elettrica del cantiere. Avevo solo i mobili della cucina, un divano-letto e un materasso matrimoniale appoggiato sul pavimento della camera. Ma era casa mia, e non vedevo l'ora di entrarci.
Ricordo ancora il primo pasto, seduti sul divano, con i cartoni delle pizze da asporto appoggiati sul lettino estraibile ancora incellofanato, perché tavolo e sedie non erano ancora arrivati. Che poi - diciamocelo - la pizza mangiata sul divano è una delle gioie della vita.
La Maria mi ha raggiunto qualche giorno dopo, quando un'anima caritatevole ci ha prestato un furgone per il trasloco e abbiamo portato qui i mobili della sua camera e il resto delle masserizie.
Credo che quelle prime tre o quattro notti prima del suo arrivo siano state le uniche che ho trascorso qui da sola, perché dopo non ricordo che sia mai capitato che non ci fossero né lei né Renato.
Ora Renato è via per un paio di giorni, impegnato con il teatro e ieri sera mi è parso un po' strano fare il giro a chiudere i balconi, attaccare l'allarme e infilarmi a letto da sola.
Ecco, "sola" è una parola grossa...